La condanna non definitiva del socio e procuratore con poteri di rappresentanza può rilevare come grave illecito professionale

07 Novembre 2019

Le conclusioni rassegnate nella sentenza in commento hanno riguardo all'ambito, soggettivo e temporale, di rilevanza della causa di esclusione del grave illecito professionale.
Massima

Le fattispecie ascrivibili ai gravi illeciti professionali comprendono condotte imputabili direttamente all'operatore economico persona giuridica (es. le risoluzioni contrattuali, le penali, le annotazioni nel casellario informatico dell'Anac) e comportamenti riferibili soltanto indirettamente all'impresa, in quanto posti in essere da persone fisiche che agiscono in nome e per conto della stessa.

In questo secondo caso, in applicazione del principio dell'immedesimazione organica, che consente l'imputazione all'ente delle azioni poste in essere dai propri organi nel suo interesse, la ricorrenza della causa ostativa alla partecipazione alla gara deve essere accertata nei confronti dei soggetti legittimati ad agire in rappresentanza della società e, quindi, dei soggetti indicati nel terzo comma dell'art. 80 delD.lgs. n. 50 del 2016.

In applicazione di tali coordinate, avrebbe dovuto essere comunicata alla stazione appaltante la sentenza di condanna non definitiva per turbativa d'asta emessa nei confronti del socio e procuratore con poteri di rappresentanza. Non rileva la circostanza che la sentenza sia intervenuta nel periodo intercorso fra l'aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto, in quanto i requisiti di partecipazione alla gara devono essere mantenuti senza soluzione di continuità per tutta la durata non solo della procedura di aggiudicazione, ma anche del rapporto con la stazione appaltante.

Il caso

La vicenda posta all'attenzione del Tar Lazio riguarda una procedura di gara indetta per l'affidamento di un appalto di lavori, soggetta alle previsioni del D.lgs. n. 50 del 2016.

L'impresa ricorrente impugnava la revoca dell'aggiudicazione disposta dalla stazione appaltante in esito alla verifica dei requisiti generali di partecipazione ripetuta prima della stipula del contratto. Da tale verifica era emerso che l'aggiudicataria aveva omesso di comunicare all'amministrazione la sentenza di condanna non definitiva per turbativa d'asta emessa, successivamente all'aggiudicazione, nei confronti del socio e procuratore con poteri di rappresentanza della società.

La revoca veniva, in particolare, motivata in base al ritenuto rilievo della condanna e dell'omessa comunicazione della stessa alla stazione appaltante in termini di grave illecito professionale ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), D.lgs. n. 50 del 2016.

Il Tar Lazio ha respinto il ricorso, ritenendo che l'amministrazione, determinandosi per la revoca dell'aggiudicazione per le predette ragioni, abbia fatto corretta applicazione del quadro normativo di riferimento e, in specie, dell'art. 80, comma 5, lett. c) come interpretato dalle Linee Guida Anac n. 6.

La questione

Le conclusioni rassegnate nella sentenza in commento hanno riguardo all'ambito, soggettivo e temporale, di rilevanza della causa di esclusione del grave illecito professionale.

Sotto il primo profilo, il Tar è chiamato a pronunciarsi sulla questione – pregiudiziale rispetto a quella della legittimità della revoca disposta in ragione dell'omessa comunicazione della sentenza di condanna in capo al legale rappresentante - della conformità o meno al dettato normativo delle Linee Guida Anac n. 6 nella parte in cui prevedono che il requisito dell'assenza di gravi illeciti professionali deve essere accertato nei confronti dei soggetti indicati all'art. 80, comma 3, per i casi in cui la condotta sia riferibile ad una persona fisica.

Per quanto attiene all'ambito temporale di sussistenza dell'obbligo di comunicare alla stazione appaltante la fattispecie potenzialmente rilevante come grave illecito professionale, viene in rilievo il tema della estendibilità dello stesso al periodo intercorrente tra l'aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto, successivo alla fase di comprova dei requisiti di partecipazione.

Le soluzioni giuridiche

Il Tar ritiene che l'opzione interpretativa delle Linee Guida Anac n. 6 in base alla quale può rilevare come grave illecito professionale la sentenza di condanna per un reato commesso dal socio e procuratore con poteri di rappresentanza debba ritenersi immune dai denunciati vizi di indebito ampliamento dell'ambito soggettivo della fattispecie di cui all'art. 80 c. 5 lett. c) del D.lgs. n. 50 del 2016 e che, dunque, l'amministrazione, escludendo l'impresa per la ritenuta sussistenza della causa di esclusione anche sotto il profilo dell'omessa dichiarazione, abbia fatto corretta applicazione della norma come interpretata dalle Linee Guida.

Per giungere a tale conclusione, i giudici della I Sezione prendono le mosse dalla distinzione, operata nelle Linee Guida, tra le condotte - potenzialmente rilevanti come grave illecito professionale - imputabili direttamente all'operatore economico persona giuridica (es. le risoluzioni contrattuali, le penali, le annotazioni nel casellario informatico dell'Anac) e quelle in cui i comportamenti sono riferibili soltanto indirettamente all'impresa, in quanto posti in essere da persone fisiche che agiscono in nome e per conto dell'ente.

Il Tar ritiene che, in quest'ultimo caso, la ricorrenza della causa ostativa debba essere accertata nei confronti dei soggetti legittimati ad agire in rappresentanza dell'ente «e quindi dei soggetti individuati all'art. 80 comma 3 del codice dei contratti pubblici», sulla base del principio dell'immedesimazione organica, che consente l'imputazione all'ente delle azioni poste in essere dai propri organi nel suo interesse.

Considerando che nel vigente sistema normativo la responsabilità penale riguarda direttamente le sole persone fisiche e non anche le imprese, diversamente opinando si precluderebbe alle stazioni appaltanti di valutare, ai fini dell'esclusione della gara, fattispecie, quali le condanne inflitte a persone fisiche che agiscano in nome e per conto dell'ente, che possono effettivamente mettere in dubbio la moralità/affidabilità dell'impresa.

A fronte dell'obiezione, mossa dalla ricorrente, per cui i fatti di turbativa d'asta sarebbero stati realizzati dal socio/rappresentante non per conto della società ma a titolo personale, il Collegio conclude per l'irrilevanza della stessa, sottolineando come la revoca dell'aggiudicazione sia stata disposta dall'amministrazione non solo per la ritenuta rilevanza della condanna in termini di grave illecito professionale, ma anche per la mancata comunicazione della fattispecie, il che ha impedito alla stazione appaltante di valutare consapevolmente l'affidabilità del concorrente.

In proposito, il Tar ribadisce il consolidato principio per cui i concorrenti sono tenuti a dichiarare «qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all'amministrazione» in punto di sussistenza della causa di esclusione della lett. c) dell'art. 80 (Cons. St., sez. V, 24 settembre 2018, n. 5500).

Parimenti, è ritenuta irrilevante la circostanza che la sentenza di condanna sia intervenuta nel periodo intercorrente fra l'aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto, considerato che, per un verso, per giurisprudenza granitica i requisiti di partecipazione alla gara devono essere mantenuti dall'impresa partecipante per tutta la durata del rapporto con la stazione appaltante e senza soluzione di continuità (Cons. St., Ad. Plen., nn. 5, 6 e 10/2016) e, sotto concorrente profilo, il bando della gara in questione prevedeva espressamente che il concorrente avrebbe dovuto dichiarare di non trovarsi in alcuna delle condizioni che per legge possono determinare l'esclusione «o l'incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione».

Osservazioni

Il Tar nella sentenza in commento conferma la tesi dell'onnicomprensività dell'obbligo dichiarativo avente ad oggetto le fattispecie potenzialmente rilevanti come grave illecito professionale, rassegnando conclusioni che, fatte talune precisazioni, appaiono condivisibili.

Il rispetto del dettato dell'art. 80 del Codice e dell'art. 57 della direttiva 2014/24/UE - che espressamente riferiscono la causa di esclusione del grave illecito professionale esclusivamente all'“operatore economico” - e dei principi di proporzionalità, concorrenza, tassatività delle cause di esclusione impone di ritenere che l'esclusione per mancanza del requisito di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del D.lgs. n. 50 del 2016 possa essere comminata dalle stazioni appaltanti solo accertando ed esplicitando nella motivazione del provvedimento l'effettiva idoneità della fattispecie a mettere in discussione la moralità e/o l'affidabilità del concorrente.

Pertanto, con riguardo al tema dell'ambito soggettivo di rilevanza della causa di esclusione, se pure - come ritenuto dal Tar - l'obbligo dichiarativo possa ritenersi di ampiezza tale da ricomprende le sentenze di condanna (anche non definitive ed anche per reati diversi da quelli di cui all'art. 80 comma 1) emesse nei confronti dei soggetti elencati nel comma 3, al fine di consentire ogni opportuna valutazione da parte dell'amministrazione, tuttavia i sopra ricordati principi impongono di puntualizzare che l'esclusione dovrebbe essere ragionevolmente comminata solo nei casi in cui il reato sia stato commesso da uno di tali soggetti nel contesto dell'attività di gestione/controllo dell'impresa partecipante alla procedura e non anche quando la condotta illecita non sia stata posta in essere nell'esercizio dell'attività professionale in questione oppure nel contesto della gestione/controllo di una diversa impresa, casi nei quali non può operare l'invocato principio di immedesimazione organica tra la persona giuridica e la persona fisica.

Tanto si deduce dalla pronuncia del Consiglio di Stato n. 1649/2019 che ritiene l'obbligo dichiarativo con riferimento ad una condanna inerente un reato in passato commesso, da un attuale esponente di vertice della società, in qualità di responsabile della stessa, chiarendo che possono rilevare come grave illecito professionale le condanne «riferite agli esponenti dell'impresa per mezzo dei quali la stessa agisce sul mercato o comunque tenuti, in ragione dei propri poteri di controllo, ad assicurare che la relativa attività si svolga nel rispetto delle norme di diritto vigenti», così delimitando l'ambito di rilevanza alle vicende verificatesi nel contesto dell'amministrazione della società o della vigilanza sul rispetto, nell'attività di gestione della stessa, delle norme vigenti.

Il concetto si ritrova, più esplicitamente espresso, nella sentenza della II sezione del Tar Lazio n. 7836/2019 in cui, premesso che le cause di esclusione del comma 5 dell'art. 80 «sono testualmente riferite al solo “operatore economico”, in maniera corrispondente a quanto previsto dall'art. 57 della Direttiva nr. 24/2014» e, quindi, non possono essere estese alla condanna riportata dal socio di maggioranza, si aggiunge che tale fattispecie non si presta nemmeno «a giustificare una possibile rilevanza indiretta del comportamento del socio ai fini di un accertamento “atipico” dell'affidabilità di quest'ultima società come operatore economico in quanto tale (includendo la condanna del socio tra i “mezzi adeguati” che rendano dubbia l'integrità della persona giuridica ..), dato che (a tacere della necessità, in tali casi, di una motivazione adeguata diversa dal mero automatismo tra fatto ed effetto) le responsabilità accertate in capo al socio stesso concernono, nel caso di specie, omissioni riferibili ad altra persona giuridica di cui il socio aveva la legale rappresentanza (ed in tale veste)».

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