Codice Civile art. 1740 - Diritti dello spedizioniere.

Francesco Agnino

Diritti dello spedizioniere.

[I]. La misura della retribuzione dovuta allo spedizioniere per l'esecuzione dell'incarico si determina, in mancanza di convenzione, secondo le tariffe professionali o, in mancanza, secondo gli usi del luogo in cui avviene la spedizione [1733].

[II]. Le spese anticipate e i compensi per le prestazioni accessorie eseguite dallo spedizioniere sono liquidati sulla base dei documenti giustificativi, a meno che il rimborso e i compensi siano stati preventivamente convenuti in una somma globale unitaria [2951].

Inquadramento

Poiché la spedizione è contratto naturalmente oneroso, il legislatore detta una norma per stabilire la misura del compenso dovuto per il caso in cui le parti non la stabiliscano, al fine di evitare la nullità del contratto. Il comma 2, invece, detta alcuni criteri per liquidare allo spedizioniere le spese sostenute, ciò al fine di prevenire possibili controversie sul punto.

Presupposti per assumere la veste di spedizioniere

Lo spedizioniere può acquisire la veste di vettore (non è pacifico se in unione a quella di spedizioniere già acquisita, ovvero in luogo di questa) qualora, come previsto dall'art. 1741 c.c., «con mezzi propri o altrui assume l'esecuzione del trasporto in tutto o in parte».

In tal caso, egli «ha gli obblighi e i diritti del vettore» (cumulati o meno a quelli dello spedizioniere a seconda dell'adesione alla prima o alla seconda delle suindicate tesi: nel senso dell'esclusiva applicazione delle norme sul trasporto (Cass. n. 250519/1963, nel senso dell'arricchimento della fattispecie si esprime invece la Relazione del Guardasigilli, seguita da una parte della dottrina).

Ciò che rileva, affinché sia configurabile la fattispecie prevista dall'art. 1741 c.c., è quindi l'assunzione da parte dello spedizioniere (in tal modo realizzando, secondo una parte della dottrina, l'entrata dello spedizioniere nel contratto, in deroga al divieto di cui all'art. 1395 c.c.) dell'obbligazione propria del vettore, e cioé l'unitaria obbligazione dell'esecuzione, in piena autonomia, del trasporto della merce, con mezzi propri o altrui, verso un corrispettivo commisurato al rischio normale inerente al risultato finale dell'operazione complessiva (Cass. n. 7795/1986; Cass. n. 5823/1993; Cass. n. 7556/1997).

Il problema si pone soprattutto nell'ipotesi in cui lo spedizioniere assume l'esecuzione del trasporto con mezzi altrui, poiché ciò potrebbe verificarsi anche attraverso la stipula da parte dello spedizioniere di un contratto di trasporto in nome e per proprio conto, con funzione e natura di subtrasporto, rispetto al contratto di trasporto stipulato con se stesso.

La fattispecie di cui all'art. 1741 c.c. può verificarsi anche originariamente al momento della stipula del contratto di spedizione, per cui lo spedizioniere assume fin dall'inizio l'esecuzione del trasporto, restando soggetto esclusivamente alle regole del contratto di trasporto (Cass. n. 2898/2005).

È affidato al giudice di merito procedere alla ricerca della volontà dei contraenti onde accertare se l'intento negoziale avesse di mira la realizzazione della fattispecie delineata dall'art. 1737 c.c. ovvero quella di cui all'art. 1741 c.c.

Ovviamente questa interpretazione della volontà negoziale va effettuata secondo i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c.

Quanto all'interpretazione delle clausole contrattuali va, anzitutto, rilevato che l'art. 1362 c.c., allorché nel primo comma prescrive all'interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l'elemento letterale del contratto, anzi intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, rilevi con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi è divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile; soltanto quando le espressioni letterali del contratto non sono chiare, precise ed univoche, è consentito al giudice ricorrere agli altri elementi interpretativi indicati dagli artt. 1362 e s. c.c., che hanno carattere sussidiario (Cass. n. 3936/1993).

Pertanto, nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento dell'operazione interpretativa è costituito dalle parole ed espressioni del contratto e, qualora queste siano chiare e dimostrino un'intima ratio, il giudice non può ricercarne una diversa, venendo così a sovrapporre la propria soggettiva opinione all'effettiva volontà dei contraenti (Cass. n. 4121/1994).

Va, anzitutto, osservato che oggetto del contratto di spedizione, a norma dell'art. 1737 c.c. non è solo concludere un contratto di trasporto, ma predisporre anche una serie di operazioni accessorie, ma parimenti importanti, più o meno complesse, a seconda della merce e del viaggio (per esempio, operazioni doganali, operazioni amministrative, certificati di origine, fatture consolari, visti, assicurazione, magazzinaggio).

La nozione che il codice dà dello spedizioniere è quella di un mandatario senza rappresentanza.

Quindi necessariamente lo spedizioniere deve concludere il contratto di trasporto in nome proprio e per conto altrui: se concludesse il contratto di trasporto in nome e per conto del mittente, non si avrebbe più un contratto di spedizione, ma un normale contratto di mandato con rappresentanza.

In questo senso la disposizione di cui all'art. 1737 c.c. deroga ai principi generali in tema di mandato, per cui il mandatario può operare con o senza rappresentanza (artt. 1704 e 1705 c.c.).

Sul piano comparatistico si è osservato che questa è forse la più notevole differenza fra civil law e common law, per la quale non è essenziale che lo spedizioniere agisca in nome proprio.

Poiché la responsabilità contrattuale è causata da un inadempimento o da un ritardo nell'inadempimento, imputabile al debitore (art. 1218 c.c.) e poiché nel nostro ordinamento lo spedizioniere si distingue dal vettore, in quanto, allorché non è spedizioniere-vettore (art. 1741 c.c.), egli non assume l'esecuzione del trasporto, attività che lascia al vettore, deriva in primo luogo che egli non risponde dell'operato del vettore: egli è responsabile solo per la scelta del vettore (ove essa sia stata rimessa a lui) e sussista una culpa in eligendo, o nella trasmissione delle istruzioni o di quanto altro al vettore.

Proprio perché trattasi di mandato senza rappresentanza, i rapporti giuridici con il vettore sono tenuti esclusivamente dallo spedizioniere, il quale trasmetterà le istruzioni necessarie e provvederà al pagamento del corrispettivo.

All'esigenza del committente (o destinatario) danneggiato di identificare il responsabile provvederà il meccanismo normativo del mandato con i suoi obblighi per il mandatario (qui spedizioniere) di informare il mandante sul debitore e di cedere al mandante le sue azioni nei confronti di quello.

Quale mandatario, lo spedizioniere dovrà salvaguardare i diritti di rivalsa a favore del proprio mandante (art. 1718, comma 1, c.c.).

La libertà di scelta del vettore da parte dello spedizioniere, se detta scelta non viene esercitata dal committente (art. 1739, comma 1 c.c.), non trasforma il contratto in questione, in contratto con spedizioniere-vettore.

Generalmente si verifica, anzi, che il committente si rivolge ad uno spedizioniere per fare organizzare da questo soggetto, che è uno specialista in materia, il trasferimento della merce alla destinazione desiderata e per ciò si rimette di massima alle scelte ed ai consigli dello spedizioniere, sia per il mezzo di trasporto sia per la scelta del vettore.

Correlativamente lo spedizioniere risponde contrattualmente dei danni derivati al committente dalle scelte da lui compiute o dalle informazioni e consigli dati o non dati al committente, quando scelte, consigli informazioni attive od omissive si discostino dalla diligenza prescritta dall'art. 1176, comma 2 c.c.

Lo spedizioniere può tuttavia acquisire la veste di vettore (non è pacifico se in unione a quella di spedizioniere già acquisita, ovvero in luogo di questa) qualora, come previsto dall'art. 1741 c.c., «con mezzi propri o altrui assume l'esecuzione del trasporto in tutto o in parte».

In tal caso, egli «ha gli obblighi e i diritti del vettore» (cumulati o meno a quelli dello spedizioniere a seconda dell'adesione alla prima o alla seconda delle suindicate tesi: nel senso dell'esclusiva applicazione delle norme sul trasporto (Cass. n. 2505/1963, nel senso dell'arricchimento della fattispecie si esprime invece la Relazione del Guardasigilli, seguita da una parte della dottrina).

Ciò che rileva, affinché sia configurabile la fattispecie prevista dall'art. 1741 c.c., è quindi l'assunzione da parte dello spedizioniere (in tal modo realizzando, secondo una parte della dottrina, l'entrata dello spedizioniere nel contratto, in deroga al divieto di cui all'art. 1395 c.c.) dell'obbligazione propria del vettore, e cioè l'unitaria obbligazione dell'esecuzione, in piena autonomia, del trasporto della merce, con mezzi propri o altrui, verso un corrispettivo commisurato al rischio normale inerente al risultato finale dell'operazione complessiva (Cass. n. 7795/1986; Cass. n. 5823/1993; Cass. n. 7556/1997).

Il problema si pone soprattutto nell'ipotesi in cui lo spedizioniere assume l'esecuzione del trasporto con mezzi altrui, poiché ciò potrebbe verificarsi anche attraverso la stipula da parte dello spedizioniere di un contratto di trasporto in nome e per proprio conto, con funzione e natura di subtrasporto, rispetto al contratto di trasporto stipulato con se stesso.

Se si segue l'orientamento dottrinale, secondo cui lo spedizioniere ha facoltà unilaterale di contrattare con sé stesso, solo dopo che è stato stipulato un contratto di spedizione puro e semplice, in questo caso l'entrata dello spedizioniere nel contratto si verifica con una dichiarazione dello stesso indirizzata al committente, essendo il trasporto un contratto consensuale.

Seguendo questo orientamento risultano infondate le censure mosse all'impugnata sentenza, che ha escluso la sussistenza dell'ipotesi di cui all'art. 1741 c.c. Infatti nessuno assume che vi sia stata una dichiarazione dello spedizioniere indirizzata al committente di entrata nel contratto.

Se invece si ritiene che la fattispecie di cui all'art. 1741 c.c. può verificarsi anche originariamente al momento della stipula del contratto di spedizione, per cui lo spedizioniere assume fin dall'inizio l'esecuzione del trasporto (restando soggetto esclusivamente alle regole del contratto di trasporto), è affidato al giudice di merito procedere alla ricerca della volontà dei contraenti onde accertare se l'intento negoziale avesse di mira la realizzazione della fattispecie delineata dall'art. 1737 c.c. ovvero quella di cui all'art. 1741 c.c.

Ovviamente questa interpretazione della volontà negoziale va effettuata secondo i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., tra cui rileva, a norma dell'art. 1362, comma 2 c.c., anche il comportamento complessivo delle parti, sia pure posteriore alla conclusione del contratto.

Inoltre va osservato che non può ritenersi incompatibile con la qualificazione del contratto come spedizione pura la previsione di un compenso forfetario.

L'art. 1740 c.c., nel disciplinare i diritti dello spedizioniere, consente di convenire preventivamente in una somma unitaria globale il rimborso delle spese ed i compensi al predetto spettanti, e la norma viene concordemente intesa dalla dottrina e dalla giurisprudenza (anche alla luce di quanto affermato nella Relazione del Guardasigilli) nel senso che tra i compensi deve ritenersi compresa la provvigione.

Una pattuizione siffatta risulta quindi compatibile con la figura della spedizione pura, con riferimento alla quale è formulata, e non può conseguentemente essere elevata ad elemento sintomatico della diversa figura delineata dall'art. 1741 c.c. (come invece ritenuto da Cass. n. 5881/1982, che esclude tuttavia rilievo decisivo al detto elemento, al quale attribuisce valore solo nel concorso di altri dati ulteriori).

Infatti la previsione normativa della figura della spedizione-trasporto (art. 1741 c.c.) in aggiunta alla previsione normativa della liquidazione forfetaria dimostra la differenza dei due fenomeni, confermando che dalla liquidazione convenzionale della provvigione e delle spese in una somma globale unitaria non si può argomentare, perché la legge non lo argomenta, che lo spedizioniere sia divenuto anche vettore, ribadendosi nell'art. 1741 c.c. che la qualificazione di vettore dipende esclusivamente dall'assunzione dell'esecuzione del trasporto in tutto o in parte (Cass. n. 15186/2004).

Per arrivare a detta presunzione fondata sul pagamento globale o a forfait sarebbe necessario che essa fosse stabilita dalla legge, come fanno i codici austriaco (art. 384) e tedesco (par. 413, c. 1, HGB).

Carattere dei rimborsi

Il contratto di spedizione concreta un mandato senza rappresentanza, con il quale lo spedizioniere assume l'obbligo di concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le operazioni accessorie, con la conseguenza che i rimborsi effettuati dal mandante in favore dello spedizioniere ex art. 1740, atteso il loro carattere indiscutibilmente solutorio, sono assoggettabili a revoca ex art. 67 r.d. n. 267/1942 (l. fall.) nella ipotesi di fallimento, medio tempore, del mandante stesso (Cass. n. 13839/1999).

Inoltre, le spese sostenute dallo spedizioniere nell'affrontare un giudizio in proprio in relazione ad una garanzia assunta (recte: prestata al vettore) con l'autorizzazione del mandante non sono rimborsabili dal mandante ex art. 1720 e 1740 in quanto tale attività giudiziale non può essere considerata prestazione accessoria al contratto di spedizione (Cass. n. 5030/1998).

Bibliografia

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