Codice Civile art. 1475 - Spese della vendita.InquadramentoL'art. 1475 c.c. ha carattere, al tempo stesso, suppletivo, poiché riconosce sul punto l'efficacia primaria della volontà delle parti e pone una regola valida solo nell'ipotesi in cui questa non risulti manifestata (Cass. II, n. 7637/1991), nonché di norma in bianco, poiché la dizione «spese accessorie» può estendersi ad una pluralità di contenuti che debbono essere determinati prima dalle parti contraenti in sede di stipula del contratto e, poi, dall'interprete, che è necessariamente il giudice di merito, nella fase contenziosa (Cass. III, n. 843/2007). La diversa pattuizione delle parti, cui si riferisce la norma, può anche non essere espressa, ma desumersi implicitamente dal contenuto e dal testo del contratto (Cass. III, n. 2210/1972). Le pattuizioni che esonerano il compratore dalle spese sono solitamente stipulate mediante la clausola «franco» seguita dalla voce che non fa carico al compratore (Bonfante, 66); la pratica conosce molte di queste clausole in tema di spese di trasporto e spedizione. Vedi sub art. 1510 c.c. Le spese del contratto di vendita non vanno confuse con le spese dell'adempimento, le quali, come si desume dall'art. 1196 c.c., gravano su ciascuna parte in relazione alla prestazione rispettivamente dovuta. Nozione di spesePer spese del contratto di compravendita, che la norma in esame pone in via generale a carico del compratore, devono intendersi tutte quelle che siano necessarie per la conclusione del contratto e siano, perciò, con questo in stretto rapporto di causalità, efficienza e strumentalità, con la conseguenza che vanno escluse solo quelle spese per cui risulta mancante un rapporto causale — anche sotto il profilo della inutilità evidente e della esorbitanza delle stesse — ovvero l'eventuale contrario accordo delle parti (Cass. II, n. 8237/1990). Secondo la dottrina, le spese della vendita sono principalmente quelle relative alla redazione dell'atto pubblico (non comprendono però quelle attinenti alla cooperazione dovuta dal venditore per rendere possibile la formazione dell'atto pubblico, come, ad es., le spese eventualmente sostenute per presenziare alla stipulazione davanti al notaio o per la nomina di un rappresentante in sostituzione) e alla trascrizione (che devono essere anticipate da chi domanda la trascrizione ex art. 2670 c.c.). Vi si fanno rientrare anche le somme erogate a terzi come compenso loro spettante per le operazioni (contabili, di stima, etc.) relative alla determinazione del prezzo (Bianca, 622 ss.), nonché, in generale, le spese per la successiva determinazione di quegli elementi costitutivi del contratto che non erano stati determinati inizialmente (Rubino, 611). Le spese notarili sono, quindi, a carico del compratore, ma l'obbligazione verso il notaio grava in solido su entrambi i contraenti (art. 78 l. n. 89/1913). Dalla norma in esame, che ha carattere suppletivo, si è, però, ritenuto non potersi desumere che spetti al compratore la scelta del notaio e degli altri professionisti la cui opera sia eventualmente necessaria e neppure l'iniziativa di ogni attività volta alla conclusione del contratto (Cass. II, n. 7637/1991). La scelta del notaio e degli altri professionisti necessari per la redazione dell'atto, nonché del luogo di redazione, dipende, quindi, dall'accordo delle parti (Russo, 92). Gravano sul venditore anche gli oneri relativi alla regolarizzazione amministrativa dell'immobile, come gli oneri di urbanizzazione (Pret. Verona 5 febbraio 1992, in Foro it., 1992, I, 1589). Risolta la vendita per inadempimento del venditore, questi deve rimborsare al compratore le spese di registrazione del contratto da lui sostenute (Cass. II, n. 4714/1977). Spese accessoriePer «spese accessorie» della compravendita devono intendersi solo quelle necessarie alla «conclusione del contratto» (Cass. II, n. 8886/2014; Cass. II, n. 7004/2012). Tra le stesse rientrano principalmente quelle relative agli obblighi fiscali derivanti dalla stipulazione della vendita, come l'imposta sul valore aggiunto e l'imposta di registro (Cass. I, n. 170/1972). Al pagamento di quest'ultima il venditore ed il compratore (oltre ai pubblici ufficiali che hanno redatto, ricevuto o autenticato l'atto e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione: art. 57 d.P.R. n. 131/1986) sono tenuti in solido nei confronti del fisco (Cass. V, n. 5871/2001). Nei rapporti interni, invece, quelle spese costituiscono per il compratore soltanto un onere, nel senso che lo stesso, ha, verso il venditore, l'onere di pagarle alle persone o agli organi cui sono dovute e verso i quali sussiste un vero e proprio obbligo di pagamento, salvo che, data anche l'indicata solidarietà, il venditore le abbia anticipate, nel qual caso il compratore ha l'obbligo di rimborsargliele, in via di regresso. Onere del pagamento ed obbligo del rimborso sono, quindi, al di fuori dello schema del sinallagma, non costituiscono cioè obbligazioni principali, né accessorie, né esplicite, né implicite, derivanti direttamente dalla volontà delle parti o dalla volontà integrativa della legge, non costituiscono perciò, né l'uno né l'altro, obbligazioni corrispettive e contrapposte della compravendita, il cui inadempimento possa giustificarne la risoluzione (Cass. II, n. 3514/2015). L'obbligo di pagare l'imposta di registro si estende anche alla sopratassa ed alle penalità dovute in caso di mancata registrazione nei termini (Cass. II, n. 195/1995). Il patto tendente a ritardare la registrazione ed il pagamento delle tasse ed a porre il pagamento stesso a carico di quella tra le parti che col proprio inadempimento renda necessaria la registrazione dell'atto, è nullo non solo nei confronti del fisco, ma anche nei rapporti tra i contribuenti, se riguarda atti soggetti a registrazione in termine fisso, essendone in tal caso illecita la causa (Cass. III, n. 1747/1964). Non rientrano tra le «spese accessorie» quelle relative ad attività prodromiche che non hanno alcun rapporto di strumentalità e causalità per la conclusione del contratto stesso, come quelle inerenti alla predisposizione, da parte di un terzo, del preventivo testo del relativo contratto, il cui incarico, nel caso di specie, era stato conferito dal venditore, che, perciò, rivestiva la qualità di effettivo committente dell'opera professionale compiuta dal professionista, per l'appunto, incaricato (Cass. II, n. 8886/2014). Non vi rientra neanche la provvigione dovuta al mediatore (normalmente gravante su entrambi i contraenti ex art. 1755 c.c.), in quanto non scaturisce dal contratto di vendita, ma dal diverso rapporto di mediazione (Cass. II, n. 14899/2011). Infine, sotto il profilo processuale, la disposizione di diritto sostanziale contenuta nell'art. 1475 c.c. non comporta la pronuncia di ufficio della condanna a dette spese, e di conseguenza, qualora il giudice di primo grado, in mancanza di una specifica richiesta, non abbia condannato il compratore a detto pagamento, la relativa domanda non può essere proposta per la prima volta in appello (Cass. II, n. 75/1989). BibliografiaAngelici, Consegna e proprietà nella vendita internazionale, Milano, 1979; Bianca, La vendita e la permuta, in Trattato Vassalli, 1993; Bocchini, La vendita con trasporto, Napoli, 1985; Bonfante, Il contratto di vendita, in Trattato Galgano, 1991; Capozzi, Dei singoli contratti, I, Milano, 1988; De Cristofaro, voce Vendita (vendita di beni di consumo), in Enc. giur., Roma, 2004; De Nova, Inzitari, Tremonti, Visintini, Dalle res alle new properties, Roma, 1991; De Tilla, La vendita, Milano, 1999; Luminoso, La compravendita, Torino, 2011; Macario, voce Vendita, Profili generali, in Enc. giur., Roma, 1994; Mirabelli, Della vendita, Com. UTET, 1991; Portale, Principio consensualistico e conferimento di beni in società, in Riv. soc., 1970; Rizzieri, La vendita obbligatoria, Milano, 2000; Rubino, La compravendita, in Tr. Cicu-Messineo, 1971; Russo, Della vendita. Disposizioni generali, Comm. Schlesinger, sub art. 1475 c.c.; Santini, Il commercio, Bologna, 1979 |