Il finanziamento contratto per la soluzione della crisi da sovraindebitamento

06 Novembre 2019

Sono un gestore della crisi per conto dell'OCC Camera di Commercio. Il debitore mi ha proposto di fare fronte alla propria posizione debitoria mediante il netto ricavo di un finanziamento bancario in sostituzione della liquidazione del patrimonio. È una strada percorribile?

Sono un gestore della crisi per conto dell'OCC Camera di Commercio. Il debitore mi ha proposto di fare fronte alla propria posizione debitoria mediante il netto ricavo di un finanziamento bancario in sostituzione della liquidazione del patrimonio. È una strada percorribile? In pratica paga parte dei debiti con un nuovo debito.

Il quesito attiene alla possibilità di contrarre un finanziamento bancario per porre rimedio a una situazione di sovraindebitamento. La valutazione in ordine a tale possibilità deve considerare le finalità degli strumenti a disposizione del debitore non fallibile per il superamento della crisi, prima ancora che la disciplina normativa delle procedure da sovraindebitamento di cui alla L. 27 gennaio 2012, n. 3. Di seguito si riportano alcune brevi considerazioni alla luce dei diversi strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento.

A. L'accordo e il piano del consumatore hanno l'espressa finalità di “comporre” la crisi, ossia di ristrutturare i debiti del soggetto sovraindebitato. In tale ottica, l'effetto di un finanziamento bancario nei termini suddetti è in sostanza quello di convertire una serie di debiti pregressi scaduti in un'unica passività (anche di valore inferiore alla somma dei debiti anteriori - su cui infra) riscadenzata; in ultima analisi, il debitore ottiene una dilazione dell'esposizione debitoria per il tramite di un terzo. Se così è, in astratto il finanziamento bancario non appare incompatibile con gli obiettivi propri delle procedure di composizione della crisi in ordine alla ristrutturazione dei debiti. Tale conclusione, inoltre, non risulta in contrasto con il dato normativo. Il legislatore menziona infatti all'art. 12, comma 5, L. n. 3/2012 possibili “finanziamenti effettuati in esecuzione o in funzione dell'accordo omologato”. Più in generale, nell'ambito dell'accordo o anche del piano la finalità del superamento della crisi può essere perseguita “attraverso qualsiasi forma” a norma dell'art. 8 della medesima legge. In tale ampia dicitura rientra - secondo una recente pronuncia del Tribunale di Rimini - pure “il ricorso al finanziamento da parte di un ente finanziatore”; “peraltro, un elemento indiziante circa la fattibilità giuridica del piano nel senso sopra indicato è offerto dal medesimo articolo citato che al comma 3 bis consente la possibilità per il consumatore di ricorrere ai contributi delle associazioni antiracket e antiusura, secondo un piano di rimborso rateale descritto nella proposta e nel piano” (Trib. Rimini 1 marzo 2019, in Il caso). Con la conseguenza che sembrerebbe pertanto possibile proporre il pagamento di parte dei debiti che hanno causato il sovraindebitamento con un nuovo debito finanziario.

La predetta possibilità di ristrutturare i debiti ricorrendo a un finanziamento bancario deve in ogni caso essere declinata in concreto, nel rispetto dei diversi vincoli stabiliti per legge ed elaborati dalla giurisprudenza. Senza pretesa di completezza, si segnala in particolar modo la necessità che:

  • le regole del concorso dei creditori e segnatamente le cause di prelazione non siano sovvertite per effetto del pagamento dei debiti mediante ricorso a un finanziamento. Al riguardo, viene in rilievo altresì la disposizione di cui all'art. 7, comma 1, L. n. 3/2012 ove è consentito che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca siano soddisfatti parzialmente, purché in misura non inferiore a quella realizzabile con la liquidazione dei beni o dei diritti su cui insiste la causa di prelazione. Anche tramite il finanziamento, cioè, i crediti prelatizi devono essere pagati per un importo almeno pari al valore di liquidazione dei beni o dei diritti posti a garanzia degli stessi;
  • la fattibilità economica della proposta di accordo o di piano sia assicurata anche in punto di rimborso del finanziamento. Il debitore deve essere cioè nella condizione di poter sostenere i debiti consolidati nel finanziamento, ovvero di poter far fronte con regolarità agli obblighi connessi alla restituzione del prestito stesso (cfr., in merito, la citata pronuncia del Tribunale di Rimini, che reca la valutazione effettuata prima di stabilire che “l'impegno economico previsto [dal finanziamento] è sostenibile”, posto che nell'ipotesi opposta non sarebbe nemmeno possibile conseguire l'obiettivo dell'effettivo superamento della crisi);
  • la convenienza del soddisfacimento dei crediti nella misura e nei tempi proposti con l'accordo o il piano risulti all'esito di un raffronto con l'alternativa della liquidazione del patrimonio in caso di contestazioni dei creditori a norma degli artt. 12, comma 2, e 12-bis, comma 4, L. n. 3/2012. A ciò si aggiunga per il piano anche un necessario profilo di meritevolezza della condotta del debitore che si assume l'impegno del prestito, pur - come nel caso concreto - volendo mantenere la disponibilità di taluni beni che costituirebbero parte della garanzia dei creditori ex art. 2740 c.c.;
  • il finanziamento sia dettagliato nella proposta presentata ai creditori e/o al tribunale competente. Peraltro, ai fini del perfezionamento del relativo contratto si ritiene debba essere osservata la disciplina inerente agli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione applicabile a seconda della fase in cui il contratto stesso è stipulato (cfr. l'art. 167, comma 2, l. fall., che include i mutui tra gli atti di straordinaria amministrazione nel concordato preventivo).

B. La liquidazione del patrimonio ha la finalità essenzialmente di monetizzare i beni presenti e futuri del soggetto sovraindebitato. Come noto, i beni in titolarità del debitore devono essere liquidati ai fini della ripartizione del ricavato tra i creditori che hanno domandato di partecipare alla procedura con l'effetto, se ne ricorrono i presupposti, dell'esdebitazione. In tale procedimento sostituire parte dei beni destinati ai creditori con un finanziamento bancario pare essere prima di tutto in contrasto con lo stesso strumento liquidatorio, cui sono assoggettati obbligatoriamente tutti i beni del debitore (con le sole esclusioni di cui all'art. 14-ter, comma 6, L. n. 3/2012). Per di più, il prestito risulta di dubbia funzionalità per la procedura. A differenza di un apporto pro bono, l'acquisizione di finanza che implichi l'assunzione in capo al debitore di ulteriori obblighi di pagamento non sembra portare alcun beneficio concreto ai creditori (neanche ai meri fini dell'accesso alla procedura, per la quale non è richiesta alcuna previsione di soddisfacimento minimo dei creditori), specie ove possa tradursi in una passività prededucibile. Chiarificatore in tal senso è il parallelismo con il fallimento, nell'ambito del quale - salvo il caso dell'esercizio provvisorio dell'impresa - non vi è ragione per il curatore di domandare un finanziamento.

Alla luce di quanto sopra - ferma la facoltà di una sistemazione dei debiti tramite finanziamento bancario al di fuori di ogni procedimento concorsuale - nelle procedure da sovraindebitamento tale soluzione sembra poter essere in astratto compatibile solo con l'accordo e il piano del consumatore e non invece con la liquidazione del patrimonio. Il finanziamento deve tuttavia rispettare in concreto i vincoli sostanziali e formali a garanzia della fattibilità giuridica ed economica della proposta e del piano di ristrutturazione dei debiti del soggetto sovraindebitato, nonché in ultima analisi le finalità proprie delle procedure da sovraindebitamento.

Riferimenti normativi - Artt. 6, 7, 8, 10, 12, 12-bis e 14-ter, L. 27 gennaio 2012, n. 3.

Riferimenti giurisprudenziali - Sul finanziamento nell'accordo di composizione della crisi e nel piano del consumatore: Trib. Rimini 1 marzo 2019, in www.ilcaso.it, 2019; cfr. anche Trib. Torino 16 novembre 2017 ove è statuito che “Né requisito richiesto per il sovraindebitamento è quello di avere un patrimonio immediatamente “spendibile”, ben potendo lo stesso ottenere un finanziamento da terzi per pagare i debiti, ovvero proporne il pagamento utilizzando il proprio stipendio mensile ovvero liquidando dei beni”. In tema di convenienza e di meritevolezza di un piano ove sia previsto che il soggetto sovraindebitato trattenga per sé uno o più beni: tra le altre, Trib. Santa Maria Capua Vetere 14 febbraio 2017, in Leggi d'Italia, 2017, per cui difetta la convenienza se “il piano stesso non teneva conto dell'esistenza di un bene immobile la cui vendita avrebbe potuto coprire la totalità dell'indebitamento e che il proponente intendeva viceversa conservare totalmente per sé”; Trib. Parma 31 marzo 2019, inedito, che ha omologato un piano nel quale è previsto che il debitore mantenga la disponibilità dell'immobile adibito ad abitazione principale. Si veda anche Trib. Pistoia 8 gennaio 2014, in Foro it., 2015, 1, 1, 316. Sulla finanza esterna nella liquidazione del patrimonio e il parallelismo con il fallimento: tra le ultime, Trib. Verona 21 dicembre 2018, in Leggi d'Italia, 2019.

Riferimenti dottrinali - Cossu-Monteverde, Percorsi di giurisprudenza - Il sovraindebitamento, in Giur. it., 2019, 6, 1453 ss.

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