Codice Civile art. 1561 - Determinazione del prezzo.

Francesco Agnino

Determinazione del prezzo.

[I]. Nella somministrazione a carattere periodico, se il prezzo deve essere determinato secondo le norme dell'articolo 1474, si ha riguardo al tempo della scadenza delle singole prestazioni e al luogo in cui queste devono essere eseguite.

Inquadramento

Nel caso di somministrazione periodica, ciascuna prestazione è a sé stante e, quindi, il prezzo di ognuna dipende dal singolo tempo e luogo di adempimento

Criteri di determinazione del prezzo

Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente, o la somministrazione di beni a carattere periodico ai sensi — rispettivamente — degli artt. 1474 e 1561, la mancata determinazione espressa del prezzo non ne importa la nullità, giacché si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore, che, se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato, si desume —salvo patto contrario — dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui deve essere eseguita la consegna o da quelli della piazza più vicina (per la compravendita) ovvero dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui devono essere eseguite le prestazioni per la somministrazione (Cass. n. 10503/2006, in applicazione del suindicato principio la S.C. ha escluso la nullità del contratto avente ad oggetto merce il cui prezzo era stato determinato dal giudice di merito mediante c.t.u., avuto riguardo ai prezzi ricavabili dalle fatture facenti espresso riferimento agli articoli messi in vendita).

In tema di somministrazione a carattere periodico, la disposizione dell'art. 1561 — secondo cui, per la determinazione del prezzo, deve aversi riguardo «al tempo della scadenza delle singole prestazioni» — con riguardo all'ipotesi di contratto di somministrazione avente per oggetto prodotti sottoposti a prezzi amministrati, comporta la necessità di far riferimento al prezzo stabilito per atto della pubblica amministrazione all'epoca di ogni scadenza. E a nulla rileva che in tal modo, nel caso di detta ed accertata inadempienza del debitore della prestazione, possa aversi un'alterazione dell'equilibrio degli interessi raggiunto dalle parti, poiché ciò attiene alle conseguenze del mancato esatto adempimento le quali devono essere risentite dal debitore inadempiente e non valgono a paralizzare una domanda di adempimento legittimamente proposta (Cass. n. 7841/1986).

Nel contratto di compravendita o in quello di somministrazione vale il principio che il prezzo deve essere determinato o determinabile fin dalla conclusione del contratto, ma è stabilito che questi contratti sono egualmente validi se il prezzo delle cose che ne formano l'oggetto non è determinato ma semplicemente determinabile, come si ricava da una piena interpretazione degli articoli 1474 e 1561 c.c. Queste norme, invero, sono state già interpretate nel senso che, quando il contratto di vendita ha per oggetto cose che il venditore abitualmente vende, la mancata determinazione espressa del prezzo non importa la nullità del contratto, dovendosi presumere che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore, che può essere ricavato, se si tratta di prezzo di mercato e tranne patto contrario, dal listino o da altri elementi (Cass. n. 10503/2006; Cass. n. 3435/1961).

Il prezzo, dunque, rientra nell'oggetto del contratto in generale, e in particolare, nella fattispecie esaminata, nell'oggetto della vendita e della somministrazione, per cui la mancata determinazione del prezzo ne comporterebbe l'automatica nullità ex artt. 1325, 1346, 1418 c.c., si deve ora osservare come l'art. 1474 c.c. introduca una deroga a tale regola dettata dall'esigenza di favorire la circolazione dei beni.

Infatti se possiamo affermare con certezza che elemento essenziale del contratto di compravendita è il corrispettivo, in quanto in base alla definizione che emerge dall'art. 1470 c.c., la vendita è quel contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o di un diritto verso il corrispettivo di un prezzo, altresì non possiamo dire che la sua mancanza ne comporti sicuramente la nullità, e ciò in virtù del fatto che il legislatore ha fornito, in determinati casi, dei criteri succedanei per la sua determinazione.

Quindi solo se il prezzo non è determinato o determinabile, non solo attraverso i criteri stabiliti dalle parti ma neppure dalla legge, il contratto di compravendita è nullo per mancanza di uno dei requisiti essenziali.

L'art. 1474 c.c., infatti, è applicabile solo allorché sia accertata una mancanza della disciplina pattizia del rapporto, e che, quindi, attiene a criteri succedanei e integrativi del regolamento contrattuale, i quali, in quanto tali, non potranno mai essere utilizzati per modificare quanto stabilito dalle parti in piena applicazione della loro autonomia contrattuale.

Infatti qualora in un contratto di compravendita i contraenti abbiano pattuito con precisione il prezzo della merce, specificandone l'importo in relazione alla quantità di essa e in rapporto alla qualità di essa, non può farsi ricorso ai criteri succedanei ed integrativi previsti dagli artt. 1474 e 1561 c.c. relativi rispettivamente ai criteri da adottare per stabilire il prezzo delle cose, quando sia mancata la sua determinazione espressa mediante accordo fra le parti, nonché alla modalità di applicazione di tali criteri nel caso particolare di somministrazione a carattere periodico.

Il ricorso alle mercuriali sarà possibile unicamente quando in una compravendita i contraenti non abbiano indicato il prezzo o si siano riferiti per la determinazione dello stesso esplicitamente o implicitamente a queste.

Inoltre va ricordato come la Suprema Corte abbia già avuto modo di affermare che il vuoto negoziale per l'applicazione dei criteri ex art. 1474 c.c. deve riguardare direttamente la mancanza di determinazione del prezzo o i criteri per la sua puntuale applicazione, in modo da poter distinguere quei casi in cui la determinazione del prezzo è, comunque, desumibile dal regolamento contrattuale, ma vi sia incertezza sul quantum delle cose alienate oppure per la stessa occorre fare riferimento a calcoli di una certa complessità.

In tali casi infatti, il giudice non ha il potere di ricorrere a criteri legali per la quantificazione del prezzo, ma deve svolgere un'indagine interpretativa della volontà negoziale in ordine al concreto ammontare del corrispettivo.

Diversa è invece la situazione in cui i soggetti si siano riservati la possibilità di determinare, in un secondo momento, il prezzo, mediante la stipula di un successivo contratto, poiché anche in questa ipotesi non sembra potersi applicare l'art. 1474 c.c., visto che la lacuna negoziale o verrà colmata successivamente dalle parti stesse o determinerà la nullità dell'intero contratto.

Infatti seppure le parti abbiano fissato dei criteri di valutazione idonei a stabilire in seguito la determinazione del prezzo (sia in via convenzionale che in via giudiziale), si potrebbe verificare l'ipotesi che le stesse abbiano voluto far dipendere le sorti dell'intero contratto proprio dalla stipula un atto negoziale successivo, con la conseguenza che in caso di mancato accordo, si può affermare che le parti non vogliano alcun effetto del contratto e di conseguenza nessuna di esse potrà invocare l'intervento autoritativo del giudice, che in ogni modo avrebbe criteri astrattamente idonei a determinare il prezzo, per superare il loro contrasto .

Inoltre il giudice non potrà applicare l'art. 1474 c.c. nei casi in cui il prezzo di vendita è determinato dai pubblici poteri per particolari esigenze di natura collettiva.

In tal caso, infatti, qualora il prezzo sia imposto dalla legge, esso è inserito di diritto nel contratto anche in sostituzione delle clausole difformi approvate dalle parti ex art. 1339 c.c.

Da tale analisi deriva che la ratio che sottende al principio di indeterminabilità dell'oggetto del contratto, sia quella di garantire il più possibile quel potere di autodeterminazione delle parti nella definizione di un contratto, ovvero al potere di non dover necessariamente soggiacere alla volontà di uno dei soggetti del rapporto contrattuale in maniera arbitraria.

In altre parole, ci sembra di poter affermare che si avrà una determinabilità dell'interesse, con conseguente applicabilità degli artt. 1474 e 1561 c.c., solo allorché le parti realizzino il c.d. «contenuto minimo» del contratto. Solo cioè quando i soggetti abbiano pattiziamente realizzato quegli elementi idonei a sottrarre l'oggetto del contratto all'esclusiva disponibilità di una o di ambedue delle parti.

Il giudice può, quindi, sostituirsi alle parti nella determinazione del prezzo e tale assunto risulta assumere una particolare rilevanza in merito alla disputa dottrinaria che vede contrapposti i poteri del giudice all'autonomia privata.

In dottrina si è rilevato che così agendo la stessa autonomia privata, nella sua espressione maggiore, cioè come determinazione del prezzo data dall'incontro della domanda e dell'offerta delle parti, non avrebbe più ragione di esistere, se si pensasse che il giudice possa sempre sostituirsi alle parti nella determinazione dello stesso (Fusco, in Giust. civ., 2007).

In altre parole se il legislatore di contempla specificamente le fattispecie contrattuali in cui può operare l'intervento integrativo del giudice, non si può attribuire allo stesso un potere generale suppletivo della volontà delle parti basato su un'interpretazione estensiva del principio di equità.

In definitiva, si potrebbe affermare che laddove il giudice possa sostituirsi alle parti nella determinazione del prezzo, ci si trovi sempre di fronte ad un contratto, seppur ridotto ai suoi soli aspetti qualificanti, e che ciò sia possibile solo qualora ci sia una norma speciale che ne consenta l'intervento.

Proprio in quanto si tratta dell'utilizzo di una norma eccezionale, un ulteriore problema potrebbe porsi allorché ci si trovi in tema di somministrazione continuativa e non, invece, periodica di cose.

Mentre infatti, per la determinazione del prezzo nella somministrazione periodica la disciplina risulta essere quanto mai chiara, visto il dispositivo dell'art. 1561 c.c., diversa è la disciplina da applicare nel caso ci si trovasse in un'ipotesi di somministrazione continuativa.

La mancanza di chiarezza deriva proprio dal fatto che la disposizione di cui sopra riferendosi, come detto, solo alla disciplina del contratto di somministrazione a carattere periodico, pone il problema se essa possa essere applicata anche a quella a carattere continuativo o se a questa non possa essere applicata, con conseguente nullità del contratto per indeterminatezza dell'oggetto; o, addirittura, se, sulla scorta dell'art. 1677 c.c., ad essa vada applicata la disciplina relativa all'appalto e specificamente l'art. 1657 c.c.

Sul punto la dottrina è divisa, affermando, da un lato la possibilità di un'applicazione della normativa relativa alla vendita, e dall'altro la possibilità dell'applicazione della normativa in tema di appalto. Sembra, tuttavia, essere più convincente la tesi che considera, nel caso di somministrazione continuativa, la mancanza di determinazione del prezzo quale elemento determinante la nullità del contratto sulla base della lettera dell'art. 1561 c.c., che essendo norma eccezionale non pare certo suscettibile di interpretazione analogica.

La Suprema Corte non ha mancato di applicare il principio del «prezzo normalmente praticato dal venditore» ex art. 1474 e 1561 c.c. (Cass. n. 10503/2006).

Tale conclusione sembra conforme al concetto di «prezzo normalmente praticato dal venditore» così come considerato in relazione a quelle che sono le prassi commerciali intercorrenti tra l'alienante e l'acquirente.

Ai sensi dell'art. 1474 c.c., per «prezzo normalmente praticato dal venditore», si intende non quello richiesto al momento dell'esecuzione del contratto, ma quello che si accerti essere praticato tra il venditore e lo stesso compratore in altri rapporti commerciali, o in secondo luogo il prezzo che si accerti essere praticato dal venditore nei confronti della generalità o della maggioranza dei clienti.

Sotto altro aspetto, è evidente che non si possono stabilire il prezzo della vendita e della somministrazione utilizzando gli stessi criteri.

Il richiamo che l'art. 1561 c.c. fa dei criteri dell'art. 1474 c.c., è diverso, infatti, dalla pedissequa osservanza di quei criteri nella determinazione del prezzo, senza considerare che la durata rappresenta un elemento strutturale che distingue le due tipologie contrattuali della vendita e della somministrazione.

A ben vedere il contratto di somministrazione di cose altri non è che un contratto di vendita caratterizzato dalla durata e di conseguenza, se il legislatore non avesse voluto considerare la durata come elemento fondamentale della prestazione pecuniaria nella somministrazione, sarebbe bastato introdurre l'art. 1474 c.c., come norma atta a contemplare tutte le ipotesi di integrazione del prezzo di una compravendita.

Il legislatore invece, con l'introduzione dell'art. 1561 c.c., vuole conformare la determinazione del prezzo di vendita all'elemento della durata.

Sembra indubbio, infatti, che il prezzo vada visto in funzione del rapporto giuridico, cioè in funzione di quel programma economico che, di volta in volta, le parti intendono attivare concludendo un contratto.

In questo modo, la concezione del prezzo assume un rilievo del tutto diverso, in quanto esso non sarà un valore assoluto, come avviene ad esempio, nella indicazione precisa che fa lo Stato allorché parla di prezzi d'imperio, ma sarà un valore relativo alla negoziazione effettuata dalle parti stabilita in relazione ai soggetti che devono adempiere le prestazioni.

Se, quindi, si ammette che, nella somministrazione, la controprestazione è caratterizzata dalla durata della prestazione, allora anche la prestazione pecuniaria a cui è obbligato il somministrante sarà proporzionale alla durata del contratto.

È opportuno, infine, precisare che quando si afferma che il prezzo della somministrazione sarà proporzionale alla durata del contratto, non si intende riferirsi alla modalità di esecuzione dello stesso, ma ad una caratteristica intrinseca della fattispecie.

In conclusione, se si vuole affermare che vi è nel contratto di somministrazione un elemento di neutralità, esso dovrà essere riferito al tempo e al modo del pagamento, ma non alla entità e la misura della prestazione che risulteranno essere caratteristiche tipizzanti strettamente connesse alla durata.

Sotto altro aspetto: l'errore di calcolo presente nella bolletta e relativo al prezzo della prestazione fornita, non è di natura negoziale, in quanto attiene ad un mero atto giuridico, e pertanto non deve essere essenziale e riconoscibile dal destinatario della medesima per poter essere corretto dall'ente somministrante, se i dati veri ed effettivi divergono da quelli dichiarati (Cass. n. 862/2000).

Nella stessa direzione: con riguardo al contratto di somministrazione (nella specie, di energia elettrica) l'errore di fatturazione nel quale sia incorso il somministrante nell'indicazione del corrispettivo nella relativa bolletta, attenendo non alla formazione del consenso, ma all'esecuzione dal contratto, non ne comporta l'annullabilità incidendo solo sull'entità della prestazione pretesa dal creditore, al quale è, pertanto, consentito di rettificare la richiesta divergente dai dati reali e di pretendere la parte del corrispettivo non percepito e non soltanto un indennizzo nei limiti dell'ingiustificato arricchimento del destinatario della somministrazione (Cass. n. 9889/1991).

In tema di somministrazione a carattere periodico, la disposizione dell'art. 1561 c.c. — secondo cui, per la determinazione del prezzo, deve aversi riguardo «al tempo della scadenza delle singole prestazioni» —, con riguardo all'ipotesi di contratto di somministrazione avente per oggetto prodotti sottoposti a prezzi amministrati, comporta la necessità di far riferimento al prezzo stabilito per atto della pubblica amministrazione all'epoca di ogni scadenza. E a nulla rileva che in tal modo, nel caso di dedotta ed accertata inadempienza del debitore della prestazione, possa aversi un'alterazione dell'equilibrio di interessi raggiunto dalle parti, poiché ciò attiene alle conseguenze del mancato esatto adempimento le quali devono essere risentite dal debitore inadempiente e non valgono a paralizzare una domanda di adempimento legittimamente proposta (Cass. n. 7841/1986).

La giurisdizione

Con la sottoscrizione del contratto si instaura tra le parti un vincolo negoziale iure privatorum comportante che tutte le controversie attinenti alla sua esecuzione devono ascriversi alla giurisdizione ordinaria, configurabile quando si discuta sia della esistenza giuridica delle obbligazioni gravanti su ciascuno dei contraenti sia del come il contratto vada eseguito tra le parti; appartengono, invece, al g.a. tutte quelle controversie che attengono alla fase preliminare — antecedente e prodromica al contratto — inerente alla formazione della volontà di contrarre da parte dell'amministrazione (o del concessionario) ed alla scelta del contraente privato in base alle regole cd. dell'evidenza pubblica (Cass. S.U., n. 9843/2011, con la decisione in epigrafe, la S.C. è chiamata a pronunciarsi su una questione concernente l'individuazione del giudice competente a decidere una controversia avente per oggetto obbligazioni stabilite a carico delle parti da una convenzione urbanistica che prevedeva la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, stante l'inadempimento da parte del comune delle obbligazioni con la stessa assunte e l'invalidità dei relativi atti. Sul punto, il giudice di legittimità rileva che con la sottoscrizione del contratto si instaura tra le parti un vincolo negoziale iure privatorum comportante che tutte le controversie attinenti alla sua esecuzione devono ascriversi alla giurisdizione ordinaria, configurabile quando si discuta sia della esistenza giuridica delle obbligazioni gravanti su ciascuno dei contraenti sia del come il contratto vada eseguito tra le parti; appartengono, invece, al g.a. tutte quelle controversie che attengono alla fase preliminare — antecedente e prodromica al contratto — inerente alla formazione della volontà di contrarre da parte dell'amministrazione (o del concessionario) ed alla scelta del contraente privato in base alle regole cd. dell'evidenza pubblica. Detto criterio di riparto, ad avviso del giudicante, non è mutato neppure a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 80/1998 e della l. n. 205/2000, che aveva devoluto alla giurisdizione esclusiva del g.a. tutte le controversie in materia di pubblici servizi, atteso il principio assolutamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità per cui alla generale devoluzione alla giurisdizione esclusiva amministrativa delle controversie in materia di pubblici servizi, introdotta da tale disciplina, sono sottratti i «rapporti individuali di utenza con soggetti privati», riferibili a tutti quei rapporti la cui fonte regolatrice non è di natura amministrativa (o di tipo concessorio), ma di diritto privato negoziale, indipendentemente dalla natura (pubblica o privata) del soggetto del rapporto giuridico da esso regolamento scaturito. In materia è, poi, intervenuta la Corte costituzionale che, con la sentenza 204/2004, ha dichiarato parzialmente illegittima detta normativa, rilevando che le materie affidate alla giurisdizione suddetta devono necessariamente partecipare della medesima natura — segnata dall'agire della p.a. come autorità, nei confronti della quale è accordata tutela alle posizioni di diritto soggettivo del cittadino dinanzi al g.a. — di quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità. Sicché siffatta natura non si riscontra nei rapporti negoziali della p.a. che hanno inizio con l'incontro della volontà tra di essa ed il contraente privato per la stipulazione del contratto, e proseguono con tutte le vicende in cui si articola la sua esecuzione, nel cui ambito i contraenti (p.a. e privato) si trovano in una posizione paritetica e le rispettive situazioni soggettive si connotano del carattere, rispettivamente, di diritti soggettivi ed obblighi giuridici a seconda delle posizioni assunte in concreto. Sulla scorta di tanto, le sezioni unite concludono nel senso che nell'ambito di detti rapporti rientra anche il contratto di somministrazione di energia elettrica di cui agli artt. 1559 e ss. c.c., anch'esso avente natura privatistica e stipulato su basi paritetiche, in cui l'obbligazione del pagamento del prezzo da parte del fornitore è specificamente disciplinata dagli artt. 1561-1563 c.c. e le relative controversie attinenti alla sussistenza, all'adempimento ed alle cause di estinzione di detta obbligazione, così come ad ogni posizione di dare ed avere tra le parti, aventi natura di diritto soggettivo, appartengono alla giurisdizione ordinaria).

Bibliografia

Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 3, Obbligazioni e contratti, Torino, 1985, 567; Capozzi, Compravendita, riporto, permuta, contratto estimatorio, somministrazione, locazione, Dei singoli contratti, Milano, 1988; Giannattasio, La permuta, il contratto estimatorio, la somministrazione, Milano, 1960; Zuddas, Somministrazione, Concessione di vendita, Franchising, Torino, 2003

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