Codice Civile art. 1522 - Vendita su campione e su tipo di campione.Vendita su campione e su tipo di campione. [I]. Se la vendita è fatta su campione, s'intende che questo deve servire come esclusivo paragone per la qualità della merce, e in tal caso qualsiasi difformità attribuisce al compratore il diritto alla risoluzione del contratto. [II]. Qualora, però, dalla convenzione o dagli usi risulti che il campione deve servire unicamente a indicare in modo approssimativo la qualità, si può domandare la risoluzione soltanto se la difformità dal campione sia notevole [1455]. [III]. In ogni caso l'azione è soggetta alla decadenza e alla prescrizione stabilite dall'articolo 1495 [172 trans.]. InquadramentoSi ha vendita su campione quando le parti, per determinare la qualità promessa, facciano riferimento ad un campione (inteso come cosa concreta, e non come semplice disegno, fotografia o altra riproduzione figurativa o plastica del bene) assunto quale diretto termine di paragone del bene oggetto della vendita (Bianca, 359). Si distingue nettamente dalle fattispecie regolate dagli artt. 1520 e 1521 c.c. essendo, a differenza di quelle, una vendita perfetta e non subordinata ad alcun requisito di efficacia (Rubino, 121; Mirabelli, 169). In sostanza, la conformità del bene al campione non è una condizione ma l'esatta esecuzione della vendita (Bianca, 360). È però possibile che le parti concordino contrattualmente la sospensione degli effetti fino a che non sia stata accertata la conformità della merce al campione (Mirabelli, ibidem; Rubino, 122). Le parti possono anche pattuire che soltanto alcuni dei requisiti del campione assurgono a qualità promesse, cosicché non qualsiasi difformità della merce rispetto al campione, ma soltanto la difformità rispetto ai requisiti del campione ai quali le parti hanno espressamente fatto riferimento attribuisce al compratore, ai fini dell'art. 1522 c.c., il diritto alla risoluzione del contratto (Cass. III, n. 1229/2003). La norma in esame è applicabile sia a cose generiche che specifiche (Bianca, 361), nonché ad immobili, al fine di fissare per relationem determinate qualità della cosa specifica, non essendo necessario che il campione sia prelevato dalla cosa venduta (Bocchini, 704). Può anche riferirsi a cose non prodotte dall'uomo ma dalla natura, dovendosi però consentire che l'aderenza al campione del bene venduto sia in questo caso meno perfetta di quanto espressamente richiesto dalla norma in esame (Cass. III, n. 1909/1975, in relazione alla vendita di marmo colorato). In generale, la conformità della prestazione al campione deve, comunque, valutarsi secondo un criterio di ragionevolezza, onde le variazioni irrisorie (non incidenti sul soddisfacimento dell'interesse del creditore) non attribuiscono al compratore il diritto alla risoluzione del contratto (Bianca, 364). La norma in esame non trova applicazione nell'appalto di cose mobili, in cui opera l'art. 1668 c.c. (Cass. II, n. 2738/1982; per la differenza con l'appalto, vedi anche Cass. II, n. 4364/2008). Vendita su tipo di campioneA differenza della vendita su campione, nella vendita su tipo di campione il bene può non corrispondere in tutto e per tutto al campione, purché ne possieda le qualità essenziali (Cass. II, n. 4540/2003), sicché, in caso di merce difforme rispetto al tipo, la domanda di risoluzione per inadempimento è giustificata solo se tale difformità sia notevole e, cioè, superi il margine di tollerabilità dell'approssimazione, secondo una valutazione demandata al giudice di merito (Cass. II, n. 24182/2017). Sotto il profilo interpretativo, quando le parti fanno riferimento ad un campione, senza specificare se intendono la vendita a campione o su tipo di campione, si presume che sia stata stipulata una vendita su campione (Cass. III, n. 2327/1962). Più recentemente, si è, invece, statuito che, per identificare un contratto di vendita «su campione», è necessaria una volontà delle parti espressa nel senso di assumere il campione come esclusivo paragone per la qualità della merce, o così ricostruibile oltre ogni ragionevole dubbio; in caso contrario, la vendita deve intendersi, ai sensi del comma 2, «su tipo di campione», dovendosi ritenere che le parti, come avviene normalmente, abbiano assunto il campione per indicare in modo approssimativo la qualità della merce venduta (Cass. II, n. 15792/2013). Si ritiene che la clausola «su tipo di campione» possa risultare dall'uso di espressioni aventi lo scopo di attenuare la rigorosità del riferimento al campione, del tipo «all'incirca», «approssimativamente», etc. (Bianca, ibidem). Il campione, in entrambe le fattispecie disciplinate dalla norma in esame, assolve comunque alla duplice funzione di determinazione dell'oggetto del contratto e di accertamento dell'esattezza dell'adempimento (Mirabelli, ibidem). Esso deve, pertanto, essere individuato fin dalla fase di formazione del contratto, essendo elemento costitutivo dell'accordo negoziale (Cass. II, n. 6503/1988). Determinazione dell'oggetto della vendita attraverso il campioneCol riferimento al campione il venditore promette le qualità dell'esemplare, ma non sottrae all'impegno dell'alienante le qualità essenziali all'uso della cosa (Bianca, 362). Se il campione è viziato e il vizio è conosciuto dal compratore o facilmente riconoscibile, deve anche presumersi, secondo il comune intendimento, che il bene sia stato offerto e accettato con i difetti riscontrati nel campione (Bianca, 363). Il modo di prelevamento e conservazione del campione è stabilito dalle parti. Esso deve essere costituito dalla cosa venduta o dalla merce cui appartiene la cosa venduta e non può essere determinato con una descrizione del bene (Cass. n. 2717/1958). Il campione può essere affidato per la conservazione ad un terzo o anche alle parti contraenti (Cass. II, n. 2030/1980). Se il campione si deteriora o perisce, il contratto è comunque valido, essendo solo più gravosa la prova del contenuto della vendita in ordine alle qualità dovute (Cass. II, n. 6503/1988). In ogni caso, può provarsi la stipula di una vendita su campione anche qualora le parti non abbiano adottato alcuna cautela per assicurare la conservazione ed identificazione di un campione (Cass. III, n. 624/1979). Secondo la dottrina, se il campione perisce quando è affidato ad una delle parti, deve aversi riguardo all'elemento psicologico di colui che lo aveva in custodia: in caso di perimento per dolo, è stato sostenuto che la dolosa distruzione del campione dia luogo ad una grave presunzione di difformità se la cosa era stata affidata al venditore, di conformità se era stata affidata al compratore (Carpino, 312; Gorla, 302; Rubino, 126). Qualora non sia possibile la ricostruzione, la parte non inadempiente avrà diritto al risarcimento dei danni (Carpino, 312), essendo il contratto risolto per inadempimento (Rubino, 127; contra Bianca, secondo cui tale circostanza non incide sulla possibilità di esecuzione della prestazione). In caso di perimento per colpa, se è possibile la ricostruzione, la parte che aveva in custodia il campione dovrà provvedere alla ricostruzione a sue spese (Carpino, 312), rimanendo valido ed efficace il contratto (Rubino, 126). Se, invece, il perimento avviene per caso fortuito, la ricostruzione, ove possibile, è di regola posta a carico del compratore (Greco, Cottino, 426). La parte che custodisce il campione deve esibirlo all'atto della consegna; ove venga opposto un rifiuto, è possibile agire esecutivamente per consegna (Mirabelli, 170). Inadempimento del venditoreAl compratore spettano i rimedi previsti in generale per l'inadempimento, quale che sia la difformità riscontrata (vizio, mancanza di qualità), e quale che sia l'importanza di essa, non essendo applicabile l'art. 1455 c.c. (Cass. III, n. 2499/1974); senza che rilevi che la cosa usata possa servire per l'uso al quale era destinata, non presentando difetti funzionali in relazione all'impiego prefissosi dal compratore (Cass. II, n. 4681/1992) e senza che sia lecito accertare (come è invece consentito nella diversa ipotesi di cui all'art. 1497 c.c.) se il difetto di qualità lamentato ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi (Cass. II, n. 10257/1997). La risoluzione prevista dal comma 1 della norma in esame è stata definita intermedia fra la clausola risolutiva espressa (poiché si prescinde dalla gravità dell'inadempimento) e l'ordinaria azione di risoluzione (che deve essere pronunciata dal giudice). Pur sussistendo conformità fra merce e campione è possibile che il campione stesso fosse affetto da vizi occulti o mancanza di qualità presenti anche nella merce: in tal caso non si applicherà l'art. 1522 c.c. ed il compratore potrà avvalersi dell'ordinaria tutela in tema di garanzia per vizi o mancanza di qualità (Cass. II, n. 6162/2016; Cass. II, n. 3312/1984). Se la merce è difforme dal campione, il compratore potrà avvalersi della norma in esame, ma potrà anche invocare l'ordinaria azione dettata in tema di vendita (Cass. III, n. 1110/1969). Nella vendita su campione il venditore non ha altro obbligo che quello di provare di aver consegnato la merce contrattata, senza che egli possa essere tenuto a provarne la conformità, laddove l'onere di provare che la merce non aveva le caratteristiche richieste e risultanti dal campione incombe al compratore, a dimostrazione del fondamento dell'eccezione opposta alla pretesa del venditore (Cass. II, n. 1191/2015); inoltre, la prova della relativa difformità deve essere valutata esclusivamente mediante il raffronto con il campione (la cui esibizione in giudizio può essere ordinata ex art. 210 c.p.c.), sicché ove il campione manchi o non sia esibito con le necessarie garanzie d'identificazione, viene meno la possibilità di accertare l'inadempimento del venditore in ordine alla particolare qualità della merce oggetto della convenzione (Cass. VI-II, n. 9582/2012). Il riconoscimento della difformità, tuttavia, può essere anche oggetto di confessione giudiziale (Cass. III, n. 1242/1969). Di recente, si è, però, sostenuto che il giudice può vagliare qualsiasi risultanza probatoria al fine di accertare eventuali difformità della merce rispetto al campione convenuto, utilizzando, al riguardo, anche documenti nella disponibilità della parte acquirente (Cass. II, n. 9968/2016). Non integra, invece, vendita su campione l'invio al compratore di «pezze di campione» per consentire allo stesso di potere predisporre le confezioni da esibire ai subacquirenti e senza l'adozione di cautele idonee ad identificare e a conservare il campione stesso (Cass. II, n. 3312/1984). BibliografiaAlcaro, Vendita con riserva di gradimento, a prova e a campione, in I contratti di vendita, Tratt. Rescigno-Gabrielli, 2007; Bianca, La vendita e la permuta, in Trattato Vassalli, 1993; Bocchini, La vendita di cose mobili, in Trattato Rescigno, 2000; Bonfante, Il contratto di vendita, in Tr. Galgano, 1991; Carpino, La vendita, in Tr. Res., 1984; Contursi Lisi, La vendita, in Giust. civ., 1982; Giannattasio, Vendita su campione, in Enc. giur. Treccani; Gorla, La vendita, 1948; Greco, Cottino, Vendita, in Comm. S.B., 1981; Luminoso, I contratti tipici e atipici, Milano,1995; Mirabelli, Della vendita, in Comm. UTET, 1991; Romano, La vendita, in Trattato Grosso e Santoro-Passarelli, 1960; Rubino, La compravendita, in Trattato Cicu-Messineo, 1971 |