Decreto legislativo - 24/02/1998 - n. 58 art. 119 - Ambito di applicazione.Ambito di applicazione. Art. 119 1. Le disposizioni del presente capo si applicano, salvo che sia diversamente specificato, alle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'Unione Europea (società con azioni quotate). InquadramentoL'art. 119 apre il capo II del titolo III della parte del TUF dedicata alla disciplina degli emittenti quotati, definendo l'ambito di applicazione dello statuto normativo della società per azioni quotata. Tale regolazione deve innanzitutto essere letta come un'applicazione dei principi, previsti all'art. 91 TUF, che definiscono gli obiettivi della vigilanza da parte della Consob relativamente agli emittenti quotati, consistenti nella tutela degli investitori e nell'efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali. È ritenuto che la norma in questione sia norma di carattere definitorio, per il fatto che essa, indicando l'ambito di applicazione della normativa, sostanzialmente nominerebbe la nozione di «società con azioni quotate» (Toffoletto-Labianca, 1600). Tuttavia è in dubbio in dottrina se da tale definizione, e dalle norme contenute nella disciplina dettata dal Testo Unico, sia possibile compiere il passo ulteriore di rinvenire un profilo tipologico della «società quotata», tale da distinguerla come «tipo» differente dalla società non quotata. È prima di tutto possibile indicare quali siano le norme che formano tale statuto. Esse non provengono solamente dal TUF, ma sono il risultato di una stratificazione che tra origine dalle norme del codice civile. Infatti, alle norme di diritto comune dedicate alle società per azioni, si aggiungono le norme esplicitamente destinate alle «società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio» (2325-bis c.c.), quelle rivolte solo alle «società quotate» contenute nel codice civile, ed infine quelle dettate, come detto, dal TUF. In riferimento alla «quotazione» e ad i suoi effetti, si è argomentato in passato, sulla base dell'art. 133 TUF, che prevede che le società italiane con azioni quotate, previa deliberazione dell'assemblea straordinaria, possono richiedere l'esclusione dalle negoziazioni dei propri strumenti finanziari se ottengono l'ammissione su altro mercato regolamentato, che «l'accesso al mercato regolamentato costituisce una strada per così dire a senso unico», per cui la società quotata non potrebbe ottenere il delisting mediante semplice approvazione dell'assemblea straordinaria, ma dovrebbe piuttosto far ricorso ad altri strumenti quali l'OPA totalitaria, ovvero la fusione in una società non avente titoli quotati (Annunziata, Esclusione su richiesta dalle negoziazioni, in La disciplina delle società quotate nel Testo Unico della Finanza, a cura di Marchetti-Bianchi, I, Milano, 1999, 1207). Tale tesi deve tuttavia oggi essere rigettata sulla base della previsione dell'art. 2437-quinquies c.c. che espressamente ammette la delibera assembleare di esclusione dalla quotazione, riconnettendovi il diritto di recesso in capo al socio che non abbia concorso al voto. Dall'altra parte, invece, le teorie che, ammettendo la possibilità di delibera di esclusione dalla quotazione, divergono proprio in relazione alla ricostruzione di una valenza tipologica nella ricostruzione della «società quotata» alla quotazione. Da una parte vi è infatti la tesi che sostiene che la società quotata possa configurarsi come tipo sociale autonomo ed ulteriore rispetto a quelli previsti dall'art. 2249 c.c., con la conseguenza di assoggettare il procedimento di quotazione (in particolare la delibera) e di dequotazione alla disciplina della trasformazione ed ammettere come conseguenza, inoltre, la tutela del recesso. In tal senso è affermato che «l'ammissione alla quotazione è oggi da risolvere nel senso della competenza dell'assemblea straordinaria. Dunque, modifica dell'atto costitutivo...; (e) ... diritto dei dissenzienti di recedere per mutamento del tipo» (Oppo, 492). Dall'altra parte, invece, è la teoria che nega qualsiasi differenza tipologica tra società per azione «chiusa» e società per azione «quotata», e attribuisce a quest'ultima un rilievo di mero fatto (Spada, 211). Come detto, rispetto al momento storico in cui è stato effettuato il dibattito qui riportato è stato introdotto un nuovo art. 2437-quinquies c.c., che ha espressamente riconosciuto il diritto al recesso del socio che non abbia partecipato alla delibera di delisting. Con ciò è stato affermato che la ratio della norma in questione sarebbe speciale rispetto a quella generale del caso del recesso, ai sensi del 2437 c.c., per il fatto che il venir meno dello stato di società quotata produrrebbe un deterioramento delle condizioni di liquidità dell'investimento del socio, poiché sarebbe limitata la possibilità di disinvestire vendendo le azioni a terzi (Angelici, 2006, 89). L'operazione di senso contrario, invece, la quotazione, non produrrebbe la necessità di apprestare simile tutela per la medesima ratio, per il fatto che il mercato regolamentato costituisce di per sé uno strumento più efficace di liquidazione dell'investimento, per cui «una volta che le azioni sono ammesse alle negoziazioni su un mercato regolamentato, l'esigenza di riconoscere al socio dissenziente il potere di recesso non si presenta più — a differenza di quanto accade nell'inversa vicenda» (Spada, 211). Le società italianeI criteri definiti dall'art. 119 TUF per circoscrivere l'ambito di applicazione della disciplina delle società con azioni quotate sono dunque tre. Si prevede infatti che questa si applichi: a) alle società italiane; b) con azioni quotate; c) in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'Unione Europea. Per ciò che attiene alla nazionalità della persona giuridica, si ritiene si debba fare riferimento alla normativa di diritto internazionale privato, l. n. 218/1995, all'art. 25 (Balzarini, 1811; Notari, 761). Questo prevede come generale il criterio dell'incorporazione, per cui la persona giuridica è italiana nel momento in cui il procedimento di costituzione è perfezionato in Italia. Ulteriormente al principio di incorporazione, l'art. 25 indica come rilevanti il fatto che la società, pur costituita in altro Stato, abbia in Italia la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale della propria attività. È inoltre opinione che il criterio dell'incorporazione non abbia una valenza definitiva, per il fatto che si deve ritenere che la legge applicabile divenga quella del luogo dove viene trasferita la sede statutaria (Notari, 762). È infine messo in evidenza come la disciplina del TUF regoli sostanzialmente la corporate governance, e dunque rientri nei limiti fissati dall'art. 25, che prevede che sono disciplinati dalla legge regolatrice, tra le altre, la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi e i diritti e gli obblighi inerenti alla qualità di socio (Rabitti Bedogni, 637). La quotazioneSono sottoposte alla disciplina del TUF, secondo l'art. 119, le società «con azioni quotate». Ne consegue, evidentemente, che solo le società che emettono azioni possono essere ammesse a quotazione, con il che si afferma che solo società per azioni, società in accomandita per azioni e società cooperative per azioni rientrano nella categoria. Se in precedenza vi erano dubbi sull'ampiezza delle norme del TUF applicabili alle società cooperative per azioni, con il d.lgs. n. 37/2010 è stato introdotta la Sezione II-bis, specificamente dedicata alle cooperative, per cui le uniche norme delle quali si dubita l'applicabilità a tali società cooperative sono gli artt. 120 e 121 TUF (Notari, 767). Per tali norme, poi l'applicabilità è del tutto esclusa nel caso di banche popolari, per il fatto che l'art. 30 TUB prevede che nessuno, direttamente o indirettamente, può detenere azioni in misura eccedente l'1 per cento del capitale sociale, che chiaramente implica l'irrilevanza della disciplina in materia di trasparenza degli assetti proprietari e degli incroci azionari che postulano partecipazioni maggiori (Toffoletto, Labianca, 1609). Si afferma poi in dottrina che, argomentando a contrario dalla previsione in materia di OPA per cui l'offerta ha ad oggetto titoli che «attribuiscono diritti di voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti la nomina o revoca degli amministratori o del consiglio di sorveglianza», possano anche essere quotati titoli i quali non attribuiscono il diritto di voto. È ritenuto dunque che, purché i titoli siano definibili come azioni, benché differenti dalle azioni ordinarie, ciò non escluda l'applicabilità della disciplina del 119 e seguenti, per il fatto che sussistono le medesime esigenze di tutela e trasparenza anche in caso di quotazione di azioni appartenenti ad una categoria speciale (Toffoletto, Labianca, 1610). La dottrina poi fa decorrere dall'emanazione del provvedimento di ammissione alle negoziazioni il momento in cui si può riconoscere alla società la qualifica di società quotata (Notari, 762). Per ciò che attiene invece alla perdita di tale qualifica, è escluso che la semplice sospensione dalle quotazioni, emanata ai sensi dell'art. 2.5.1 Regolamento di Borsa, possa comportare la disapplicazione delle norme in questione, per il carattere puramente temporaneo di tale atto. Il mercato regolamentatoLe azioni, ai sensi dell'art. 119, devono essere quotate su un mercato regolamentato italiano o europeo. È definito mercato regolamentato, secondo l'art. 1, comma 1, lett. w-ter, un «sistema multilaterale amministrato e/o gestito da un gestore del mercato, che consente o facilita l'incontro, al suo interno e in base alle sue regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi». Essi possono essere collocati sia in Italia che in altri paesi appartenenti all'Unione, mentre si ritiene che siano esclusi i mercati esteri, pur riconosciuti dalla Consob con accordi di cooperazione ai sensi dell'art. 67, comma 10, se non rientranti nell'Unione Europea (Toffoletto, Labianca, 1612). Le derogheL'art. 119 definisce l'ambito di applicazione della normativa in materia di società quotate, «salvo che sia diversamente specificato». In particolare, lo stesso Testo Unico prevede, da una parte, il potere per la Consob di disapplicare determinate norme per alcune società, e dall'altra, deroghe direttamente previste dalla legge. In particolare, l'art. 124 TUF prevede che «la Consob può dichiarare inapplicabili gli artt. 120, 121, 122 e 123, comma 2, secondo periodo, alle società italiane con azioni quotate solo in mercati regolamentati di altri paesi dell'Unione Europea, in considerazione della normativa applicabile a tali società in forza della quotazione»; funzione di questa disposizione deve essere rinvenuta nella necessità di escludere il rischio di una doppia imposizione di obblighi di trasparenza a società, pur italiane, che abbiano azioni quotate integralmente su mercati stranieri, secondo una valutazione della Consob di idoneità delle normative straniere a tutelare gli interessi di trasparenza ed efficienza del mercato. Altre norme, invece, sono specificamente dedicate ad emittenti italiani con azioni quotate in un mercato italiano (escludendo così gli emittenti italiani con azioni quotate su mercati UE), oppure ampliano la platea dei soggetti obbligati come nel caso di emittenti azioni su sistemi multilaterali di negoziazione (non solo mercati regolamentati). Tra le prime possono essere ricordate quelle dettate dagli artt. 133, in materia di esclusione su richiesta dalle negoziazioni, 149, comma 3, in materia di doveri del collegio sindacale, 152, comma 2, in materia di denunzia al tribunale, 157, in materia di effetti del giudizio sui bilanci. Tra le seconde, invece, l'art. 127-bis, in materia di annullabilità delle deliberazioni e diritto di recesso, 148-bis. BibliografiaAbbadessa, I gruppi di società nel diritto italiano, in AA.VV., I gruppi di società. 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