Codice Civile art. 1663 - Denuncia dei difetti della materia.Denuncia dei difetti della materia. [I]. L'appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questo fornita, se si scoprono nel corso dell'opera e possono comprometterne la regolare esecuzione. InquadramentoLa norma è volta ad evitare che i vizi della materia possano ripercuotersi sull'opera finale senza che il committente possa cautelarsi. G Se i materiali sono forniti dal committente, l'appaltatore, oltre che un interesse, ha un onere ad eseguire il controllo sulla loro qualità e specifica idoneità, perché tale verifica gli permette di evitare di incorrere nella responsabilità derivante da vizi e difformità dell'opera dovuta a difetti del materiale. Per liberarsi dalla responsabilità verso il committente, l'appaltatore è tenuto, ai sensi dell'art. 1663 c.c., a metterlo sull'avviso: prima dell'impiego dei materiali, se i difetti, le difformità o l'inidoneità degli stessi erano riconoscibili da un tecnico dell'arte già all'atto della consegna; in corso di esecuzione, se quei vizi o quella inidoneità, occulti (cioè non riconoscibili neppure con l'impiego della diligenza professionale) al momento della consegna, siano stati scoperti durante l'impiego dei materiali medesimi (Cass. n. 10580/1994; Cass. n. 470/2010). Obbligo di avviso dell'appaltatoreLa responsabilità dell'appaltatore per difformità e vizi dell'opera (art. 1667 c.c.) non può essere aprioristicamente esclusa solo perché la materia sia stata fornita dal committente, in quanto l'art. 1663 fa obbligo all'appaltatore, quale tecnico dell'arte, di dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da costui fornita se essi si scoprono nel corso dell'opera e possono comprometterne l'esecuzione. Tanto meno detta responsabilità può essere esclusa allorquando sia stato l'appaltatore, anche indirettamente, a fornire la materia e il committente si sia limitato a scegliere, tra vari tipi di materiale, tutti rientranti nella previsione contrattuale, quello da impiegare nella costruzione dell'opera a lui destinata (Cass. n. 1569/1987). In particolare, se il difetto o l'inidoneità dei materiali forniti dal committente è tale da compromettere la regolare esecuzione dell'opera e viene scoperto quando questi non siano stati ancora del tutto impiegati, l'appaltatore, oltre a darne avviso al committente, ha l'obbligo di sospendere i lavori o, comunque, di non continuare ad utilizzare i materiali difettosi, essendo tenuto a proseguire comunque l'opera impiegando quei materiali soltanto se il committente non acconsenta a sostituirli ed insista per il loro impiego (Cass. n. 12044/2010). Da quanto precede, consegue che il disposto dell'art. 1663 c.c., secondo cui l'appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questi fornita, se si scoprono nel corso dell'opera e possono comprometterne la regolare esecuzione, si applica anche qualora l'appaltatore utilizzi le opere predisposte dal committente. Pertanto, l'appaltatore, che abbia accettato senza riserve le opere predette, risponde dei danni derivati da vizi o da inidoneità di tali opere, anche se non si sia reso conto dei vizi o dell'inidoneità delle opere, poiché, avendo un ampio margine di discrezionalità e di autonomia nel compimento della sua prestazione tecnica per conseguire il risultato, deve sopportare il rischio connaturale al rapporto obbligatorio instaurato, nel caso che l'attività produttiva non lo consegua (Cass. n. 3638/1979). Pertanto, se i materiali sono forniti dal committente, l'appaltatore, oltre che un interesse, ha un onere ad eseguire il controllo sulla loro qualità e specifica idoneità, perché tale verifica gli permette di evitare di incorrere nella responsabilità derivante da vizi e difformità dell'opera dovuta a difetti del materiale. Per liberarsi dalla responsabilità verso il committente, l'appaltatore è tenuto, ai sensi dell'art. 1663, a metterlo sull'avviso: prima dell'impiego dei materiali, se i difetti, le difformità o l'inidoneità degli stessi erano riconoscibili da un tecnico dell'arte già all'atto della consegna; in corso di esecuzione, se quei vizi o quella inidoneità, occulti (cioè non riconoscibili neppure con l'impiego della diligenza professionale) al momento della consegna, siano stati scoperti durante l'impiego dei materiali medesimi (Cass. n. 10580/1994; Cass. n. 470/2010). Per costante giurisprudenza di legittimità, l'appaltatore risponde dei difetti dell'opera quando accetti senza riserve i materiali fornitigli dal committente, sebbene questi presentino vizi o difformità riconoscibili da un tecnico dell'arte o non siano adatti all'opera da eseguire ed i difetti denunziati dal committente derivino da quei vizi o da quella inidoneità (Cass. n. 470/2010; Cass. n. 10580/1994; Cass. n. 1569/1987; Cass. n. 1771/1965). Egli, inoltre, è tenuto ad avvisare il committente che i materiali che questi gli abbia fornito, essendo di cattiva qualità o, comunque, inidonei rispetto all'opera commessagli, non siano tali da assicurare la buona riuscita di questa, con la conseguenza che, in difetto di tale avviso, non può eludere la responsabilità per i vizi dell'opera adducendo che i materiali erano difettosi (Cass. n. 521/1970). Tali principi, ricavati dalla piana esegesi dell'art. 1655 c.c., (secondo cui l'appaltatore è tenuto a compiere l'opera con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio) art. 1663 c.c. (in base al quale l'appaltatore è altresì tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia che quest'ultimo gli abbia fornito, se si scoprono nel corso dell'opera e possono comprometterne la regolare esecuzione), sono agevolmente estensibili alla diversa ipotesi in cui i materiali forniti dal committente, sebbene né difettosi né inadatti, richiedano tuttavia per la loro corretta utilizzazione l'osservanza di una particolare procedura. L'appaltatore risponde dei difetti dell'opera qualora accetti senza riserve i materiali fornitegli dal committente, che presentano vizi o difformità che egli avrebbe potuto e dovuto conoscere (Cass. n. 470/2010; Cass. n. 10580/1994: nel contratto di appalto, l'appaltatore risponde dei difetti dell'opera quando accetti senza riserve i materiali fornitigli dal committente, sebbene questi presentino vizi o difformità riconoscibili da un tecnico dell'arte o siano, in modo riconoscibile da un tecnico, inadatti all'opera da eseguire, ed i difetti denunziati dal committente derivino da quei vizi o da quella inidoneità; Cass. n. 1569/1987; Cass. n. 4339/1979; Cass. n. 3638/1979). Nota o non nota, questa deve comunque essere seguita dall'appaltatore, il quale ha l'obbligo di valutare previamente il materiale consegnatogli e, ove non l'abbia mai impiegato prima, di informarsi sulle sue caratteristiche intrinseche e sulle tecniche di applicazione che esso richieda, tecniche il cui eventuale apprendimento è a carico dell'appaltatore stesso ed è esigibile al pari del possesso delle ordinarie nozioni dell'arte (Cass. n. 14220/2014). Sicché per la Corte di cassazione l'appaltatore risponde dei difetti dell'opera avendo accettato senza riserve i materiali fornitegli dal committente, che presentavano vizi o difformità che egli avrebbe potuto e dovuto conoscere essendo «un tecnico dell'arte». La massima trae fondamento dal disposto dell'art. 1663 c.c., secondo cui l'appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questi fornita, se si scoprono nel corso dell'opera. Andando anche al di là della statuizione in esame, risalente giurisprudenza ha affermato che l'appaltatore, che abbia accettato senza riserve le opere predette, risponde dei danni derivati da vizi o da inidoneità di tali opere, anche se non si sia reso conto dei vizi e della inidoneità delle opere, poiché, avendo un ampio margine di discrezionalità e di autonomia nel compimento della sua prestazione tecnica per conseguire il risultato, deve sopportare il rischio connaturale al rapporto obbligatorio instaurato, nel caso che l'attività produttiva non lo consegua (Cass. n. 3638/1979). Salvo regresso verso il fornitore, nei confronti del committente l'appaltatore risponde, in virtù dell'autonomia di cui gode, delle conseguenze della scelta e dell'impiego del materiale adoperato nella costruzione (Cass. n. 10580/1994). Si è, inoltre, stabilito che l'appaltatore in quanto tenuto a seguire le regole dell'arte e ad assicurare un risultato tecnico conforme alle esigenze del committente, è tenuto a denunciare le difformità riscontrate rispetto al capitolato di appalto, ma tale obbligo riguarda soltanto le situazioni e le carenze rilevabili con la diligenza normalmente usata nel caso concreto. Pertanto, esula dal dovere di diligenza stabilito dall'art. 1176 c.c. il compimento, da parte dell'appaltatore, di indagini sul manufatto consegnatogli dal committente per il compimento dell'opera, quando tale manufatto si presenti, ictu oculi, conforme alle prescrizioni del capitolato e le sue difformità strutturali possano essere evidenziate solo attraverso indagini esperibili mediante manomissioni del manufatto stesso (Cass. n. 710/1987). La regola, secondo cui la responsabilità dell'appaltatore per vizi e difetti della materia impiegata non è «a priori» esclusa dall'essere stata essa scelta dallo stesso committente, può trovare valida deroga nelle private pattuizioni, ove prevalga l'esigenza di sottrarre l'appaltatore all'onere di complessi accertamenti preventivi, come nel caso in cui il committente riservi al direttore dei lavori un potere insindacabile di scelta e di controllo dei materiali tale da escludere ogni facoltà di determinazione e di decisione dell'appaltatore al riguardo (Cass. n. 1391/1992). In un caso specifico la Corte Suprema, con la decisione n. 4900/1993, ha annullato la sentenza del merito che aveva escluso la responsabilità di un'impresa, che non aveva assunto diretta partecipazione ai lavori, pur essendo risultato che la medesima aveva fornito ad alcuni appaltatori materiale di cui era stata accertata la inidoneità, aveva apprestato un progetto largamente difettoso ed aveva preposto alla esecuzione delle opere un proprio direttore dei lavori. Si è rilevato che la disposizione contenuta nell'art. 3 del d.P.R. n. 1516/1947, che pone a carico del produttore la responsabilità per eventuali difetti di fabbricazione del cemento precompresso, vale ad escludere che il produttore possa riversare su terzi che abbiano proceduto a collaudi e controlli le conseguenze dannose, ma non già la concorrente responsabilità di chi usa quei prodotti ed in particolare dell'appaltatore cui spetta la scelta ed il razionale impiego del materiale occorrente alla costruzione (Cass. n. 1240/1972). La caduta di un «boiler» malamente installato deve essere inquadrata come conseguenza di un grave difetto dell'opera ex art. 1669 c.c., laddove, per costante giurisprudenza, si deve intendere qualsiasi alterazione che incida sulla funzionalità dell'opera come la realizzazione con materiali inidonei o la carenza riconducibile ad erronee prescrizioni esecutive. Spetta alla diligenza dell'installatore dell'opera utilizzare materiali d'impiego tali da dare assoluta certezza di stabilità nel punto dove saranno impiegati (Trib. Genova 29 aprile 1997). Trattandosi di opere edilizie da eseguirsi su strutture o basamenti preesistenti o preparati dal committente o da terzi, l'appaltatore viola il dovere di diligenza stabilito dall'art. 1176 c.c. se non verifica, nei limiti delle comuni regole dell'arte, l'idoneità delle anzidette strutture a reggere l'ulteriore opera commessagli, e ad assicurare la buona riuscita della medesima, ovvero se, accertata l'inidoneità di tali strutture, procede egualmente all'esecuzione dell'opera (De Tilla). Anche l'ipotesi della imprevedibilità di difficoltà di esecuzione dell'opera manifestatesi in corso d'opera derivanti da cause geologiche, idriche e simili, specificamente presa in considerazione in tema di appalto dall'art. 1664, comma 2 c.c. e legittimante se del caso il diritto ad un equo compenso in ragione della maggiore onerosità della prestazione, deve essere valutata sulla base della diligenza media in relazione al tipo di attività esercitata. E laddove l'appaltatore svolga anche i compiti di ingegnere progettista e di direttore dei lavori, l'obbligo di diligenza è ancora più rigoroso, essendo egli tenuto, in presenza di situazioni rivelatrici di possibili fattori di rischio, ad eseguire gli opportuni interventi per accertarne la causa ed apprestare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi. La maggiore specificazione del contenuto dell'obbligazione non esclude infatti la rilevanza della diligenza come criterio determinativo della prestazione per quanto attiene agli aspetti dell'adempimento, sicché gli specifici criteri posti da particolari norme di settore (es. il riferimento ai c.d. «coefficienti di sicurezza» previsti dalla l. n. 1086/1971 ed il relativo regolamento di attuazione d.m. 16 giugno 1976) non solo non valgono a ridurre o limitare la responsabilità dell'appaltatore ma sono per converso da intendersi nel senso che la relativa inosservanza viene a ridondare in termini di colpa grave dell'appaltatore (Cass. n. 12995/2006). Si è infine chiarito che la circostanza che l'appaltatore esegua l'opera su progetto del committente o fornito dal committente non lo degrada, per ciò solo, al rango di nudus minister poiché la fase progettuale non interferisce nel contratto e non ne compone la struttura sinallagmatica, esulando dagli obblighi delle rispettive parti. Ne consegue che l'appaltatore è tenuto non solo ad eseguire a regola d'arte il progetto, ma anche a controllare, con la diligenza richiesta dal caso concreto e nei limiti delle cognizioni tecniche da lui esigibili, la congruità e la completezza del progetto stesso e della direzione dei lavori, segnalando al committente, anche nel caso di ingerenza di costui, gli eventuali errori riscontrati, quando l'errore progettuale consiste nella mancata previsione di accorgimenti e componenti necessari per rendere il prodotto tecnicamente valido e idoneo a soddisfare le esigenze del committente (Cass. n. 6574/2003: nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva affermato la responsabilità esclusiva dell'appaltatore per l'applicazione difettosa di numerose valvole per impianti di riscaldamento, prive dei necessari supporti di raccordo tra paretine e traversino, raccomandati e suggeriti dalla migliore tecnica costruttiva). 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