Codice Civile art. 1365 - Indicazioni esemplificative.

Gian Andrea Chiesi

Indicazioni esemplificative.

[I]. Quando in un contratto si è espresso un caso al fine di spiegare un patto, non si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo ragione, può estendersi lo stesso patto.

Inquadramento

I criteri di interpretazione previsti dal codice civile sono di duplice natura, nel senso che un primo gruppo di norme (artt. 1362-1365 c.c.) regola l'interpretazione soggettiva (o storica), diretta ad accertare la comune intenzione delle parti mentre un secondo gruppo (artt. 1366-1371 c.c.) disciplina l'interpretazione oggettiva, la quale si propone di dare al contratto (o a sue singole clausole) il significato meglio rispondente ai valori di obiettiva ragionevolezza, equità e funzionalità, alla quale si fa ricorso quando la comune intenzione dei contraenti, pur dopo l'applicazione dei criteri appartenenti al primo gruppo, resta oscura o di dubbio significato.

Nell'ambito delle regole di ermeneutica soggettiva, mentre l'art. 1364 c.c. si occupa di dettare un criterio di interpretazione restrittivo rispetto a clausole eccessivamente generiche, l'art. 1365 c.c. detta la regola, inversa, dell'interpretazione estensiva rispetto alle clausole aventi carattere meramente esemplificativo, nel senso che le eventuali esemplificazioni contenute nel contratto non hanno carattere tassativo: in sostanza, la norma disciplina l'ipotesi in cui l'espressione letterale usata nel contratto sia inadeguata, per difetto, a fronte dell'intenzione effettiva delle parti.

Le due disposizioni avrebbero, dunque, nel campo contrattuale, la medesima portata che l'interpretazione restrittiva (lex plus dixit quam voluit) e quella estensiva (lex minus dixit quam voluit) hanno nell'interpretazione della legge: la prima, prevedendo un'ipotesi di inadeguatezza della formula per eccesso rispetto alla comune intenzione delle parti, la seconda contemplando l'ipotesi — opposta — dell'inadeguatezza per difetto, in quanto la formula direbbe meno di quanto le parti effettivamente vollero

Natura dell'interpretazione ex art. 1365 c.c.

L'art. 1365 c.c. consente l'interpretazione estensiva di clausole contrattuali se inadeguate per difetto dell'espressione letterale rispetto alla volontà delle parti, tradottasi in un contenuto carente rispetto all'intenzione: sicché l'esclusione, da tali clausole, di casi non espressamente previsti va attuata dall'interprete tenendo presenti le conseguenze normali volute dalle parti con l'elencazione esemplificativa dei casi menzionati onde verificare, alla stregua del criterio di ragionevolezza imposto dalla norma, se sia possibile ricomprendere nella previsione contrattuale ipotesi non contemplate nell'esemplificazione.

Il principio è chiaramente illustrato da Cass. sez. lav., n. 7763/1995 — per cui sebbene nell'interpretazione dei contratti collettivi di lavoro non possa ricorrersi all'analogia, cionondimeno il giudice può, ai sensi dell'art. 1365 c.c., estendere un patto relativo ad un caso ad un altro caso non espressamente contemplato dalle parti ma ragionevolmente assimilabile, compiendo un'interpretazione estensiva del patto — e da Cass. sez. lav., n. 6859/1987 — alla cui stregua, affinché le disposizioni di un contratto possano essere utilizzate per regolare situazioni diverse da quelle cui espressamente si riferiscono, è necessario che la fattispecie cui si pretende applicarle con effetti vincolanti sia sostanzialmente simile ed accomunata dalla medesima ratio a quella che le parti hanno specificamente inteso disciplinare, sicché l'estensione della normativa contrattuale all'ipotesi non prevista possa essere ragionevolmente ricondotta alla volontà dei contraenti.

La regola ermeneutica in questione consente al negozio di trovare applicazione anche nei casi dallo stesso non espressamente contemplati, benché ad essi analoghi (Carresi, 529): tale estensione deve però avvenire con ponderazione, a condizione, cioè, che una simile conclusione sia desumibile dall'interpretazione del contratto. Donde la conclusione per cui nell'interpretare il contratto occorre riferirsi alle conseguenze normali del tipo (presumibilmente) volute (cfr. anche l'art. 1368 c.c.).

Le conclusioni predette sono chiare nella giurisprudenza di legittimità: così Cass. sez. lav., n. 30420/2017 evidenzia che, nell'interpretazione di un contratto collettivo, soggetto, per la sua natura privatistica, alle disposizioni dettate dagli artt. 1362 e ss. c.c., non può farsi ricorso all'analogia, prevista, dall'art. 12, comma 2, delle preleggi, per la sola norma di legge, fermo restando che il giudice, ai sensi dell'art. 1365 c.c., può estendere, mediante un'interpretazione estensiva, una pattuizione ad un caso non espressamente contemplato dalle parti ma ragionevolmente assimilabile a quello regolato (nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata che, ai fini del calcolo dell'anzianità per la progressione in carriera di dipendente di banca, aveva applicato la pattuizione del c.c.n.l. che, nel caso di prestazione di servizio per meno di quattro mesi in un anno, prevedeva la conferma della valutazione dell'anno precedente, alla diversa ipotesi della sospensione dal servizio disposta in novembre a seguito di un procedimento disciplinare). Ugualmente, Cass. sez. lav., n. 9186/1997, in trema di interpretazione del contratto collettivo di diritto comune, afferma non viola l'art. 1365 c.c. la sentenza di merito che decidendo dell'attribuzione al lavoratore del terzo livello previsto dal contratto collettivo 19 giugno 1987 per i dipendenti da aziende municipalizzate, consideri non decisivo per escludere tale attribuzione il mancato possesso da parte del dipendente dell'autorizzazione amministrativa quale guardia giurata ai sensi dell'art. 138 r.d. n. 773/1931, esplicitamente prevista nel contratto per la figura professionale dell'addetto alla vigilanza, interpretando tale previsione alla luce della più ampia portata della declaratoria contrattuale, e rilevando l'assenza di apprezzabili differenze di mansioni in dipendenza dal possesso o meno di detta autorizzazione, atteso che a norma del cit. art. 1365 c.c. l'esemplificazione contenuta in un contratto per spiegarne la portata non sta a significare che i casi non espressi siano esclusi.

Ambito di applicabilità della previsione

La norma trova applicazione anche in relazione agli atti unilaterali (Cass. II, n. 2059/1962) ed agli atti di ultima volontà (Cass. II, n. 3099/2005)..

Bibliografia

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