Codice Civile art. 1359 - Avveramento della condizione.Avveramento della condizione. [I]. La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento di essa. InquadramentoÈ possibile, in linea generale, distinguere tre diversi momenti del negozio, collegati alla previsione di una clausola condizionale e, precisamente, quello di pendenza della condizione (condicio pendet), finché l'evento non si sia verificato, quello di avveramento della condizione (condicio existit), allorché l'evento futuro ed incerto si realizza ed, infine, quello di mancanza della condizione (condicio deest) allorché l'evento non si verifica o si ha la certezza che esso non si verificherà. L'art. 1359 c.c. si occupa di combinare il secondo ed il terzo, sancendo la regola — sostanzialmente espressiva di una sanzione volta a reprimere la condotta antigiuridica del contraente responsabile — per cui, la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento di essa. A specificazione di quanto precede deve evidenziarsi che si ha mancanza della condizione quando è esclusa la possibilità che il fatto dedotto si realizzi, secondo una valutazione da compiere tenendo conto delle concezioni e delle conoscenze presenti in un determinato contesto sociale ed in un determinato momento storico (Rescigno, 799). La previsione si fonda, con evidenza, su di una fictio, che equipara il comportamento contrario a buona fede di un contraente nell'esecuzione del contratto (o, più correttamente, gli effetti di una simile condotta), all'effettivo avveramento della condizione. Si tratta — come chiarito in dottrina — di una specificazione del dovere di comportarsi secondo buona fede (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 769) e la regola si applica relativamente ad ogni tipo di condizione — sospensiva o risolutiva, positiva o negativa, casuale o mista — con la sola necessaria precisazione da compiere in ordine alle condizioni potestative semplici nonché di quelle miste, ma relativamente alla sola parte di esse riconducibile all'elemento potestativo, relativamente alle quali si registra un contrasto tra chi — e si tratta dell'opinione dominante — è contrario a tale applicazione (Bianca, 520; Mirabelli, 252, Maiorca, 315; Sacco, De Nova, 155) e chi, invece, si pone in atteggiamento sostanzialmente favorevole (Carresi, 607). La questione trova soluzione parzialmente negativa in seno alla giurisprudenza di legittimità, per la quale la norma a) non troverebbe applicazione nel caso di condizione potestativa semplice, mentre b) tornerebbe ad essere applicabile, anche in relazione al segmento non casuale, in caso di condizione potestativa mista, il cui avveramento dipende in parte dal caso o dal terzo e in parte dalla volontà di uno dei contraenti. Così, chiaramente, Cass. L, n. 8172/2013 per cui la norma dell'art. 1359 c.c. trova applicazione nella sola ipotesi di condizione casuale (il cui avveramento dipende, cioè, dal caso o dalla volontà di terzi) o di condizione mista (il cui avveramento dipende in parte dal caso o dalla volontà dei terzi, in parte dalla volontà di uno dei contraenti), ma non nell'ipotesi di condizione potestativa semplice o impropria. Ancora, in linea generale si ritiene, infine, che la finzione di avveramento non si applichi alle condizioni unilaterali né nell'ipotesi in cui la parte tenuta in via condizionata all'esecuzione di una prestazione abbia anch'essa interesse all'avveramento della condizione (Cass. II, n. 22046/2018): stante, infatti, la natura eccezionale della disposizione, essa non può essere applicata in via analogica (Cass. L, n. 18512/2017). Cass. III, n. 7200/2025 ha escluso l'applicabilità dell'art. 1359 c.c. alla condizione di adempimento, con particolare riferimento alla condizione apposta a una scrittura transattiva la cui efficacia era subordinata all'adempimento della prestazione. L'art. 1359 c.c. è invece applicabile alla condizione potestativa mista, come già detto (Cass. II, n. 28956/2024). I soggetti verso cui opera la finzioneMuovendo dalla lettera della norma la dottrina (Rescigno, 797) ritiene che la finzione di avveramento postula che la parte che ha interesse a che la condizione non si verifichi si sia attivata per consentire o agevolare la non verificazione: è necessaria, dunque, la sussistenza di una condotta dolosa o colposa di detta parte, non riscontrabile nel caso di mero comportamento inattivo, salvo che questo non costituisca violazione di un obbligo di agire imposto dal contratto o dalla legge (Cass. lav., n. 8843/2013). Al fine dell'operatività della fictio di cui alla disposizione in commento, si rileva che l'esistenza dell'interesse della parte alla non verificazione della condizione deve essere valutata non in termini astratti, bensì tenendo conto del suo effettivo interesse ovvero del comportamento che ne abbia impedito l'avveramento; spettando, inoltre, su colui che ne ha interesse, o che lamenti la mancata verificazione della condizione, la dimostrazione dell'altrui condotta impeditiva, contraria gli obblighi di buona fede e correttezza (Cass.VI, n. 31728/2021). La condizione può ritenersi apposta nell'interesse di uno solo dei contraenti solo in presenza di una clausola espressa in tal senso o di elementi che inducano a ritenere che l'altra parte non abbia alcun interesse al suo verificarsi: in particolare, la parte avente interesse contrario all'avveramento della condizione deve essere individuata avuto riguardo alla natura del negozio condizionato e alla posizione in esso assunta dalle parti, non rilevando che una di esse tragga vantaggio immediato e diretto dal verificarsi dell'evento dedotto in condizione (Cass. III, n. 5360/1985). Consegue da quantro precede che l'art. 1359 c.c. non è applicabile nel caso in cui la parte, tenuta condizionatamente ad una determinata prestazione, abbia anch'essa interesse al verificarsi della condizione medesima (Cass. L, n. 18512/2017). A specificazione di tale passaggio si è poi ulteriormente chiarito che la finzione posta dall'art. 1359 c.c. trova applicazione anche quando l'interesse della controparte, inizialmente convergente con quello della parte a cui beneficio la condizione è destinata a produrre effetti, si modifichi nel corso del rapporto, fino a risultare contrario all'avveramento della condizione (Cass. III, n. 16501/2014) o comunque quando vi sia un sopravvenuto disinteresse (Cass. II, n. 24325/2011). Segue. La condotta richiesta dall'art. 1359 c.c. Il comportamento sotteso all'art. 1359 c.c. deve essere di tipo attivo, nel senso che è richiesto un agere (doloso o colposo: cfr. infra), cui ricollegare il mancato avveramento della condizione, in rapporto di causa ad evento: il mero comportamento inattivo, infatti, non integra gli estremi di cui alla norma, salvo che questo costituisca violazione di un obbligo alla parte dalla legge o dal contratto (Rescigno, 799). Così anche Cass. I, n. 9511/1999, la quale chiarisce che per l'operatività della disposizione di cui all'art. 1359 c.c. è necessaria la sussistenza di una condotta dolosa o colposa di detta parte, non riscontrabile in un semplice comportamento inattivo, salvo che questo non costituisca violazione di un obbligo di agire imposto dal contratto o dalla legge. Occorre, inoltre, che la condotta sia imputabile alla parte che ha interesse contrario all'avveramento della condizione a titolo di dolo o colpa (Bianca, 527; Maiorca, 315). Del tutto conformi le conclusioni della giurisprudenza di legittimità: evidenzia Cass. I, n. 5492/2010, infatti, che l'art. 1359 c.c., secondo cui la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento di essa, introduce una fictio di avveramento a tutela di possibili comportamenti dolosi o colposi posti in essere dal soggetto controinteressato, incombendo altresì sul creditore, che lamenti tale mancato avveramento, l'onere di provarne l'imputabilità al debitore a titolo di dolo o di colpa Il caso della condicio iurisSecondo parte della dottrina (Sacco, De Nova, 156) la finzione dovrebbe essere applicata anche alle condizioni legali, mentre da altra parte (Rescigno, 799) si evidenzia che la conclusione non può essere generalizzata, dovendosi distinguere a seconda delle varie fattispecie di condizione legale. Contraria all'applicabilità, in tal caso, dell'art. 1359 c.c. la giurisprudenza, per la quale la norma già in astratto non può trovare applicazione nel caso di condicio iuris, consistendo questa in eventi esulanti dall'autonomia negoziale delle parti ed aventi la loro fonte nell'ordinamento giuridico (Cass. II, n. 675/1982). Così, ad esempio, si è chiarito che in tema di invalidi civili, ciechi e sordomuti assunti al lavoro ai sensi della l. n. 482/1968, direttamente per assunzione nominativa o per assunzione numerica tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione — obbligati, senza distinzione alcuna, a presentare alla prefettura e al datore di lavoro una dichiarazione di responsabilità relativa alla sussistenza dei requisiti per l'assunzione — la condotta del lavoratore che impedisca l'accertamento della sussistenza dei requisiti per l'assunzione è equiparata all'accertamento dell'insussistenza dei requisiti stessi e, posto che tale insussistenza è prevista dalla legge come condizione risolutiva, il rapporto di lavoro è risolto ex lege per effetto della finzione di avveramento, a nulla rilevando che all'atto dell'assunzione siano stati eseguiti i prescritti accertamenti, giacché distinti da quelli previsti (Cass. L, n. 209/2010) Conseguenze disciplinariOve il mancato avveramento della condizione sia imputabile alla parte avente interesse contrario al suo avveramento la condizione si considera — come detto — avverata. Si ritiene versarsi in presenza di un rimedio risarcitorio in forma specifica, diretto a riparare le conseguenze dannose del comportamento scorretto di uno dei contraenti (Mirabelli, 249). La conclusione è condivisa dalla giurisprudenza, come è dato evincere, sia pure in via interpretativa, da Cass. II, n. 16961/2006 per cui nel caso di contratto sottoposto a condizione sospensiva, qualora una parte, deducendo che la condizione deve considerarsi avverata — ai sensi dell'art. 1359 c.c. — per essere mancata per causa imputabile all'altro contraente, agisca in giudizio chiedendo la condanna di quest'ultimo all'adempimento della prestazione pattuita, incorre in vizio di extrapetizione la sentenza del giudice di merito che, previa affermazione dell'inadempimento del convenuto agli obblighi imposti dal contratto, lo condanni al risarcimento dei danni, sia o meno tale inadempimento collegato alla inosservanza del dovere delle parti — ex art. 1358 c.c. — di comportarsi secondo buona fede durante la pendenza della condizione.. BibliografiaBarbero, Condizione, in Nss. D.I., Torino, 1957; Besozzi, Presupposti applicativi della finzione di avveramento della condizione, in Contratti, 2003, 1096; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Falzea, voce Condizione (diritto civile), in Enc. giur., Roma, 1988; Ferrara, La condizione potestativa, in Riv. dir. comm, 1931, 565; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Maiorca, voce Condizione, in Dig. civ., 1988; Marchetti, Lineamenti evolutivi della potestatività condizionale: dal contratto allo “smart contract”, in Riv. dir. civ., 2022, I, 96 ss.; Messineo, Il contratto in genere, Milano, 1968; Micari, Pendenza della condizione e finzione di avveramento. in Giust. civ., 2004, I, 2793; Orlando, Condizione «casuale» e «mista»: gli equivoci della giurisprudenza, in Contratti, 2013, 991; Osti, voce Contratto, in Nss. D.I., Torino, 1959; Pelosi, La proprietà risolubile nella teoria del negozio condizionato, Milano, 1975; Rescigno, voce Condizione, in Enc. dir., Milano, 1961; Sacco, De Nova, in Tr. Res., 1999, 148; Stanzione, Condizioni meramente potestative e situazioni creditorie, in Rass. dir. civ., 1981, 732; Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Tatarano, «Incertezza», autonomia privata e modello condizionale, Napoli, 1976. |