Codice Civile art. 1531 - Interessi, dividendi e diritto di voto.

Cesare Taraschi

Interessi, dividendi e diritto di voto.

[I]. Nella vendita a termine di titoli di credito, gli interessi e i dividendi esigibili dopo la conclusione del contratto e prima della scadenza del termine, se riscossi dal venditore, sono accreditati al compratore.

[II]. Qualora la vendita abbia per oggetto titoli azionari, il diritto di voto spetta al venditore fino al momento della consegna [1550; 177 trans.] (1).

(1) V. art. 76 r.d. 16 marzo 1942, n. 267.

Inquadramento

La vendita di titoli a termine ha ad oggetto una determinata quantità di titoli, in cui le parti hanno pattuito un termine essenziale di esecuzione del contratto (Mirabelli, 193). Il differimento dell'esecuzione consente al venditore ed al compratore: di apprestare i mezzi per l'adempimento; di sottrarsi rispettivamente al ribasso ed al rialzo dei titoli; di compiere operazioni speculative collegate all'andamento, borsistico o di mercato, delle quotazioni dei titoli (Greco, Cottino, 396).

In sostanza, oltre a trasferire la proprietà dietro corrispettivo, la vendita in esame può costituire strumento per mantenere l'operazione economica in uno stato di incertezza. In pratica, il venditore, che non abbia ancora la disponibilità dei titoli, può sperare che, tra il momento della conclusione del contratto (e quindi di fissazione del prezzo) ed il momento della consegna, i titoli scendano di prezzo ed egli possa in tal modo procurarseli all'ultimo momento a prezzo inferiore, realizzando, di conseguenza, un guadagno. Viceversa, il compratore spera che i titoli salgano di prezzo, in modo che, al momento della consegna, entrerà in possesso di beni di valore superiore al prezzo sborsato. Spesso, pertanto, alla scadenza convenuta, le parti non procedono all'effettivo scambio, ma la parte che è tenuta versa all'altra la differenza guadagnata per effetto del mutamento di valore; altre volte i contraenti prorogano il termine.

Evidenziandosi due prestazioni differite alla scadenza di un termine, questo è tipicamente a favore di entrambi i contraenti (Bianchi D'Espinosa).

Deve, però, rilevarsi che la comune vendita a termine di titoli di credito, disciplinata dagli artt. 1531 ss. c.c., non coincide esattamente con la vendita a termine di borsa: il codice, sia pure ad un effetto specifico, ammette una diversa disciplina del corrispondente contratto di borsa ex art. 1536 c.c. (Galgano, Diritto civile e commerciale, 1990, 156). Pertanto, la fattispecie in esame può configurarsi come contratto di borsa o non di borsa, a seconda che sia concluso con o senza l'intervento di un agente di cambio e, nel secondo caso, sia stato o non considerato, anche implicitamente, come contratto di borsa (Bianchi D'Espinosa, 134 ss.).

Nella compravendita di titoli di credito, inoltre, si ritiene che il consenso sia sufficiente per il trasferimento del diritto inter partes, sempre che si tratti di titoli di credito determinati (altrimenti sarà necessaria l'individuazione degli stessi), mentre il rispetto delle norme che disciplinano la circolazione dei titoli di credito riguarderebbe non più il trasferimento del diritto, ma l'acquisto della legittimazione (Carpino, 340).

La posizione del compratore dei titoli a termine è identica a quella del riportato (art. 1550 c.c.).

Ambito applicativo

Secondo la tesi prevalente, allo schema della vendita sarebbe riconducibile solo il contratto a termine «fermo», in cui cioè i contraenti s'impegnano ad eseguire l'accordo secondo il contenuto completamente e definitivamente stabilito al momento della conclusione, e non anche quello stipulato «a mercato libero» o «a premio», nel quale le parti (o almeno una di esse) si riservano la facoltà, mediante appunto il pagamento del premio, di recedere dal contratto o di eseguirlo con modificazioni (Mirabelli, 191; Cagnasso, 742). In sostanza, i contratti di borsa a termine «fermo» impongono alle parti di trasferire inderogabilmente i titoli e il denaro a fine mese o a fine mese successivo, pena l'esecuzione coattiva o la risoluzione del contratto; i contratti «a premio», invece, sono caratterizzati da una certa aleatorietà, creata mediante l'inserimento di apposite clausole che attribuiscono alla parte il potere di determinare successivamente l'effettivo contenuto del contratto (Carpino, 342).

Ad es., il contratto a premio cosiddetto «dont» — ovvero a facoltà semplice — è il contratto di borsa con il quale uno dei contraenti si riserva la facoltà di modificare, pagando per questo un premio all'altro contraente, il contenuto del rapporto. Egli, infatti, può, entro un certo termine, stabilito dagli usi di borsa, scegliere di ritirare i titoli preventivamente identificati nel loro ammontare al prezzo che matureranno maggiorato del premio, oppure di abbandonare il premio senza compiere alcun acquisto. In definitiva, il premista sa, fin dall'inizio del rapporto, qual è il rischio che affronta per l'ipotesi che il prezzo di acquisto eventuale non sia conveniente (Cass. I, n. 2927/1998).

Forma

La vendita a termine di titoli di credito può essere conclusa in forma verbale o scritta: in quest'ultimo caso, l'atto scritto è costituito da un foglietto bollato (cd. fissato bollato), diviso in due parti, l'una per l'operazione di compera, firmata dal compratore, l'altra per l'operazione di vendita, firmata dal venditore: sotto la formula «ho oggi comperato da voi» e, rispettivamente, «vi ho oggi venduto», segue l'indicazione della scadenza del contratto e del genere, specie, quantità e prezzo dei titoli.

L'agente di cambio, quando il contratto è concluso per il suo tramite, invia le due parti al compratore e al venditore (di regola nella stessa giornata in cui ne ha eseguito gli ordini), ciascuno dei quali gli restituisce la parte munita della propria firma.

Si ritiene, in dottrina, che l'atto scritto così perfezionatosi abbia il valore di un negozio di accertamento ad effetto costitutivo: quindi, in caso di difformità, il fissato bollato prevale sull'ordine precedentemente dato all'agente, e comunque su previe intese, verbali o scritte, che possano essere intervenute direttamente tra gli stessi contraenti (Greco, Cottino, 472).

Secondo la giurisprudenza, per i contratti di vendita di titoli azionari non è richiesta la forma scritta; il fissato bollato è previsto ai soli fini fiscali e non per la prova o per il perfezionamento del contratto, sicché la sua efficacia di scrittura privata è limitata alla provenienza dalle parti che lo hanno sottoscritto, mentre sul suo contenuto prevalgono le pattuizioni orali eventualmente difformi (Cass. I, n. 10365/1990). Si è, altresì, precisato che, nel vigore della disciplina anteriore alla l. n. 1/1991 (che, riorganizzando l'attività di intermediazione mobiliare, ha introdotto l'obbligo della forma scritta per il conferimento dell'incarico ad operare sul mercato mobiliare), per il mandato a concludere un contratto di borsa non è richiesta la forma scritta né ad substantiamad probationem, nemmeno quando le operazioni da compiere sono di importo rilevante (Cass. I, n. 10236/1995).

In tema d'intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dall'art. 23 del d.lgs. n. 58/1998, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell'investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest'ultimo, e non anche quella dell'intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (Cass. S.U., n. 898/2018).

Disciplina del rapporto contrattuale

Gli artt. 1531 ss. c.c., regolando la sorte dei diritti che maturano sul titolo dopo la conclusione del contratto e prima della consegna, stabiliscono che: a) gli interessi e i dividendi, se riscossi dal venditore, vanno accreditati al compratore, a scomputo del prezzo che questi dovrà pagare; b) il diritto di voto, per i titoli azionari, spetta al venditore fino al momento della consegna; c) il diritto di opzione (art. 2441 c.c.) inerente ai titoli azionari spetta al compratore; d) quanto al diritto ai premi e ai rimborsi che dipendono da operazioni di sorteggio, il venditore (al quale spettano in ogni caso, ancorché egli non ne sia a conoscenza, i premi estratti prima della conclusione del contratto: Cass. n. 419/1952), ai soli fini delle estrazioni successive alla conclusione del contratto, è tenuto ad individuare i titoli venduti, comunicandone al compratore la distinta numerica (se nessuno dei titoli sarà poi estratto, l'individuazione perderà ogni efficacia, ed i titoli venduti rimarranno come cose di genere da individuare alla scadenza ed all'atto della consegna); e) quanto ai versamenti dovuti sui titoli azionari, che, secondo gli usi di borsa, non sono calcolati nel prezzo di vendita, il relativo obbligo incombe sul compratore (Greco, Cottino, ibidem).

In sostanza, sono di competenza dell'acquirente i diritti e gli obblighi accessori ai titoli, maturati in pendenza dell'esecuzione, pur mancando l'individuazione degli stessi titoli e non essendo l'acquirente ancora il proprietario, essendovi relazione tra gli artt. 1531 e 1534 c.c., da un lato, e l'art. 1477, comma 2 e 3 c.c., dall'altro (Corrado, 300).

Alla vendita dei titoli di credito si ritengono inapplicabili le norme che presuppongono essenzialmente la vendita di una cosa materiale, e, fra queste, quelle sulla garanzia per vizi e mancanza di qualità (Bianca, 236; Bocchini, 740; contra Carpino, ibidem).

Bibliografia

Bianca, La vendita e la permuta, in Tr. Vas., 1993; Bianchi D'Espinosa, I contratti di borsa. Il riporto, in Trattato Cicu-Messineo, 1969; Bocchini, Vendite con contenuti speciali, in Trattato Rescigno, 2000; Cagnasso, I contratti di borsa, in Trattato Rescigno, 1984; Carpino, La vendita a termine di titoli di credito, in Tr. Cicu-Messineo, 1969; Coltro Campi, I contratti di borsa nella giurisprudenza, III, Milano, 1989; Corrado, I contratti di borsa, in Trattato Vassalli, 1950; La vendita di cose mobili, in Tr. Res., 2000; Greco, Cottino, Della Vendita, in Comm. S.B.,1962; Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. UTET, 1991; Serra, voce Contratti di borsa, in Enc. giur. it., 1988

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