Decreto legislativo - 24/02/1998 - n. 58 art. 127 quater - (Maggiorazione del dividendo) 1(Maggiorazione del dividendo) 1 Art. 127-quater 1. In deroga all'articolo 2350, comma 1, del codice civile, gli statuti possono disporre che ciascuna azione detenuta dal medesimo azionista per un periodo continuativo indicato nella statuto, comunque non inferiore ad un anno o al minor periodo intercorrente tra due date consecutive di pagamento del dividendo annuale, attribuisca il diritto ad una maggiorazione non superiore al 10 per cento del dividendo distribuito alle altre azioni. Gli statuti possono subordinare l'assegnazione della maggiorazione a condizioni ulteriori. I1 beneficio può estendersi anche alle azioni assegnate ai sensi dell'articolo 2442 del codice civile a un azionista che abbia diritto alla maggiorazione indicata nel primo periodo2. 2. Qualora il medesimo soggetto, durante la maturazione del periodo indicato nel comma 1, abbia detenuto, direttamente, o indirettamente per il tramite di fiduciari, di società controllate o per interposta persona, una partecipazione superiore allo 0,5 per cento del capitale della società o la minore percentuale indicata nello statuto, la maggiorazione può essere attribuita solo per le azioni che rappresentino complessivamente tale partecipazione massima. La maggiorazione non può altresì essere attribuita alle azioni detenute da chi durante il suddetto periodo abbia esercitato, anche temporaneamente, un'influenza dominante, individuale o congiunta con altri soci tramite un patto parasociale previsto dall'articolo 122, ovvero un'influenza notevole sulla societa'. In ogni caso la maggiorazione non può essere attribuita alle azioni che durante il periodo indicato nel comma 1 siano state conferite, anche temporaneamente, ad un patto parasociale previsto dall'articolo 122 che nel medesimo periodo o parte di esso abbia avuto ad oggetto una partecipazione complessiva superiore a quella indicata nell'articolo 106, comma 13. 3. La cessione dell'azione a titolo oneroso o gratuito comporta la perdita dei benefici previsti nel comma 1. I benefici sono conservati in caso di successione universale, nonché in caso di fusione e scissione del titolare delle azioni. In caso di fusione o scissione della società che abbia emesso le azioni indicate nel comma 1, i benefici si trasferiscono sulle azioni emesse dalle società risultanti, ferma l'applicazione del comma 2 con riferimento a tali società. 4. Le azioni a cui si applicano i benefici indicati nel comma 1 non costituiscono una categoria speciale di azioni ai sensi dell'articolo 2348 del codice civile. 4-bis. Colui che ha ottenuto l'assegnazione della maggiorazione dichiara, su richiesta della societa', l'insussistenza delle condizioni ostative previste dal comma 2 ed esibisce la certificazione prevista dall'articolo 83-quinquies attestante la durata della detenzione delle azioni per le quali e' richiesto il beneficio nonche' le attestazioni relative alla sussistenza delle eventuali ulteriori condizioni alle quali lo statuto subordina l'assegnazione del beneficio 4. 4-ter. La deliberazione di modifica dello statuto prevista al comma 1 non attribuisce il diritto di recesso ai sensi dell'articolo 2437 del codice civile 5.
[1] Articolo inserito dall'articolo 3, comma 10, del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 27. [2] Comma modificato dall'articolo 3, comma 8, lettera a), del D.Lgs. 18 giugno 2012, n. 91. [3] Comma modificato dall'articolo 3, comma 8, lettera b), del D.Lgs. 18 giugno 2012, n. 91. [4] Comma inserito dall'articolo 3, comma 8, lettera c), del D.Lgs. 18 giugno 2012, n. 91. [5] Comma inserito dall'articolo 3, comma 8, lettera c), del D.Lgs. 18 giugno 2012, n. 91. InquadramentoL'azione porta con sé diritti amministrativi e patrimoniali: il diritto agli utili netti ed al patrimonio netto risultante dalla liquidazione, sancito dall'art. 2350 c.c., integra l'essenziale diritto patrimoniale ordinario connesso alla partecipazione azionaria. Quantunque l'autonomia negoziale possa esplicarsi con ampi margini di libertà attraverso la creazione di categorie speciali di azioni, anche mediante l'introduzione di una gerarchia nella partecipazione al profitto, essa autonomia non può giungere fino alla integrale cancellazione della partecipazione agli utili nei riguardi una classe di azione (Cian, 2015, 928). Si ritiene cioè che il carattere lucrativo della partecipazione azionaria non possa essere compresso al punto da essere radicalmente soppresso. Diritto agli utili e alla quota di liquidazioneCiò detto, va precisato che il diritto agli utili non sorge in capo al socio per il fatto in sé considerato che la società abbia realizzato utili, giacché l'art. 2433 c.c. rimette la decisione in ordine alla distribuzione degli utili all'assemblea in sede di approvazione del bilancio (Cian, 930). Ed in particolare, l'assemblea chiamata a decidere la distribuzione o il reimpiego degli utili non soggiace ad alcun vincolo se non ai limiti generali dell'esercizio di voto né la decisione deve essere in alcun modo motivata (Cian, 939). In tale prospettiva, la deliberazione dell'assemblea con la quale venga decisa la non distribuzione degli utili potrebbe essere oggetto di annullamento solo ove si provi che essa finalizzata alla lesione dei diritti dei soci di minoranza. La S.C. ha dunque affermato che, in tema di società per azioni, il diritto individuale del singolo azionista a conseguire l'utile di bilancio sorge soltanto se e nella misura in cui la maggioranza assembleare ne disponga l'erogazione ai soci, mentre, prima di tale momento, vi è una semplice aspettativa, potendo l'assemblea sociale impiegare diversamente gli utili o anche rinviarne la distribuzione all'interesse della società (Cass. n. 2959/1993; Cass. n. 2020/2008). In altri termini, i soci delle società per azioni non acquistano un vero e proprio diritto di credito all'erogazione degli utili se non per effetto di una specifica delibera assembleare che disponga tale erogazione, per cui, ove sia stata, invece, deliberato l'accantonamento di determinati utili come riserva facoltativa, i medesimi continuano ad appartenere alla società e non possono, pertanto ritenersi acquisiti al patrimonio dei soci. Ne consegue che qualora una deliberazione dell'assemblea ordinaria di una società per azioni abbia stabilito che determinati utili vengano accantonati come riserva facoltativa, l'iscrizione nel registro delle imprese di una successiva deliberazione dell'assemblea straordinaria, la quale abbia disposto l'aumento del capitale sociale, da realizzarsi mediante l'impiego di tali utili, non sconta la tassa graduale di concessione governativa di cui all'art. terzo della tabella allegato a del d.P.R. n. 121/1961, in quanto il passaggio a capitale dei detti utili non importa un incremento del patrimonio sociale, ne concreta un apporto effettivo, da parte degli azionisti, di una nuova ricchezza, ma si risolve in un'operazione contabile che si svolge nell'ambito della stessa società, senza determinare un mutamento della sua consistenza patrimoniale (Cass. n. 3644/1975). In senso parzialmente diverso è stato però stabilito che la quota o l'azione attribuiscono al socio una complessa posizione contrattuale, comprensiva di poteri e di diritti amministrativi e patrimoniali, tra i quali ultimi è compreso quello avente ad oggetto la quota di liquidazione; diritto che è destinato a divenire esigibile, perché determinato nel suo ammontare, con l'approvazione del bilancio finale di liquidazione ed all'esito di eventuali reclami e, comunque, dopo che siano stati soddisfatti i creditori sociali. Prima di tale momento, il socio non ha una mera aspettativa sfornita di tutela, ma è titolare di una situazione giuridica che lo legittima, tra l'altro, a pretendere il regolare svolgimento delle operazioni sociali e di liquidazione, al fine di non veder pregiudicato l'esito positivo del procedimento liquidatorio, ove permanga un attivo dopo il pagamento dei debiti sociali. In tema di fusione per incorporazione di s.p.a., il rapporto di cambio tra le azioni di risparmio dell'incorporata e quelle ordinarie dell'incorporante deve calcolarsi tenendo conto che il valore delle prime non è necessariamente coincidente con quello delle azioni ordinarie della medesima incorporata, giacché il valore delle azioni, che può essere desunto anche dalle quotazioni di mercato dei titoli, dipende dai diritti, non solo di natura patrimoniale, ma anche di natura amministrativa, da esse conferiti ( Cass. I, n. 7920/2020 ). È valida la clausola dello statuto di una società di capitali in base alla quale gli utili di esercizio devono essere distribuiti ai soci, salvo diversa delibera dell'assemblea da assumere con maggioranza qualificata (Trib. Cassino 21 gennaio 2002, in Gius., 2002, 2367). Le azioni correlateL'art. 2350, comma 2 c.c., stabilisce che, anche fuori dai casi previsti dall'art. 2447-bis c.c., concernente i patrimoni destinati ad uno specifico affare, la società può emettere azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell'attività sociale in un determinato settore: sono, queste, le c.d. azioni correlate, fenomeno diffuso in ordinamenti stranieri con il nome tracking stocks o tracking shares. Si tratta di una previsione introdotta nell'ordinamento giuridico italiano dalla riforma di diritto societario al fine di rendere le forme di finanziamento della società per azioni più efficienti, flessibili e maggiormente adatte alle esigenze degli investitori e dei mercati di capitali. È stato in proposito osservato che la creazione di tale categoria di azioni discende da una disaggregazione per settori dell'attività sociale alla quale consegue un particolare collegamento tra pretese reddituali di classi di soci a segmenti produttivi idealmente creati (Cian, 933). In tali ipotesi non si verifica alcuna separazione patrimoniale all'interno della società e la partecipazione correlata resta partecipazione al capitale della società nel suo complesso (Cian, 934). BibliografiaV. sub art. 2346 c.c. |