Il bando di gara e la clausola sociale
13 Giugno 2019
Secondo quanto previsto dall'art. 12-bis l. reg. n. 27 del 2007, la clausola cd. “sociale” non ha un'applicazione rigida: essa, infatti, impone di garantire «le condizioni economiche e contrattuali già in essere» al personale impiegato nell'appalto solo «compatibilmente» con una «gestione efficiente dei servizi» e con le esigenze correlate al«l'organizzazione d'impresa», oltre che «con la normativa vigente sugli appalti». Una clausola sociale così formulata è conforme alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui l'obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà di impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell'appalto (cfr. da ultimo: Cons. Stato, III, 30 gennaio 2019, n. 750, 29 gennaio 2019, n. 726, 7 gennaio 2019, n. 142, 18 settembre 2018, n. 5444, 5 maggio 2017, n. 2078; V, 17 gennaio 2018, n. 272, 18 luglio 2017, n. 3554).
L'elasticità di applicazione della clausola non può peraltro spingersi fino al punto da legittimare politiche aziendali di dumping sociale in grado di vanificare gli obiettivi di tutela del lavoro perseguito attraverso la stessa; non può, in particolare, giustificare un massiccio ricorso all'istituto dell'apprendistato, poiché questo non garantisce la conservazione del posto del lavoro al termine del periodo minimo per esso previsto. |