Codice Civile art. 1346 - Requisiti.Requisiti. [I]. L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile [1418 2]. InquadramentoOgni contratto necessita, per la propria valida costituzione, di un oggetto, consistente, sostanzialmente, nel bene (o nell'utilità) alla cui realizzazione o al cui conseguimento l'accordo negoziale è preordinato. La nozione, invero, non è pacifica in dottrina giacché, secondo una prima una prima ricostruzione l'oggetto del contratto andrebbe identificato con la prestazione (Osti, 503), chiarendosi che la nozione di prestazione, propria dei rapporti obbligatori, può comprendere non solo ciò che il soggetto si obbliga a fare o dare, ma anche ogni modificazione della situazione materiale che derivi dall'impegno assunto dalle parti nello stringere il vincolo contrattuale: «la prestazione è il comportamento che la regola impone o il risultato che alla stessa immediatamente consegue, laddove il singolo bene al quale la regola ha riguardo non è l'oggetto del contratto ma, piuttosto, l'oggetto della prestazione, la quale, a sua volta, deve essere individuata in concreto al fine di poter adempiere» (Gabrielli, 2780). In senso contrario si osserva, invece, che, affinché possa essere riportato all'oggetto anche l'effetto traslativo del diritto, occorrerebbe necessariamente aderire ad una concezione oltremodo generica di prestazione, identificandola con il risultato dedotto nel rapporto obbligatorio, rendendo così difficile la distinzione tra prestazione e contenuto del contratto. Sicché altra impostazione individua l'oggetto del contratto nel contenuto dell'autoregolamento adottato dalle parti (Carresi, 372), mentre per un'ulteriore opinione esso corrisponderebbe al bene (o alla cosa) che mediante il contratto diventa materia di trasferimento o di godimento (Messineo, 836). In particolare, l'oggetto si distingue dalla prestazione e, anzi, si contrappone concettualmente ad essa, riferendosi quest'ultima al contenuto del rapporto obbligatorio e consistendo nel comportamento al quale il debitore è tenuto. Le medesime difficoltà definitorie evidenziate in dottrina sono emerse in giurisprudenza, laddove ad un orientamento che identifica l'oggetto immediato con la prestazione, da valutare con riguardo al singolo atto di autonomia posto in essere dai privati (Cass. II, n. 19509/2012), si contrappone un diverso orientamento che rinviene l'oggetto del contratto nei beni che vengono scambiati, da non confondere con l'utilità che le parti conseguono attraverso tale scambio, utilità che, considerata in rapporto alla funzione economico-sociale che il negozio è oggettivamente idoneo ad assolvere, costituisce la causa del contratto mentre, in rapporto alle finalità particolari e contingenti che la parte si ripromette di conseguire, ne configura il motivo (Cass. II, n. 6771/1991). I requisiti dell'oggetto sono individuati, dall'art. 1346 c.c., nella possibilità, liceità, determinatezza o, quantomeno determinabilità. Tale precisazione appare importante, giacché l'art. 1325 c.c. descrive l'elemento, ma non le caratteristiche; la determinazione dell'oggetto può, infine, anche essere rimessa ad un terzo, il quale con l'arbitraggio (art. 1349 c.c.) potrà colmare la lacuna lasciata nel contratto in ordine a tale elemento, operandone la determinazione secondo il proprio mero arbitrio, ovvero procedendo con equo apprezzamento La possibilitàL'oggetto del contratto deve essere, a pena di nullità di quest'ultimo, fisicamente e giuridicamente possibile. Si ha impossibilità fisica, allorché l'oggetto prescelto dalle parti non sia deducibile in contratto per una impossibilità naturale o materiale, che sia oggettiva e perpetua: è oggettiva l'impossibilità che sia tale per ogni soggetto di normale diligenza, non rilevando la semplice difficoltà soggettiva per il debitore che, al più, può determinare non già la nullità del negozio quanto un inadempimento; è perpetua l'impossibilità che concerne beni che non possono essere dedotti in contratto perché inesistenti o attività praticamente irrealizzabili (una deroga a tale principio è, però, rinvenibile nell'art. 1347 c.c., relativamente al contratto sottoposto a condizione sospensiva o termine iniziale). Ad integrazione di quanto precede va poi evidenziato che l'art. 1348 c.c. ammette la deduzione in contratto di cose future e, cioè, di beni non esistenti al momento della conclusione del negozio ma suscettibili, secondo un criterio di normalità e ragionevolezza, di venire ad esistenza: sicché il contratto non è privo di oggetto, ma questo consiste nell'impegno obbligatorio che un contraente assume verso l'altro, di fargli acquistare il bene non appena venuto ad esistenza(si rinvia al commento alla norma). Non tutta la dottrina concorda, però, sulla necessità che l'impossibilità sia oggettiva, giacché ciò che dovrebbe assumere rilevanza, ai fini dell'art. 1346 c.c. e, dunque, del giudizio sulla possibilità dell'oggetto, è l'astratta realizzabilità di quanto le parti hanno fissato nella regola contrattuale (Scognamiglio, 354). Si ha impossibilità giuridica, allorquando l'ostacolo che si frappone alla deducibilità in contratto dell'oggetto scelto dai contraenti sia da rinvenire dal contrasto tra tale opzione e l'ordinamento giuridico: il concetto si distingue, inoltre, da quello di illiceità, giacché mentre quest'ultima integra una violazione di un precetto (e, dunque, rappresenta una qualità negativa) l'impossibilità giuridica rappresenta una inidoneità (e, dunque, una mancanza di qualità). La distinzione tra i due concetti è — salvo che per un orientamento che tende a sovrapporre il concetto di impossibilità giuridica a quello di illiceità dell'oggetto (Carresi, 243) — estremamente chiara in dottrina, laddove si evidenzia come l'impossibilità giuridica consegue ai limiti posti dall'ordinamento all'autonomia privata, senza che al loro superamento sia connesso un connotato di riprovevolezza, come invece accade qualora siano violati divieti in senso tecnico, derivanti da norme giuridiche o dai principi del buon costume, ipotesi queste ultime che danno luogo ad illiceità dell'oggetto (Bianca, 323). Ulteriori caratteristiche della impossibilità (o, meglio, della possibilità) possono essere così enucleate: a) l'impossibilità dell'oggetto può essere assoluta, quando sia radicalmente preclusa all'attualità e per il futuro la possibilità che l'oggetto possa venire ad esistenza o possa essere commerciabile, o relativa, allorché l'impossibilità sia solo transeunte; b) l'impossibilità deve essere inoltre originaria, poiché l'impossibilità sopravvenuta incide sul rapporto e non sul contratto. La nullità del contratto per impossibilità richiede che la prestazione sia obiettivamente insuscettibile di essere effettuata per la sussistenza di impedimenti originari di carattere materiale o giuridico che ostacolino in modo assoluto il risultato cui essa è diretta e non può farsi discendere da fattori esterni che non hanno efficacia giuridica ostativa all'esecuzione della prestazione dedotta nel contratto (Cass. I, n. 18002/2011). L'impossibilità deve inoltre avere carattere obiettivo e non meramente soggettivo (Cass., n. 369/1971) ed è irrilevante, ai fini della validità del contratto, la mera eventualità di un'impossibilità sopravvenuta (Cass., n. 1706/1973). Ancor più chiara Cass. L, n. 4013/1998, per cui la nullità del contratto o della singola clausola contrattuale per impossibilità della cosa o del comportamento che ne forma oggetto richiede che tale impossibilità, oltre che oggettiva e presente fin dal momento della stipulazione, sia anche assoluta e definitiva, rimanendo invece ininfluenti a tal fine le difficoltà più o meno gravi, di carattere materiale o giuridico, che ostacolino in maniera non irrimediabile il risultato a cui la prestazione è diretta La liceitàL'oggetto è illecito quando è contrario a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume. Si tratta di tre concetti generali, alla cui stregua va condotto il giudizio di liceità su ogni elemento del contratto: causa (art. 1343 c.c.), motivo (art. 1345 c.c.) e condizione (art. 1354 c.c.). L'oggetto del contratto è illecito allorché concerne cose o fatti di rilevanza patrimoniale che per la loro stessa tipologia, così come contemplata dalle parti, siano insuscettibili di commercio per contrarietà a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume (Cass. II, n. 21829/2013). Nel rinviare, per l'approfondimento delle tre nozioni, al commento all'art. 1343 c.c., appare sufficiente in questa sede rimarcare come, anche in tal caso, la valutazione va compiuta con riferimento al momento di conclusione del contratto, non rilevando — diversamente da quanto previsto dall'art. 1347 c.c. per l'oggetto — eventuali sopravvenienze. Non basta, infatti, la pura e semplice abrogazione della norma, la contrarietà alla quale rendeva illecito il patto, ad eliminare l'invalidità (Cass., n. 319/1959). Concorde è la dottrina che osserva come al requisito dell'illiceità, infatti, non si applichi il principio eccezionale stabilito, per il solo requisito della possibilità, dall'art. 1347: sicché ove sopravvenga l'abrogazione della norma, a fronte del cui precetto l'oggetto era illecito al tempo della stipulazione del contratto, quest'ultimo resta invalido (Mirabelli, 177); ne discende che la liceità dovrà ricorrere già al momento della formazione del contratto. La giurisprudenza ha molto indugiato sul concetto di illiceità dell'oggetto: a) qualora la norma non preveda espressamente l'incommerciabilità dell'oggetto del contratto, non può ritenersi la nullità della compravendita sotto il profilo dell'illiceità dell'oggetto, in quanto oggetto della compravendita è il trasferimento della proprietà della cosa, la quale in sé non è suscettibile di valutazione in termini di liceità (Cass. II, n. 409/2000); b) il carattere abusivo dell'immobile locato ovvero la mancanza di certificazione di abitabilità non importa nullità del contratto locatizio, non incidendo detti vizi sulla liceità dell'oggetto del contratto (Cass. II, n. 22312/2007 e, più di recente, Trib. Taranto I, n. 3306/2023); c) il contratto di appalto per la costruzione di un'opera che comporti l'abusiva occupazione di spazio demaniale è nullo, avendo un oggetto illecito per violazione di norme imperative del cod. nav. (Cass. II, n. 21475/2013); d) del pari è nullo l'appalto per la costruzione di un'opera senza la concessione edilizia (Cass. II, n. 7961/2016). Determinatezza o determinabilitàL'oggetto del contratto, oltre che lecito e possibile, deve essere determinato o, quantomeno, determinabile, pena la nullità del contratto medesimo (exartt. 1346 e 1418 c.c.): tale requisito, in particolare, esprime una elementare esigenza di concretezza dell'accordo contrattuale, indispensabile per giustificarne la vincolatività (cfr. l'art. 1372 c.c.). Il requisito della determinatezza o della determinabilità dell'oggetto esprime la fondamentale esigenza di concretezza dell'atto contrattuale, avendo le parti la necessità di sapere l'impegno assunto ovvero i criteri per la sua concreta determinazione, il che può essere pregiudicato dalla possibilità che la misura della prestazione sia discrezionalmente determinata, sia pure in presenza di precise condizioni legittimanti, da una soltanto delle parti (Cass. VI, n. 24790/2017). In particolare, l'oggetto è determinato quando il contratto contenga una descrizione di esso sufficiente ad individuarlo e, dunque, già al momento di conclusione del negozio esso sia compiutamente identificato nelle sue qualità e quantità. L'oggetto è, invece, determinabile ove le parti non lo abbiano individuato subito, nelle sue qualità e/o quantità, ma abbiano piuttosto indicato gli strumenti per la sua successiva determinazione. In particolare tale criterio: a) a volte è dettato dalla legge (come nel caso della fideiussione omnibus, che, pur in assenza di esatta quantificazione del credito garantito, è tuttavia valida, a condizione che sia però indicato l'importo massimo garantito — che, dunque, segna l'oggetto del contratto fideiussorio), nell'ambito della sua funzione integrativa e conservativa del regolamento contrattuale. Così, ad esempio, nel caso dell'art. 1474 c.c., laddove le parti non abbiano determinato il prezzo della compravendita ovvero nel caso dell'art. 1339 c.c., mediante la sostituzione automatica di clausole. Nel primo caso, dunque, la determinazione legale si basa sulla presunta volontà dei contraenti, nel secondo sul rispetto dell'interesse generale perseguito (che potrebbe essere anche in contrasto con quanto concordato dagli stessi contraenti); b) a volte è dettato dai contraenti, i quali possono riferirsi (b.1) ad una circostanza o ad un fattore oggettivo esterno al contratto, ovvero (b.2) ad una nuova manifestazione di volontà di tutte le parti coinvolte dal regolamento negoziale ovvero, in tesi, anche di una sola di esse (cfr. l'art. 1286 c.c.) ovvero, infine, (b.3) al giudizio di un terzo soggetto, a loro estraneo, che prende il nome di arbitratore (cfr. l'art. 1349 c.c.). Tale tripartizione patisce, tuttavia, una deroga nel caso di contratti in cui è richiesta la forma scritta ad substantiam, il cui oggetto deve essere determinato o determinabile sulla base degli elementi risultanti dal contratto stesso, non potendo farsi ricorso ad elementi estranei ad esso: sicché, ove le parti di una compravendita immobiliare abbiano fatto riferimento, per individuare il bene, ad una planimetria allegata all'atto, è necessario che essa non solo sia sottoscritta dai contraenti, ma anche espressamente indicata nel contratto come parte integrante del contenuto dello stesso (Cass. II, n. 21352/2014). Circa la possibilità di determinare anche per relationem l'oggetto del contratto si veda da utlimo Cass. II, n. 5031/2025: “questa Corte ha pure considerato rilevante, ai fini della validità del contratto preliminare di compravendita immobiliare, anche in ipotesi di indicazione incompleta degli ordinari elementi identificativi, il riscontro dell'intervenuta convergenza delle volontà delle parti, sia pure ricavabile aliunde o per relationem (v. Cass., Sez. II, n. 11297/2018, con indicazione di numerosi precedenti): la convergenza può essere ravvisata, dunque, anche nell'avvenuta consegna del bene, come riscontrata dal verbale di consistenza sottoscritto da entrambe le parti contraenti e nella determinazione del relativo prezzo come contenuta nella delibera del Consiglio comunale”. L'attività delle parti o del terzo, volta a conferire determinatezza al contratto in ragione delle regole in esso stabilite, non può essere qualificata come mera attività esecutiva o attuativa del negozio, ma si colloca in una posizione a sé stante, quale attività propriamente di completamento (Mirabelli, 181). Si è altresì chiarito che i contratti con oggetto determinabile ricadrebbero tra i negozi per relationem in senso sostanziale, ossia con contenuto determinabile a mezzo di una relazione, da distinguere rispetto ai negozi per relationem in senso formale, il cui contenuto è, al contrario, determinato, sebbene espresso attraverso una relazione (Sacco, 558). Da un punto di vista meramente descrittivo, i tre criteri predetti possono essere riassuntivamente descritti nel senso che l'integrazione del negozio si realizza o in virtù dell'espansione degli effetti del contratto, in forza di mezzi di produzione esterni e concorrenti rispetto alla volontà delle parti o per opera esclusiva dell'accordo, allorché a tali mezzi non si ricorra (Scognamiglio, 361). La distinzione predetta, ad opera di altra dottrina (Mirabelli, 178; Carresi, 232) è riassunta nella distinzione tra determinabilità in senso lato e determinabilità in senso stretto: nel primo caso il contratto contiene il criterio per il calcolo della quantità o per la specificazione della qualità in relazione a precisi dati obiettivi, di modo che l'individuazione dell'oggetto si risolve in un mero calcolo o in una valutazione puramente tecnica, ossia non già in un'operazione di integrazione ma di semplice esecuzione del contratto ad opera della parte che è tenuta ad adempiervi, comportando che ogni questione che si ponga sulla corretta attuazione di tali dati assurge al rango di questione interpretativa e non di validità del contratto; nel secondo caso il contratto prevede solo un'attività ulteriore delle parti o di un terzo, affinché si possa giungere all'individuazione dell'oggetto, attività questa di integrazione vera e propria del contratto. La determinabilità dell'oggetto del contratto in tanto sussiste in quanto l'oggetto medesimo possa essere in concreto determinato con riferimento ad elementi prestabiliti dalle parti ed aventi una preordinata rilevanza obiettiva, mentre non è sufficiente il riferimento ad elementi concernenti la fase di esecuzione del contratto, come il comportamento successivo delle parti (Cass. I, n. 6519/2007). A proposito di determinabilità dell'oggetto Cass. I, n. 1373/2024 ha ad esempio affermato, in tema di conto corrente bancario, non è nulla la clausola contrattuale che individui la commissione di massimo scoperto mediante la sola specificazione del tasso percentuale, senza alcun riferimento alla periodicità di calcolo, qualora detta periodicità sia comunque determinabile facendo corretto uso delle regole di interpretazione del contratto, avuto riguardo, in particolare, alla necessità di tener conto delle altre previsioni negoziali e di una interpretazione del testo compiuta secondo buona fede e in modo da valorizzare la comune volontà delle parti. Sempre a titolo di esempio, in tema di contratto di mutuo Cass. II, n. 36026/2023 ha affermato che l'indicizzazione al tasso interbancario Libor che sia stata approvata per iscritto dal cliente, essendo collegata a dati oggettivi di agevole e pubblico riscontro calcolati in modo unitario su scala europea, è conforme al principio di determinatezza o determinabilità di cui all'art. 1346 c.c. 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