Codice Civile art. 1607 - Durata massima della locazione di case.

Francesco Agnino

Durata massima della locazione di case.

[I]. La locazione di una casa per abitazione può essere convenuta per tutta la durata della vita dell'inquilino e per due anni successivi alla sua morte.

Inquadramento

La norma si giustifica in considerazione della necessità di garantire una continuità al singolo, nonché alla sua famiglia, nel diritto ad un'abitazione.

La Corte Suprema (Cass. n. 6456/1983; Cass. n. 5298/1982), in relazione alle esigenze abitative disciplinate dalla legislazione vincolistica ed oggi dal c.d. equo canone, ha riconosciuto anche ai componenti del nucleo familiare conviventi nello stesso alloggio, al di là della formalistica individuazione del suo conduttore, una posizione tutelabile alla partecipazione ai vantaggi della convivenza nell'alloggio concesso in locazione, ove tale interesse evidente che un tale canone non può risultare estraneo all'ambito di applicazione di quei contratti che, aventi ad oggetto immobili destinati ad abitazioni urbane familiari, abbiano a contenuto la fruizione dell'alloggio nella contemplazione di una esigenza che investa un nucleo familiare, senza che per tale riflesso possa rilevare la mancanza originaria o sopravvenuta del corrispettivo di quel godimento, restando questo limitato ad incidere solo sulla qualificazione di quella posizione così tutelata. La considerata esecuzione della prestazione tipica del contratto di comodato immobiliare è ben sufficiente a far valutare il contratto tacitamente ma validamente concluso dello stesso, non richiedendo la legge una particolare forma per la esistenza di esso (Cass. n. 1083/1981; Cass. n. 4632/1979), appalesandosi in relazione alle esaminate situazioni oggettive e soggettive una manifestazione tacita di volontà atta ad acquistare giuridica efficacia negoziale come univoco sintomo rivelatore della sua volontà (Cass. n. 2676/1976), senza che peraltro possa avere rilievo ostativo la circostanza della pregressa sussistenza del rapporto contrattuale de quo non essendovi alcun ostacolo alla operatività della predetta manifestazione di volontà a norma dell'art. 1332 c.c. né in una incompatibile struttura negoziale del rapporto cui si rivolgeva, né tanto meno in una (rilevata) con traria volontà delle altre parti contraenti.

In tale direzione, si è affermato che: la rinuncia a percepire il canone da parte del locatore trasforma il conduttore in comodatario, rimanendo così questo mero detentore, così come sono meri detentori dell'immobile i familiari, conviventi, sia pure non ininterrottamente, col medesimo, temporaneamente allontanatosi dalla casa: ne consegue che questi ultimi non possono acquistare il bene per usucapione (Cass. n. 2723/1986).

Questioni processuali

Non possono essere prospettate in sede di legittimità questioni o tesi giuridiche che non abbiano formato oggetto di rituale deduzione nei pregressi gradi di giudizio. Costituisce questione nuova, non proponibile per la prima volta in cassazione, l'assunto mirante a far ritenere, in contrasto con tutto il sistema difensivo prospettato nel giudizio di merito, che il rapporto in contestazione contenga non uno solo, ma due negozi di locazione, uno avente ad oggetto beni rustici, l'altro beni urbani, perché in tal caso si postula un'indagine di fatto sottratta ai compiti istituzionali del supremo collegio (Cass. n. 3570/1972).

Bibliografia

Galli, Locazioni di fondi urbani, in Comm. S.B., Bologna-Roma, 1996; Grasselli, La locazione di immobili nel codice civile e nelle leggi speciali, Padova, 2004.

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