Codice Civile art. 1363 - Interpretazione complessiva delle clausole.Interpretazione complessiva delle clausole. [I]. Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto. InquadramentoI criteri di interpretazione previsti dal codice civile sono di duplice natura, nel senso che un primo gruppo di norme (artt. 1362-1365 c.c.) regola l'interpretazione soggettiva (o storica), diretta ad accertare la comune intenzione delle parti mentre un secondo gruppo (artt. 1366-1371 c.c.) disciplina l'interpretazione oggettiva, la quale si propone di dare al contratto (o a sue singole clausole) il significato meglio rispondente ai valori di obiettiva ragionevolezza, equità e funzionalità, alla quale si fa ricorso quando la comune intenzione dei contraenti, pur dopo l'applicazione dei criteri appartenenti al primo gruppo, resta oscura o di dubbio significato. Nell'ambito delle regole di ermeneutica soggettiva, l'art. 1363 c.c. pone il principio dell'interpretazione sistematica (o organica), regola che trova la propria ratio nella considerazione per cui il contratto non può non essere caratterizzato da una propria coerenza interna, grazie alla quale ogni clausola va coordinata con le altre, indipendentemente dalla sua posizione topografica all'interno del testo negoziale Natura dell'interpretazione ex art. 1363 c.c.Le clausole vanno lette le une per il tramite delle altre, all'esito di una interpretazione dinamica del contratto, sì da rendere ogni clausola, al contempo, oggetto e mezzo di interpretazione. Si afferma, pertanto, in dottrina, che la norma introduce il principio dell'interpretazione sistematica o logica o organica (Carresi, 527): dai singoli elementi di cui l'atto è formato si ricaverebbe, dunque, il senso del complessivo assetto negoziale e, al contempo, il senso della singola clausola si trarrebbe in funzione del tutto di cui essa è parte integrante (Carresi, 527). La previsione va letta in combinato disposto con l'art. 1362, comma 1 c.c. e ad essa va dunque riconosciuto carattere primario, giacché occorre collegare e raffrontare tra loro frasi o parole anche quando il significato letterale delle parole sia chiaro in quanto, quando si parla di senso letterale, si fa riferimento all'intera formulazione letterale della dichiarazione negoziale (Scognamiglio, 330). Della stessa opinione è la giurisprudenza, la quale evidenzia che nell'interpretazione dei contratti, l'elemento letterale, il quale assume funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, deve essere verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, coordinando tra loro le singole clausole come previsto dall'art. 1363 c.c., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (Cass. III, n. 14482/2018; Cass. sez. lav., n. 19779/2014). Del pari, Cass. V, n. 2267/2018, chiarisce che, alla luce del principio enunciato dall'art. 1363 c.c., il giudice non può, nella interpretazione dei contratti arrestarsi ad una considerazione «atomistica» delle singole clausole, neppure quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del «senso letterale delle parole», poiché anche questo va necessariamente riferito all'intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano vanno coordinate fra loro e ricondotte ad armonica unità e concordanza. Si pone in linea di continuità con i detti principi Cass. III, n. 9380/2016, per cui il dato testuale del contratto, pur importante, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione della volontà delle parti, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé chiare, atteso che un'espressione prima facie chiara può non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti; ne consegue che l'interpretazione del contratto, da un punto di vista logico, è un percorso circolare che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione delle parti e quindi di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta delle parti medesime. Nello stesso senso, di recente, Cass. I, n. 23519/2023e Cass. I, n. 34687/2023. Inoltre Cons. Stato V, n. 8210/2023: il criterio interpretativo di cui all'art. 1363 c.c. non è sussidiario rispetto al canone dell'interpretazione letterale, poiché un'interpretazione analitica, che non tenga conto del senso complessivo dell'atto, comporta il rischio di fraintendere il significato delle singole clausole, le quali trovano spiegazione nella coerente regolamentazione dell'affare; nell'interpretazione di un accordo negoziale, il carattere prioritario dell'elemento letterale non va inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo, nell'art. 1362, comma 1, c.c., alla comune intenzione delle parti, impone di estendere l'indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici, anche nel caso in cui il testo, come nella specie, appaia chiaro, ma incoerente; pertanto, sebbene la ricostruzione della comune intenzione delle parti deve essere operata innanzitutto sulla base del criterio dell'interpretazione letterale delle clausole, assume rilevanza anche il criterio logico - sistematico, di cui all'art. 1363 c.c., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole attinenti alla materia in contesa. Nello stesso senso Trib. Napoli, n. 2384/2025, secondo cui l' interprete non può limitarsi a una considerazione atomistica delle singole clausole, pur ove le une e le altre possano apparire rappresentative d'una manifestazione di volontà di senso compiuto, ma deve procedere secondo un iter che, partendo dall'accertamento del senso letterale di ciascuna, questo poi verifichi nel confronto reciproco e, infine, armonizzi razionalmente nella valutazione unitaria dell'atto. La violazione del principio di interpretazione complessiva delle clausole contrattuali si configura non soltanto nell'ipotesi della loro omessa disamina, ma anche quando il giudice utilizza esclusivamente frammenti letterali della clausola da interpretare e ne fissa definitivamente il significato sulla base della sola lettura di questi, per poi esaminare ex post le altre clausole, onde ricondurle ad armonia con il senso dato aprioristicamente alla parte letterale, oppure espungerle ove con esso risultino inconciliabili (Cass. I, n. 9755/2011). Chi intende dolersi in sede di legittimità di un'erronea interpretazione del contratto da parte del giudice di merito, per violazione del canone di cui all'art. 1363 c.c., ha l'onere di compiere una triplice allegazione, dovendo indicare a) per quale ragione la lettera del contratto non sia sufficiente a comprenderne gli effetti, ma si rende necessaria l'interpretazione sistematica, b) sotto quali profili la volontà delle parti sarebbe stata male interpretata e c) a quali diversi effetti avrebbe condotto l'interpretazione complessiva delle clausole contrattuali (Cass. III, n. 19982/2011) Il concetto di «clausola contrattuale»Il contratto ha un contenuto vario, fatto di un testo scritto, di allegati, di premesse: occorre dunque comprendere a cosa faccia riferimento l'art. 1363 c.c. allorché dispone che le «clausole di un contratto si interpretano le une per mezzo delle altre». Si ritiene comunemente che il lemma «clausola» individua ciascuna delle proposizioni di cui da un punto di vista formale può constare o consta un contratto, non richiedendosi alcuna autonomia sostanziale delle singole proposizioni (Bianca, 402); essa va distinta, dunque, dai documenti tecnici allegati al contratto (quali grafici, disegni, mappe, perizie, atti di frazionamento), nei quali sono precisati contenuti e modalità delle prestazioni contrattuali (Bianca, 403) e che pure concorrono alla definizione complessiva dell'oggetto del contratto. Le piante planimetriche allegate ai contratti aventi ad oggetto immobili fanno parte integrante della dichiarazione di volontà, quando ad esse i contraenti si siano riferiti nel descrivere il bene, e costituiscono mezzo fondamentale per l'interpretazione del negozio, salvo, poi, al giudice di merito, in caso di non coincidenza tra la descrizione dell'immobile fatta in contratto e la sua rappresentazione grafica contenuta nelle dette planimetrie, il compito di risolvere la quaestio voluntatis della maggiore o minore corrispondenza di tali documenti all'intento negoziale ricavato dall'esame complessivo del contratto (Cass. II, n. 6764/2003). Conseguentemente, la difformità tra i dati risultanti da un contratto avente ad oggetto beni immobili e la richiamata planimetria, ad esso allegata, involge una questione di fatto, che il giudice di merito deve risolvere ricostruendo la volontà delle parti alla luce del testo complessivo degli atti, rimanendo la sua decisione sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto i profili del rispetto dei criteri legali di interpretazione e del difetto di motivazione (Cass. II, n. 12594/2013). Si ritiene, inoltre, che la lettura interdipendente delle clausole riguardi anche le clausole invalide, rilevando esse nell'indagine ermeneutica per il loro rilievo di mero fatto e non già per la loro idoneità a produrre effetti giuridici (Bianca 403); al contrario, il criterio interpretativo in esame non si estende alle clausole prive di significato negoziale ovvero estranee al regolamento cui accedono nel suo complesso (Carresi, 528). Tali conclusioni sono condivise in giurisprudenza. Così, una clausola contrattuale, anche se invalida e perciò inidonea a produrre effetti giuridici negoziali, può e deve essere utilizzata per la ricostruzione dell'esatto contenuto di altre clausole non affette da nullità (Cass. sez. lav., n. 237/1978). Va infine chiarito che non assume rilievo la collocazione topografica delle clausole all'interno del regolamento contrattuale: l'ordine in cui le clausole sono distribuite nel testo contrattuale non rileva, cioè, ai fini interpretativi che in questa sede interessano. Al più si ritiene che la collocazione delle clausole nel testo contrattuale possa avere una rilevanza indiziaria, la quale va però apprezzata unitamente alle altre circostanze di fatto e al comportamento delle parti (Cass. sez. lav., n. 3596/1977). Secondo la giurisprudenza, l'interpretazione congiunta e dinamica delle clausole l'una per mezzo delle altre si estende anche alle clausole contenute negli ordinamenti interni aziendali disciplinanti i rapporti di lavoro del personale (Cass. n. 6304/1986). Ambito di applicabilità della previsioneLa norma si ritiene pacificamente applicabile alle clausole dei capitolati speciali degli enti pubblici (Cass. I, n. 6953/2002) e dei bandi di gara (ad es. TAR Napoli V, n. 841/2023 alle clausole aggiunte ad un contratto di assicurazione, contenute nell'appendice di polizza, benché pattuite in momenti diversi (Cass. III, n. 312/1997), agli atti negoziali unilaterali tra vivi (Cass. I, n. 8871/2006).. 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