Codice Civile art. 1364 - Espressioni generali.Espressioni generali. [I]. Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare. InquadramentoI criteri di interpretazione previsti dal codice civile sono di duplice natura, nel senso che un primo gruppo di norme (artt. 1362-1365 c.c.) regola l'interpretazione soggettiva (o storica), diretta ad accertare la comune intenzione delle parti mentre un secondo gruppo (artt. 1366-1371 c.c.) disciplina l'interpretazione oggettiva, la quale si propone di dare al contratto (o a sue singole clausole) il significato meglio rispondente ai valori di obiettiva ragionevolezza, equità e funzionalità, alla quale si fa ricorso quando la comune intenzione dei contraenti, pur dopo l'applicazione dei criteri appartenenti al primo gruppo, resta oscura o di dubbio significato. Nell'ambito delle regole di ermeneutica soggettiva, l'art. 1364 c.c., limita, secondo l'antico adagio iniquum est peremi pacto; id de quo cogitatum non docetur l'efficacia espansiva delle espressioni eccessivamente ampie e generiche, nel senso che il significato del contratto deve limitarsi a riguardare l'oggetto su cui le parti hanno inteso concentrare la propria attenzione, giungendo alla stipulazione del negozio, così escludendo qualsivoglia riferimento o accostamento ad oggetti esterni ad esso Natura dell'interpretazione ex art. 1364 c.c.La norma regola, dunque, un criterio di interpretazione restrittiva, volto a limitare il campo di indagine necessario a ricostruire la comune volontà delle parti: le espressioni generali usate dalle parti nel contratto inerire all'oggetto del contratto. Esse devono, perciò, essere riferite esclusivamente a quanto ha costituito oggetto di accordo tra le parti stesse (Carresi, 528). Esemplificativo è il caso affrontato in giurisprudenza: qualora, rispetto ad un medesimo rapporto, siano sorte o possano sorgere tra le parti più liti, in relazione a numerose questioni tra loro controverse, l'avere dichiarato, nello stipulare una transazione, di non aver più nulla a pretendere in dipendenza del rapporto, non implica necessariamente che la transazione investa tutte le controversie potenziali o attuali, dal momento che, a norma dell'art. 1364 c.c., le espressioni usate nel contratto per quanto generali, riguardano soltanto gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di statuire; sicché, ove il negozio transattivo concerna soltanto alcuna delle stesse, esso non si estende, malgrado l'ampiezza dell'espressione adoperata, a quelle rimaste estranee all'accordo, il cui oggetto va determinato attraverso una valutazione di tutti gli elementi di fatto, con apprezzamento che sfugge al controllo di legittimità qualora sorretto da congrua motivazione (Cass. I, n. 12367/2018 e, più di recente, App. Lecce I, n. 440/2021, Cass. I, n. 21557/2021). Tale materia va delimitata con riferimento all'interesse pratico che il contratto è finalizzato a realizzare. La disposizione non vieta però di accertare, secondo le comuni regole dell'interpretazione, se nella comune intenzione degli stipulanti l'oggetto del contratto fosse più o meno ampio, indipendentemente dal tenore letterale delle parole usate, e quindi non esclude che l'oggetto stesso, quale effettivamente considerato e voluto dai contraenti, possa comprendere anche rapporti non specificamente menzionati (Cass. II, n. 250/1986). Cionondimeno, però, il giudice non può attribuire alle espressioni adoperate dai contraenti una portata più ampia di quella scaturente dalle circostanze di fatto che hanno caratterizzato, all'epoca della stipulazione, le fasi della contrattazione e della conseguente formazione del consenso (Cass. sez. lav., n. 6362/1988) Ambito di applicabilità della previsioneLa norma trova applicazione anche in relazione agli atti unilaterali (Cass. II, n. 2059/1962).. BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Carresi, Accertamento e interpretazione del contratto, in Contr. e impr. 1989, 920 ss.; Casella, Il contratto e l'interpretazione, Milano, 1961; Casella, voce Negozio giuridico (interpretazione del)in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978, 24 ss.; Cataudella, I contratti. 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