Codice Civile art. 1425 - Incapacità delle parti.Incapacità delle parti. [I]. Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare [2, 84, 85, 427, 1441 ss., 1471 nn. 2-3]. [II]. È parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall'articolo 428, il contratto stipulato da persona incapace d'intendere o di volere [1191]. InquadramentoLa disposizione in commento è la prima che attiene, nella disciplina generale del libro IV del codice civile all'annullabilità del negozio giuridico, quale vizio invalidante meno grave della nullità, come si desume dalla stessa disciplina normativa complessiva (v. artt. 1441 e ss. c.c.) che consente al contratto annullabile di produrre temporaneamente i propri effetti, salva una pronuncia, di carattere costitutivo, di annullamento dello stesso, a seguito di un'azione tempestivamente proposta rispetto al termine di prescrizione applicabile, da uno dei soggetti a tal fine determinati (cfr. Sacco, De Nova, 512). In particolare, l'art. 1425 c.c. contempla, quali cause di annullabilità del contratto, l'incapacità legale di contrattare e quella cd. naturale, ossia la condizione di incapacità di intendere e di volere, anche temporanea, nella quale si trovi una delle parti negoziali Incapacità legaleIl comma 1 della norma sancisce l'annullabilità del contratto stipulato da una parte che sia legalmente incapace di agire, ossia inidonea a porre in essere un'attività giuridicamente rilevante, consistente nell'acquisto e/o nell'esercizio di diritti ovvero nell'assunzione di obblighi, mediante una manifestazione di volontà considerata cosciente e consapevole dall'ordinamento giuridico (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 102). Tale capacità legale, che si acquista in linea tendenziale con il conseguimento della maggiore età, è richiesta per la stipula degli atti negoziali, anche di carattere unilaterale, mentre per gli atti non negoziali e per gli illeciti è sufficiente la capacità di intendere e di volere (in arg. Arena, 916). La S.C. ha precisato che la norma di cui all'art. 1442, comma 2, c.c, secondo la quale, se l'annullabilità di un contratto dipende da incapacità legale di uno dei contraenti, l'azione di annullamento si prescrive nel termine di cinque anni decorrente dal giorno in cui è cessato lo stato d'interdizione (o d'inabilitazione) riguarda non soltanto il caso in cui il contratto sia stato stipulato direttamente dall'incapace, ma anche quello in cui il contratto sia stato concluso dal rappresentante legale senza le autorizzazioni degli organi tutelari prescritte dalla legge per il compimento, in nome del minore, di alcune categorie di atti giuridici, ricorrendo anche in questo caso, caratterizzato, come il primo, da un vizio dell'atto determinato dalla sua stipulazione senza le garanzie previste dalla legge nell'interesse dell'incapace, l'esigenza di tutela di questo soggetto dagli effetti negativi dell'inerzia del tutore (Cass. n. 2725/1993). Casistica Il contratto di compravendita immobiliare, stipulato dal genitore esercente la potestà sul figlio minorenne, impiegando il denaro di questo nell'interesse proprio, in violazione delle modalità prescritte dal giudice tutelare in sede di autorizzazione, è annullabile su iniziativa del figlio, ai sensi dell'art. 322 c.c., decorrendo il termine quinquennale di prescrizione dal compimento della maggiore età, né è precluso l'accoglimento della domanda di annullamento parziale per incapacità legale, attinente alla sola parte del contratto che indica la persona dell'acquirente, in applicazione analogica dell'art. 1432 c.c. allorché ne faccia richiesta lo stesso soggetto in precedenza incapace, ritenendo la soluzione conforme ai propri interessi e purché non ne derivi alcun pregiudizio per la controparte (Cass. n. 12117/2014). L'atto posto in essere da un soggetto dopo che allo stesso, nel corso di un procedimento di interdizione, sia già stato nominato un tutore provvisorio, è annullabile, perché compiuto da un soggetto legalmente incapace, tutte le volte in cui il procedimento nel corso del quale è intervenuta la nomina del tutore provvisorio si concluda con la dichiarazione di interdizione, risultando irrilevanti le vicende che vengano a verificarsi nel corso del procedimento (come, nella specie, la revoca della nomina del tutore provvisorio successivamente al compimento dell'atto e la contestuale nomina di un curatore provvisorio), sicché il termine di prescrizione dell'annullamento decorre, ai sensi dell'art. 1442, comma 2, c.c., dalla data di cessazione dell'incapacità legale e non da quella di compimento dell'atto annullabile (Cass. n. 14781/2009) Incapacità naturaleL'incapacità naturale consiste in ogni stato psichico abnorme, pur se improvviso e transitorio e non dovuto ad una tipica infermità mentale o ad un vero e proprio processo patologico, che abolisca o scemi notevolmente le facoltà intellettive e volitive, in modo da impedire od ostacolare una seria valutazione degli atti stessi o la formazione di una volontà cosciente (Galgano, 269). Mentre per l'annullamento degli atti unilaterali posti in essere dall'incapace di intendere e di volere è richiesto il grave pregiudizio sofferto dall'autore, per l'annullamento dei contratti deve sussistere la malafede dell'altro contraente, della quale il pregiudizio attuale o potenziale è solo un elemento rivelatore, unitamente alla qualità del contratto o ad altre circostanze. La malafede consiste nella consapevolezza che il contraente capace abbia della menomazione della sfera intellettiva o volitiva dell'altro, anche come coscienza delle condizioni sanitarie del contraente di cui si invochi l'incapacità. L'incapacità di intendere e di volere, prevista dall'art. 428 c.c. quale causa d'annullamento del negozio giuridico (art. 1425, comma 2, e 1324 c.c.), detta anche incapacità naturale, consiste nella transitoria impossibilità di rendersi conto del contenuto e degli effetti dell'atto giuridico che si compie. Detta incapacità non può essere costituita, quindi, da dispiaceri anche gravi, quale, ad esempio, la consapevolezza di una malattia propria o di un prossimo familiare, salvo che essa abbia cagionato una patologica alterazione mentale (cfr. Cass. sez. lav., n. 4967/2005, la quale ha confermato la sentenza impugnata che, con motivazione adeguata e priva di vizi logici giuridici, in un caso di dimissioni della lavoratrice, aveva escluso la sussistenza della detta situazione patologica, osservando che, prima di scrivere la lettera di dimissioni, la medesima lavoratrice si era consultata con un rappresentante sindacale e che, comunque, un'alterazione mentale non poteva essere determinata dal proposito, manifestato dalla datrice di lavoro, di denunciare alla polizia la sottrazione di merce, non essendo ragionevole impedire a chi ha subito, o ha ritenuto di subire, un furto di esprimere la volontà di rivolgersi alla polizia, a causa del pericolo di turbare la psiche del presunto reo). Al fine della declaratoria di invalidità del negozio per incapacità naturale non è necessaria la prova che il soggetto, nel momento del compimento dell'atto, versava in uno stato patologico tale da far venir meno, in modo totale e assoluto, le facoltà psichiche, essendo sufficiente accertare che le stesse erano perturbate al punto da impedire al soggetto una seria valutazione del contenuto e degli effetti del negozio, e quindi il formarsi di una volontà cosciente. La prova dell'incapacità naturale può essere fornita con ogni mezzo o in base a indizi e presunzioni, che anche da soli, se del caso, possono essere decisivi ai fini della sua configurabilità, e il giudice è libero di utilizzare, ai fini del proprio convincimento, anche le prove raccolte in un giudizio intercorso tra le stesse parti o tra altre. L'apprezzamento di tale prova costituisce giudizio riservato al giudice di merito che sfugge al sindacato di legittimità se sorretto da congrue argomentazioni, esenti da vizi logici e da errori di diritto (Cass. II, n. 4539/2002). In giurisprudenza, inoltre, nell'evidenziare che i requisiti necessari per l'annullamento del contratto sono l'incapacità naturale di un contraente e la malafede dell'altro, si è osservato che la prova dell'incapacità non deve essere necessariamente riferita alla situazione esistente al momento in cui l'atto impugnato venne posto in essere, essendo possibile cogliere tale situazione da un quadro generale — anteriore e posteriore — al momento della redazione dell'atto, traendo da circostanze note, mediante prova logica, elementi probatori conseguenti e la malafede deve intendersi come conoscenza dell'altrui condizione di incapacità (Cass. II, n. 27061/2018). È stato inoltre evidenziato che, ai fini dell'annullamento di un contratto, perché concluso in stato d'incapacità naturale, il gravissimo pregiudizio a carico dell'incapace costituisce elemento indiziario dell'ulteriore requisito della malafede dell'altro contraente, ma, di per sé, non è idoneo a costituirne la prova (v. Cass. sez. lav., n. 19458/2015, la quale ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la domanda di annullamento di un accordo transattivo, non avendo il lavoratore assolto all'onere di allegazione e prova circa la sussistenza del requisito della malafede dell'altro contraente). Sotto il profilo processuale, occorre considerare che l'esercizio dell'azione di annullamento del contratto per incapacità di intendere e volere di uno dei contraenti, che sia successivamente deceduto, sebbene possa compiersi da parte di uno solo dei coeredi, anche in contrasto con gli altri, implica tuttavia il litisconsorzio necessario di tutti, giacché, come la sentenza di annullamento deve investire l'atto negoziale ma nella sua interezza, non potendo esso essere contemporaneamente valido per un soggetto e invalido per un altro, così anche l'eventuale restituzione non può avvenire pro quota (Cass. II, n. 25810/2013). Resta fermo che la domanda di annullamento del negozio ex art. 428 c.c. non può essere proposta dalla parte che intenda far prevalere le proprie ragioni su quelle del presunto incapace naturale (cfr., tra le altre, Cass. I, n. 3456/2015). In tema di invalidità negoziali, il giudicato formatosi sull'insussistenza dell'incapacità naturale richiesta per l'annullamento contrattuale ex art. 428 c.c. è inopponibile nel giudizio volto a far dichiarare la nullità del medesimo contratto per circonvenzione di incapace, atteso che, mentre l'art. 428 c.c. richiede l'accertamento di una condizione espressamente qualificata di incapacità di intendere e di volere, ai fini dell'art. 643 c.p. è, invece, sufficiente che l'autore dell'atto versi in una situazione soggettiva di fragilità psichica derivante dall'età, dall'insorgenza o dall'aggravamento di una patologia neurologica o psichiatrica anche connessa a tali fattori o dovuta ad anomale dinamiche relazionali che consenta all'altrui opera di suggestione ed induzione di deprivare il personale potere di autodeterminazione, di critica e di giudizio (Cass. I, n. 10329/2016).. BibliografiaArena, voce Incapacità (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1970; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.1. e 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Fedele, L'invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Torino, 1983; Messineo, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1958; Prosperetti, Contributo alla teoria dell'annullabilità del negozio giuridico, Milano, 1983; Rescigno, voce Capacità di agire, in Nss. D.I., Torino, 1958; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Stanzione, voce Capacità (dir. priv.), in Enc. giur., Roma, 1988; Tamponi, L'atto non autorizzato nell'amministrazione dei patrimoni altrui, Milano, 1992; Tommasini, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. giur., Roma, 1988. |