Ricorso contro l'atto impositivo emesso per cd. frode caroselloInquadramentoLe fattispecie riconducibili alle cd. “frodi carosello” sono caratterizzate dal fatto che la merce acquistata dal contribuente che esercita il diritto alla detrazione IVA proviene in realtà da soggetto diverso da quello interposto o cd. “fantasma” che ha emesso la fattura incassando l'IVA ed omettendo poi di versarla all'Erario. In esse è del tutto irrilevante la prova della regolarità della documentazione contabile della società contribuente e la mera dimostrazione che la merce sia stata effettivamente consegnata o che sia stato effettivamente versato il corrispettivo, trattandosi di circostanze non concludenti, la prima in quanto insita nella stessa nozione di operazione soggettivamente inesistente, e la seconda perché relativa ad un dato di fatto inidoneo di per sé a dimostrare l'estraneità alla frode. Il meccanismo delle cd. “frodi carosello”, in particolare, nelle operazioni di importazione di beni, sfrutta la neutralizzazione dell'IVA all'acquisto mediante l'interposizione di società cartiere, aventi il solo scopo di emettere fatture – con l'esposizione di un'imposta in realtà non versata – destinate ad essere utilizzate nella catena delle cessioni per creare crediti d'imposta inesistenti; pertanto, secondo la consolidata giurisprudenza anche penale (Cass. pen. III, n. 18924/2017), una volta appurata l'oggettiva sussistenza della frode attraverso la ricostruzione dei passaggi in cui, in concreto, detto meccanismo si estrinseca, è insita nella stessa gestione di fatto delle società coinvolte, e conseguentemente nella regia e supervisione delle operazioni commerciali dalle stesse poste in essere, la piena consapevolezza, in capo ai soggetti agenti, del sistema fraudolento complessivo, la cui prova principe è costituita dall'esiguità del prezzo di acquisto della merce rispetto a quello corrente. FormulaALLA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI .... RICORSO EX ART. 18 DEL D.LGS. N. 546/1992 Il Sig./La Sig. .... nato a .... il .... C.F. .... residente in .... alla via .... n. ...., CAP .... (oppure: della società .... con sede in ...., via ...., P.IVA o C.F. .... in persona del legale rappresentante pro-tempore), rappresentat. .... e difes. ...., in virtù di procura a margine/in calce e su foglio separato al presente atto, dall'Avv./Dott.Comm./ ...., C.F. ...., con il quale elettivamente domicilia presso il suo studio in .... alla via .... n. .... ai sensi degli artt. 170 e 176 c.p.c., si dichiara di voler ricevere comunicazioni e/o atti difensivi e/o provvedimenti relativi al presente procedimento al seguente indirizzo P.E.C. .... o n. fax .... PROPONE RICORSO 1 – contro ....; – avverso il seguente provvedimento prot. n. .... emesso il .... e notificato il .... PER I SEGUENTI MOTIVI 1) In materia di operazioni soggettivamente inesistenti, l'Amministrazione finanziaria, che contesti, come nella specie, la cd. “frode carosello”, deve provare, anche a mezzo di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, gli elementi di fatto attinenti al cedente e la connivenza da parte del cessionario, indicando gli elementi oggettivi che, tenuto conto delle concrete circostanze, avrebbero dovuto indurre un normale operatore a sospettare dell'irregolarità delle operazioni. Pertanto, l'atto impugnato si appalesa illegittimo – e va per questo annullato con riconoscimento del diritto alla detrazione in favore del cessionario – non avendo l'Ufficio dato adeguata prova non del coinvolgimento dello stesso nella frode fiscale, ma anche quella della mera conoscibilità dell'inserimento dell'operazione in un fenomeno criminoso, volto all'evasione fiscale. In particolare e quanto al caso in esame, deve osservarsi che il cessionario non solo è del tutto estraneo alle condotte evasive, ma non ne avrebbe potuto acquisire consapevolezza mediante l'impiego della specifica diligenza professionale richiesta all'operatore economico, avuto riguardo alle concrete modalità e alle condizioni di tempo e di luogo in cui si sono svolti i rapporti commerciali, non occorrendo a tal fine anche il conseguimento di un effettivo vantaggio. 2) In ogni caso, anche nella denegata ipotesi in cui si ritenga che l'Amministrazione finanziaria, contestata l'inesistenza di operazioni soggettivamente inesistenti, inserite nell'ambito di una “frode carosello”, assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi e di detraibilità della relativa imposta, abbia provato, anche mediante presunzioni semplici, che dette operazioni, in realtà, sono state effettuate con altri soggetti, parte ricorrente, già in sede procedimentale ed ora in sede processuale, in presenza di siffatta prova, ha pienamente dimostrato il diritto a vedersi riconosciuta la buona fede della propria condotta, avendo documentato: a) che controparte risultava, ex art. 1189 c.c., legittimata a ricevere il pagamento dell'IVA in base a circostanze univoche; e b) di essere esente da ogni profilo di colpa. In particolare, parte ricorrente può legittimamente invocare la buona fede avendo acquistato dalla c.d. cartiera beni a prezzi del tutto congrui rispetto a quelli comunemente praticati, ed abbia così chiarito le modalità con cui ha instaurato e sviluppato i rapporti commerciali (peraltro in via quasi esclusiva) con la società venditrice, soprattutto quando quest'ultima, come nel caso di specie, non solo non sia priva di organizzazione imprenditoriale e di strutture logistiche indispensabili per lo svolgimento di una qualsiasi attività commerciale (i.e., presenza di contratti di locazione degli immobili formalmente indicati come sedi operative e di utenze significative), ma presenti anche adeguati canali di comunicazione (in specie, recapiti telefonici o recapiti per la corrispondenza Internet), tali da permetterne la pubblicità e la conoscibilità nel mercato di riferimento . Alla luce delle svolte considerazioni si rendono le seguenti CONCLUSIONI Voglia la Corte di giustizia Tributaria così provvedere: – in via principale, annullare l'atto impugnato (previa sospensione cautelare ex art. 47 del d.lgs. n. 546/1992); – con vittoria delle spese di giudizio (con distrazione delle spese processuali al procuratore costituito). Si chiede la trattazione in pubblica udienza. Si depositano i seguenti atti: ..... Ai sensi dell'art. 22, comma 3 del d.lgs. n. 546/1992, si attesta la conformità del presente atto all'originale consegnato (o spedito) all'ente convenuto. Luogo e data .... Firma .... PROCURA 2 (generalità del ricorrente) .... nomina proprio procuratore alle liti (titolo) .... e, per l'effetto, lo autorizza a rappresentarlo e difenderlo nel giudizio, conferendo allo stesso ogni più ampia facoltà di legge, ed eleggendo domicilio presso lo studio del predetto legale in ...., via .... Luogo e data .... Firma .... Autentica della Firma .... [1] [1]Il ricorso deve altresì indicare il valore della lite e contenere la procura a un difensore o a un soggetto abilitato all'assistenza tecnica (obbligatoria quando il valore della controversia supera 3.000,00 € a partire dal 1° gennaio 2016, con l'obbligo anche di indicare la categoria di appartenenza del difensore ai sensi dell'art. 12 d.lgs. n. 546/1992, che consenta al giudice la liquidazione delle spese di lite secondo la tariffa professionale). Il difensore, o il ricorrente in caso di valore della controversia inferiore a 3.000,00 €, deve sottoscrivere sia l'originale sia le copie destinate alle controparti. L'art. 47 d.lgs. n. 546/1992 riconosce, inoltre, al ricorrente la possibilità di chiedere alla Corte di giustizia Tributaria di Primo Grado competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, con istanza inserita nel ricorso o formulata con atto separato, debitamente notificato alle altre parti e depositato in segreteria. La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all'art. 69, comma 2 d.lgs. n. 546/1992. [2] [2]L'incarico deve essere conferito: con atto pubblico o scrittura privata autenticata; in calce o a margine di un atto nel processo, con certificazione dello stesso incaricato dell'autografia della sottoscrizione; oralmente in udienza pubblica, dandone atto nel verbale. CommentoIn tema di IVA, ove l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una “frode carosello”, ha l'onere di provare, anche in via indiziaria, non solo l'inesistenza del fornitore, ma anche, sulla base di elementi oggettivi e specifici, che il cessionario sapeva (o avrebbe potuto sapere), con l'ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, che l'operazione si inseriva in un'evasione dell'imposta; incombe, quindi, sul contribuente la prova contraria di avere agito in assenza di detta consapevolezza e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. n. 6229/2013; Cass. n. 13803/2014; Cass. n. 17818/2016; Cass. n. 18118/2016; Cass. n. 11873/2018; Cass. n. 9721/2018; Cass. n. 9851/2018; Cass. n. 16469/2018; Cass. n. 21104/2018; Cass. n. 27555/2018; Cass. n. 27566/2018). Secondo i principi enunciati dalla Suprema Corte in materia di “frodi cd. carosello” e di emissione di fatture per operazioni “soggettivamente” inesistenti, la insussistenza di adeguata dotazione organizzative di mezzi e risorse del “soggetto interposto” – definito anche società “fantasma” – viene considerata come elemento indiziario sintomatico della natura fittizia della operazione descritta in fattura (cfr. Cass. V, n. 17377/2009; Cass., n. 867/2010; Cass., n. 5912/2010; Cass., n. 12802/2011. Giurisprudenza costante: Cass. V, n. 15228/2001; Cass., n. 1779/2003; Cass., n. 28695/2005; Cass., n. 7146/2007). In tema di evasione dell'IVA a mezzo di frodi carosello, quando l'operazione soggettivamente inesistente è di tipo triangolare, poco complessa e caratterizzata dalla interposizione fittizia di un soggetto terzo tra il cedente comunitario ed il cessionario italiano, l'onere probatorio a carico della Amministrazione finanziaria, sulla consapevolezza da parte del cessionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto terzo non legittimato alla rivalsa né assoggettato all'obbligo del pagamento dell'imposta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l'interposto sia privo di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata, mentre spetta al contribuente-cessionario fornire la prova contraria della buona fede con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente che essa fosse realmente fornita dalla persona interposta. |