Codice Civile art. 1344 - Contratto in frode alla legge.

Gian Andrea Chiesi
aggiornato da Nicola Rumìne

Contratto in frode alla legge.

[I]. Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa [1418 2].

Inquadramento

Ai sensi dell'art. 1418, comma 2 c.c., il contratto è nullo quando, tra l'altro, la causa è illecita. Se l'art. 1343 c.c. chiarisce quand'è che tale illiceità si verifica, specificando che la causa è illecita quando è contraria a norme imperative, ordine pubblico e buon costume, il successivo art. 1344 c.c. disciplina un'ipotesi specifica di causa illecita e, cioè, quella che colora di sé il contratto che rappresenta il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa (cd. contratto in frode alla legge).

Le parti mirano, dunque, a realizzare uno scopo vietato dal legislatore e, non potendolo fare direttamente, ricorrono ad uno o più schemi contrattuali che, indirettamente e, se del caso, collegati tra loro, consentono la realizzazione di un risultato sostanzialmente equivalente a quello vietato.

La peculiarità del contratto in frode alla legge, di cui all'art. 1344 c.c., consiste nel fatto che gli stipulanti raggiungono, attraverso gli accordi contrattuali, il medesimo risultato vietato dalla legge, con la conseguenza che, nonostante il mezzo impiegato sia lecito, è illecito il risultato che attraverso l'abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole in concreto realizzare (Cass. III, n. 1523/2010).

App. Milano lav., n. 376/2023 : si configura contratto in frode alla legge ex art. 1344 c.c. quando gli stipulanti raggiungono attraverso l'accordo negoziale il risultato vietato dalla legge, di modo che, nonostante il mezzo impiegato sia lecito, è illecito il risultato in concreto realizzato mediante la predisposizione di uno schema fraudolento e la distorsione della sua funzione ordinaria. Non si ha invece contratto in frode alla legge, ma in violazione di disposizioni imperative ai sensi dell'art. 1343 c.c. quando le parti perseguano il risultato vietato dall'ordinamento non attraverso la stipula di un atto di per sé lecito, ma mediante la stipula di un contratto la cui causa è in contrasto con disposizioni imperative.

Cass. lav., n. 17675/2024 ha accertato ricorrere un negozio in frode alla legge con riferimento al contratto di cessione di azienda intercorso tra il medesimo soggetto, che quindi riuniva in sé la qualifica di cedente e di cessionario.

La natura del contratto in frode alla legge

L'illiceità della causa, tanto nell'ipotesi di sua contrarietà a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume, quanto nell'ipotesi di utilizzazione dello strumento negoziale per frodare la legge, presuppone un comune intento delle parti, attenendo tale illiceità alla funzione — necessariamente comune — cui è destinato il negozio, ovvero all'intento di eludere una norma imperativa mediante il negozio in frode alla legge, nel quale ha uno speciale rilievo il motivo illecito che, come di norma, si comunica eccezionalmente al negozio quando esso sia stato il solo determinante e comune alle parti (Cass. sez. lav., n. 4333/1987); ciò che risalta è, dunque, la consapevole divergenza tra la causa tipica del contratto prescelto e la determinazione causale delle parti, indirizzata all'elusione di una norma imperativa (Cass. L, n. 6444/1984). Ne consegue che la ragione idonea ad invalidare il contratto deve farsi risalire alla volontà di entrambe le parti e non di una sola (Cass. L, n. 4585/1984).

Le considerazioni che precedono portano a condurre l'istituto nell'area dei motivi (dove, peraltro, era stato collocato dal legislatore del 1942, come emerge dalla Relazione al Re, n. 80). Sennonché anche la ricostruzione dogmatica dell'art. 1343 c.c. risente dell'influsso dell'adesione alla teoria della causa in astratto o in concreto. In base alla tesi soggettivistica, il negozio in frode alla legge sarebbe anch'esso un negozio contra legem, ma arricchito dall'intenzione delle parti di eludere mediante, un negozio di per sé lecito, la norma stessa: la ratio della norma andrebbe dunque ravvisata nella volontà di ampliare la nozione di contrarietà alla legge, per includervi anche i contratti che giungono ad un risultato analogo a quello che la legge espressamente vieta (Carresi, 336). Per i fautori della teoria oggettiva, al contrario, l'essenza della frode alla legge si concretizza nel fatto che gli stipulanti riescano a raggiungere, attraverso una complessa intesa contrattuale, il medesimo risultato vietato dalla legge, con la conseguenza che, mentre il negozio illegale sarebbe il mezzo diretto tipico per realizzare l'obiettivo vietato dall'ordinamento, il negozio in frode alla legge si differenzierebbe da quello perché tenderebbe al medesimo fine mediante un'intesa indiretta e tortuosa (Scognamiglio, 342): sicché, benché il mezzo impiegato debba ritenersi lecito, sarà illecito il risultato che attraverso l'abuso di quel mezzo o la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole in concreto realizzare, non assumendo alcun rilievo, invece, l'intento elusivo delle parti.

Indipendentemente dall'adesione all'uno ovvero all'altro degli esposti orientamenti, la frode alla legge soltanto supposta non rende nullo il contratto, poiché l'illiceità della causa deve sussistere innanzitutto sul piano obiettivo (Cass. n. 1711/1956). D'altronde lo stato intellettivo di buona fede in senso soggettivo, ossia la persuasione di agire in conformità delle regole di diritto, nella convinzione della legalità del proprio comportamento, del quale l'agente ignori l'antigiuridicità, non può assistere colui che abbia posto in essere un contratto dichiarato nullo perché concluso in frode alla legge e per di più nella piena consapevolezza dell'esistenza di fatti che ne comportano la nullità; né ad escludere la mala fede dell'accipiens può giovare il rilievo della mala fede del solvens, alla prima associato nella comune consapevolezza dei vizi che comportano la nullità del negozio (Cass. III, n. 5371/1987).

Quanto, ancora, alla causa del negozio in frode alla legge, per alcuni essa sarebbe solo apparentemente tipica mentre, nella sostanza, essa sarebbe atipica e illecita, come quella di ogni altro negozio che mira direttamente e palesemente a soddisfare interessi non meritevoli di tutela, ex art. 1322 c.c. (Mirabelli, 171). Sotto altro profilo, invece, facendo perno sul profilo oggettivo della frode alla legge, si ritiene che difficilmente possa discutersi di illiceità della causa, ove i negozi e le clausole posti in essere siano ciascuno di per sé leciti e possano ritenersi contrari alla legge solo perché convergono in un'intesa complessa oggettivamente idonea a realizzare il risultato illegale (Scognamiglio, 343)

Modalità realizzative della frode

Il negozio in frode alla legge può essere posto in essere anche mediante un negozi indiretti, simulati o fiduciari, a condizione che questi — o la complessiva operazione in cui si inseriscono — siano stati predisposti ed attuati al fine di eludere l'applicazione di una norma imperativa. Prima di analizzare le diversità dalle singole figure predette, va invece chiarito che non esiste alcuna norma che invece sanzioni in via generale la nullità del contratto in frode ai terzi, i quali sono tutelati solo in alcune particolari situazioni, ossia con l'azione di nullità, ove ne ricorrano i presupposti, o con l'azione revocatoria, qualora i terzi che abbiano subito il pregiudizio si identifichino specificamente con i creditori.

Il principio è chiaro in giurisprudenza fin da Cass. S.U., n. 10603/1993, per cui il motivo illecito — che, se comune ad entrambe le parti e determinante per la stipulazione, determina la nullità del contratto — si identifica con una finalità vietata dall'ordinamento, poiché contraria a norma imperativa o ai principi dell'ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiché diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa: sicché, l'intento delle parti di recare pregiudizio ad altri, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non è illecito, non rinvenendosi nell'ordinamento una norma che sancisca in via generale, come per il contratto in frode alla legge, l'invalidità del contratto in frode dei terzi. Così — afferma Cass. I, n. 19196/2016 — la violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l'art. 1418, comma 1 c.c., con l'inciso «salvo che la legge disponga diversamente», impone all'interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti della norma, sicché, in assenza di un divieto generale di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, la stipulazione di un contratto di mutuo ipotecario in violazione dell'art. 216, comma 3 l. fall., che punisce la condotta di bancarotta preferenziale, non dà luogo a nullità per illiceità di causa, ai sensi del citato art. 1418, ma costituisce il presupposto per la revocazione degli atti lesivi della par condicio creditorum. Analogamente la Cass. III, n. 23158/2014 evidenzia che, in assenza di una norma che vieti, in via generale, di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non è, di per sé, illecito, sicché la sua conclusione non è nulla per illiceità della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alla parti, apprestando l'ordinamento, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l'applicazione della sola sanzione dell'inefficacia (cfr., in senso conforme, Cass. I, n. 8600/2003). Se ne trae, dunque, la conclusione che il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non è di per sé illecito, non potendosi ricondurre la sua conclusione alla illiceità della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alle parti (Cass. III, n. 23158/2014), salvo che l'intento delle parti di recare pregiudizio ad altri, attuando una frode ai creditori, vanificando un'aspettativa giuridica tutelata o impedendo l'esercizio di un diritto, non sia riconducibile ad un motivo illecito che, se comune e determinante (cfr. art. 1345 c.c.), importa la nullità del contratto (Cass. I, n. 20576/2010).

Segue. Negozio in frode alla legge e negozio simulato

Il contratto in frode alla legge si distingue tanto dalla simulazione quanto, più nello specifico, dalla simulazione relativa fraudolenta in quanto il primo si perfeziona attraverso un'unica dichiarazione negoziale, diretta alla realizzazione di quella particolare finalità antigiuridica, mentre il secondo richiede una divergenza tra dichiarazioni — quella apparente e quella realmente voluta dalle parti — che necessita a propria volta l'integrazione di due negozi giuridici, quello simulato e quello dissimulato.

La distinzione nei termini predetti è recepita anche in giurisprudenza: ed infatti, per Cass. III, n. 1523/2010 il contratto in frode alla legge si caratterizza per l'unicità della dichiarazione negoziale, diretta alla realizzazione di una particolare finalità antigiuridica e per questo si distingue dalla simulazione in generale e dalla simulazione relativa fraudolenta, implicando quest'ultima la divergenza tra dichiarazione manifestata e dichiarazione voluta e, quindi, l'esistenza di due negozi giuridici (il simulato e il dissimulato) al fine di eludere norme imperative.

Si ritiene, invece, che il negozio in frode alla legge sia sovrapponibile al negozio indiretto, nel senso che il primo sarebbe è una specie del contratto indiretto, caratterizzato dal fatto che lo scopo ulteriore perseguito dalle parti (il contratto fine) è illecito, sebbene sia possibile raggiungere il medesimo scopo illecito attraverso le due diverse vie della simulazione e del negozio indiretto (così Cass. II, n. 11327/2005). Contra, però, Cass. sez. lav., n. 1123/1974, per cui il negozio simulato e il negozio indiretto non valgono in sé ad integrare gli estremi del contratto in frode alla legge, ma occorre di volta in volta verificare se il negozio sia stato predisposto ed attuato al fine di eludere l'applicazione di norme imperative.

Segue. Negozio in frode alla legge e negozio fiduciario

Il negozio in frode alla legge va infine distinto anche dal negozio fiduciario, il quale postula il collegamento tra due negozi, l'uno con valenza esterna, comportante il trasferimento del diritto oppure di una situazione giuridica in capo ad un soggetto denominato fiduciario, l'altro con valenza interna, avente natura obbligatoria, che importa l'obbligo del fiduciario di ritrasferire alla controparte fiduciante o ad un terzo il diritto o la cosa attribuitagli (cd. fiducia dinamica o traslativa); ovvero consistente nell'apposita pattuizione in ragione della quale, preesistendo una situazione giuridica attiva facente capo ad un soggetto, il fiduciario, questi si impegna a richiesta e nel senso voluto dal contraente fiduciante per dirottarla dal suo naturale esito (cd. fiducia statica). Sicché, analogamente rispetto a quanto osservato per il caso della simulazione e diversamente dal negozio in frode alla legge, il negozio fiduciario si realizza necessariamente attraverso più contratti. Ove, però, il ricorso al negozio fiduciario implichi un fenomeno di interposizione reale di persona, così mirando al perseguimento di un fine elusivo di norme imperative, in tal caso il contratto che realizza detto fine è nullo, siccome in quanto concluso in frode alla legge.

Così, ad esempio, con l'intestazione fiduciaria di titoli azionari si realizza un fenomeno di interposizione reale, mediante il quale l'interposto acquista effettivamente la titolarità delle azioni, ma, in virtù di un rapporto interno con l'interponente, di natura obbligatoria, è tenuto ad osservare un certo comportamento convenuto con il fiduciante ed a retrocedere i titoli a quest'ultimo in seguito al verificarsi di una situazione determinante il venir meno della causa fiduciae e siffatto obbligo è coercibile non solo con l'ordinaria azione risarcitoria, ma anche con l'azione diretta all'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto, assumendo in tal modo l'interponente una posizione di sostanziale effettiva disponibilità dei titoli fiduciariamente trasferiti o intestati all'interposto. Pertanto, se con l'intestazione fiduciaria si realizzi da parte del fiduciante la disponibilità dell'intero capitale azionario, e sia attuata al fine di sottrarre il medesimo alla responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, sancita dall'art. 2362 c.c. a carico dell'unico azionista, si ha un contratto in frode alla legge, dotato di sufficiente funzionalità ed efficacia rispetto all'intento voluto dalle parti di eludere l'applicazione della norma imperativa dell'art. 2362 c.c., ed esso è, come tale, colpito da nullità ai sensi dell'art. 1344 c.c., con la conseguente applicazione della norma fraudolentemente elusa. (Cass. I, n. 7152/1983)..

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