Codice Civile art. 1882 - Nozione.

Caterina Costabile

Nozione.

[I]. L'assicurazione è il contratto col quale l'assicuratore, verso pagamento di un premio [2952 1], si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro [1904 ss.], ovvero a pagare un capitale o una rendita [1872 ss.] al verificarsi di un evento attinente alla vita umana [1919 ss].

Inquadramento

L'art. 1882 fornisce la nozione del contratto di assicurazione nella prospettiva di configurarla in termini unitari, ma il testo normativo evoca i due tipi contrattuali dell'assicurazione contro i danni e dell'assicurazione sulla vita caratterizzati da elementi propri e da una propria disciplina.

Nel primo caso l'assicuratore è tenuto, verso il pagamento del premio dell'assicurato, a tenere questi indenne dai danni subiti in occasione di un sinistro entro i limiti convenuti. Nell'assicurazione sulla vita, invece, l'assicuratore, sempre verso il pagamento di un premio, assume l'obbligo di pagare una data rendita o capitale nel caso si verifichi un evento attinente alla vita umana.

La disposizione in commento pone l'accento su alcuni elementi indefettibili del contratto di assicurazione quali il premio, il sinistro o l'evento di assicurazione, l'obbligo dell'assicuratore di pagare un indennizzo, un capitale o una rendita entro i limiti convenuti.

Presupposto fondamentale dell'assicurazione è l'esistenza del rischio.

Le assicurazioni contro i danni si distinguono, in relazione all'oggetto dell'interesse assicurato, in assicurazioni sulle cose (trasporti, incendi, agricole), sul patrimonio (credito, responsabilità civile, spese legali), sulla persona (infortuni, malattie).

Le assicurazioni sulla vita si distinguono in relazione all'evento attinente alla vita umana al quale è subordinata la prestazione assicurativa: ad esempio assicurazioni per il caso di morte e per il caso di sopravvivenza.

Tesi moniste o dualiste

Dalla nozione fissata dalla norma in esame emerge la bipartizione fondamentale in contratti di assicurazione contro i danni e contratti di assicurazione sulla vita.

Nel primo caso l'assicuratore è tenuto, verso il pagamento del premio dell'assicurato, a tenere questi indenne dai danni subiti in occasione di un sinistro entro i limiti convenuti. Nell'assicurazione sulla vita, invece, l'assicuratore, sempre verso il pagamento di un premio, assume l'obbligo di pagare una data rendita o capitale nel caso si verifichi un evento attinente alla vita umana.

Una parte della dottrina ritiene che entrambi tipi di assicurazione appartengano al medesimo ceppo e presentino degli elementi comuni: sarebbe, di conseguenza, possibile elaborare una concezione unitaria del contratto di assicurazione.

Tra le teorie moniste (in arg. v. Rossetti, 2013, 637; Scalfi, 341 ss.) la più nota è sicuramente la teoria indennitaria che ritiene sussistente un nucleo causale comune tra i contratti di assicurazione contro i danni e quelli sulla vita, dato per l'appunto dalla funzione indennitaria che deve consentire, nel primo tipo di assicurazione, il ripristino di un valore patrimoniale, e nel secondo, di indennizzare il beneficiario di un danno patrimoniale (sia che questo consista nell'evento naturale «morte» o sopravvivenza ad una certa età, sia che questo consista nella mancata percezione di un guadagno in considerazione di tali eventi) (Buttaro, Assicurazione (contratto di), 1958, 444).

Alcuni autori hanno sostenuto che la funzione unitaria del contratto di assicurazione riposerebbe nella copertura di un bisogno eventuale.

La dottrina tedesca ha, invece, elaborato una nozione unitaria del contratto di assicurazione considerando la prestazione dell'assicuratore come una forma di trasferimento del rischio.

Altri autori individuano nell'impresa un elemento costitutivo del contratto di assicurazione in quanto strumento necessario per la realizzazione dell'operazione economica contrattuale (cd. teoria dell'impresa).

Secondo una diversa impostazione dottrinale, i contratti di assicurazione contro i danni presentano differenze sostanziali rispetto ai contratti di assicurazione sulla vita con conseguente impossibilità di ricondurli ad un unico genus contrattuale definibile come assicurazione trattandosi di due species diverse. Queste teorie sono, pertanto, dette pluraliste ed affidano la funzione indennitaria alla sola assicurazione danni e la funzione di risparmio previdenziale al contratto vita (Donati, Volpe Putzolu, 103; La Torre, 327).

In particolare, si evidenzia che la prestazione dell'assicuratore varia col variare del tipo di rischio assicurato con la conseguenza che l'assicurazione vita, avendo ad oggetto un rischio del tutto diverso rispetto all'assicurazione danni, costituisce un contratto funzionalmente diverso rispetto a quest'ultimo (Rossetti, 2013, 639).

La posizione della giurisprudenza

La giurisprudenza di legittimità ritiene non assimilabili l'assicurazione sulla vita e quella sui danni, aderendo dunque alla teoria pluralista.

La S.C. ha invero rimarcato che dalla definizione normativa di cui all'art. 1882 sembrerebbe risultare una dicotomia di generi assicurativi: l'uno, quello dell'assicurazione contro i danni, caratterizzato dalla previsione di un «sinistro»; l'altro, quello dell'assicurazione sulla vita, caratterizzato, invece, dalla previsione, di un «evento attinente alla vita umana». Di conseguenza, nella prima ipotesi il rapporto assicurativo ha scopo indennitario, nella seconda, invece, ha scopo di risparmio e capitalizzazione (Cass. III, n. 12353/2006; Cass. III, n. 1941/1971).

La sostanziale adesione alle tesi dualistiche sembra indirettamente confermata anche dalle S.U. che, chiamate a valutare l'applicabilità o meno dell'art. 1910 alle assicurazioni contro gli infortuni, hanno affermato che l'assicurazione sulla vita è sottratta al principio indennitario (ovvero al principio in virtù del quale l'indennizzo non può eccedere il danno effettivamente patito dall'assicurato), in tal modo smentendo uno dei capisaldi della teoria indennitaria, secondo cui anche nell'assicurazione sulla vita sarebbe ravvisabile un danno (Cass. S.U., n. 5119/2002).

Natura giuridica

Costituisce dato pacifico in dottrina che l'assicurazione sia un contratto sinallagmatico: contrasti, invece, insorgono quando si tratta di stabilire quale sia la prestazione dovuta dall'assicuratore a fronte del pagamento del premio. Ciò in quanto, qualora il sinistro non si verifichi nel tempo dell'assicurazione, l'assicuratore non esegue alcuna attribuzione patrimoniale in favore dell'assicurato.

Secondo un primo e più risalente orientamento l'obbligazione principale dell'assicuratore, legata da nesso di sinallagmaticità rispetto al pagamento del premio, consiste nella promessa di pagamento eventuale dell'indennizzo; secondo una più recente e diffusa impostazione, invece, l'obbligazione dell'assicuratore consiste nella sopportazione del rischio e, quindi, il sinallagma sussiste tra «copertura assicurativa» e «pagamento del premio» (Rossetti, 2013, 648).

Anche la giurisprudenza unanime considera l'assicurazione come un contratto a prestazioni corrispettive (Cass. III, n. 10596/2010), con conseguente ammissibilità dei rimedi di cui agli artt. 1453 e 1455 (Cass. I, n. 1256/1993), 1460 (Cass. III, n. 3654/2013) e 1461 (Cass. I, n. 12011/1993).

Il contratto di assicurazione è, inoltre, necessariamente oneroso ed aleatorio in quanto il rapporto tra prestazione eseguita e beneficio atteso non è conoscibile ex ante dal contraente (Cass. I, n. 718/1987).

Si discute in dottrina se si tratti di un contratto di durata (Rossetti, 2013, 661) o ad esecuzione continuata (Buttaro, Assicurazione (contratto di), 1958, 461).

Forma

Non è richiesta la forma scritta ad substantiam ma solo ad probationem ex art. 1888 (al cui commento si rinvia).

Il rischio

Presupposto fondamentale del contratto di assicurazione è costituito dal rischio (Buttaro, 1958, 470).

Si è all'uopo osservato come il termine «rischio» non sia sempre usato in maniera univoca: «per rischio si intende sia la semplice possibilità che si verifichi un determinato evento (concetto extra-assicurativo di rischio) sia la possibilità che si verifichi l'evento previsto dal contratto quale presupposto della prestazione dell'assicuratore (rischio assicurato)», osservandosi altresì come la nozione di rischio giuridicamente rilevante sia la seconda e dunque quella di «rischio contemplato dal contratto al cui verificarsi si ricollega l'obbligazione dell'assicuratore di pagare l'indennità» (Donati, Volpe Putzolu, 119).

L'essenzialità del rischio nella dinamica del contratto di assicurazione è confermata dalla previsione di nullità qualora il rischio non sussista (art. 1895) e dallo scioglimento del contratto qualora il rischio venga meno (art. 1896).

La giurisprudenza ha rimarcato che contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell'art. 1341, solo quelle clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito mentre attengono all'oggetto del contratto. Pertanto, non sono assoggettate al regime previsto dal secondo comma della predetta norma le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito (Cass. III, n. 11757/2018; Cass. III, n. 3694/2018; Cass. III, n. 9383/2016).

Il sinistro e l'evento

Il secondo elemento essenziale del contratto di assicurazione è rappresentato da un accadimento concreto che può assumere il nome di «sinistro» se tocca una res o quello di «evento» se tocca la persona umana.

Il sinistro nell'assicurazione contro i danni è sempre un evento sfavorevole e dannoso, mentre nell'assicurazione sulla vita l'evento, attenendo alla persona umana, non deve essere necessariamente dannoso.

Il Premio

Il premio costituisce l'oggetto della principale obbligazione dell'assicurato.

Il premio non può essere liberamente determinato dall'assicuratore avendo necessariamente una soglia minima costituita dal rapporto tra il costo complessivo degli accadimenti del tipo di quello assicurato verificatosi in un dato periodo di tempo ed il numero dei soggetti assicurati nel medesimo periodo.

Di qui la variabilità del premio nel corso della durata del contratto.

Il premio è, inoltre, strettamente legato all'efficacia del contratto poiché il suo pagamento costituisce condizione per la produzione degli effetti contrattuali, mentre il suo mancato pagamento li sospende.

L'assicurazione privata contro gli infortuni

La figura dell'assicurazione contro gli infortuni ha suscitato, sin dal suo affermarsi nella pratica commerciale italiana, diversi dubbi interpretativi in ordine alla sua riconducibilità all'uno o all'altro tipo di assicurazione previsti dal legislatore.

L'orientamento tradizionale riteneva in maggioranza l'assicurazione contro gli infortuni un'assicurazione sulla vita partendo dal presupposto che l'uomo giammai può definirsi una cosa, suscettibile di stretta valutazione economica e che, conseguentemente, l'infortunio alla persona non sarebbe identificabile quale danno nel senso di pregiudizio economicamente valutabile (Rossetti, 2012, 573).

Secondo un diverso orientamento, invece, le assicurazioni contro gli infortuni erano da classificare all'interno delle assicurazioni contro i danni, ponendo l'accento sulla funzione riparativa delle conseguenze sfavorevoli di un evento dannoso, funzione che farebbe emergere le caratteristiche tipiche dell'assicurazione contro i danni e impedirebbe l'assimilazione dell'assicurazione contro gli infortuni all'assicurazione sulla vita, caratterizzata da una natura previdenziale del tutto estranea alla prima (Fanelli, in Tr. C. M. 1973, 588; Rossetti, 2012, 575).

La giurisprudenza ha accolto detta seconda impostazione evidenziando che l'infortunio non potrebbe esser incluso negli eventi attinenti alla vita umana, i quali concernono solo la morte o, comunque, accadimenti legati alla durata dell'esistenza. L'infortunio, invece riguarda un vero e proprio danno in relazione al quale l'assicuratore si è obbligato a rivalere l'assicurato, essendo possibile valutare il corpo umano economicamente, ovviamente in maniera convenzionale (Cass. III, n. 13233/2014; Cass. III, n. 25046/2013).

La S.C. ha di recente statuito che anche l'assicurazione contro l'invalidità permanente da malattia — al pari di quella per l'infortunio non mortale, dalla quale si differenzia solo perché il danno alla persona deriva da un processo morboso «interno» alla stessa e non da un fattore causale «esterno» ad essa — rientra nell'ambito dell'assicurazione contro i danni, che non è solo assicurazione di cose o patrimoni, ma si caratterizza anche come assicurazione di persone (Cass. III, n. 10602/2018).

L'assicurazione o polizza fideiussoria

Il contratto di assicurazione va distinto dalla cd. assicurazione o polizza fideiussoria, contratto con cui un soggetto, di fatto usualmente compagnie di assicurazioni si impegna a garantire l'adempimento di una determinata obbligazione assunta dal contraente della polizza a favore di un terzo — solitamente una pubblica amministrazione-stazione appaltante, o l'erario quale soggetto creditore di obblighi tributari — verso un corrispettivo in denaro.

Lo schema è quello del contratto a favore di terzo che si perfeziona con l'incontro della volontà del promittente — l'impresa assicuratrice — e dello stipulante — il debitore. Tale contratto, documentato in una polizza, è utilizzato prevalentemente in funzione della sostituzione della cauzione in denaro al fine di evitare improduttivi immobilizzi.

Ad avviso della S.C., l'assicurazione o polizza fideiussoria costituisce una figura contrattuale intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed è contraddistinta dall'assunzione dell'impegno, da parte (di una banca o) di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente, ed è caratterizzata dalla stessa funzione di garanzia del contratto di fideiussione, per cui è ad essa applicabile la disciplina legale tipica di questo contratto, ove non derogata dalle parti (Cass. II, n. 1724/2016; Cass. I, n. 4751/2015).

La giurisprudenza ha evidenziato che, poiché la funzione di garanzia è prevalente su quella assicurativa, trova di regola applicazione la disciplina legale tipica del contratto di fideiussione, mentre possono trovare applicazione le regole che disciplinano il rapporto di assicurazione solo quando sia accertato, attraverso la verifica della concreta volontà delle parti mediante l'esame e la interpretazione delle clausole di polizza, che le parti medesime abbiano voluto richiamare la disciplina propria dell'assicurazione (Cass. III, n. 15904/2009; Cass. III, n. 11261/2005).

Ne deriva, altresì, che a) soggetto «garantito» dalla polizza fideiussoria non è il contraente, ma il beneficiario della garanzia stessa, cioè il creditore della prestazione oggetto dell'obbligazione che grava sul contraente; b) l'adempimento parziale di quest'ultima da parte di un soggetto terzo (fattispecie disciplinata dall'art. 1180) non interferisce minimamente sull'assicurazione fideiussoria, che resta valida ed efficace quali che siano le vicende del rapporto obbligatorio tra il creditore-beneficiario e il debitore-contraente (Cass. II, n. 1724/2016).

Bibliografia

Buttaro, voce Assicurazione (contratto di), in Enc. dir., III, Milano, 1958; Buttaro, voce Assicurazione contro i danni, in Enc. dir., III, Milano, 1958; Donati, Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano, III, 1956; Donati, Volpe Putzolu, Manuale di Diritto delle Assicurazioni, Milano, 2002; La Torre, Le Assicurazioni, Milano, 2007; Martello, voce Mutue (società assicuratrici), in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977; Rossetti, Il Diritto delle Assicurazioni, II, Le assicurazioni contro i danni, Padova, 2012; Rossetti, Il Diritto delle Assicurazioni, I, Padova, 2013; Santagata C., La fusione delle società assicuratrici, in Ass. 1989, I, 261; Scalfi, Assicurazione (contratto di), in Dig. comm., Torino, 1987.

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