Codice Civile art. 1450 - Offerta di modificazione del contratto.

Cesare Taraschi

Offerta di modificazione del contratto.

[I]. Il contraente contro il quale è domandata la rescissione può evitarla offrendo una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità [1467 3].

Inquadramento

In attuazione del principio di conservazione la norma in esame prevede che la parte contro cui è proposta la domanda di rescissione può evitare la pronuncia costitutiva invocata dall'agente qualora offra una modificazione del contratto sufficiente a ricondurlo ad equità. Una disciplina analoga è prevista in tema di annullamento per errore e di risoluzione per eccessiva onerosità.

Secondo la dottrina, l'offerta di modifica, il cui esercizio inibisce il diritto ad ottenere la rescissione, non ha valore di proposta contrattuale, ma costituisce un negozio unilaterale recettizio, revocabile finché il destinatario non manifesti di volerne approfittare (Redenti, L'offerta di riduzione ad equità, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1947, 576; Bianca, 655; Marini, 972). L'offerta può essere avanzata in via stragiudiziale o in via giudiziale (Carresi, 367; contra Boselli, Eccessiva onerosità, compravendita di cosa futura, offerta di riduzione ad equità, in Giur. compl. Cass. civ., 1951, II, 320, secondo cui l'offerta può essere formulata solo in via giudiziale), sicché la stessa può avere anche la veste di atto processuale (Mirabelli, 586). L'atto di esercizio del potere di rettifica conserva natura negoziale anche nel caso in cui la determinazione della modifica del contratto sia affidata al giudice (Bianca, 656). Secondo una parte della dottrina, l'offerta di modificazione non si applica alla rescissione del contratto concluso in stato di pericolo, fattispecie in cui è prevista in alternativa la possibilità del giudice di liquidare un equo compenso per l'opera prestata in sede di pronuncia della rescissione (Mirabelli, 586; contra Carresi, 366).

Secondo la giurisprudenza, la reductio ad aequitatem non è un atto prenegoziale, ma un negozio unilaterale che può essere perfezionato anche mediante domanda giudiziale (Cass. II, n. 5922/1991; Cass. II, n. 6630/1988; Cass. III, n. 2748/1972)

L'esercizio dell'offerta

La riduzione ad equità deve essere tale da riequilibrare il rapporto fra le prestazioni. È pertanto insufficiente, e non pregiudica l'accoglimento della domanda di rescissione, un'offerta che riduca appena entro la metà la sproporzione tra le prestazioni (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 492). Viceversa, è necessaria un'offerta idonea a riequilibrare in maniera sostanziale la sperequazione tra le due prestazioni reciproche (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 860). Il supplemento di prezzo offerto costituisce debito di valuta (Bianca, 655). Qualora l'offerta sia formulata in via giudiziale, non si tratta né di eccezione né di domanda riconvenzionale, bensì di contro-domanda proponibile in qualsiasi momento della lite e anche per la prima volta in appello, sino al passaggio in giudicato della pronuncia di rescissione. L'offerta può anche rimettere al giudice la concreta determinazione delle modifiche (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 492; Bianca, 656). La modificazione che riconduce il contratto ad equità non deve necessariamente consistere nella prestazione di una somma di denaro, ma può consistere in qualunque variazione della prestazione, ed anche eventualmente delle modalità cui essa è legata, atta a mutare il rapporto dei valori tra le prestazioni medesime (Mirabelli, 586). Con riguardo alla revocabilità dell'offerta, sono stati ritenuti applicabili i criteri di cui agli artt. 1328 e 1329 c.c. (Redenti, cit., 581). Secondo alcuni si potrebbe dubitare della legittimità costituzionale della riduzione ad equità, trattandosi di rimedio irragionevole e gravemente sbilanciato in favore di chi abbia approfittato dello stato di bisogno altrui (Corsaro, Rescissione, in Dig. civ.XVI, 643 ss.).

Secondo la giurisprudenza, l'offerta di modificare il contratto rescindibile, in modo da ricondurlo ad equità, può essere fatta o in via stragiudiziale o in via giudiziale: nella prima ipotesi essa è una proposta contrattuale, che, se accettata dalla controparte, dà luogo alla formazione di un contratto modificativo di quello rescindibile; nella seconda ipotesi essa è una domanda giudiziale (purché riconducibile alla parte mediante sottoscrizione dell'atto contenente la relativa dichiarazione o con la sottoscrizione della procura speciale ad litem al difensore, apposta a margine o in calce dell'atto medesimo: Cass. II, n. 6630/1988; vedi anche Cass. II, n. 5458/1978), la quale, ove contenga l'esatta indicazione delle modificazioni offerte, non può essere integrata o modificata dal giudice: quest'ultimo deve accoglierla, se ritiene sufficienti le proposte modificazioni, o rigettarla, in caso contrario (Cass. III, n. 2748/1972).

Tale offerta, avendo natura sostanziale, può essere formulata all'esito dell'accertamento del vizio, sicché rispetto ad essa non si verificano preclusioni processuali (Cass. VI-II, n. 12665/2014; Cass. I, n. 1037/1976). Può essere altresì avanzata con domanda riconvenzionale subordinata dal convenuto, che in via principale eccepisca il difetto dei presupposti e delle condizioni dell'azione di rescissione (Cass. II, n. 1850/1979, secondo cui, in tale ipotesi, l'offerta opera soltanto nel caso di verificata ricorrenza di tutti gli estremi per la pronunzia di rescissione), nonché in separato giudizio, sino a quando non sia passata in giudicato la sentenza che pronunzia la rescissione (Cass. III, n. 2748/1972). L'offerta in esame, qualora sia formulata nel corso del giudizio, può anche limitarsi a chiedere la determinazione al giudice, in base ad elementi oggettivi da accertarsi in giudizio (Cass. II, n. 10976/2014; Cass. II, n. 5922/1991), ovvero nel caso in cui il giudice ritenga inadeguata la modificazione già offerta (Cass. III, n. 1067/1976); pertanto, l'offerta di reductio ad aequitatem non richiede l'esatta indicazione delle clausole da modificare e dei limiti entro cui debbano essere modificate, ma è pur sempre necessario al fine di impedire la pronuncia di rescissione che, ove manchi l'adesione del destinatario, l'offerta presenti un minimo di specificazione, onde consentire al giudice, sostituendosi alla parte, di valutarne l'adeguatezza (Cass. II, n. 3891/1994).

Si è, altresì, precisato che l'offerta deve avere un valore identico a quello del bene che dovrebbe essere restituito all'attore in seguito all'accoglimento della domanda di rescissione (Cass. II, n. 5458/1978); più precisamente, l'offerta deve essere tale da ricomprendere la differenza tra la somma corrisposta ed il valore del bene al momento della costituzione del rapporto, e non soltanto idonea ad eliminare la sproporzione tra le due prestazioni (Cass. II, n. 24247/2016). L'indagine del giudice deve, comunque, svolgersi secondo criteri estimativi oggettivi di carattere tecnico, e non soltanto sulla base di un mero criterio di equità (Cass. II, n. 4023/1989).

Inoltre, diversamente da quanto sostenuto da una parte della dottrina, l'offerta di supplemento di prezzo integra un debito di valore a carico dell'offerente, il quale deve essere adeguato in relazione alla svalutazione monetaria sopravvenuta, e comporta inoltre la corresponsione degli interessi legali a titolo compensativo dalla data della stipulazione (Cass. II, n. 1046/1983; Cass. III, n. 1067/1976; Cass. n. 2256/1959); una volta che la liquidazione del supplemento prezzo sia avvenuta, il preesistente debito di valore si converte, in forza del giudicato, in debito di valuta (Cass. n. 254/1960)..

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.1. e 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Carresi, Rescissione (diritto civile), in Enc. giur., Roma 1991; Cicala, Il negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962, 122; Marini, voce Rescissione del contratto, in Enc. dir., Milano, 1988; Messineo, voce Contratto (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1961; Mirabelli, voce Rescissione, in Nss. D.I., Torino, 1968; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1989.

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