Osservatorio sulla Cassazione - Maggio 2019

La Redazione
26 Giugno 2019

Torna l'appuntamento con l'osservatorio sulla Corte di Cassazione: una rassegna delle più interessanti sentenze di legittimità depositate nel mese di maggio.

Cessione dei crediti e revocatoria

Cass. Civ. - Sez. I - 2 maggio 2019 - n. 11589, ord.

In tema di cessione dei crediti d'impresa, i pagamenti eseguiti in favore dell'imprenditore cedente non sono revocabili, ai sensi dell'art. 6 della l. n. 52 del 1991, a condizione che il cessionario sia una banca o un intermediario finanziario di cui al d.lgs. n. 385 del 1993, ovvero una società che svolga l'attività di acquisto di crediti da soggetti appartenenti al proprio gruppo che non siano intermediari finanziari, e che i crediti ceduti sorgano da contratti stipulati nell'esercizio dell'impresa, restando irrilevante che la cessione sia avvenuta mediante l'erogazione di una anticipazione sul valore dei crediti ceduti.

Reati fallimentari nei gruppi: i vantaggi compensativi vanno provati

Cass. Pen. – Sez. V – 13 maggio 2019, n, 20494, sent.

Nei reati di bancarotta commessi in un contesto di gruppo societario, a fronte della natura oggettivamente distrattiva di una specifica operazione, l'amministratore ha l'onere di allegare l'esistenza di uno specifico vantaggio derivante dall'atto di disposizione patrimoniale, complessivamente riferibile al gruppo, che sia soprattutto produttivo per la società fallita di benefici, sia pure indiretti, in concreto idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione stesa per la società fallita e per i creditori. Non può, viceversa, sostenersi che la mera appartenenza della società a un gruppo renda plausibile l'esistenza di generici vantaggi compensativi.

Rinuncia della domanda tempestiva di insinuazione al passivo e chiusura del fallimento

Cass. Civ. - Sez. I – 16 maggio 2019 - n. 13270, ord.

A seguito della riforma della legge fallimentare di cui al d.lgs. n. 5 del 2006 ed al d.lgs. n. 169 del 2007, l'art. 118, comma 1, n. 1, l.fall. va interpretato nel senso che il fallimento non può essere chiuso quando siano state comunque presentate domande tempestive di insinuazione al passivo, ancorché successivamente rinunciate, potendo l'eventuale rinuncia alle domande, siano esse tempestive o tardive, rilevare soltanto ai fini della chiusura della procedura ai sensi dell'art. 118, comma 1, n. 2, l.fall.

Crediti litigiosi pendenti ed estinzione della società per effetto della chiusura del fallimento

Cass. Civ. – Sez. I – 22 maggio 2019, n. 13291, ord.

Anche in conseguenza della obbligatoria cancellazione dal registro delle imprese, ai sensi dell'art. 118, n. 4, l.fall., a seguito di chiusura del fallimento per insufficienza dell'attivo, si determina l'estinzione della società ed un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori (ed i conseguenti crediti) facenti capo all'ente, ma che non siano stati realizzati dal curatore fallimentare, si trasferiscono ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa, salvo che il mancato espletamento del recupero giudiziale consenta di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento liquidatorio. Ove il credito litigioso pendente non sia stato portato, o dai soci o dagli amministratori o dai liquidatori, a conoscenza del curatore del fallimento, il quale non lo abbia perciò incluso tra le voci dell'attivo da realizzare, si deve legittimamente ritenere che esso ab origine sia stato tacitamente rinunciato dalla società e quindi non possa formare oggetto di recupero giudiziale in forza della legittimazione successoria dei soci a seguito della estinzione della società fallita.

Rapporti tra fallimento e misure di prevenzione: alle S.U. la legittimazione del curatore a chiedere la revoca del sequestro

Cass. Pen. – Sez. III – 23 maggio 2019, n. 22602, ord.

Va rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione: se il curatore fallimentare sia legittimato a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca e ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale, quando il vincolo penale sia stato disposto prima della dichiarazione di fallimento.

L'azione individuale del socio presuppone un danno diretto

Cass. Civ. – Sez. III – 30 maggio 2019, n. 14778, sent.

Il terzo (o il socio) è legittimato, anche dopo il fallimento della società, ad esperire azione individuale di responsabilità, ex art. 2495 c.c., per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall'amministratore, a condizione che tali danni siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato, e non il mero riflesso del pregiudizio subito dalla società e dal suo patrimonio.

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