Codice Civile art. 1736 - Star del credere.Star del credere. [I]. Il commissionario che, in virtù di patto o di uso, è tenuto allo «star del credere» risponde nei confronti del committente per l'esecuzione dell'affare. In tal caso ha diritto, oltre che alla provvigione, a un compenso o a una maggiore provvigione, la quale, in mancanza di patto, si determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l'affare [1733]. In mancanza di usi, provvede il giudice secondo equità. InquadramentoLa norma consente al commissionario di assumere un maggior rischio in ordine alla conclusione dell'affare, qualora ritenga di poterlo fare, ad esempio perché sa che il terzo è solvente; in tal caso, quale corrispettivo di questo maggior rischio, ha diritto ad un maggior guadagno. Lo star del credere è un istituto storicamente peculiare del rapporto di commissione cui originariamente ineriva. Si trattava, invero, di una forma di garanzia data al committente dal commissionario cui solo erano note la persona e la solvibilità del terzo contraente. Lo star del credere, già previsto come ipotesi pattizia dal codice di commercio, ha trovato ingresso nel codice civile del 1942 che, all'art. 1736 c.c., fa ad esso espresso riferimento configurandolo come ipotesi pattizia e statuendo che il commissionario risponde nei confronti del committente dell'esecuzione dell'affare, avendo nel contempo un diritto ad uno speciale compenso o ad una maggiore commissione. In tale prospettiva il commissionario, in quanto mandatario del committente, per conto del quale agisce, si fa garante nei suoi confronti della bonitas del terzo contraente. Di qui, la natura fidejussoria che la prevalente dottrina conferisce all'istituto dello star del credere in relazione al contratto di commissione. Nel contratto di agenzia, al quale l'istituto dello star del credere è stato esteso, invece, esso non è disciplinato specificamente e direttamente dal codice civile, essendo regolato come istituto eventuale e pattizio dagli Accordi Economici Collettivi che ne limitano specificamente la misura; ciò diversamente dal contratto di commissione, in cui lo star del credere, per quanto innanzi detto, inerisce normalmente al rapporto in virtù di usi o di accordi contrattuali, costituendo una garanzia totale per l'adempimento delle obbligazioni del terzo. Autorevole dottrina non manca, poi, di rilevare, quale ulteriore motivo di discrimine in ordine alla funzione dell'istituto in parola nell'ambito dei diversi contesti negoziali ai quali si è fatto riferimento, come nel contratto di agenzia, lo star del credere si atteggi quale penale per il comportamento negligente dell'agente che ha procurato affari con terzi risultati inadempienti, con cui viene definito il risarcimento del danno sofferto per l'inadempimento da parte del terzo. In definitiva, l'agente è tenuto allo star del credere, esclusivamente per patto, ed in ottemperanza alle norme degli Accordi Economici Collettivi aventi efficacia erga omnes (art. 7 A.E.C. 20 giugno 1956) secondo cui l'onere pattuito a carico dell'agente non può superare il 20% della perdita subita dal preponente, misura ridotta dagli accordi economici collettivi aventi validità di convenzione privatistica (9 giugno 1988 settore commercio e 16 novembre 1988 settore industria) nella misura del 15%. Nell'ottica descritta, mette conto considerare che non assume rilievo ai fini delpagamento di ulteriori provvigioni maturate in relazione al rapporto di agenzia ed al pagamento del corrispettivo per lo star del credere da parte dell'agente, il riferimento alla applicabilità alla fattispecie dell'art. 1736 c.c., il richiamo contenuto nell'art. 1746 c.c., comma 2, secondo il quale l'agente «deve osservare altresì gli obblighi che incombono al commissionario, in quanto non siano esclusi dalla natura del contratto di agenzia» (nel testo anteriore alla novella di cui all'art. 28 l. n. 526/1999). Premesso che nello specifico, rinviene applicazione il testo della disposizione codicistica qui richiamato, atteso che la rinnovata disciplina introdotta dalla l. n. 526/1999 — la quale vieta la stipula di un patto che ponga a carico dell'agente una responsabilità anche solo parziale per l'inadempimento del terzo, consentendo eccezionalmente e a precise condizioni, la concessione di apposita garanzia da parte dell'agente per singoli affari — sì applica unicamente ai patti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore (Cass. n. 7644/2012; Cass. n. 15062/2008), non possono che riaffermarsi i concetti in ordine alla differenza ontologica dei principi che disciplinano gli istituti del contratto di commissione e di agenzia, ed alla insussistenza dei presupposti per una applicazione in via analogica, delle garanzie approntate dall'art. 1736 c.c. Si tratta di principi, che avvalorati dalla più autorevole dottrina, sono stati ribaditi dalla giurisprudenza prevalente di legittimità secondo cui (Cass. n. 12879/1999; Cass. n. 7002/1986; Cass. n. 1448/1973) al contratto di agenzia non può applicarsi in via analogica l'art. 1736 c.c., in tema di contratto di commissione, poiché la responsabilità dell'agente per lo «star del credere» è disciplinata in modo specifico dall'A.E.C. 20 giugno 1956, reso obbligatorio erga omnes dal d.P.R. n. 1450/1961, (che limita la responsabilità dell'agente senza ulteriore compenso al 20% della perdita subita dal preponente), ovvero dalla più favorevole disciplina posta nei successivi accordi collettivi del settore (qualora le parti vi abbiano aderito), che adottano il più ristretto limite del 15% (Cass. n. 3902/1999). Funzione dello star del crederePoiché la funzione dello «star del credere», previsto dall'art. 1736 c.c., è quella di attribuire al commissionario, nei confronti del committente, una specifica responsabilità per l'esecuzione dell'affare più intensa e rigorosa di quella che gli incombe in base alle regole comuni ed alla quale corrisponde, da un lato, un'adeguata autonomia nella promozione e nella stipula delle compravendite e, dall'altro, un congruo compenso per lo specifico rischio assunto, nulla esclude che detto commissionario possa assumere, con lo star del credere, l'intera responsabilità del buon fine dell'affare, senza che ciò comporti il mutamento del contratto da commissione in compravendita (Cass. n. 6352/1981). Peraltro, secondo il consolidato insegnamento giurisprudenziale è stata sancita la nullità del patto in qualunque forma stipulato, anche se nel corso del rapporto di agenzia e con riferimento al debito di un singolo cliente, con il quale l'agente assuma l'impegno di tenere indenne il preponente, in una misura superiore a quella fissata per la clausola di «star del credere» dagli accordi economici collettivi tempo per tempo vigenti (Cass. n. 816/1975; Cass. n. 1359/1993). E ciò anche sotto il profilo dell'applicabilità dell'art. 1746 c.c., comma 3 (nella nuova disciplina introdotta dalla l. n. 65/1999, art. 28, comma 2), in relazione particolare alla concessione di apposita garanzia da parte dell'agente con riferimento a singoli affari (per il venir meno della clausola di «star del credere», in conseguenza del divieto, se non eccezionalmente ed a precise condizioni, di ogni patto che ponga a carico dell'agente una responsabilità anche solo parziale per l'inadempimento del terzo), unicamente ai patti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore o tutt'al più alle obbligazioni nate da tali patti successivamente alla data indicata e non anche alla fase di adempimento di tali obbligazioni (Cass. n. 21994/2016; Cass. n. 7644/2012; Cass. n. 15062/2008). Pertanto, nel contratto di agenzia, al quale lo star del credere è stato esteso, esso non è disciplinato specificamente e direttamente dal codice civile, essendo regolato come istituto eventuale e pattizio dagli Accordi Economici Collettivi che ne limitano specificamente la misura; ciò diversamente dal contratto di commissione, in cui lo star del credere inerisce normalmente al rapporto in virtù di usi o di accordi contrattuali, costituendo una garanzia totale per l'adempimento delle obbligazioni del terzo. Nel contratto di agenzia lo star del credere si atteggia quale penale per il comportamento negligente dell'agente che ha procurato affari con terzi risultati inadempienti, con cui viene definito il risarcimento del danno sofferto per l'inadempimento da parte del terzo. In definitiva, l'agente è tenuto allo star del credere esclusivamente per patto ed in ottemperanza alle norme degli Accordi Economici Collettivi aventi efficacia erga omnes (art. 7, A.E.C. 20 giugno 1956) secondo cui l'onere pattuito a carico dell'agente non può superare il 20% della perdita subita dal preponente, misura ridotta dagli accordi economici collettivi aventi validità di convenzione privatistica (9 giugno 1988, settore commercio e 16 novembre 1988, settore industria) nella misura del 15%. Nessun compenso se le parti non l'hanno pattuito. La differenza ontologica dei principi che disciplinano gli istituti del contratto di commissione e di agenzia, oltre che avvalorati dalla dottrina, sono stati ribaditi dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 12879/1999), secondo cui al contratto di agenzia non può applicarsi in via analogica l'art. 1736 c.c. in tema di contratto di commissione, poiché la responsabilità dell'agente per lo star del credere è disciplinata in modo specifico dall'A.E.C. 20 giugno 1956, reso obbligatorio erga omnes dal d.P.R. n. 1450/1961 (che limita la responsabilità dell'agente senza ulteriore compenso al 20% della perdita subita dal preponente), ovvero dalla più favorevole disciplina posta nei successivi accordi collettivi del settore (qualora le parti vi abbiano aderito), che adottano il più ristretto limite del 15% (Cass. n. 3902/1999). Differenze rispetto alla fideiussioneA differenza del fideiussore, il quale garantisce l'adempimento di una obbligazione non propria, ma altrui, cioè assunta nei confronti del terzo garantito, che assume rilevanza di obbligazione principale, il commissionario o mandatario con l'assunzione dello «star del credere» risponde nei confronti del committente o mandante per l'esecuzione dell'affare ed in quanto si rende garante del regolare adempimento dell'obbligazione contratta dal terzo direttamente con lui mandatario o commissionario, che lo metterà in grado, a propria volta, di adempiere verso il committente od il mandante in base al rapporto interno esistente tra loro, garantisce anche il fatto proprio per la parte in cui la propria attività occorre al fine di assicurare la regolare esecuzione dell'affare stesso (Cass. n. 6224/1991). BibliografiaBaldi, Venezia, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, Milano, 2015; Bavetta, Mandato (negozio giuridico) (dir. priv.), in Enc. dir., XXV, Milano, 1975; Bile, Il mandato, la commissione, la spedizione, Roma, 1961; Campagna, La posizione del mandatario nel mandato ad acquistare beni mobili, in Riv. dir. civ., 1974, I, 7 ss.; Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1976; Formiggini, Commissione, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; Minervini, Commissione, in N.ss. Dig. it., III, Torino, 1967; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Romano, Vendita. Contratto estimatorio, Milano, 1961; Rotondi, Rotondi, L'agenzia nella giurisprudenza, Milano, 2004; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997; Saracini, Toffoletto, Il contratto di agenzia, artt. 1742-1753, Milano, 2014. |