Ricorso contro l'avviso di accertamento in materia di IVA (generico)

Carlo Buonauro

Inquadramento

L'IVA (imposta sul valore aggiunto, che si produce nel sistema economico per effetto degli scambi di beni e servizi), di derivazione europea, nel sistema tributario italiano (d.P.R. n. 633/1972) rappresenta un'imposta indiretta (non colpendo direttamente la capacità contributiva del contribuente, ma soltanto una sua manifestazione, quale il consumo), proporzionale (dipendendo il suo ammontare dal prodotto tra il prezzo del bene e l'aliquota relativa, a prescindere dal numero di passaggi che il bene subisce nel corso del processo produttivo-distributivo), neutra (colpendo il maggior valore che ciascuna fase del processo aggiunge al bene/servizio considerato) e generale (colpendo tutti i contribuenti, senza distinzioni di sorta).

L'art. 1 del d.P.R. n. 633/1972, quanto al presupposto impositivo dell'IVA ed al concetto di operazioni imponibili secondo una configurazione definibile come fattispecie a formazione successiva, prevede che l'imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate. Ne discende che essa è subordinata al ricorrere di tre presupposti: soggettivo (applicandosi l'IVA all'esercizio di imprese, arti e professioni ex artt. 4 e 5 del d.P.R. n. 633/1972); oggettivo (applicandosi l'IVA solo sulle operazioni che costituiscono cessione di beni, prestazione di servizi, importazioni ed operazioni intracomunitarie); territoriale (applicandosi l'IVA solo sulle operazioni effettuate nel territorio dello Stato).

In tal senso, è soggetto passivo IVA chiunque eserciti un'attività economica che, ai sensi dell'art. 4 della Direttiva n. 77/388/CE, oggi sostituito dall'art. 9 della Direttiva n. 2006/112/CE, comprende ogni operazione di “sfruttamento” del bene, da intendersi come possibilità di trarre da esso in modo stabile un'utilità sotto forma di corrispettivo, mentre non integra presupposto impositivo la “redditività” dell'attività.

In particolare, l'accertamento parziale dell'IVA è uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, ove le attività istruttorie diano contezza della sussistenza a qualsiasi titolo di attendibili posizioni debitorie e non richiedano, in ragione della loro oggettiva consistenza, l'esercizio di valutazioni ulteriori rispetto al mero recepimento del contenuto della segnalazione della Guardia di finanza, che fornisca elementi idonei a far ritenere la sussistenza di introiti non dichiarati, sicché, nel confronto con gli altri strumenti accertativi, risulta qualitativamente diverso poiché si vale di una sorta di “automatismo argomentativo”, per modo che il confezionamento dell'atto risulta possibile sulla base della sola segnalazione, senza necessità ulteriore approfondimento.

Sul piano procedimentale, infine, è opportuno ricordare che la dichiarazione annuale IVA irregolarmente inviata per via telematica (e quindi scartata) deve considerarsi a tutti gli effetti omessa, con la conseguenza che l'amministrazione finanziaria, in seguito ad un controllo formale della dichiarazione del contribuente dal quale emerga un credito IVA maturato nell'anno di imposta per il quale la dichiarazione risultava omessa, può provvedere all'iscrizione a ruolo dell'imposta detratta e all'emissione della relativa cartella di pagamento, che non deve essere preceduta dalla notifica di un avviso di accertamento.

Formula

ALLA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI ....

RICORSO

Il Sig./La Sig. .... nato a .... il .... C.F. .... residente in .... alla via .... n. ...., CAP .... (oppure: della società .... con sede in ...., via ...., P.IVA o C.F. .... in persona del legale rappresentante pro-tempore), rappresentat. .... e difes. ...., in virtù di procura a margine /in calce e su foglio separato al presente atto, dall'Avv./Dott.Comm./ ...., C.F. ...., con il quale elettivamente domicilia presso il suo studio in .... alla via .... n. .... ai sensi degli artt. 170 e 176 c.p.c., si dichiara di voler ricevere comunicazioni e/o atti difensivi e/o provvedimenti relativi al presente procedimento al seguente indirizzo P.E.C. .... o n. fax ....

PROPONE RICORSO 1

– contro ....;

– avverso il seguente provvedimento prot. n. .... emesso il .... e notificato il ....

PER I SEGUENTI MOTIVI

1) violazione del d.P.R. n. 633/1972 per aver l'Ufficio omesso lo svolgimento, in sede di accertamento iva “a tavolino”, del necessario contraddittorio: in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell'ambito delle indagini cd. “a tavolino”, il contraddittorio endoprocedimentale ove, come nella specie, l'accertamento attenga a tributi “armonizzati”: pertanto, atteso che il contribuente, odierno ricorrente, ha compiutamente assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non ha proposto un'opposizione meramente pretestuosa (cfr. documentazione allegata), la violazione di tale obbligo comporta l'invalidità dell'atto impugnato con conseguente annullamento dello stesso.

2) violazione dell'art. 57 ultimo comma d.P.R. n. 633/1972 e violazione dell'art. 12, comma 7 l. n. 212/200: nel caso di specie sussiste l'inosservanza dei citati parametri normativi, con conseguente doveroso annullamento dell'impugnato avviso di accertamento atteso che lo stesso, procedendo alla rettifica della dichiarazione IVA per indebita detrazione d'imposta, risulta emesso a seguito di una “ulteriore attività accertativa” da parte dell'Agenzia delle Entrate (per la stessa annualità già sottoposta a verifica) sulla base di una segnalazione effettuata a all'esito di una verifica fiscale nei confronti di altra società, senza chiedere alcun chiarimento all'odierna parte ricorrente.

Alla luce delle svolte considerazioni si rendono le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia la Corte di giustizia tributaria così provvedere:

– in via principale, annullare l'atto impugnato (previa sospensione cautelare ex art. 47 del d.lgs. n. 546/1992);

– con vittoria delle spese di giudizio (con distrazione delle spese processuali al procuratore costituito).

Si chiede la trattazione in pubblica udienza.

Si depositano i seguenti atti: .....

Ai sensi dell'art. 22, comma 3 del d.lgs. n. 546/1992, si attesta la conformità del presente atto all'originale consegnato (o spedito) all'ente convenuto.

Luogo e data ....

Firma ....

PROCURA 2

(generalità del ricorrente) .... nomina proprio procuratore alle liti (titolo) .... e, per l'effetto, lo autorizza a rappresentarlo e difenderlo nel giudizio, conferendo allo stesso ogni più ampia facoltà di legge, ed eleggendo domicilio presso lo studio del predetto legale in ...., via ....

Luogo e data ....

Firma ....

Autentica della Firma ....

[1] [1]Il ricorso deve altresì indicare il valore della lite e contenere la procura a un difensore o a un soggetto abilitato all'assistenza tecnica (obbligatoria quando il valore della controversia supera 3.000,00 € a partire dal 1° gennaio 2016, con l'obbligo anche di indicare la categoria di appartenenza del difensore ai sensi dell'art. 12 d.lgs. n. 546/1992, che consenta al giudice la liquidazione delle spese di lite secondo la tariffa professionale). Il difensore, o il ricorrente in caso di valore della controversia inferiore a 3.000,00 €, deve sottoscrivere sia l'originale sia le copie destinate alle controparti. L'art. 47 d.lgs. n. 546/1992 riconosce, inoltre, al ricorrente la possibilità di chiedere alla Corte di giustizia tributaria di primo grado competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, con istanza inserita nel ricorso o formulata con atto separato, debitamente notificato alle altre parti e depositato in segreteria. La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all'art. 69, comma 2 d.lgs. n. 546/1992.

[2] [2]L'incarico deve essere conferito: con atto pubblico o scrittura privata autenticata; in calce o a margine di un atto nel processo, con certificazione dello stesso incaricato dell'autografia della sottoscrizione; oralmente in udienza pubblica, dandone atto nel verbale.

Commento

La Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, nonché i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che consenta all'Amministrazione finanziaria, a fronte di gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore, di ricorrere ad un metodo induttivo, basato sugli studi di settore stessi, al fine di accertare il volume d'affari realizzato dal contribuente e procedere, di conseguenza, a rettifica fiscale con imposizione di una maggiorazione dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), purché tale normativa e la sua applicazione permettano al contribuente stesso, nel rispetto dei principi di neutralità fiscale, di proporzionalità nonché del diritto di difesa, di contestare, sulla base di tutte le prove contrarie di cui disponga, le risultanze derivanti da tale metodo e di esercitare il proprio diritto alla detrazione dell'imposta ai sensi delle disposizioni contenute nel titolo X della direttiva 2006/112, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (CGUE, IV, 21 novembre 2018, n. 648, nell'ambito di una controversia insorta tra una contribuente italiana e l'Agenzia delle Entrate in merito ad un avviso d'accertamento IVA).

In tema di avviso di accertamento, la motivazione per relationem con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell'esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell'Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l'Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio. (Cass. V, n. 32957/2018 per cui è adeguatamente motivato l'avviso di accertamento che, richiamando il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, evidenziava che la società contribuente aveva annotato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse da altra società “cartiera”, così registrando costi indebiti).

In tema di accertamento ai fini IVA a carico di una società di persone, non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra la stessa ed i soci, atteso che l'atto impositivo non implica una rettifica del reddito dell'ente e, quindi, di quello dei soci: peraltro, sebbene non sia invocabile l'efficacia di giudicato della sentenza emessa nei soli confronti della società, ciò non esclude che l'Amministrazione finanziaria possa notificare l'avviso di mora per l'obbligazione dell'ente direttamente al socio, poiché il diritto di difesa dello stesso è garantito dalla possibilità di contestare la pretesa originaria, impugnando contestualmente gli atti presupposti, la cui notificazione sia stata omessa o risulti irregolare (Cass. V, n. 6531/2018).

In tema d'IVA, il versamento di una caparra confirmatoria a corredo di un preliminare di vendita, rimasto inadempiuto, non determina l'insorgenza del presupposto impositivo, in quanto assolve una funzione di risarcimento forfettario del danno e non di anticipazione del corrispettivo (Cass. V, n. 3736/2019).

In materia tributaria non esiste un principio generale secondo il quale deve essere garantito il contraddittorio endoprocedimentale essendo previsto tale contraddittorio soltanto nei casi tassativamente stabiliti dalla legge come, ad esempio, nel caso di accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuati nei locali ove viene esercitata l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente e a prescindere dalla circostanza che l'operazione abbia o no comportato constatazione di violazioni fiscali. Tuttavia, in materia di IVA, cioè di imposta cd. “armonizzata”, la normativa europea e comunitaria impone che il contraddittorio debba essere in ogni caso garantito, cosa che è avvenuta nel caso di specie laddove il ricorrente è stato posto in grado di sollevare le sue rimostranze in sede di accertamento per adesione, anche se non andato a buon fine in quanto, legittimamente, l'Amministrazione finanziaria non ha considerato sufficiente, ai fini di un'eventuale rideterminazione del reddito, la documentazione da lui prodotta. Pertanto, l'avviso di accertamento oggetto della fattispecie deve considerarsi legittimo essendo stato sufficientemente rispettato il contraddittorio in materia endoprocedimentale, sempre riferito all'imposta cd. “armonizzata” (IVA).

L'obbligo del contraddittorio non è configurabile nel caso in cui la verifica implica un controllo documentale sui dati contabili indicati in dichiarazione, ma presuppone una incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione, in quanto “se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi, non avrebbe indicato quale presupposto di esso l'incertezza riguardante “aspetti rilevanti della dichiarazione. Nel caso di specie, risulta che la richiesta informale avanzata dall'Agenzia delle Entrate riguardava esclusivamente la produzione del quadro riassuntivo della dichiarazione annuale e le liquidazioni periodiche, nonché l'indicazione dell'IVA effettivamente non corrisposta dalla parte. Ne deriva che nessuna indagine interpretativa è stata avviata dall'Ufficio, ma è stato operato solo un riscontro dei versamenti effettuati rispetto a quelli dovuti, tanto che la cartella di pagamento riporta esclusivamente le imposte che la stessa parte ha indicato come non versate.

Una prestazione di servizi è considerata effettuata «a titolo oneroso» soltanto quando tra l'autore di tale prestazione e il suo destinatario intercorra un rapporto giuridico nell'ambito del quale avviene uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, per cui il compenso ricevuto dal primo costituisce il controvalore effettivo del servizio fornito al secondo. Il pagamento del corrispettivo non è elemento essenziale al riscontro del carattere oneroso che l'operazione deve assumere per costituire presupposto dell'imposta, occorrendo, invece, aver riguardo alla fase in cui la prestazione è in concreto eseguita, per verificarne la relazione di reciprocità col corrispettivo (Cass., sez. trib., n. 14407/2017).

Il fatto generatore del tributo IVA e, dunque, l'insorgenza della correlativa imponibilità vanno identificati – non solo sul piano dei rapporti privatistici, ma anche sul piano eminentemente tributario – con la materiale esecuzione della prestazione, giacché, in doverosa aderenza alla disciplina Europea, la previsione di cui all'art. 6, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, va intesa nel senso che, con il conseguimento del compenso, coincide, non l'evento generatore del tributo, bensì, per esigenze di semplificazione funzionali alla riscossione, solo la sua condizione di esigibilità ed estremo limite temporale per l'adempimento dell'obbligo di fatturazione. Ciò comporta, quale indefettibile corollario, che i compensi di prestazioni da attività imprenditoriale o professionale, conseguiti dopo la cessazione dell'attività medesima, devono ritenersi assoggettati ad iva, risultandone lo “statuto” impositivo definito dalla contestuale ricorrenza, all'atto del manifestarsi del fatto generatore dell'imposta (e suo presupposto oggettivo) anche del relativo presupposto soggettivo (Cass., S.U., n. 8059/2016).

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