Codice Civile art. 1470 - Nozione.InquadramentoLa vendita rappresenta il contratto di scambio di beni più importante e diffuso nella pratica degli affari, tanto che molte delle regole esplicitamente formulate in materia sono applicabili, in quanto compatibili, ad ogni negozio traslativo. Trattasi, precisamente, di un contratto bilaterale a prestazioni corrispettive, nel quale oggetto della prestazione può essere il trasferimento non solo della proprietà di cose, ma anche di altri diritti reali o di diritti diversi, come un diritto di credito o un diritto su beni immateriali. La causa del negozio consiste, quindi, nello scambio della cosa contro il prezzo. Tuttavia, il semplice intento di trasferire un bene non permette di identificare lo scopo che qualifica tale trasferimento, ossia di individuare il titolo specifico che qualifica il negozio (come donazione, vendita, permuta, datio in solutum, etc.) (Cass. I, n. 3421/1968). L'effetto traslativo, di regola, in ragione del principio generale di cui all'art. 1376 c.c., si produce nel momento stesso della conclusione del contratto, per effetto del consenso legittimamente manifestato (contratto ad effetti reali), senza bisogno della consegna della cosa, della trascrizione in pubblici registri o del pagamento del prezzo (ciò vale anche nel caso di vendita di automobili, atteso che la trascrizione nel p.r.a. è finalizzata solo a regolare i conflitti tra pretese contrastanti sullo stesso veicolo da parte di coloro che abbiano causa dal medesimo autore: Cass. III, n. 22605/2009). Differiscono dalla regola generale le cd. vendite obbligatorie (tra cui sono ricomprese la vendita di cosa altrui, di cosa generica, di cosa futura, con riserva di proprietà, alternativa, sospensivamente condizionata), in cui l'effetto traslativo è la conseguenza di un ulteriore evento, nel senso che il trasferimento del diritto è differito ad un tempo successivo alla conclusione del contratto, pur verificandosi automaticamente non appena si producono determinati fatti o situazioni (come l'acquisto della cosa da parte dell'alienante nella vendita di cosa altrui o la venuta ad esistenza della cosa nella vendita di cosa futura), senza bisogno di un nuovo atto traslativo, e dunque per effetto del consenso originariamente prestato. Non rientra, invece, nella nozione di vendita obbligatoria il contratto in cui l'effetto traslativo sia conseguenza di un ulteriore e successivo atto di trasferimento, di modo che vengano distinti e separati nel tempo la volontà di obbligarsi e la volontà di trasferire (in quest'ultima ipotesi si configura un preliminare di vendita, in cui l'effetto traslativo dipende dalla stipula del contratto definitivo: Cass. III, n. 15215/2018). Secondo parte della dottrina (Rizzieri, 23 ss.), di vendita obbligatoria in senso proprio può discorrersi solo quando a carico del venditore sorga un'obbligazione riconducibile al n. 2 dell'art. 1476 c.c.: tali non sarebbero, perciò, la vendita a termine, la vendita sottoposta a condizione sospensiva, la vendita con riserva di proprietà e la vendita a prova, con riguardo alle quali dovrebbe più propriamente parlarsi di vendita ad efficacia traslativa differita. Altra dottrina concorda nell'escludere dalla vendita obbligatoria quella sospensivamente condizionata, poiché in questo caso la condizione, fino al suo avveramento, impedisce il sorgere di qualsiasi effetto, anche solo obbligatorio (Bianca, 94), e, una volta verificatasi la condizione, l'effetto traslativo viene fatto risalire al momento della stipula, sì che l'eventuale obbligo che si volesse imputare al venditore andrebbe ricondotto al generale divieto di impedire il completamento del fatto giuridico (Rubino, 317). Il fatto di ravvisare comunque nell'accordo la matrice del trasferimento anche nel caso di vendita obbligatoria giustifica, tra l'altro, il riconoscimento dell'immediata trascrivibilità della vendita obbligatoria immobiliare, pur non essendosi ancora prodotto l'effetto reale (Cass. III, n. 16921/2009, in relazione alla vendita di cosa futura). La vendita non ha immediata efficacia traslativa nelle zone in cui è stato conservato il sistema di pubblicità immobiliare tavolare, in cui per il verificarsi dell'effetto traslativo non è sufficiente il solo consenso delle parti, ma è necessaria l'iscrizione nei libri fondiari (cd. intavolazione), sì che il contratto ha efficacia obbligatoria (il principio consensualistico è espressamente derogato dall'art. 2, commi 1 e 2 r.d. n. 499/1929). È controverso, in dottrina e giurisprudenza, se il principio consensualistico possa essere comunque derogato per volontà dei contraenti, con la conseguenza che dalla vendita scaturirebbe solo un'obbligazione di dare che dovrebbe poi essere adempiuta mediante un atto unilaterale atipico avente efficacia traslativa (Sirena, L'effetto traslativo, in I contratti di vendita, Trattato Rescigno-Gabrielli, 421). La vendita costituisce, normalmente, atto di straordinaria amministrazione, perché incide sulla sostanza del patrimonio. Ciò è confermato dagli artt. 320, 374, 411 e 424 c.c., i quali richiedono l'autorizzazione del giudice a tutela dell'incapace. Le diverse tipologie di venditaLa vendita non presenta carattere unitario, dovendo registrarsi una varietà di sottotipi, varianti tipologiche, clausole e discipline particolari. In sostanza, all'originario nucleo codicistico si sono poi aggiunte nuove discipline che hanno accresciuto la complessità della figura fino a farle quasi perdere unitarietà. Di qui una varietà di figure di «vendite speciali» che si differenziano tra loro in funzione, prevalentemente, della diversità, ora dei soggetti (ad es., consumatori, imprenditori), ora dell'oggetto del contratto (ad es., beni mobili, beni immobili, immobili da costruire, multiproprietà, aziende), ora delle modalità della contrattazione (ad es., dentro o fuori i locali dell'impresa o con tecniche di comunicazione a distanza ex d.lgs. n. 206/2005). Il fenomeno, di cui si discorre, di «frantumazione» del tipo-vendita in una molteplicità di varianti tipologiche e sottotipi si interseca con un processo di erosione del modello codicistico, che prende origine dalla differenziazione e dal distacco dall'originario tronco della vendita di nuove fattispecie negoziali tipiche e atipiche (la somministrazione, la concessione di vendita, il franchising, il leasing, il factoring, il rent to buy). In particolare, il rent to buy, introdotto dall'art. 23 d.l. n. 133/2014, conv. con modif. in l. n. 164/2014, costituisce un negozio a struttura bifasica, che si sostanzia nell'immediato godimento di un immobile in funzione di un successivo eventuale acquisto della proprietà, e prevede il pagamento di un canone che ha natura mista (in parte remunerazione per l'immediato godimento del bene altrui, in parte anticipazione del prezzo dell'eventuale vendita). Il contratto deve essere trascritto ed il trasferimento di proprietà richiede una successiva manifestazione di volontà, e quindi il compimento di un ulteriore negozio giuridico. Si tratterebbe, secondo alcuni, di un collegamento negoziale tra un contratto di locazione ed un preliminare unilaterale di compravendita (Zaccaria, Comm. breve al codice civ., 2016, sub art. 1470, I). L'oggettoL'oggetto della vendita è costituito, più che dalla cosa e dal prezzo, dai risultati con essa programmati, ossia dall'attribuzione del diritto e dall'attribuzione del prezzo (Bianca, 3). Il trasferimento programmato con la vendita ha ad oggetto, a sua volta, diritti soggettivi (reali, di credito, su beni immateriali, etc.). Conseguentemente, non possono formare oggetto di compravendita le entità, materiali o immateriali, non suscettibili di costituire autonomo punto di riferimento di diritti (De Nova, Inzitari, Tremonti, Visintini, ove si fa riferimento a giocatori di calcio, canali radiotelevisivi, pacchetti turistici, possesso, «scatole d'aria», «cubatura edificabile»). L'oggetto deve, in sostanza, rispondere ai requisiti dell'art. 1346 c.c., e quindi essere possibile (nel senso che il bene deve essere esistente, sempre che non sia contrattato come cosa futura, e in commercio), lecito (ossia non soggetto a regime di inalienabilità assoluta o relativa), determinato o determinabile. Possono costituire oggetto di vendita, quindi, non solo il diritto di proprietà, ma anche i diritti reali di godimento, i crediti, i titoli di credito, le posizioni contrattuali, le quote (Cass. I, n. 20893/2008) o le azioni di una società (Cass. II, n. 16963/2014; Cass. III, n. 16031/2007), i beni immateriali (quali i segni distintivi dell'impresa, le opere dell'ingegno, le invenzioni industriali), l'azienda, l'eredità (art. 1542 c.c.), una miniera o cava (Cass. II, n. 26878/2019),la colonna d'aria libera soprastante un edificio (Cass. III, n. 636/1975; ma v. Cass. S.U., n. 2084/1989, nonché Cass. II, n. 12656/2020 e Cass. II, n. 22032/2004, secondo cui la colonna d'aria non costituisce oggetto di diritti e, quindi, non è oggetto di proprietà autonoma rispetto alla proprietà esclusiva del lastrico solare), il taglio di un bosco ceduo (Cass. I, n. 3599/1971), l'erba per il pascolo (Cass. VI-II, n. 34508/2021); vanno esclusi, invece, i beni o diritti espressamente definiti inalienabili (ad es., i beni demaniali, l'usufrutto legale, i diritti di uso e abitazione). Si esclude, altresì, la vendita del mero possesso, il quale non è un diritto, bensì un potere di fatto corrispondente all'esercizio di un diritto reale (Cass. II, n. 13222/2014, secondo cui il relativo contratto sarebbe nullo per impossibilità dell'oggetto). È, inoltre, nulla la vendita avente ad oggetto edifici o terreni se priva dei requisiti formali di cui agli artt. 30 e 46, d.P.R. n. 380/2001 (Cass. II, n. 23541/2017), o beni soggetti ad usi civici (Cass. III, n. 1940/2004). Di recente, Cass. S.U., n. 8230/2019, sanando il contrasto giurisprudenziale sul punto, ha statuito che la nullità comminata dall'art. 46 d.P.R. n. 380/2001, e dagli artt. 17 e 40 l. n. 47/1985, costituisce una nullità “testuale” riconducibile al disposto del comma 3 dell'art. 1418 c.c., che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle predette norme; la stessa è volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere riferibile, proprio, a quell'immobile, essendo in tal caso la vendita valida a prescindere dalla conformità o difformità della costruzione realizzata al menzionato titolo, profilo, quest'ultimo, rilevante sul piano amministrativo e/o penale (conf. Cass. III, 538/2020). Va, invece, esclusa la nullità del contratto di compravendita di un immobile privo di autorizzazione all'abitabilità, ove tale carenza, pur attenendo alle qualità essenziali del bene, non impedisca concretamente ed in assoluto il godimento dello stesso (Cass. II, n. 24957/2007); tuttavia, la consegna del certificato di abitabilità dell'immobile, pur non costituendo di per sé condizione di validità della compravendita, integra un'obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell'art. 1477 c.c. (Cass. II, n. 16216/2008). Analogamente, il contratto di compravendita con cui viene trasferito il diritto di proprietà di un immobile sul quale il venditore abbia esercitato il possesso per un tempo sufficiente al compimento dell'usucapione non è viziato dalla nullità ancorché l'acquisto della proprietà da parte sua non sia stato giudizialmente accertato in contraddittorio con il precedente proprietario, e ciò in quanto l'acquisto per usucapione avviene ipso iure per il semplice fatto del possesso protratto per venti anni e la sentenza con cui viene pronunciato l'acquisto per usucapione del diritto di servitù ha natura meramente dichiarativa e non costitutiva del diritto stesso (Cass. II, n. 32709/2024; Cass. II, n. 1905/2023; Cass. II, n. 7853/2018; Cass. II, n. 2485/2007). In tema di alienazione di bene sottoposto a vincolo di interesse artistico o storico, l'art. 61 d.lgs. n. 42/2004 vieta espressamente la consegna del bene medesimo prima della scadenza del termine per l'esercizio del diritto di prelazione, avendo tale norma lo scopo di impedire la sua apprensione materiale da parte del compratore, prima che la P.A. abbia esercitato, o scelto di non esercitare, il proprio diritto di prelazione nell'acquisto (Cass. II, n. 40179/2021). In generale, la nullità delle alienazioni delle cose di interesse artistico o storico appartenenti agli enti legalmente riconosciuti compiute in assenza della prescritta preventiva autorizzazione ministeriale, prevista dall'art. 61 l. n. 1089/1939, è di carattere assoluto e, pertanto, può essere dedotta da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice; qualora, invece, si tratti di alienazioni di cose di interesse artistico e storico appartenenti a privati sottoposte a vincolo realizzate contro i divieti stabiliti dalla legge stessa o senza l'osservanza delle condizioni e modalità da essa prescritte, viene in rilievo una nullità di carattere relativo, essendo stabilita nell'interesse esclusivo dello Stato, cosicché essa non può essere dedotta dai privati o essere rilevata d'ufficio dal giudice (Cass. II, n. 11032/2022). La nullità è prevista dalla legge (art. 29, comma 1-bis l. n. 52/1985) anche per i contratti notarili di trasferimento di unità urbane che non siano identificate nell'atto con i dati catastali e col riferimento alle planimetrie depositate in catasto e nei quali l'alienante non dichiari la conformità allo stato di fatto della situazione catastale. Fattispecie di nullità sono state enucleate dalla giurisprudenza in relazione alle alienazioni con funzione di garanzia violative, anche in via indiretta, del divieto del patto commissorio di cui all'art. 2744 c.c. (Cass. III, n. 4664/2021 , in relazione al sale and lease back; Cass. II, n. 14903/2006), atteso che tale divieto si estende a qualsiasi negozio, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto dell'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore. In ogni caso, la dichiarazione di nullità di un contratto di vendita non travolge di per sé sola gli effetti confessori della dichiarazione, in esso contenuta, con cui il venditore riconosce di aver incassato il prezzo. Ne consegue che tale dichiarazione, anche se inserita nel contratto dichiarato nullo, può costituire prova dell'avvenuto pagamento nel giudizio di restituzione dell'indebito conseguente alla dichiarazione di nullità (Cass. III, n. 9719/2020). È poi controverso, in dottrina, se possano costituire oggetto di vendita i diritti reali di garanzia, come il pegno e l'ipoteca (per la tesi positiva, Rubino, 77; per la tesi negativa, Capozzi, secondo cui, da un lato, il legislatore contempla solo la postergazione nel grado e non la cessione, e, dall'altro, i suddetti diritti reali sono negozi accessori, e quindi non suscettibili di circolazione indipendentemente dal credito originario). Si discute, altresì, se sia ammissibile la vendita di un contratto (per la tesi positiva, Luminoso, I contratti tipici e atipici, in Tr. I.Z., 1995, 44 ss.; per la tesi negativa, Ferri-Nervi, Il contratto di compravendita, in Trattato Lipari-Rescigno, 11). Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di vendita immobiliare, il requisito della determinatezza o determinabilità dell'oggetto richiede che siano indicati gli elementi per l'identificazione immediata o futura del bene venduto, desumibili dal documento scritto, quali i confini e gli elementi topografico-catastali (Cass. II, n. 19044/2010; Cass. II, n. 12506/2007); in caso di contrasto tra i dati catastali ed i confini, prevalgono questi ultimi, atteso che i dati catastali, essendo preordinati essenzialmente all'assolvimento di funzioni tributarie e spesso sfuggendo alla diretta percepibilità dei contraenti, hanno carattere soltanto sussidiario (Cass. II, n. 3996/2017). Non potendosi fare ricorso ad elementi estranei al contratto, occorre che i contraenti, i quali abbiano fatto riferimento per individuare il bene ad una planimetria allegata all'atto, non solo l'abbiano sottoscritta, ma anche l'abbiano espressamente richiamata nell'atto medesimo come parte integrante del contenuto dello stesso (Cass. II, n. 6307/2020; Cass. II, n. 21352/2014). È altresì ammissibile la vendita di un terreno da staccarsi da un fondo di maggiore estensione, purché il contratto indichi la superficie venduta ed i criteri per individuarla all'interno del più ampio fondo che rappresenta il genus limitatum (Cass. II, n. 7279/2006); in particolare, in tale ipotesi, sussiste il requisito della determinabilità dell'oggetto, quando sia accertato che le parti avevano considerato la maggior estensione di proprietà del venditore come genus, essendo stata la stessa perfettamente individuata nel contratto, nonché stabilito la misura della estensione da distaccare e sempre che per la determinazione del terreno non debba richiedersi una nuova manifestazione di volontà delle parti, null'altro occorrendo, ai fini della sussistenza del suddetto requisito, se non l'adempimento del venditore che deve prestare la cosa determinata solo nel genere exart. 1178 c.c. Ne deriva che il requisito di determinabilità dell'oggetto sussiste quando nel contratto siano contenuti elementi prestabiliti dalle parti, che possono consistere anche nel riferimento a dati di fatto esistenti e sicuramente accertabili, i quali siano idonei alla identificazione del terreno da trasferire mediante un procedimento tecnico di mera attuazione, che ne individui la dislocazione nell'ambito del fondo maggiore, per cui la consegna di una parte piuttosto che di un'altra risulti di per sé irrilevante, essendo i diversi tratti di terreno del tutto equivalenti, escluso ogni margine di dubbio sulla identità del terreno oggetto del contratto (Cass. II, n. 14585/2021); in ogni caso, la vendita di un terreno esattamente individuato comporta, per il principio dell'accessione, il trasferimento della proprietà di tutte le costruzioni che su di esso insistano, anche se non sono state menzionate nell'atto (Cass. II, n. 24679/2006). Secondo la dottrina, il conflitto tra più elementi di identificazione dell'immobile è risolubile con la ricostruzione dell'effettivo intento delle parti, operazione, questa, da effettuarsi in base al criterio di una retta interpretazione del contratto (Bianca, 265). Salva espressa pattuizione, la vendita non comporta anche la cessione del credito risarcitorio per i danni che la cosa ha subito prima che fosse alienata, che dunque rimane in capo al venditore (Cass. III, n. 13795/2018; Cass. S.U., n. 2951/2016). Il prezzoRequisito oggettivo della vendita è anche il prezzo, ossia il corrispettivo in denaro che il compratore deve al venditore per la cosa o il diritto che questi gli ha alienato (secondo Bianca, 20, mancando la previsione del prezzo, difetterebbe la causa della vendita). Il prezzo deve essere determinato o almeno determinabile. Il prezzo è determinato quando l'ammontare viene fissato nel contratto; determinabile quando dalle parti vengono indicati i criteri, convenzionali o legali, in base ai quali stabilire l'entità della somma: pertanto, la vendita è nulla qualora le parti non abbiano fissato alcun criterio per la determinazione del prezzo (o ne abbiano indicato uno inidoneo: Cass. II, n. 523/1988) e non possano operare i criteri legali suppletivi di cui all'art. 1474 c.c. (Cass. II, n. 6816/1988). Analogamente, l'accettazione della proposta contrattuale di compravendita è idonea a segnare il perfezionamento del contratto quando il prezzo sia stabilito in detta proposta o sia determinabile alla stregua di criteri, riferimenti o parametri precostituiti, così che la sua successiva concreta quantificazione sia ricollegabile ad un'attività delle parti di tipo meramente attuativo e ricognitivo (Cass. I, n. 1332/2017). Il prezzo deve, invece, ritenersi inesistente, con conseguente nullità del contratto per mancanza di un elemento essenziale, allorché esso sia programmaticamente destinato, nella comune intenzione delle parti, a non essere pagato (Cass. II, n. 16422/2024; Cass. II, n. 30836/2019; Cass. II, n. 22617/2019): tale programmatica esclusione del pagamento deve, però, emergere dal testo negoziale (ossia dalla comune intenzione delle parti come estrinsecata nel contratto), affinché possa ingenerarne l'invalidità per mancanza dell'elemento essenziale del prezzo, e non già da elementi esterni o postumi, ipoteticamente incidenti sui diversi istituti della simulazione, della remissione del debito o semplicemente dell'inadempimento; d'altronde, qualora le parti della vendita stabiliscano di compensare il prezzo pattuito con il debito pregresso del venditore verso l'acquirente, il relativo accordo non fa venir meno il contratto di compravendita. Quando le parti abbiano inteso determinare il prezzo mediante rinvio alla misura stabilita da una norma, è riservato al giudice del merito accertare se tale rinvio debba ritenersi mobile o fisso, con conseguente incidenza o meno delle modifiche sopravvenute dell'atto normativo sui patti contrattuali (Cass. III, n. 1762/2012). In ogni caso, grava sul venditore l'onere di provare il prezzo pattuito (Cass. III, n. 1607/1972). Anche in dottrina si ritiene nulla la clausola che rimetta la determinazione del prezzo alla volontà di uno dei contraenti (Rizzieri, La compr. priva di indicazione di prezzo, in Studi in onore di G. Cian, 2149). La pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell'atto scritto, soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall'art. 2722 c.c., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto (Cass. II, n. 3234/2015; Cass. S.U., n. 7246/2007). Inoltre, solo l'indicazione di un prezzo assolutamente privo di valore, meramente apparente e simbolico, può determinare la nullità della vendita per difetto di uno dei suoi requisiti essenziali, mentre la pattuizione di un prezzo, sia pure notevolmente inferiore al valore di mercato del bene venduto, non incide sulla validità del contratto (atteso che le parti, nella loro autonomia negoziale, possono determinare come meglio credono la misura del prezzo), ma pone un problema concernente l'adeguatezza e la corrispettività delle reciproche prestazioni delle parti ed afferisce, quindi, alla interpretazione della volontà dei contraenti ed alla eventuale configurabilità di una causa diversa del contratto (Cass. I, n. 22567/2015; Cass. II, n. 9640/2013), riconducibile, ad es., ad una donazione dissimulata, una donazione indiretta o una vendita mista a donazione (quest'ultima, in particolare, ricorre quando, accanto alla duplice componente onerosa e di liberalità del negozio, sia accertata la coscienza, nell'alienante, di dare una cosa di valore economicamente maggiore del corrispettivo convenuto). Di regola, il prezzo dev'essere pagato in denaro o mediante l'impiego di surrogati della moneta (es., titoli di credito), ma può avvenire anche mediante l'accollo di un debito del venditore (Cass. II, n. 8442/1998) oppure l'estinzione di un preesistente credito del compratore nei confronti del venditore (Cass. I, n. 2441/2006). Qualora, invece, le parti di un contratto di vendita stabiliscano di sostituire al prezzo una cosa da dare in solutum, si configura una datio in solutum ex art. 1197 c.c. che non fa venir meno l'originaria vendita (Cass. II, n. 11256/1999). Al fine, invece, di stabilire se un contratto traslativo della proprietà di un bene, per il quale la controprestazione sia costituita, in parte, da una cosa in natura e, in parte, da una somma di denaro, costituisca una compravendita o una permuta, una volta che si escluda la duplicità di negozi ovvero l'ipotesi del contratto con causa mista, occorre avere riguardo non già alla prevalenza del valore economico del bene in natura ovvero della somma di denaro, bensì alla comune volontà delle parti, verificando se esse hanno voluto cedere un bene contro una somma di denaro, commutando una parte di essa, per ragioni di opportunità, con un altro bene, ovvero hanno concordato lo scambio di beni in natura, ricorrendo all'integrazione in denaro soltanto per colmare la differenza di valore tra i beni stessi (Cass. II, n. 5605/2014). Nel caso in cui il venditore, in sede di stipulazione del negozio, dichiari che il prezzo è già stato pagato, non si configura nullità per mancanza del requisito essenziale del prezzo, perché l'esigenza della determinatezza o determinabilità del prezzo è soddisfatta da tale dichiarazione (Cass. II, n. 6142/2022 ; Cass. II, n. 4854/2012); in tale ipotesi, nemmeno qualora, per accordo fra le parti, la dichiarazione di avvenuto pagamento non sia rispondente al vero, può escludersi che sia stato comunque pattuito un prezzo, il cui effettivo pagamento attiene al diverso piano dell'esecuzione del contratto (Cass. II, n. 8810/2003). Il pagamento del prezzo in contanti in violazione della normativa antiriciclaggio non determina la nullità del contratto, trattandosi di infrazione sanzionata in via amministrativa (Cass. III, n. 525/2020). Il rilascio, invece, della garanzia fideiussoria di cui all'art. 2 d.lgs. n. 122/2005 in data successiva alla stipula di un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto un immobile in corso di costruzione non esclude l'operatività della nullità per mancanza della garanzia accessoria prescritta ex lege, qualora nelle more si sia manifestata l'insolvenza del promittente venditore ovvero risulti altrimenti pregiudicato l'interesse del promissario acquirente, sicché in tali ipotesi la proposizione della domanda di nullità del contratto per violazione del citato art. 2 non costituisce abuso del diritto (Cass. II, n. 19510/2020; Cass. II, n. 30555/2019). È pacifico, in giurisprudenza, che l'obbligazione di pagamento del prezzo costituisca debito di valuta, soggetto al principio nominalistico di cui all'art. 1277 c.c., nonché alla disciplina posta dall'art. 1224 c.c. (Cass. II, n. 10069/1996). Qualora sia pattuito un pagamento differito del prezzo, le parti possono regolare la revisione del prezzo stesso con criteri diversi da quelli fissati per l'appalto dall'art. 1664 c.c. (Cass. II, n. 118/1992). Non può configurarsi una novazione oggettiva qualora sia intervenuta la modifica del solo prezzo e siano rimasti invariati tutti gli altri elementi della vendita (Cass. II, n. 9867/2000). La formaLe parti sono libere, nei limiti imposti dalla legge in relazione alla natura della cosa, di concludere la vendita in qualsiasi forma idonea alla manifestazione del consenso, vigendo il principio generale della libertà di forma. È imposta, invece, la forma scritta ad substantiam, tra l'altro, per le vendite immobiliari (art. 1350 c.c.), le vendite di eredità (art. 1543 c.c.), le vendite di navi (tranne le imbarcazioni rientranti nella categoria delle navi minori, ai sensi dell'art. 249, comma 2 r.d. n. 327/1942) ed aeromobili (art. 846 n. 327/1942). La relativa prova in giudizio può essere data solo con l'acquisizione dell'atto scritto, non essendo consentite la prova testimoniale o la confessione (Cass. II, n. 26174/2009). Tuttavia, in caso di vendita di un immobile, quando il bene sia stato contrattualmente individuato, nella sua localizzazione e struttura, in modo sufficientemente certo, ma non ne sia stata precisata la consistenza e siano da escludere sia la vendita a corpo che quella a misura oppure di specie, è ammissibile la prova testimoniale volta ad accertare l'intervenuta pattuizione circa la misura del bene e la sua entità (Cass. II, n. 1742/2022). Particolari oneri formali sono altresì previsti dall'art. 62 d.l. n. 1/12, conv. con modif. in l. n. 27/2012, in materia di cessione di prodotti agricoli ed alimentari. La necessità della forma scritta, prevista per il contratto avente ad oggetto il trasferimento o la promessa di trasferimento di bene immobile, non si estende agli elementi non essenziali del contratto stesso, quali quelli inerenti alle modalità di esecuzione (es., termine per la stipula del definitivo, data di consegna dell'immobile o modalità di pagamento, in contanti ovvero con assegno, del prezzo già pattuito: Cass. II, n. 8765/2021; Cass. III, n. 525/2020; Cass. II, n. 5290/1982), che possono essere stipulati anche verbalmente e regolamentati con accordi autonomi, soggetti alla comune disciplina probatoria (Cass. II, n. 3839/1982), mentre è richiesta sia per lo scioglimento della vendita per mutuo consenso, atteso che per effetto di questo opera un nuovo trasferimento di proprietà al precedente proprietario (Cass. II, n. 13290/2015), sia per la ratifica della vendita immobiliare conclusa dal falsus procurator ex art. 1399 c.c. (Cass. II, n. 21844/2010). In ogni caso, nell'ipotesi di compravendita immobiliare nulla perché realizzata in forma verbale, cui le parti abbiano comunque dato esecuzione mediante la consegna della res ed il pagamento integrale del relativo corrispettivo, il giudice può affermare l'esistenza, in capo al soggetto che in virtù del predetto titolo si trovi in rapporto di fatto con il cespite, di un possesso utile ad usucapionem, soltanto laddove in concreto si configuri un atto idoneo a realizzare l'interversione del possesso, che, però, non può essere rappresentato da comportamenti, quali il trasferimento della residenza nell'immobile o l'attivazione delle relative utenze a proprio nome, che di per sé non presuppongono il possesso, ma un mero rapporto di detenzione qualificata con la res (Cass. II, n. 21726/2019). In giurisprudenza si è, altresì, ritenuto che, qualora sia prevista la forma scritta, non richiedendosi la contestuale sottoscrizione delle parti, la mancanza della firma di una di esse può essere sostituita dalla inequivocabile manifestazione di volontà di avvalersi del negozio contenuto nella scrittura incompleta, anche mediante la eventuale produzione in giudizio del documento, eseguita allo scopo di avvalersi dei suoi effetti negoziali, purché la produzione non sia effettuata nel giudizio promosso successivamente al decesso del sottoscrittore e nei confronti dei suoi eredi, in quanto il decesso determina l'inefficacia della proposta, salvo che si tratti di proposta irrevocabile ex art. 1329 c.c. ovvero formulata dall'imprenditore nell'esercizio della sua impresa ex art. 1330 c.c. (Cass. II, n. 27517/2019 ; Cass. II, n. 22223/2006). Secondo la dottrina, non costituisce forma della vendita il documento di quietanza del prezzo, in quanto non esprime una volontà attuale dei contraenti di compravendere (Luminoso, I contratti tipici e atipici, in Tr. I.Z., 1995, 22). BibliografiaAngelici, Consegna e proprietà nella vendita internazionale, Milano, 1979; Auricchio, La individuazione dei beni immobili, Napoli, 1960; Bianca, La vendita e la permuta, Trattato Vassalli, 1993; Bocchini, La vendita con trasporto, Napoli, 1985; Capozzi, Dei singoli contratti, I, Milano, 1988; Cataudella, Nullità formali e nullità sostanziali nella normativa sul condono edilizio, in Quadrimestre, 1986; De Cristofaro, voce Vendita (vendita di beni di consumo), in Enc. giur., Roma, 2004; De Nova, Inzitari, Tremonti, Visintini, Dalle res alle new properties, Roma, 1991; De Tilla, La vendita, Milano, 1999; Luminoso, La compravendita, Torino, 2011; Macario, voce Vendita, Profili generali, in Enc. giur., 1994; Mengoni, Profili di una revisione della teoria sulla garanzia per i vizi nella vendita, in Studi in onore di De Gregorio, Città di Castello, 1955; Mirabelli, Della vendita, in Comm. UTET, 1991; Portale, Principio consensualistico e conferimento di beni in società, in Riv. soc., 1970; Rizzieri, La vendita obbligatoria, Milano, 2000; Rubino, La compravendita, in Tr. Cicu-Messineo, 1971; Russo, La responsabilità per inattuazione dell'effetto reale, Milano, 1965; Santini, Il commercio, Bologna, 1979 |