La clausola sociale non impone l’assunzione automatica dei dipendenti “uscenti”, né di mantenere invariati i pregressi livelli retributivi
27 Maggio 2019
Nel dichiarare l'improcedibilità del ricorso, il Collegio ha affermato che il rispetto della clausola sociale, quando dovuto, non comporta la necessaria assunzione di tutti i dipendenti dell'appaltatore uscente, né di mantenere invariati i livelli retributivi pregressi. Per il Collegio, infatti, la clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale riconosciuta e garantita dall'art. 41 Cost. a fondamento dell'autogoverno dei fattori di produzione. Diversamente opinando, si lederebbe il principio di concorrenza scoraggiando la partecipazione alla gara, limitando la platea dei partecipanti in contrasto con l'autonomia di gestione propria dell'archetipo del contratto di appalto. Alla clausola sociale, pertanto, non può essere attribuito alcun effetto automaticamente e rigidamente escludente, ma deve essere armonizzata e resa compatibile con il contesto dello stesso appalto e con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante. La clausola non comporta dunque alcun obbligo per l'impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato e in forma automatica e generalizzata alle medesime condizioni il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria” (in termini, Cons. Stato, sez. III, n. 5444 del 2018 ed i precedenti ivi citati).
Nel caso di specie la clausola sociale opererebbe esclusivamente per i lavoratori assunti e inquadrati nell'ambito del collettivo menzionato dal bando di gara (addetti a servizi di biglietteria), non anche per i dipendenti inquadrati nel CCNL Servizi Fiduciari (addetti ai servizi di accoglienza e coordinamento), sicché l'eventuale differenziale retributivo in peius o altre pretese condizioni contrattuali deteriori per i lavoratori sarebbero l'effetto non di violazione dell'art. 4 del CCNL Multiservizi, bensì dell'applicazione di un differente contratto collettivo. Quanto alla connessa questione giuridica, della facoltà per l'appaltatore subentrante nel servizio di applicare un contratto di lavoro diverso da quello del precedente datore di lavoro, la giurisprudenza ha ripetutamente espresso l'avviso positivo, affermando che “in materia di appalti pubblici, la scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative di organizzazione dell'imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, con il solo limite che esso risulti coerente con l'oggetto dell'appalto” (Cons. Stato, sez. V, n. 932 del 2017). L'applicazione di un determinato contratto collettivo non può essere imposta alle imprese concorrenti quale requisito di partecipazione, né la mancata applicazione di un contratto di lavoro può essere a priori sanzionata dalla stazione appaltante con l'esclusione (Cons. Stato, sez. III, n. 5597 del 2015). |