Codice Civile art. 1383 - Divieto di cumulo.Divieto di cumulo. [I]. Il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo. InquadramentoLa norma in esame prevede che, ove la penale sia stata pattuita per l'inadempimento, il creditore non può richiedere contestualmente l'adempimento della prestazione principale e la penale. Peraltro, ciò non esclude che le parti possano convenire, nell'ambito della loro autonomia contrattuale, secondo la previsione dell'art. 1382 c.c., una penale sia per l'ipotesi di inadempimento sia per quella di ritardo nell'adempimento, e quindi contemplare per lo stesso rapporto due diverse penali, anche cumulativamente tra loro per tali due ipotesi (v., tra le molte, Cass. n. 8813/2003). In ogni caso, sebbene le parti possano convenire una penale per l'inadempimento ed una per il ritardo, resta ferma l'impossibilità di richiedere la prestazione principale (De Nova, 380) Portata del divietoCome rilevato, il divieto dettato dalla norma in esame non esclude che le parti possano, nell'ambito della loro autonomia contrattuale, convenire, secondo la previsione dell'art. 1382 c.c., una penale sia per l'ipotesi di inadempimento sia per l'ipotesi di ritardo nell'adempimento, e quindi contemplare per lo stesso rapporto due diverse penali, anche cumulativamente tra loro per tali due ipotesi (cfr. Cass. n. 8813/2003, la quale ha precisato che, in tal caso, ossia in presenza di richiesta di risarcimento per il ritardo e per l'inadempimento, il giudice ha il potere, esercitabile solo su istanza della parte interessata, di ridurre ad equità la penale, per manifesta eccessività o sopravvenuta onerosità). In sostanza, in ossequio al principio dell'autonomia contrattuale, le parti hanno facoltà di predeterminare con una clausola penale l'entità del risarcimento sia per l'ipotesi di inadempimento, sia per quella di ritardo nell'adempimento, nonché, cumulativamente, per entrambe, con la conseguenza che l'effetto proprio della clausola de qua (e cioè quello di limitare l'onere del risarcimento dei danni alla misura predeterminata dalle parti) non può operare se non con riferimento all'ipotesi prevista dalle stesse parti, sicché, ove la penale sia stata pattuita solo in funzione dell'inadempimento ed il creditore, interessato a conseguire (anche tardivamente) la prestazione dovuta, insista per l'adempimento, legittimamente egli può domandare anche il risarcimento dei danni da ritardo, di talché la relativa liquidazione non dovrà necessariamente essere contenuta nei limiti predeterminati dalle parti con la clausola penale, dovendo per converso essere operata secondo i normali criteri di liquidazione (Cass. n. 16492/2002). Anche di recente, intervenendo sulla portata della norma in esame, la S.C. ha precisato che la stessa vieta il cumulo tra la domanda della prestazione principale e quella diretta ad ottenere la penale per l'inadempimento, ma non esclude che si possa chiedere tale prestazione insieme con la penale per il ritardo e, nella ipotesi di risoluzione del contratto, il risarcimento del danno da inadempimento e la penale per la mancata esecuzione dell'obbligazione nel termine stabilito ovvero, cumulativamente, la penale per il ritardo e quella per l'inadempimento, salva, nel caso di cumulo di penale per il ritardo e prestazione risarcitoria per l'inadempimento, la necessità di tenere conto, nella liquidazione di quest'ultima, della entità del danno ascrivibile al ritardo che sia stato già autonomamente considerato nella determinazione della penale, al fine di evitare un ingiusto sacrificio del debitore (Cass. II, n. 27994/2018). Occorre considerare che, tuttavia, diversamente, nelle obbligazioni di durata assistite da una clausola penale, il divieto di cumulo ex art. 1383 c.c. fra la prestazione principale e la penale concerne le sole prestazioni già maturate ed inadempiute ma non anche quelle non ancora maturate, non coperte dalla penale, giacché, in caso contrario, il debitore potrebbe sottrarsi all'obbligazione attraverso il proprio inadempimento (cfr. Cass. III, n. 6015/2018, la quale ha cassato la sentenza impugnata che, in ipotesi di risoluzione di diritto del contratto di locazione, aveva negato il diritto del locatore a conseguire la clausola penale prevista in caso di inadempimento unitamente al risarcimento dovuto per la tardiva riconsegna dell'immobile ex art. 1591 c.c.).. BibliografiaBasini, Risoluzione del contratto e sanzione dell'inadempiente, Milano, 2001; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino 1990; Bonilini, Sulla natura vessatoria della clausola penale, in Contratti 1993, 247; Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1949; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; De Luca, La clausola penale, Milano, 1998; De Nova, Clausola penale e caparra, in Dig. civ., Torino, 1988; Di Majo, La riduzione della penale ex officio, in Corr. giur., 2005, 1538; Magazzù, Clausola penale, in Enc. dir., Milano, 1960; Marini, La clausola penale, Napoli, 1984; Moscati, Pena privata e autonomia privata, in Riv. dir. comm., 1985, I, 511 ss.; Trimarchi, La clausola penale, Milano, 1954; Trimarchi, voce Caparra, in Enc. dir., Milano, 1960; Zoppini, La pena contrattuale, Milano, 1991. |