Codice Civile art. 1925 - Riscatto e riduzione della polizza.Riscatto e riduzione della polizza. [I]. Le polizze di assicurazione devono regolare i diritti di riscatto e di riduzione della somma assicurata, in modo tale che l'assicurato sia in grado, in ogni momento, di conoscere quale sarebbe il valore di riscatto o di riduzione dell'assicurazione. InquadramentoL'art. 1925 prevede la possibilità per il contraente di modificare, unilateralmente e senza la perdita di quanto ha fino a quel momento versato, i suoi precedenti impegni mediante lo strumento del riscatto e della riduzione (Gasperoni, 10). Pone, inoltre, l'obbligo per l'assicuratore di prevedere e disciplinare nel contratto il diritto di riscatto e di riduzione in modo tale da garantire all'assicurato la possibilità di conoscere in ogni momento quale sarebbe il valore di riscatto o di riduzione della polizza. La disposizione non fornisce la definizione del diritto di riscatto e di quello di riduzione: si tratta di diritti riconosciuti all'assicurato il quale, dopo aver pagato un determinato ammontare di premi, receda dal contratto prima del termine di durata della polizza oppure qualora si verifichi la risoluzione di diritto ex art. 1924 c.c. In tali casi l'assicurato, pur non avendo maturato il diritto all'indennizzo, avrà diritto a percepire una somma minore, detta appunto quota di riscatto, oppure a mantenere in vita il contratto senza pagare ulteriori premi conservando un diritto all'indennizzo di misura ridotta (riduzione della polizza). La dottrina ravvisa il fondamento tecnico dei due istituti in quel particolare aspetto della struttura tecnica dell'assicurazione sulla vita che obbliga l'assicuratore a costituire la «riserva matematica», mediante l'accantonamento di una quota dei premi pagati dal contraente, in ragione dell'asimmetria temporale delle prestazioni dell'assicurato e dell'assicuratore (in arg. v. diffusamente La Torre, 384 ss.). Per tale ragione, il riscatto si ritiene consentito solo nelle assicurazioni di sopravvivenza con controassicurazione ed in quelle per il caso di morte e a vita intera (Donati, 647; Salandra, in Comm. S.B., 1966, 413). La facoltà di riduzione della polizza, invece, si ritiene sussistente nelle assicurazioni per il caso morte a vita intera e assicurazioni miste (Rossetti, 942) e per le assicurazioni di sopravvivenza senza restituzione dei premi in caso di premorienza. Viene, di contro, esclusa nel caso di assicurazioni temporanee per il caso morte, oltre che per quelle a premio unico o intero. Il motivo più frequente di riscatto è costituito dalla necessità dell'assicurato di conseguire immediatamente il valore economico del riscatto: per tale motivo gli assicuratori hanno elaborato il prestito su polizza che costituisce un rimedio per venire incontro alle temporanee difficoltà finanziarie degli assicurati favorendo, nel contempo, la conservazione del contratto. La disciplina del riscattoIl diritto di riscatto risulta condizionato, oltre che dalla formazione della riserva matematica, anche dalla certezza della prestazione dell'assicuratore, indipendentemente dall'individuazione esatta del tempo di adempimento. Ed infatti, venendo con il riscatto anticipata la prestazione dell'assicuratore, vi deve essere certezza che comunque a tale prestazione l'assicuratore sarebbe stato tenuto all'originario momento del verificarsi dell'evento. Il riscatto è, pertanto, consentito solo nelle assicurazioni di sopravvivenza con controassicurazione (ovvero con clausola che prevede che l'assicuratore sia obbligato a versare una certa somma agli aventi diritto anche nel caso di morte dell'assicurato prima della naturale scadenza del contratto) ed in quelle per il caso di morte e a vita intera (Donati, 647; Salandra, in Comm. S.B., 1966, 413). Per tali ragioni vengono altresì escluse dall'istituto del riscatto le assicurazioni temporanee per il caso di morte e le assicurazioni di sopravvivenza (contra Buttaro, 630). Il valore del riscatto non coincide con quello della riserva matematica — e ciò a causa delle diverse detrazioni cui la stessa è sottoposta — ed è direttamente proporzionale al numero di anni di sopravvenienza del contratto (Salandra, in Comm. S.B. 1966, 413). Il c.d. «valore di riscatto» viene tendenzialmente considerato come un rimborso parziale dei premi già pagati dal contraente (Buttaro, 630; Salandra, in Comm. S.B. 1966, 412), che si sostanzia anche in una proporzionale riduzione delle prestazioni imposta dal sinallagma contrattuale, dal momento che l'assicuratore viene comunque liberato da un debito certo (Donati, ult. cit.; Gasperoni, 10; Salandra, in Comm. S.B., 1966, 413). L'esercizio del diritto di riscatto Il riscatto si configura come un atto di recesso in un contratto di durata, che il contraente può porre in atto senza che sia richiesta la sussistenza di cause specifiche (Polotti di Zumaglia, 456). L'esercizio del diritto di riscatto determina l'estinzione anticipata del rapporto assicurativo, a differenza della riduzione che si limita a modificare o estinguere solo alcuni elementi del medesimo. Si opera il riscatto mediante una dichiarazione unilaterale, di carattere negoziale, recettizia, con la quale il contraente chiede all'assicuratore che eroghi in anticipo rispetto alle previsioni la prestazione fino ad allora maturata (Donati, 648; Rossetti, 932). La dichiarazione di riscatto da parte dell'assicurato produce pertanto i suoi effetti dal momento in cui perviene all'assicuratore trattandosi di dichiarazione ricettizia, ma il dichiarante (purché in regola con il pagamento dei premi) può anche implicitamente differire gli effetti del riscatto al momento della cessazione della copertura assicurativa, atteso che la regolamentazione pattizia di deroga all'art. 1924 c.c. deve essere sempre ispirata al principio contenuto nell'art. 1901 c.c., il quale presuppone la persistenza del rapporto di corrispettività tra pagamento del premio ed assunzione del rischio da parte dell'assicuratore (Cass. I, n. 401/1988). La revoca si reputa consentita in conformità ai principi generali in materia di negozio unilaterale purché pervenga all'assicuratore prima della dichiarazione di riscatto (Donati, ult. cit.; Buttaro, 633). Il diritto di riscatto spetta al contraente anche nell'ipotesi di assicurazione stipulata a favore di terzo, conseguendosi in tal modo una revoca implicita dal beneficio (Donati, 647; Buttaro, 634). In dottrina è discusso se sia o meno necessario il consenso del beneficiario per l'esercizio del diritto di riscatto da parte del contraente. Alcuni autori lo ritengono necessario atteso che è al beneficiario che va attribuito l'importo riscattato (Buttaro, 634). Altri, invece, pur concordando circa il fatto che il valore di riscatto spetti al beneficiario, non condividono la rilevanza dell'accettazione di tale soggetto (Donati, 647; Donati-Volpe Putzolu, 191). Il riscatto è da considerarsi atto di straordinaria amministrazione, e ciò in considerazione degli effetti estintivi che determina sul rapporto (Donati, 648; Salandra, in Comm. S.B., 1966, 414). La disciplina della riduzioneA differenza del riscatto che comporta l'estinzione del rapporto assicurativo, la riduzione opera solo una modificazione del medesimo estinguendo l'obbligazione del contraente e riducendo quella dell'assicuratore (Gasperoni, 11; Rossetti, 941). Ed invero il contraente, pur liberandosi dell'obbligo di corrispondere i premi, grazie ad una clausola di riattivazione che impedisce la risoluzione di diritto prevista dall'art. 1924, è in grado di pretendere dall'assicuratore la prestazione nei confronti dell'avente diritto, pur nei limiti di un capitale ridotto proporzionalmente all'ammontare dei premi già versati e rivalutato ogni anno fino alla scadenza della polizza (Salandra, in Comm. S.B., 1966, 415). Sotto ogni altro diverso profilo il rapporto prosegue immutato e continua ad essere regolato dal contratto originario. Il contraente può dichiarare espressamente di voler operare la riduzione della somma assicurata (riduzione volontaria) oppure può semplicemente astenersi dal pagamento dei premi per un determinato periodo (riduzione necessaria o automatica). L'opinione maggioritaria in dottrina reputa che la facoltà di riduzione della polizza sussiste in tutti i contratti in cui vi sia la formazione di una riserva matematica: assicurazioni per il caso morte a vita intera e assicurazioni miste (Rossetti, 942). Si ritiene, invece, esclusa nel caso di assicurazioni temporanee per il caso morte, oltre che per quelle a premio unico o intero. A differenza del diritto di riscatto, la riduzione è ammissibile anche per le assicurazioni di sopravvivenza senza restituzione dei premi in caso di premorienza in quanto non richiede che vi sia la liberazione dell'assicuratore da un debito certo. L'esercizio del diritto di riduzione La riduzione volontaria si manifesta con una dichiarazione unilaterale recettizia, che non riveste — diversamente dal riscatto — i caratteri dell'atto di straordinaria amministrazione. La presenza di un beneficiario non impedisce che il contraente provochi, direttamente o indirettamente, la riduzione della somma assicurata. Al terzo, peraltro, è consentito di continuare a pagare i premi onde evitare la riduzione in base a clausole specifiche. La riduzione della somma assicurata non origina un nuovo negozio che si sostituisce al precedente, ma rappresenta soltanto una modificazione del rapporto contrattuale, il quale — per tutto il resto — mantiene inalterato il contenuto (Gasperoni, 11; Donati, 646). Il prestito su polizzaIl motivo più frequente di riscatto è costituito dalla necessità dell'assicurato di conseguire immediatamente il valore economico del riscatto: per tale motivo gli assicuratori hanno elaborato un rimedio per venire incontro alle temporanee difficoltà finanziarie degli assicurati favorendo, nel contempo, la conservazione del contratto. Tale rimedio — applicabile solo ai tipi di assicurazione sulla vita che, dando luogo ad un debito certus an dell'assicuratore, ammettono il riscatto — è denominato mutuo su polizza o prestito su polizza (o anche anticipazione su polizza, prestito su pegno della polizza, prestito su deposito della polizza) e trova la propria disciplina non nella legge, bensì nella pratica contrattuale. Esso consiste nella consegna all'assicurato, da parte dell'assicuratore, di una somma di danaro, nei limiti del valore di riscatto maturato (corrispondente all'ammontare della prestazione che sarebbe dovuta dall'assicuratore se il contratto venisse risolto in quel momento); su tale somma l'assicurato si obbliga a corrispondere gli interessi pattuiti (Buttaro, 634; Salandra, in Comm. S.B., 1966, 417). Se l'assicurazione è stata stipulata a favore di un terzo, che abbia accettato il beneficio, il mutuo su polizza non è consentito, se non con il consenso del terzo (Gasperoni, 11). Le condizioni generali di contratto generalmente condizionano la concessione del prestito alla consegna della polizza originaria ed all'annotazione dell'operazione compiuta (Salandra, in Comm. S.B., 1966, ult. cit.). Proprio in tale consegna alcuni autori ravvisano gli estremi di un vero e proprio mutuo pignoratizio (DONATI, 649). Impostazione questa avversata da altri autori che obiettano che risulta improprio parlare di «pegno su polizza» poiché quest'ultima non costituisce un titolo di credito (Gasperoni, ult. cit.). Non è normalmente previsto un termine per la restituzione della somma mutuata, ma le clausole contrattuali generalmente consentono all'assicuratore di detrarre il relativo importo dalla maggior somma che egli sia tenuto a corrispondere in dipendenza del contratto, sia essa il capitale assicurato ovvero il valore di riscatto. Le dette clausole prevedono, inoltre, che, in caso di mancato pagamento del premio e degli interessi sulla somma mutuata entro un termine di tolleranza, l'assicuratore possa esercitare il cosiddetto riscatto d'ufficio, compensando il proprio credito con il valore di riscatto e ponendo il residuo a disposizione dell'assicurato. BibliografiaButtaro, voce Assicurazione sulla vita, in Enc. dir., III, Milano, 1958; Donati, Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano, III, 1956; Donati, Volpe Putzolu, Manuale di Diritto delle Assicurazioni, Milano, 2002; Gasperoni, Assicurazione sulla vita, in Enc. giur., III, 1988; La Torre, Le Assicurazioni, Milano, 2007; Polotti di Zumaglia, Vita (assicurazione sulla), in Dig. comm., XVI, Torino, 1999; Rossetti, Il Diritto delle Assicurazioni, III, L'assicurazione sulla vita, Padova, 2013. |