Codice Civile art. 1621 - Riparazioni.Riparazioni. [I]. Il locatore è tenuto ad eseguire a sue spese, durante l'affitto, le riparazioni straordinarie. Le altre sono a carico dell'affittuario [1576]. InquadramentoLa norma ripartisce le spese tra concedente ed affittuario, stabilendo a carico di quest'ultimo una obbligazione di contenuto più ampio rispetto a quanto previsto per la locazione e ciò in considerazione del fatto che, a differenza che in quest'ultima, nell'affitto l'affittuario ha, oltre al godimento del bene, anche il diritto di percepirne i frutti e le utilità. Peraltro, in tema di affitto a coltivatore diretto, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1621 e 1577 c.c. (dettato con specifico riguardo al contratto di locazione, ma senz'altro applicabile anche a quello di affitto, di fondi rustici in particolare), in pendenza del rapporto il locatore è tenuto ad eseguire a sue spese le riparazioni straordinarie, mentre il conduttore è tenuto a dare avviso al locatore se la cosa necessita di riparazioni a carico di quest'ultimo, potendo eseguire direttamente le riparazioni urgenti, salvo il rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore (Cass. n. 11194/2005, in applicazione del suindicato principio la S.C. ha rigettato il ricorso affermando che correttamente i giudici di merito avevano — implicitamente — rigettato la domanda di rimborso delle spese sostenute per ricostituire gli oggettivi requisiti produttivi del fondo agricolo detenuto in affitto, pregiudicati dalle alluvioni verificatesi negli anni 1991 e 1993, in difetto di deduzione e prova, da parte del conduttore, che si trattava di riparazioni urgenti ex art. 1577 c.c., comma 2, e di contestuale avviso ai concedenti). Si è così affermato che «deve escludersi che la disciplina della l. n. 203/1982, art. 16 possa trovare applicazione all'ipotesi in cui l'affittuario o titolare di un diritto di godimento consimile, come il colono parziario in ipotesi di mancata conversione, esegua riparazioni straordinarie che sarebbero spettate al concedente, trovando la fattispecie disciplina nell'art. 1577 c.c., richiamato dall'art. 1621 c.c.» (Cass. n. 9459/2013). Criteri di ripartizione delle speseIn tema di affitto a coltivatore diretto, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1621 e 1577 c.c. (dettato con specifico riguardo al contratto di locazione, ma senz'altro applicabile anche a quello di affitto, di fondi rustici in particolare), in pendenza del rapporto il locatore è tenuto ad eseguire a sue spese le riparazioni straordinarie, mentre il conduttore è tenuto a dare avviso al locatore se la cosa necessita di riparazioni a carico di quest'ultimo, potendo eseguire direttamente le riparazioni urgenti, salvo il rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore (Cass. n. 11194/2005, in applicazione del suindicato principio la S.C. ha rigettato il ricorso affermando che correttamente i giudici di merito avevano — implicitamente — rigettato la domanda di rimborso delle spese sostenute per ricostituire gli oggettivi requisiti produttivi del fondo agricolo detenuto in affitto, pregiudicati dalle alluvioni verificatesi negli anni 1991 e 1993, in difetto di deduzione e prova, da parte del conduttore, che si trattava di riparazioni urgenti ex art. 1577, comma 2, c.c. e di contestuale avviso ai concedenti). Deve escludersi che la linea di demarcazione tra manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria possa desumersi dalle disposizioni urbanistiche, trattandosi di normativa dettata per altre specifiche finalità (quelle della libertà dell'intervento edilizio o della necessarietà del permesso di costruire); di modo che la individuazione della nozione di manutenzione ordinaria, deve individuarsi, attingendo alla normativa civilistica (artt. 1005, 1576, 1609, 1621 c.c.), alla cui stregua la distinzione fra riparazioni ordinarie e riparazioni straordinarie può essere effettuata con riferimento al criterio della prevedibilità e della normalità in relazione al godimento della cosa locata e dell'entità della spesa. Il carattere di «norma generale» della l. n. 457/1978, art. 31 (contenente per l'appunto norme generali per il recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistente), non autorizza l'automatica sovrapposizione delle definizioni, ivi contenute, di interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione con le nozioni di ordinaria e straordinaria manutenzione rilevanti nell'ambito dei rapporti tra privati. D'altra parte l'integrazione, tra la normativa edilizia e le disposizioni (ormai abrogate) in materia di «equo canone» era coerente con la peculiarità dei criteri di determinazione del canone legale, ai cui effetti appariva necessario privilegiare l'aspetto edilizio ed era, comunque, solo tendenziale, restando, tra l'altro, fermo che la categoria delle riparazioni straordinarie, di cui alla l. n. 392/1978, art. 23, non recepiva la tradizionale distinzione tra opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, rientrando in essa anche le opere di manutenzione di notevole entità, comunque dirette ad evitare il degrado edilizio e caratterizzate dalla natura particolarmente onerosa dell'intervento manutentivo (Cass. n. 8814/1996). L'esigenza dell'elaborazione di autonome categorie concettuali, con specifico riferimento al tema della ripartizione delle spese di manutenzione tra il locatore e il conduttore, appare, del resto, evidente ove si consideri che il sistema codicistico fa riferimento al concetto quantitativo della tenuità della spesa e a quello della riferibilità causale della stessa spesa dall'uso normale del bene per gravare il conduttore, esclusivamente, delle spese di «piccola manutenzione», alla stregua di una valutazione d'insieme della modesta entità del loro valore economico, della destinazione dell'immobile e dei corrispondenti obblighi di custodia del locatario, degli usi locali (Cass n. 2181/1978), lasciando a carico al locatore tutte le altre spese di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, quale modalità di adempimento della fondamentale obbligazione di mantenere la cosa in buono stato e in modo da servire all'uso cui è destinata (art. 1575 c.c., n. 2, artt. 1576, 1577, 1609 c.c.); mentre il sistema introdotto dalla l. n. 392/1978 ha previsto che siano a carico del conduttore, sub specie di oneri accessori (ex art. 9, tuttora in vigore, nonostante l'abrogazione del regime del canone legale), alcune spese di carattere continuativo o periodico, correlate a servizi di cui usufruisce il conduttore — quali quelle relative al servizio di pulizia e alla fornitura di altri servizi comuni — che, in quanto necessarie a mantenere in buone condizioni di uso le cose comuni, sono ascrivibili all'ordinaria manutenzione delle parti comuni, nonchè le spese relative al funzionamento e all'ordinaria manutenzione dell'ascensore (Cass. n. 27540/2013). Sotto altro aspetto, il richiamo alla normativa in tema di usufrutto e, segnatamente, alla nozione di riparazioni straordinarie, di cui all'art. 1005 c.c. (secondo cui riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta) non è, di per sé risolutivo ai fini che ci occupano; e ciò sia perché per riparazione si intende l'opera che rimedia ad un'alterazione già verificatasi nello stato della cosa a differenza della manutenzione, che propriamente si riferisce all'opera che previene l'alterazione (laddove l'espressa previsione, nella clausola che qui rileva, della manutenzione ordinaria anche se dipendente da vetustà o caso fortuito, finisce per assimilare l'uno e l'altro concetto, accordando rilievo, piuttosto, che alla maggiore o minore attualità del danno da riparare, alla essenza dell'opera e al suo carattere ordinario), sia perché l'elencazione contenuta nella norma cit. sebbene di carattere generale, non ha carattere tassativo, ma solo esemplificativo (Cass. n. 1881/1979). Soprattutto l'inserimento della nozione dettata dall'art. 1005 nella trama del rapporto locatizio va attuato nella considerazione dell'equilibrio sinallagmatico sotteso a detto rapporto e dei principi specificamente dettati in materia, in relazione al quale beneficiario ultimo dei miglioramenti apportati all'immobile condotto in locazione mediante spese di manutenzione straordinaria, rimane esclusivamente il locatore ex artt. 1576, 1609 e 1621 c.c. Inoltre, perché possa trovare applicazione l'art. 14, comma 2, l. n. 11/1971 deve trattarsi di miglioramenti che possono essere eseguiti dall'affittuario coltivatore diretto con il lavoro proprio e della propria famiglia», mentre, ai fini dell'art. 19 l. n. 203/1982 deve trattarsi di «piccolo miglioramento», cioè — come precisa lo stesso testo normativo — «quello che venga eseguito dall'affittuario con il lavoro proprio e della famiglia». È evidente, pertanto, che ciò che deve dimostrarsi è non solo che i miglioramenti hanno reso più agevoli e produttivi i sistemi di coltivazione in atto, ma anche che questi sono stati eseguiti con il lavoro proprio dell'affittuario e della sua famiglia (Cass. n. 11194/2005). Tuttavia, la disposizione contenuta nell'art. 1621 c.c. ha carattere meramente dispositivo e può essere derogata convenzionalmente, non essendo individuabile alcun pubblico interesse che osti ad una deroga concordata da parte dei contraenti: in tal caso è quindi da escludere la configurabilità di una clausola vessatoria ai sensi e per gli effetti dell'art. 1341 c.c. (Trib. Torino, 16 maggio 2023, n. 2072). Ultrattività della normaNell'affitto di fondi rustici le riparazioni straordinarie della casa di abitazione che insiste sul fondo sono a carico del locatore, ai sensi dell'art. 1621 non abrogato dalla disposizione speciale dell'art. 16 l. n. 11/1971, il quale consente l'esecuzione diretta di riparazioni urgenti ed indispensabili della casa rurale da parte dell'affittuario solo in caso di inadempienza del locatore preventivamente interpellato a soddisfare l'obbligazione primaria di esecuzione delle dette opere. Conseguentemente l'affittuario che abbia eseguito i lavori senza provvedere agli adempimenti prescritti dalla norma citata (avviso al locatore e richiesta del preventivo parere dell'ufficio tecnico o sanitario comunale) non è legittimato a richiedere il rimborso delle spese relative (Cass. n. 754/1991). In tema di affitto a coltivatore diretto, l'art. 1621 che comporta l'obbligo del concedente di eseguire a sue spese le riparazioni straordinarie di cui necessita la casa rurale, trova applicazione sia nel regime di proroga legale dei contratti agrari (non essendo applicabile per analogia la sospensione delle obbligazioni del locatore attinenti alla manutenzione della cosa locata durante il regime vincolistico delle locazioni urbane) sia dopo la cessazione di detto regime disposta dall'art. 40 l. n. 203/1982, non essendo stato abrogato l'art. 1621 dalle successive disposizioni speciali dell'art. 16 l. n. 11/1971 (Cass. n. 2464/1995). Si è, altresì, affermato che non possono definirsi miglioramenti, il rifacimento del tetto del fabbricato colonico, che è, invece, opera di manutenzione straordinaria e la realizzazione della stalla. In particolare non è dubbio che il rifacimento del tetto costituisca opera di manutenzione straordinaria, come tale facente carico al proprietario-locatore ai sensi del disposto dell'art. 1621 c.c. che non è stato abrogato né tacitamente né espressamente dalle successive disposizioni speciali dell'art. 16 l. n. 11/1071 e deve, pertanto, ritenersi tuttora in vigore (Cass. n. 3348/1988). Pertanto, nell'affitto di fondo rustico, le riparazioni straordinarie della casa di abitazione che insiste sul fondo sono a carico del locatore (Cass. n. 754/1991). Inoltre, non appare consentito dubitare che sia in costanza del regime di proroga previsto per i contratti agrari, sia dopo la cessazione di quel regime stabilita dall'art. 40 l. n. 203/1982, il locatore fosse e sia tenuto ad eseguire a proprie spese, durante l'affitto, le riparazioni straordinarie della casa rurale adibita ad abitazione dell'affittuario e della sua famiglia, il disposto di cui all'art. 1621 c.c. non avendo mai costituito oggetto di abrogazione, espressa, o per incompatibilità con disposizioni legislative speciali successive. A quest' ultimo riguardo sterile si palesa il tentativo di richiamare, per via analogica, la portata sospensiva della normativa di cui agli artt. 1575 n. 2, 1576 e 1577 c.c., riconosciuta dalla giurisprudenza al dettato dell'art. 41 della l. n. 253/1950 (in tema di locazioni e sublocazioni di immobili urbani). A tacere di ogni altro rilievo circa la profonda diversità delle realtà socio-economiche rispettivamente disciplinate dalle normative sulle locazioni urbane e dalle normative sull'affittanza agraria (con conseguente problematicità della prospettata osmosi di regole o principi dall'uno all'altro settore) e circa la stessa riconducibilità del criterio dell'art. 1621 c.c. a quello posto dall'art. 1575, comma 1, c.c.; sembra opportuno considerare che, se gli effetti sospensivi di obbligazioni di spesa attribuiti dall'interpretazione giurisprudenziale al dettato dell'art. 41 l. n. 253/1950 sono da ricondurre alla esigenza perequatrice perseguita da quella norma (nel senso di non far gravare, temporaneamente, oneri economici straordinari sulla parte che non può, per il blocco del canone, trarre compenso da una maggiore redditività del bene-casa), analoghe finalità di esonero non possono essere individuate a fondamento della previsione normativa contenuta nell'art. 16 l. n. 11/1971 sull'affitto di fondi rustici (per la parte relativa alle «urgenti riparazioni indispensabili per il godimento della casa rurale) che alla tutela di ben altri interessi risulta ispirata. In dottrina si è osservato che a decorrere dal r.d. n. 1746/1936 (e quindi anteriormente all'entrata in vigore del codice civile del 1942) è venuto meno e non è stato più ripristinato il regime di libera contrattazione dei canoni di affitto dei fondi rustici; di modo che se in tale mancanza di libertà dovesse individuarsi la ragione giustificativa dell'esonero dalla spesa, dovrebbe pervenirsi alla conclusione, non già che è stata sospesa la efficacia, bensì che non ha mai avuto vigore il principio posto dall'art. 1621 c.c., e ciò, per coerenza, non soltanto in tema di riparazioni straordinarie attinenti alla casa colonica. D'altro canto non può essere dimenticato che il sistema tabellare di determinazione dei canoni di affitto dei fondi rustici ha, sempre più incisivamente, tenuto conto della esistenza e delle condizioni dei fabbricati rurali. dall'art. 3 l n. 567/1962 che tali elementi riteneva rilevanti, (al pari di quelli dati dallo stato di produttività dei terreni, dalle attrezzature aziendali e dagli oneri a carico dei proprietari locatori), all'art. 3 l. n. 814/1973, relativo all'applicazione di «coefficienti aggiuntivi, a maggiorazione del canone tabellare, «per i fondi rustici dotati di fabbricati colonici ad uso di abitazione, che garantiscano adeguate condizioni alloggiative»; (coefficienti da graduarsi tra l'altro in rapporto alla rispondenza dei fabbricati a quanto stabilito dalle norme relative alla tutela dell'igiene e della sanità, alle esigenze familiari dell'affittuario nonché allo stato di manutenzione); e sino all'art. 9 l. n. 203/1982, che il peso ponderale di quei coefficienti aggiuntivi ha aumentato, sempre ai fini della formazione delle tabelle per i canoni di equo affitto, (facendo comunque carico alle commissioni di tenere presente non solo la necessità di assicurare una equa remunerazione del lavoro ma anche la esigenza di riconoscere un compenso ai capitali investiti e agli altri apporti del locatore). Di conseguenza, se da un lato deve escludersi che l'onere del locatore relativo alle ripartizioni straordinarie incidenti sullo stato manutentivo, efficienza ed adeguatezza dei fabbricati rurali (ed impianti fissi aziendali in genere) sia a fondo perduto perché non destinato ad incidere sul livello del canone, per altro verso deve ammettersi che, nel tempo, quel livello è soggetto a variazioni, in aumento od in diminuzione, a seconda che vengano realizzate, o vengano meno, quelle condizioni di fatto, circa la situazione abitativa dei fabbricati, da cui dipende l'applicazione dei coefficienti aggiuntivi. Ma il riconoscimento dell'attitudine dell'esborso subito dal locatore per riparazioni straordinarie ad influire —sia pure per il tramite del sistema tabellare — sulla misura del canone dovuto è sufficiente a privare di ragionevolezza l'assunto secondo cui dalla correlativa obbligazione il locatore sarebbe esentato in considerazione del non correggibile squilibrio che la spesa apporterebbe sul piano delle contrapposte prestazioni. Al vaglio della critica non regge, poi, nemmeno l'ipotesi che in tema di riparazioni urgenti alla casa rurale adibita ad abitazione dell'affittuario, l'obbligazione di esecuzione diretta a proprie spese, gravante sul locatore ex art. 1621 c.c., sia stata per la parte relativa al «quo modo» abrogata e sostituita dalla diversa obbligazione prevista dall'art. 16 della l. n. 11/1971 ed avente ad oggetto non più un facere bensì un dare pecuniam, o meglio l'assoggettamento ad una compensazione di crediti, analoga a quella prevista, in tema di locazioni urbane, dall'art. 41 l. n. 253/1950. Anche all'accoglimento di questa tesi ostano le diversità, non solo dalla ratio, ma anche delle prospettive da cui muovono le due norme speciali sopramenzionate. Mentre, infatti la norma del 1950 opera nel periodo della ricostruzione post-bellica e deve fornire risposta alla realtà costituita dai guasti arrecati dal conflitto al patrimonio edilizio urbano, la norma della legge del 1971 — di oltre vent'anni successiva — si prefigge il fine primario di tutelare il diritto all'abitazione (nella casa rurale) dell'affittuario e della sua famiglia, secondo una visione dinamica e maggiormente garantista delle correlative esigenze. Una volta assunto l'adeguamento delle condizioni di abitabilità della casa rurale a livelli minimi standard legalmente predeterminati quale asse portante di una disciplina improntata ad omnicomprensività di casi non poteva sfuggire al legislatore che pure l'esecuzione di riparazioni indispensabili poteva divenire occasione per attingere risultati migliorativi dello stato dell'abitazione al momento della sua consegna all'affittuario; che la straordinarietà dell'intervento riparatorio non era necessariamente incompatibile con soluzioni tecniche di innovazione o di addizione; che in definitiva non appariva opportuno distinguere troppo rigidamente la disciplina delle opere necessitate da riparazioni urgenti dalla disciplina delle opere latamente miglioratizie (le prime rivolte a ripristinare uno standard abitativo perduto o compromesso; le seconde a superare il livello qualitativo anteriore) anche in considerazione della difficoltà di assegnare determinati lavori all'una od all'altra categoria. Tutto ciò impone di attribuire alla ipotesi delle «urgenti riparazioni» indispensabili per il godimento della casa rurale, inserita nell'ambito dell'art. 16 l. n. 11/1971, il valore di una previsione marginale e complementare la quale non altera il quadro degli interventi tendenzialmente miglioratizi presi in considerazione dalla norma stessa, in quanto tali. Non a caso, del resto, il meccanismo operativo da essa delineato ricalca (come in sede dottrinaria si è giustamente osservato) quello previsto dall'abrogato art. 1632 c.c. e dall'art. 11 della stessa l. n. 11/1971 per la esecuzione dei miglioramenti nel rapporto di affitto e dagli artt. 8 e 12 della l. n. 756/1964 per le innovazioni ad opera del coltivatore nel rapporto di affitto e dagli artt. 8 e 12 della l. n. 756/1964 per le innovazioni ad opera del coltivatore nel rapporto di mezzadria o di colonia: norme tutte dirette ad un arricchimento delle facoltà di iniziativa riconosciute al coltivatore e non certo ad una riduzione delle obbligazioni gravanti sul concedente. Ne deriva che per la parte in cui la disciplina prevista dall'art. 16 l. n. 11/1971 in tema di urgenti riparazioni della casa rurale sembrerebbe sovrapporsi a quella dettata dall'art. 1621 c.c. in tema di riparazioni straordinarie, l'interprete à autorizzato a ravvisare non già una parziale abrogazione della valenza della norma codicistica per effetto della sopravvenuta norma speciale, bensì una più articolata diversificazione dei mezzi apprestati, in alternativa, dall'ordinamento a tutela del diritto all'abitazione dell'affittuario. Il punto fondamentale controverso, se le procedure indicate nell'art. 16 per la esecuzione indiretta (e cioè non a cura ma soltanto a spese del proprietario) dei lavori di riparazione urgente della casa rurale abbiano sostituito il contenuto dell'obbligazione di esecuzione diretta prevista dall'art. 1621 c.c., oppure abbiano soltanto aggiunto altre modalità di adempimento in caso di renitenza dell'obbligato — deve essere risolto in quest'ultimo senso: e ciò in riconoscimento del principio (nello stesso articolo 16 ribadito) che il proprietario prima di ogni altro è legittimato alla esecuzione di interventi materiale (a fini manutentivi non meno che a fini migliorativi) sulla cosa compresa nel suo patrimonio. Risulta, invero, agevole il rilievo che la esecuzione diretta delle opere, da parte dell'affittuario (comma 1 dell'art. 16) come la loro esecuzione d'ufficio da parte del Sindaco (comma 3 di detta norma ed ultimo comma dell'art. 223 r.d. n. 1265/1934, T.U. delle leggi sanitarie, in essa richiamata), postulano preventivamente l'interpello del proprietario locatore e la inerzia di quest'ultimo a provvedere: di modo che solo nell'ipotesi di inadempimento di un'obbligazione primaria, avente ad oggetto un facere e gravante sul proprietario del bene possono essere, attraverso meccanismi amministrativi specifici, appagati interessi insoddisfatti dell'avente diritto, senza costringere quest'ultimo a munirsi di una sentenza di condanna da eseguire nelle forme indicate negli art. 612 c.p.c. Ma le previsioni di una facoltà di controllata autotutela (art. 16 comma 1); come pure di una possibilità di tutela per via amministrativa (art. 223 t.u. n. 1265/1934) sono di per sè tutt'altro che incompatibili con la ordinaria tutela giurisdizionale dei diritti, per cui l'obbligato inadempiente può essere citato davanti al giudice mediante azione di condanna (Cass. n. 4865/1988). BibliografiaBarraso, Di Marzio, Falabella, La locazione, Padova, 1988; Barraso, Di Marzio, Falabella, La locazione, contratto, obbligazione, estinzione, Torino, 2010; Bianca, Diritto civile, III, Milano, 2000; Carrato, Scarpa, Le locazioni nella pratica del contrato e del processo, Milano, 2010; Cuffaro, Calvo, Ciatti, Della locazione. Disposizioni generali. Artt. 1571-1606, Milano, 2014; Gabrielli, Padovini, Le locazioni di immobili urbani, Padova, 2005; Grasselli, La locazione di immobili nel codice civile e nelle leggi speciali, Padova, 2005. |