Codice Civile art. 1447 - Contratto concluso in istato di pericolo.Contratto concluso in istato di pericolo. [I]. Il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni inique, per la necessità, nota alla controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona [2045], può essere rescisso sulla domanda della parte che si è obbligata. [II]. Il giudice nel pronunciare la rescissione, può, secondo le circostanze, assegnare un equo compenso all'altra parte per l'opera prestata. InquadramentoNei contratti di scambio, lo squilibrio economico originario delle prestazioni delle parti non può comportare la nullità del contratto per mancanza di causa, perché nel nostro ordinamento prevale il principio dell'autonomia negoziale, che opera anche con riferimento alla determinazione delle prestazioni corrispettive. Tale squilibrio può, però, rilevare ai fini della rescissione del contratto ai sensi dell'art. 1447 c.c. o dell'art. 1448 c.c., in considerazione, rispettivamente, dello stato di pericolo o di bisogno di uno dei contraenti, ovvero ai fini dell'annullabilità, a norma dell'art. 428 c.c., del contratto stipulato da persone incapaci (Cass. I, n. 22567/2015). Per quanto attiene all'inquadramento della rescissione nell'ambito delle forme di invalidità del contratto, non si registra concordia di opinioni in dottrina. Secondo una prima tesi, si tratterebbe di una forma di invalidità assimilabile all'annullamento (Bianca, 642; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 489); in particolare, l'integrazione dello stato di pericolo darebbe luogo ad un vizio del consenso, la cui rilevanza sarebbe limitata all'esistenza di un obiettivo pregiudizio (Mirabelli, 584). In base ad altro indirizzo si ricadrebbe, invece, tra le impugnative negoziali, unitamente all'istituto della risoluzione, per vizi che concernono il rapporto: nella rescissione vi sarebbe un difetto genetico (o originario) parziale, nella risoluzione un difetto funzionale sopravvenuto dell'assetto di interessi (Santoro Passarelli, 184; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 853). Aspetti significativi della natura della rescissione quale impugnativa, e non quale causa di invalidità, si rinvengono nella relativa disciplina e, in particolare, nella previsione di un termine di prescrizione breve, nella prescrittibilità dell'eccezione, nella non convalidabilità del negozio rescindibile (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 861). Ulteriore questione dibattuta concerne la relazione della rescissione in stato di pericolo con l'ulteriore fattispecie della rescissione per lesione. Secondo una tesi, le due azioni sarebbero autonome, poiché solo nel caso di rescissione per lesione il presupposto dello stato di bisogno incide sul sinallagma contrattuale; infatti, la rescissione dipende specificamente dall'alterazione dell'equilibrio nella misura delle prestazioni contrapposte ed unite da un nesso di interdipendenza o di corrispettività; viceversa, nella rescissione in stato di pericolo il nesso sinallagmatico non ha un peso decisivo (Benedetti, in Tr. Bes., VIII, 2007, 14). Ed ancora, in linea di principio, nella rescissione in stato di pericolo assume rilievo la minaccia di interessi strettamente personali, nella rescissione per lesione assume pregio la minaccia di interessi strettamente patrimoniali (Carresi, 357). In questa prospettiva, si sottolineano le differenze tra i presupposti delle due azioni, stato di pericolo o di necessità e stato di bisogno, cui corrispondono anche eterogenee discipline, tra cui l'inapplicabilità dell'offerta di riconduzione ad equità del contratto alla rescissione in stato di pericolo. Altro autore afferma, invece, che il rapporto tra le due azioni è di complementarietà, rappresentando lo stato di pericolo una species del genus stato di bisogno, con la conseguenza che dovrebbe darsi applicazione alla rescissione per lesione quando non sussistano le condizioni per esperire l'azione di rescissione per stato di necessità (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 363). Secondo la giurisprudenza, il contratto concluso con vizio di consenso determinato dallo stato di pericolo può essere soltanto rescisso su domanda della parte che si è obbligata (Cass. n. 3077/1959). In ordine ai rapporti con le altre forme di invalidità contrattuali, si è sostenuto che il rilievo ex officio di una nullità negoziale deve ritenersi consentito anche nel caso di impugnativa negoziale per rescissione, nonostante la diversità strutturale sul piano sostanziale delle relative azioni (Cass. I, n. 21418/2018; Cass., S.U, n. 26242/2014). È opportuno precisare che la rescissione del contratto di appalto di opere pubbliche (cfr. artt. 29 d.P.R. n. 1063/1962, 340 l. n. 2248/1865 e 27, 28 e 29 del r.d. n. 350/1895) si distingue da quella del contratto in generale per le sue connotazioni pubblicistiche, che ne fanno un mezzo di natura autoritativa, che si sostanzia in un atto amministrativo, comunemente ritenuto espressione di autotutela della P.A. Detto potere, per essere legittimamente esercitato, deve essere previsto per legge, e si deve manifestare nelle forme di legge (Cass. I, n. 8534/2000) Lo stato di pericoloLa situazione di pericolo rileva, ai fini della rescissione del contratto, quando riguarda la persona del contraente o altri, mentre non assume rilievo il pericolo sulle cose (Cass. n. 2471/1954): in quest'ultimo caso, il contratto potrà essere eventualmente rescisso per lesione ex art. 1448 c.c. Pertanto, non è rilevante il danno al patrimonio conseguente alla minaccia di confische, razzie, devastazioni, saccheggi, con conseguente necessità di salvare i beni (Cass. n. 2293/1960). Secondo la dottrina, il pericolo ha connotati analoghi a quelli previsti dall'art. 2045 c.c., ma si caratterizza per la circostanza che è irrilevante, ai fini dell'applicazione della norma in esame, che esso sia causato volontariamente dal soggetto protetto o comunque sia allo stesso imputabile (Carresi, 347; Sacco, in Tr. Vas., 1975, 360; Mirabelli, 583). Esso assume in ogni caso rilevanza anche qualora la situazione che lo ha determinato sia evitabile e qualora vi sia sproporzione tra la sua entità, benché grave, e il comportamento conseguente del soggetto intimorito (Bianca, 646). Lo stato di pericolo, inoltre, può discendere da cause naturali o da un comportamento umano, intenzionale o non, ma se questo presenta i caratteri della violenza, sarà quest'ultima a rilevare come causa di invalidità del contratto ex art. 1434 c.c. (Bianca, 645). Anche il cd. pericolo putativo o supposto determina, secondo la tesi prevalente, la rescissione del contratto, in quanto sia idoneo ad incidere sulla libertà di contrattazione del soggetto (Bianca, 645), a condizione che l'erronea supposizione sia a conoscenza della controparte (Mirabelli, 584; contra Sacco, 473, secondo cui la parte in mala fede potrebbe, in questi casi, solo essere chiamata a rispondere ex art. 1337 c.c.). Ove tale supposizione generi un vero e proprio errore sull'oggetto del contratto, quest'ultimo sarebbe annullabile, purché la controparte abbia riconosciuto l'errore o esso fosse riconoscibile (Mirabelli, 584). Secondo altra tesi, nel caso di pericolo putativo il contratto sarebbe radicalmente inesistente, in ragione dell'obiettiva inutilità della prestazione pattuita, ovvero nullo per impossibilità della prestazione (Carresi, 350) ovvero ancora, qualora il pericolo venga meno posteriormente alla stipula del contratto, risolubile per impossibilità sopravvenuta della prestazione (Carpino, La rescissione del contratto, in Comm. S., 27). Il danno che il contraente vuole evitare deve consistere in un pregiudizio ai diritti fondamentali della persona umana, che non sono limitati a quelli della vita e dell'integrità fisica, ma si estendono all'onore, alla reputazione e, in genere, ad ogni diritto della personalità (Carresi, 348; Minervini, in Tr. Rescigno-Gabrielli, II, 1697; Sacco, in Tr. Vas., 1975, 359; Perfetti, in Dir. civ., III, II, 1108, il quale precisa che, in questo quadro, potrebbero peraltro rilevare anche situazioni di natura economica, lì dove in grado di produrre conseguenze anche in relazione ai predetti diritti: si pensi al rischio di fallimento, che è idoneo a compromettere anche l'onore; ma, nel senso della rilevanza del solo pericolo di danno all'integrità fisica, Corsaro, L'abuso del contraente nella formazione del contratto, Perugia, 1979, 51 ss.). La gravità del danno, in quanto condizionante del consenso del contraente, va intesa in modo relativo, con riferimento all'età, al sesso, alle condizioni fisiche e psichiche della persona minacciata, alla stregua dei parametri già contemplati in tema di violenza morale (Bianca, 645; Mirabelli, 584). Il danno paventato deve, infine, essere anche ingiusto (Carresi, 350; Sacco, in Tr. Vas., 1975, 359). Ove il soggetto investito dalla situazione pericolosa sia caduto in errore in ordine alla gravità del pericolo, il contratto sarebbe annullabile, ma alla sola condizione che non si tratti di errore spontaneo, bensì indotto dai raggiri della controparte, poiché solo nel caso di dolo-vizio rilevano anche gli errori sui motivi (Carresi, 349). Inoltre, il pericolo deve essere attuale, ossia deve persistere sino al momento della conclusione del contratto; pertanto, l'evento dal quale scaturisce deve essere già accaduto, così che, ove non arrestato, le sue conseguenze si realizzerebbero senz'altro (Carresi, 349) e ogni ritardo renderebbe inutile l'opera del soccorritore. Per converso, non si rientra nella figura del contratto concluso in stato di pericolo quando vi sia ancora un apprezzabile margine di tempo prima che l'evento dannoso si verifichi e in questo intervallo possa sopravvenire un fatto che ne impedisca l'avveramento (Carresi, 349). Deve ricorrere anche un nesso di causalità psicologica tra lo stato di pericolo e la stipulazione del contratto, nel senso che la situazione di pericolo deve avere determinato la volontà del soggetto, il quale deve essersi convinto dell'inevitabilità dell'alternativa tra il subire il danno derivante dal pericolo e il contrattare (Carresi, 350; Mirabelli, 583; Sacco, in Tr. Vas., 1975, 359). Anche secondo la giurisprudenza la nozione di stato di pericolo, ai fini della rescissione, è sostanzialmente rapportabile a quella descritta dagli artt. 2045 c.c. e 54 c.p. (Cass. n. 2147/1951). Nel caso di transazione stipulata tra l'impresa capogruppo di un'A.T.I. e la P.A., si è ritenuta non ammissibile una rescissione ex art. 1447 c.c. per il solo fatto che l'amministrazione, nel concluderla, avesse tratto vantaggio dallo stato prefallimentare della impresa capogruppo stipulante, e ciò sia perché lo stato di pericolo dello stipulante, per condurre alla rescissione del contratto, deve riguardare tutte le imprese partecipanti all'A.T.I. e non una soltanto di esse, sia perché, in ogni caso, il fallimento della società capogruppo non comporta lo scioglimento dell'intero contratto di appalto, il quale può proseguire, se le altre imprese partecipanti all'A.T.I. provvedano a nominare una nuova capogruppo che abbia il gradimento del committente, il che rende inconcepibile uno «stato di pericolo» per le imprese transigenti (Cass. III, n. 3635/2013) La conoscenza della controparteAffinché il contratto possa essere rescisso è necessario che la controparte conosca lo stato di pericolo che ha determinato la parte a stipulare il contratto. Pertanto, la controparte deve rappresentarsi la sussistenza dello stato di pericolo e del nesso di causalità tra tale stato e l'attività negoziale del contraente. Qualora, oltre alla conoscenza, sussista anche un comportamento di sfruttamento della situazione, per la controparte è ipotizzabile la commissione del reato di usura (Mirabelli, 584). Non è, invece, sufficiente la colpa grave o la mera conoscibilità (Benedetti, in Tr. Bes., VIII, 2007, 86) L'iniquità delle condizioniLo stato di pericolo deve avere indotto la parte a stipulare il contratto a condizioni inique. L'iniquità si sostanzia nella sproporzione oggettiva e tecnica fra i valori di ciascuna prestazione ovvero nella gravosità delle modalità di esecuzione poste a carico del contraente in stato di pericolo; alla valutazione di tale sproporzione concorrono sia circostanze oggettive, come l'entità del rischio al quale è esposto il soccorritore, sia circostanze soggettive, come le condizioni economiche in cui versano le parti (Santoro Passarelli, 184; Bianca, 645). Secondo altra tesi, l'iniquità deve essere determinata non in base a criteri tecnici di proporzionalità, bensì in rapporto ad un criterio etico-sociale di valutazione, senza avere riguardo al valore economico della prestazione, che andrebbe invece considerato solo con riferimento alla determinazione dell'equo compenso di cui al comma 2 (Mirabelli, 583). In ogni caso, tale valutazione deve tenere conto del regolamento negoziale nella sua complessità (Benedetti, in Tr. Bes., VIII, 2007, 83). La sproporzione, diversamente dalla previsione dell'art. 1448 c.c.per la rescissione per lesione, non è fissata sul piano quantitativo, sicché non deve rispettare alcuna soglia prestabilita. Inoltre, la prestazione cui lo stipulante si obbliga a condizioni inique, per indurre la controparte a prestare la propria opera, non deve essere limitata all'assunzione di un'obbligazione, ma può avere ad oggetto anche prestazioni diverse da obblighi di fare o non fare, come il trasferimento di un diritto reale o di credito, la rinunzia ad un diritto potestativo, ecc. (Carresi, 348). Secondo la ricostruzione giurisprudenziale, l'iniquità delle condizioni è elemento necessario per la rescissione del contratto, in quanto la legge tutela non tanto un'indifferenziata libertà del contraente, quanto la specifica libertà di evitare contratti dannosi (Cass. I, n. 5482/1979) L'assegnazione di un equo compensoIl giudice, all'atto in cui pronuncia la rescissione del contratto concluso in stato di pericolo, può riconoscere alla controparte un compenso per l'opera prestata. Tale assegnazione postula una valutazione del caso concreto secondo le circostanze. La facoltà prevista dalla norma si sostanzia in un potere discrezionale che il giudice può esercitare tenendo conto del valore economico della prestazione e che risponde anche all'interesse a sollecitare ciascun individuo ad adoperarsi per realizzare attività socialmente utili, come il salvataggio di chi versi in situazione di pericolo (Marini, 985; Carpino, in Comm. S., 111). Affinché il giudice possa esercitare tale potere, si reputa comunque necessaria la proposizione di un'apposita istanza da parte del contraente che ha approfittato dell'altrui stato di pericolo (Mirabelli, 585). La congruità del compenso spettante a chi presta opera di soccorso va determinata in base alle tariffe professionali (ove esistano), oppure in base alle difficoltà e ai rischi affrontati dal soccorritore, allo sforzo sostenuto e ai risultati ottenuti; dovrà tenersi conto delle condizioni economiche delle parti (Carresi, 3-4, secondo cui, ad es., potrebbe ritenersi adeguato un compenso più alto qualora chi lo presti si trovi in condizioni agiate) I negozi rescindibiliSecondo l'opinione prevalente, la rescissione del contratto concluso in stato di necessità è applicabile ad ogni tipo di contratto in cui sia assunta un'obbligazione (Benedetti, cit., 84 ss.; Sacco, 599), compresi i contratti ad effetti reali (sebbene la norma in esame faccia riferimento all'assunzione di «obbligazioni»), conclusione cui si potrebbe pervenire anche in virtù dell'art. 2652, n. 2 c.c., che, nell'assoggettare a trascrizione le domande di rescissione, al plurale, mostrerebbe di volersi riferire sia al contratto concluso in stato di pericolo che a quello concluso in stato di bisogno (Carpino, cit., 25). In base ad altra tesi, invece, la rescissione in stato di pericolo sarebbe applicabile solo qualora il contratto concluso sia un contratto di prestazione d'opera (es., salvataggio in mare), anche intellettuale, ai sensi degli artt. 2222 e 2230 c.c., mentre in tutte le ipotesi in cui il contratto sia concluso per procurarsi determinati beni potrebbe essere domandata, ricorrendone i presupposti, soltanto la rescissione per lesione, come nel caso in cui sia stato acquistato a condizioni inique un medicinale per salvare un moribondo (Mirabelli, 582; Carresi, 347). Portando tale tesi alle estreme conseguenze, taluno (Corsaro, 642) è giunto a prospettare l'illegittimità costituzionale dell'art. 1448 c.c., nella parte in cui subordina la tutela della persona, nei casi in cui sia concluso un contratto diverso dal contratto d'opera, al requisito della rilevanza anche economica della lesione nella misura dell'ultra dimidium. Sono rescindibili anche i contratti aleatori conclusi in stato di pericolo, in difetto di un espresso divieto analogo a quello previsto per l'azione di rescissione per lesione (Messineo, 925). Secondo la giurisprudenza, la rescissione in stato di pericolo non trova applicazione ai negozi unilaterali e, in specie, alle dimissioni del lavoratore (Cass. sez. lav., n. 11179/1990).. BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.1. e 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Carresi, Rescissione (diritto civile), in Enc. giur., Roma 1991; Cicala, Il negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962, 122; Corsaro, voce Rescissione, in Dig. civ., 1997; Marini, voce Rescissione del contratto, in Enc. dir., Milano, 1988; Messineo, voce Contratto (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1961; Mirabelli, voce Rescissione, in Nss. D.I., Torino, 1968; Sacco, De Nova, Il contratto, I, Torino, 1993; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1989. |