Codice Civile art. 1801 - Liberazione del sequestratario.

Caterina Costabile

Liberazione del sequestratario.

[I]. Prima che la controversia sia definita, il sequestratario non può essere liberato che per accordo delle parti o per giusti motivi.

Inquadramento

La norma stabilisce che il sequestratario può essere liberato, prima della definizione della controversia, unicamente per accordo delle parti o per giusti motivi e questi ultimi, normalmente invocati per la liberazione del sequestratario in relazione a comportamenti che non costituiscono violazione dei suoi doveri, acquistano rilievo in assenza di accordo delle parti (Fortino, 101).

La dottrina maggioritaria ritiene che la norma con l'espressione «accordo delle parti» si riferisca alla volontà dei soli sequestranti non risultando necessario anche il consenso del sequestratario (D'Onofrio, in Comm. S. B., 1970, 144; Forchielli, 59).

Si ritiene che l'individuazione dei giusti motivi di recesso debba essere affidata al prudente apprezzamento del giudice e che non sia possibile optare per un'interpretazione estensiva dei giusti motivi tale da far riconoscere al sequestratario il potere di recedere anche senza giustificato motivo (contra Forchielli, ult. cit.).

Estinzione per definizione della controversia

Dalla disposizione si ricava che la definizione della controversia integra la causa fisiologica di estinzione del sequestro convenzionale (De Cristofaro, 490).

La definizione della controversia può avvenire sia stragiudizialmente (ovvero mediante transazione o riconoscimento del diritto altrui ad opera di una delle parti), sia giudizialmente.

Giudizialmente la definizione concordata riveste la forma tipica della conciliazione, mentre le forme contenziose sono quelle che afferiscono alla decisione della lite con sentenza o lodo arbitrale.

Rispetto alle sentenze (ed anche ai lodi arbitrali) la norma, la dottrina reputa che la norma in esame, nel fare riferimento a controversia «definita», riconnetta al passaggio in giudicato del provvedimento giudiziale il sorgere del diritto alla consegna del bene in capo al sequestrante vincitore (De Cristofaro, 489; D'Onofrio, in Comm. S. B., 1970, 165; Forchielli, 60).

Liberazione del sequestratario per giusti motivi

Prima della definizione della controversia, il sequestratario può essere liberato dalla propria obbligazione solo per accordo tra le parti o per la ricorrenza di giusti motivi, come ad esempio malattia o sopravvenuta parentela con una delle parti.

La dottrina maggioritaria ritiene che la norma con l'espressione «accordo delle parti» si riferisca alla volontà dei soli sequestranti non risultando necessario anche il consenso del sequestratario (D'Onofrio, in Comm. S. B., 1970, 144; Forchielli, 59).

Altri autori ritengono, invece, necessario anche il consenso anche del sequestratario (Perchinunno, in Tr. Res., 1985, 609).

Per quanto riguarda il recesso per giusti motivi, la dottrina è concorde nel ritenere che debbano essere affidati al prudente apprezzamento del giudice e che non sia possibile optare per un'interpretazione estensiva dei giusti motivi tale da far riconoscere al sequestratario il potere di recedere anche senza giustificato motivo (contra Forchielli, ult. cit.).

In mancanza di giusti motivi, il sequestratario che recede sarà tenuto a risarcire i danni (De Cristofaro, ult. cit.).

Qualora i sequestranti non accolgano il recesso motivato, la dottrina ritiene, stante la natura cautelare del contratto in esame, che il sequestratario debba fare ricorso al giudice per la conversione del sequestro convenzionale in sequestro giudiziale (Forchielli, ult. cit.).

Altre cause di cessazione

La dottrina maggioritaria, evidenziando la natura intuitu personae del presente contratto, ritiene che anche la morte del sequestratario integri una ipotesi di estinzione del contratto (Perchinunno, in Tr. Res., 1985, 608).

Secondo una diversa e minoritaria impostazione, invece, la morte del sequestratario non integrerebbe una causa di estinzione del sequestro convenzionale determinando unicamente la necessità per i sequestranti di procedere di comune accordo alla designazione di un nuovo sequestratario, o di rivolgersi al giudice per la sua designazione in caso di disaccordo (D'Onofrio, 1970, 145).

È poi possibile la risoluzione per inadempimento quando restino inosservati gli obblighi reciproci riconnessi al vincolo negoziale. L'inadempimento rilevante sarà soltanto quello qualificabile come grave ai sensi dell'art. 1455, perché tale da incidere in modo significativo sull'interesse della parte adempiente rispetto all'osservanza degli obblighi negoziali che l'altro contraente ha verso di essa.

l contratto di sequestro convenzionale è destinato a cessare, come da principi generali, per il venire meno del suo oggetto. Ciò può intanto avvenire per il perimento incolpevole del bene sequestrato che ovviamente priva il contratto del proprio scopo, estinguendo ex art. 1256 le obbligazioni del sequestratario e, conseguentemente, ex nunc, quelle dei sequestranti verso di lui (rimborso spese, compensi, etc.).

Il venire meno dell'oggetto del sequestro può anche risalire a cause di ordine giuridico, come potrebbe verificarsi se sopravvenga una vittoriosa azione di rivendica del bene da parte di un terzo diverso dai sequestranti.

La giurisprudenza di merito ha, altresì, ritenuto che il fallimento di uno dei sequestranti sia causa di cessazione del contratto, perché la funzione del sequestratario verrebbe assorbita da quella del curatore fallimentare, tenuto ad una gestione imparziale nella sua veste di pubblico ufficiale (Trib. Monza 28 gennaio 1993).

Bibliografia

De Cristofaro, Sequestro convenzionale, in Dig. civ., XVIII, Torino, 1998; De Cupis, Lineamenti del sequestro convenzionale, in Riv. dir. civ., 1983, 261; Forchielli, Sequestro convenzionale, in Nss. D. I., XVII, Torino 1970; Fortino, Sequestro conservativo e convenzionale, in Enc. dir., Milano, 1990.

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