Codice Civile art. 1352 - Forme convenzionali.Forme convenzionali. [I]. Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo [2725]. InquadramentoLa forma del contratto è il modo con cui esso si manifesta ovvero — in altri termini — il veicolo che esprime all'esterno l'accordo delle parti: ciò implica che una forma, come mezzo di comunicazione all'esterno della volontà delle parti, è sempre necessaria: in questo senso, dunque, è possibile distingue tra forma espressa e forma tacita. Ove sia intesa come manifestazione esterna o esternazione dell'atto, la forma si identifica con il regolamento negoziale in sé mentre, se intesa come mezzo espressivo o di formalizzazione con cui l'atto deve essere compiuto, individua un elemento essenziale del contratto, prescritto a condizione di validità dell'atto stesso nei soli casi previsti dalla legge. A tali concetti corrisponde la distinzione tra dichiarazione e documento, nel senso che non necessariamente la dichiarazione viene incorporata in un documento (Cataudella, 106). La previsione contenuta al n. 4 dell'art. 1325 c.c. (per cui la forma rappresenta elemento essenziale del contratto solo ove richiesta ad substantiam), implica la vigenza, nell'ordinamento giuridico italiano, del principio di libertà di forma, con conseguente validità dei contratti a forma libera, salve le eccezioni espressamente disciplinate. In altri termini, ai fini della validità del vincolo negoziale è sufficiente che la volontà si renda palese, estrinsecandosi in un qualsiasi modo sensibile, si dà potersi distinguere una volontà tacita (o per facta concliudentia) da una espressa. Il principio di libertà della forma patisce, tuttavia, numerose deroghe, a) richiedendosi per numerosi contratti una specifica forma vincolata, che assume ora la veste della scrittura privata, ora dell'atto pubblico nonché b) prevedendosi, accanto alla forma scritta ad substantiam (quale requisito di validità dell'atto), una forma scritta ad probationem, richiesta allo scopo di assicurare, in giudizio, la prova dell'esistenza del contratto. Sicché il contratto stipulato senza l'osservanza di tale formalità è perfettamente valido ed efficace, ma di difficile dimostrazione, scontrandosi la realtà giuridica con i limiti alla prova testimoniale posti dall'art. 2725 c.c. La previsione circa la necessità del vincolo di forma nelle sole ipotesi regolate ha indotto a ritenere che nell'ordinamento giuridico italiano viga il principio di libertà di forma, con la conseguente validità dei contratti a forma libera, salve le eccezioni espressamente disciplinate (Messineo, 1961, 839). Ulteriore deroga al principio in questione è rappresentata dalla disposizione in esame che disciplina l'ipotesi di forma scritta ad substantiam di natura convenzionale La forma scritta convenzionaleLe parti, nell'ambito della loro autonomia, possono decidere di consacrare il vincolo negoziale, rivestendolo di una determinata forma (e precisamente, quella dell'atto pubblico o della scrittura privata) quando alcuna forma sia prescritta ex lege ovvero prevedendo una formalità più rigorosa di quella prescritta dalla legge ove essa, al contrario, sia effettivamente contemplata. La ratio di una simile previsione va ravvisata nella volontà delle parti di garantirsi una maggiore certezza non solo circa la conclusione del contratto, ma anche sul suo contenuto. Quando in ordine al contratto che le parti intendono concludere non è prescritto alcun vincolo di forma, le parti possono impegnarsi, per il futuro contratto o all'atto stesso della stipulazione (Messineo, 1961, 841), all'osservanza di una determinata forma, mentre non è consentito, trattandosi di violazione di norme imperative, che i negozi a forma vincolata siano trasformati per volontà delle parti in negozi a forma libera. Nell'autodeterminarsi circa la prescrizione di una determinata forma, le parti possono decidere se la stessa debba intendesi ad probationem ovvero ad substantiam: sennonché, nel silenzio delle stesse si presume che la scelta ricada su tale ultima opzione. Nei casi in cui la forma non sia richiesta dalla legge, ben possono i soggetti privati imporre l'osservanza di una determinata forma nei negozi futuri dei quali sia previsto il compimento, senza che tale possibilità contraddica al principio dell'autonomia ed in particolare alla regola della libertà di forma e, nel dubbio circa i fini per cui tale forma sia stata convenzionalmente predeterminata, è da presumere che essa sia stata voluta per la validità, e non solamente ai fini di semplice prova, del futuro negozio (Cass. sez. lav., n. 1563/1983). Secondo una prima impostazione, la norma stabilisce una presunzione iuris tantum quanto alla natura del vincolo formale che le parti hanno previsto per la futura stipulazione del contratto: in mancanza di espresse indicazioni di segno contrario si presume, cioè, che la forma sia stata voluta per la validità del contratto, senza che le parti possano però provare a mezzo testimoni la circostanza che la forma sia stata convenuta a soli fini probatori (Sacco, De Nova, 222). Per altra opinione, al contrario, la norma non detterebbe una presunzione in senso tecnico, limitandosi piuttosto a stabilire una regola interpretativa oggettiva dell'accordo delle parti (Bianca, 305). Cass. sez. lav., n. 5024/2004 chiarisce che la presunzione prevista dall'art. 1352 c.c. può essere superata nel caso in cui si pervenga, sulla base dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., ad una interpretazione certa di segno contrario. Del tutto isolata, oltre che contraddetta dal dato letterale della norma è, invece, la tesi secondo cui il patto sulla forma dovrebbe presumersi riferito ad un vincolo di forma ad probationem del futuro contratto, perché proveniente da una fonte negoziale, essendo riservata esclusivamente al legislatore la prescrizione sulla forma ad substantiam (Cass. sez. lav., n. 4167/1996). Un'applicazione specifica di tale norma si è riscontrata in tema di comunicazioni telematiche fra banche, in cui opera il sistema swift (acronimo di society for worldwide interbank financial telecomunication — sistema riservato alle banche e alle istituzioni finanziarie che consente di effettuare con rapidità e sicurezza operazioni internazionali di carattere finanziario), riconducibile allo schema del contratto per adesione, in cui le parti devono attenersi alle regole sulla forma delle comunicazioni contrattuali definite dal manuale ufficiale di funzionamento del sistema (swift user handbook): trattasi di requisito di forma convenzionale previsto ad substantiam, caratterizzato dall'indicazione per ciascuna operazione bancaria di un determinato codice informatico alfanumerico, con conseguente nullità del messaggio swift privo di tale requisito (Cass. I, n. 13020/2014) La forma del patto sulla formaL'art. 1352 c.c. pone, quale condizione di validità del patto sulla forma convenzionale, che lo stesso sia stipulato per iscritto. Conforme è la posizione della giurisprudenza di legittimità la quale chiarisce che la convenzione sulla forma convenzionale da adottare per un futuro contratto deve rivestire la forma scritta e non può essere provata per testimoni o per indizi o presunzioni (Cass. n. 9164/2002; Cass. n. 4861/2000). Parte della dottrina ritiene, al contrario, che il patto sulla forma sia comunque valido anche quando non sia stipulato per iscritto, al contempo chiarendo, però, che in tal caso non trova applicazione la presunzione relativa al fatto che la forma convenzionale sia stata voluta a pena di nullità, con conseguente necessità di ricorso alle norme sull'interpretazione soggettiva e/o oggettiva ed attribuzione, solo in chiave residuale ed in armonia con il dettato della norma, del valore di prescrizione della forma ad substantiam (Sacco, De Nova, 222). Il patto di adottare la forma scritta per un determinato atto (clausola cd. «previo consenso scritto») può, invece, essere revocato anche tacitamente, mediante comportamenti incompatibili col suo mantenimento, in quanto nel sistema contrattuale vige la libertà della forma, per cui, al di fuori dei casi tassativi di forma legale, i contraenti sono liberi di eleggere una forma e poi rinunciarvi (Cass. III, n. 4541/2013). Di diverso avviso la dottrina, la quale ritiene che anche i patti revocatori o abrogativi dell'accordo sulla forma convenzionale devono rivestire la stessa forma, allo scopo di evitare che le parti siano sottoposte all'alea probatoria che avevano inteso escludere adottando originariamente il patto sulla forma (Sacco, De Nova, in Tr. Res., 1999, 223). In sé e per sé la semplice conclusione di un contratto in forma diversa non lascia presumere l'abrogazione del patto sulla forma. Da non confondere con la clausola che prevede la forma scritta convenzionale per la conclusione del contratto, poi, quella che imponga alle parti l'adozione della forma scritta per la modificazione del contratto, giacché quest'ultima pattuizione, diversamente dalla prima, non preclude — salvo patto contrario — la risoluzione per mutuo consenso tacito, riprendendo a riguardo vigore il principio della libertà delle forme (Cass. III, n. 11124/2013) La violazione della forma convenzionaleTrattandosi di forma ad substantiam, il mancato rispetto della forma convenzionale implica nullità del contratto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1325, n. 4, 1352 e 1418 c.c. Tale nullità, attenendo ad uno degli elementi essenziali del contratto, è rilevabile d'ufficio dal giudice, ex art. 1421 c.c. (Cass. n. 9164/2002), sempre che non risulti che le parti, nella loro autonomia negoziale, abbiano successivamente rinunciato a detto requisito, anche tacitamente, mediante comportamenti incompatibili con il suo mantenimento, costituendo la valutazione in ordine alla sussistenza o meno di una rinuncia tacita un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, qualora sia sorretto da una motivazione immune da vizi logici, coerente e congruente (Cass. II, n. 12344/2003). La soluzione è invece controversa in dottrina in quanto, secondo un primo orientamento, la violazione del patto sulla forma determina la nullità del contratto, rilevabile d'ufficio (Sacco, De Nova, 222) mentre, per altra opinione, si verserebbe in presenza di una forma di invalidità non rilevabile d'ufficio né eccepibile dai terzi ma rimessa all'attività difensiva delle parti del contratto (Scognamiglio, 459) Forma convenzionale e negozi unilateraliIl codice civile prevede, all'art. 1324, che le norme dettate per i contratti si applichino, in quanto compatibili, anche agli atti (negoziali) unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale: si ritiene, in proposito, che il patto sulla forma possa riguardare anche gli atti unilaterali, e non solo quelli che intervengano nel corso di un rapporto contrattuale. Conforme la posizione della giurisprudenza, che ammette che il patto sulla forma possa riguardare anche i negozi unilaterali, anche al di là di un rapporto contrattuale, ai sensi dell'art. 1324 c.c. (Cass. I, n. 9719/1992). È stato inoltre ammesso che il vincolo formale stabilito per patto possa riguardare gli atti di recesso ovvero le dimissioni da un rapporto di lavoro (Cass. n. 14343/2012; Cass. n. 9554/2001; Cass. n. 5922/1998; Cass. n. 2048/1998; Cass. n. 1922/1982; Cass. n. 909/1980). Se tale soluzione è condivisa da parte della dottrina (Bianca, 300), un altro orientamento esclude, invece, che il patto sulla forma possa concernere i negozi unilaterali (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 459). 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