Codice Civile art. 1538 - Vendita a corpo.

Cesare Taraschi

Vendita a corpo.

[I]. Nei casi in cui il prezzo è determinato in relazione al corpo dell'immobile e non alla sua misura, sebbene questa sia stata indicata, non si fa luogo a diminuzione o a supplemento di prezzo, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto.

[II]. Nel caso in cui dovrebbe pagarsi un supplemento di prezzo, il compratore ha la scelta di recedere dal contratto [1539] o di corrispondere il supplemento.

Inquadramento

La vendita a corpo è caratterizzata dal riferimento all'immobile che ne costituisce l'oggetto considerato nella sua entità globale, cosicché il prezzo è stabilito con riguardo a quest'ultima indipendentemente dalle sue effettive dimensioni, salvo che la sua misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo a quella indicata nel contratto; in altri termini, costituisce vendita a corpo e non a misura quella in cui il prezzo pattuito non abbia alcuna stretta relazione con l'estensione del fondo, ancorché essa sia stata indicata tra le parti nel contratto soltanto ai fini di una migliore identificazione del bene (Cass. II, n. 26710/2020 ; Cass. II, n. 19600/2004). In ordine alla distinzione con la vendita a misura, vedi subart. 1537 c.c., 2.

Da tali premesse deve conseguentemente ritenersi che la norma in esame sia finalizzata soltanto a disciplinare la determinazione del prezzo e la sua eventuale rettifica qualora sussista uno scarto superiore o inferiore di un ventesimo tra la misura reale dell'immobile e quella contrattualmente indicata (Cass. II, n. 7720/2000), con la conseguenza che, in tale ipotesi, il giudice non è vincolato da specifici canoni di interpretazione o da prestabilite regole di giudizio quando si tratti di accertare ad altri fini l'effettiva estensione del bene oggetto di compravendita (Cass. II, n. 12573/2000).

Pertanto, anche nella vendita immobiliare a corpo, la menzione nel contratto della misura dell'immobile costituisce un elemento cui la norma stessa, ricorrendo determinati presupposti di carattere oggettivo (misura reale del bene inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata in contratto), attribuisce importanza al fine della possibilità di chiedere la rettifica del prezzo, che può essere ritenuta esclusa solo nel caso in cui, dall'interpretazione del contratto, risulti che le parti abbiano inteso derogare alla norma medesima, escludendone l'applicabilità, per avere esse considerato del tutto irrilevante l'effettiva estensione dell'immobile, quale che essa sia (Cass. II, n. 11793/2006).

Qualora, tuttavia, le parti, nel contratto di compravendita, abbiano identificato la porzione di immobile che ne formava oggetto facendo specifico riferimento ai dati catastali e al tipo di frazionamento, il giudice deve tener conto necessariamente di tali elementi, che, per espressa volontà delle parti, perdono l'ordinaria natura di elemento probatorio di carattere sussidiario per assurgere ad elemento fondamentale per l'interpretazione dell'effettivo intento negoziale delle parti (Cass. VI-II, n. 27834/2022; Cass. II, n. 14592/2021).

Secondo la tesi prevalente, la norma in esame si riferisce anche alla vendita di immobili urbani (Cass. I, n. 2068/1966) ed è applicabile alla vendita forzata (Cass. II, n. 1518/1980). Inoltre, il supplemento di prezzo, previsto dall'art. 1538 c.c., è applicabile, ai sensi dell'art. 1555 c.c., anche alla permuta, trattandosi di norma compatibile, atteso che, pur facendo riferimento al prezzo, ne considera la sua funzione contrattuale di scambio, quale corrispettivo della prestazione, e non il carattere pecuniario (Cass. II, n. 24172/2013).

In dottrina si è sostenuto che, ove nel contratto sia stata inserita la clausola secondo cui l'alienazione deve intendersi a corpo, e non a misura, la vendita deve essere considerata a corpo anche quando il prezzo sia stato calcolato sulla base della misura del bene, o quando dalle dichiarazioni contrattuali risulti il prezzo unitario convenuto (Bianca, 276); secondo altra tesi, invece, poiché la clausola in esame si è talmente diffusa nella prassi al punto da diventare una clausola di stile, il suo inserimento non dovrebbe rilevare ai fini della qualificazione del contratto come vendita a corpo, essendo necessario valutare il concreto contenuto delle disposizioni negoziali (Lepri, La compravendita immobiliare, Milano, 1993, 373).

Rimedi

Mentre nella vendita a misura, in cui il prezzo è determinato in base alle effettive dimensioni dell'immobile, il compratore ha diritto ad una riduzione di esso se la misura effettiva risulti inferiore a quella indicata nel contratto, nella vendita a corpo, in cui il prezzo è stabilito in relazione all'entità globale del bene indipendentemente dalle sue dimensioni reali, non si procede a diminuzione, salvo che la misura reale sia inferiore di un ventesimo rispetto a quella precisata nel contratto. In entrambe le ipotesi, è presa in considerazione sempre e soltanto la misura concreta e reale del bene, cioè quella dell'estensione dei terreni e della superficie o cubatura dei fabbricati, e non la misura della edificabilità (Cass. II, n. 12791/1993).

In sostanza, qualora la misura reale sia inferiore di un ventesimo rispetto a quella precisata nel contratto, viene meno la presunzione di indifferenza delle parti rispetto al minor valore dell'immobile, e si applicano le ordinarie regole di riduzione del corrispettivo in caso di non corrispondenza tra qualità promesse e cosa trasferita (Cass. II, n. 18263/2015). In tale ottica, il comma 1 della norma in esame risponde alla necessità di ripristinare l'equilibrio delle prestazioni quale in concreto fissato dalle parti e, tuttavia, pregiudicato dalla sperequazione emersa dopo la stipula.

In particolare, poi, la revisione del prezzo non deve seguire il criterio del valore di mercato (che si sovrapporrebbe all'equilibrio contrattuale raggiunto dai contraenti), né il criterio proporzionale «secco» (che cancellerebbe la volontà delle parti di vendere «a corpo», anziché «a misura»), dovendosi applicare, invece, un criterio proporzionale prudentemente «corretto», per tener conto della volontà delle parti, che era quella di vendere l'immobile a corpo, prescindendo quindi, entro 1'ambito che esclude la revisione ex art. 1538 c.c., dall'esatta misurazione del bene (Cass. II, n. 29363/2022; Cass. II, n. 19890/2013). Inoltre, si è rilevato che la compravendita che, a fronte del pagamento di un prezzo complessivo, abbia ad oggetto il trasferimento di una pluralità di beni immobili, ancorché eterogenei tra loro, integra un contratto unico, sicché, ove essa sia avvenuta a corpo e non a misura, ai fini dell'applicabilità dell'art. 1538 c.c. occorre tener conto di tutti i beni oggetto della stessa, e, nell'ipotesi di cespiti eterogenei, del valore proporzionale che ciascuno di questi ha assunto nell'ambito del corrispettivo unitario (Cass. VI-II, n. 21342/2016).

Le parti possono, però, apporre al contratto una clausola che escluda in modo assoluto la rettifica del prezzo, ove desiderino privare di ogni rilevanza la possibile divergenza tra misura reale e misura dichiarata (Luminoso, 87).

Anche secondo la giurisprudenza, resta salva la facoltà delle parti di escludere l'efficacia della norma in esame, mediante specifica clausola negoziale, pur in presenza dei requisiti previsti per la sua applicabilità (Cass. II, n. 29363/2022). In ogni caso, nella vendita a corpo di immobili, il fatto che sia ammissibile una richiesta di riduzione del prezzo non giustifica il mancato adempimento dell'obbligo di pagare il prezzo nel termine convenuto, che resta assoggettato all'azione di risoluzione dell'alienante ed ai conseguenti effetti preclusivi (Cass. II, n. 3235/1984).

Nel caso di preliminare di vendita di un immobile a corpo, se la misura reale del bene risulti superiore di oltre un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto, il promissario acquirente ha la facoltà di recedere da esso, in alternativa all'obbligo di corrispondere un supplemento di prezzo rispetto a quello pattuito, mentre, nell'ipotesi in cui la superficie del bene si riveli inferiore di oltre un ventesimo rispetto a quella concordata, trovano applicazione i generali strumenti di tutela e, tra essi, la risoluzione del contratto per inadempimento (Cass. II, n. 23404/2016), sicché è legittimo il rifiuto alla stipulazione del contratto definitivo da parte del promissario acquirente che pretenda la riduzione del prezzo opponendo, con fondamento o comunque senza colpa, che la misura reale del bene è inferiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto (Cass. II, n. 20393/2013).

Al prelazionario non si applica l'art. 1538 c.c., ragion per cui se un fondo rustico, già oggetto di un preliminare di vendita a corpo, viene offerto in prelazione al proprietario confinante, alle medesime condizioni ivi pattuite, una volta che il diritto di prelazione sia stato esercitato, l'acquirente è tenuto al pagamento del prezzo così come determinato nel preliminare stesso, senza poterne invocare alcuna riduzione, nemmeno se la misura del fondo sia inferiore di oltre un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto (Cass. III, n. 8545/2012).

Secondo la prevalente giurisprudenza, inoltre, la disciplina di cui agli artt. 1537-1538 c.c. non esclude l'esperibilità della generale azione di risoluzione e di risarcimento nel caso di dolo o colpa dell'inadempiente ex art. 1218 c.c. (Cass. II, n. 25250/2007; contra Cass. I, n. 219/1965). Altra giurisprudenza ha, inoltre, sostenuto che, qualora il consenso alla stipulazione a corpo sia stato determinato da dolo del venditore, potrebbe essere invocato soltanto l'annullamento ex art. 1439 c.c., e non anche il rimedio di cui all'art. 1538 c.c. (Cass. II, n. 2575/1983).

La dottrina, invece, ritiene che non vi sia incompatibilità tra l'annullamento ed i rimedi di cui agli artt. 1537 e 1538 c.c., atteso che la disciplina generale del contratto appresta, nell'ipotesi di dolo, una più intensa tutela del contraente, senza perciò stesso escludere che questi possa giovarsi, a sua scelta, di altri rimedi legali o convenzionali (Bianca, 279, secondo cui, peraltro, la disciplina normativa in esame va coordinata anche con quella dell'errore come vizio del consenso).

Bibliografia

Bianca, La vendita e la permuta, in Tr. Vas., 1993; Bocchini, La vendita di cose immobili, in Tr. Res., 2000; Carpino, La vendita, in Tr. Res., 1984; Greco, Cottino, La vendita e la permuta, in Comm. S.B., 1981; Luminoso, La vendita, in Tr. Cicu-Messineo; Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. UTET, 1991; Musio, Della vendita di cose immobili, in Comm. S. , 2015; Rubino, La compravendita, in Tr. Cicu-Messineo, 1971

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario