Ricorso contro il diniego di rimborso fondato su accertata violazione del diritto unionaleInquadramentoIl rimborso dei tributi riconosciuti incompatibili con norme comunitarie è disciplinato dall'art. 29 l. n. 428/1990 ed è assoggettato, secondo tale prescrizione normativa, ad un termine di prescrizione triennale. FormulaON. CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI .... RICORSO GIURISDIZIONALE CON ISTANZA DI RECLAMO E MEDIAZIONE 1 (e contestuale) ISTANZA DI TRATTAZIONE IN PUBBLICA UDIENZA La società ...., con sede legale in .... ( ....), alla via ...., ...., P.IVA ...., in persona del legale rappresentante pro-tempore, Sig. ...., nato a .... ( ....) il ...., C.F. ...., residente in .... ( ....), alla via ...., ...., elettivamente domiciliata in .... ( ....), alla via ...., ...., presso lo studio dell'Avv. .... (C.F. ....), che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in allegato al presente atto, PROPONE RICORSO avverso il provvedimento di diniego espresso sull'istanza di rimborso di imposta illegittimamente versata per contrasto della normativa interna con quella unionale ...., presentata in data ...., NEI CONFRONTI dell'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di ...., in persona del rappresentante legale pro-tempore, con sede in .... ( ....), alla via ...., n. .... FATTO In data .... l'odierna ricorrente presentava tempestiva istanza al competente Ufficio di ...., con la quale formulava richiesta di rimborso di somme (pari ad € ....) versate, a titolo di .... (ad esempio, a titolo di imposta di consumo sugli oli lubrificanti), per gli anni ...., sulla base di previsione normativa ritenuta contraria all'ordinamento comunitario. In seno a tale istanza, la ricorrente rappresentava che ..... L'Agenzia delle Entrate, con provvedimento del ...., notificato in data ...., esprimeva il proprio diniego sulla predetta istanza di rimborso, asserendo la legittima applicazione della normativa interna alla fattispecie in esame. L'odierna ricorrente propone, pertanto, opposizione al predetto provvedimento di diniego per i seguenti motivi: DIRITTO Sussistono tutti i presupposti per ottenere il richiesto rimborso. Ciò in quanto la Corte di Giustizia ha dichiarato – con sentenza .... – la contrarietà della normativa interna con quella unionale. L'istanza di rimborso, inoltre, è tempestiva, in quanto ..... Il provvedimento di diniego dell'Agenzia delle Entrate è da ritenersi, quindi, illegittimo. Per quanto espresso, così si CONCLUDE Piaccia all'On.le Corte di giustizia tributaria di primo grado, contrariis reiectis, in accoglimento del ricorso e per i motivi esposti: disporre la condanna dell'Ufficio al rimborso dell'importo di € ...., oltre interessi come per legge, in quanto illegittimamente corrisposto. Con salvezza di spese e competenze di giudizio. ISTANZA DI DISCUSSIONE IN PUBBLICA UDIENZA Si chiede, altresì, ai sensi e per gli effetti dell'art. 33, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, che il presente ricorso venga discusso in pubblica udienza. Costituendosi in giudizio la ricorrente deposita: 1) copia dell'istanza di rimborso, inoltrata in data ....; 2) ....; 3) ..... Il sottoscritto procuratore, ai sensi dell'art. 14 del d.P.R. n. 115/2002 e successive modifiche dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad € ...., ragion per cui è dovuto un contributo unificato nella misura di € ..... Dichiara, altresì, di voler ricevere le comunicazioni inerenti il procedimento presso il proprio numero di fax ( ....) o indirizzo di posta elettronica certificata ( ....). La presente copia, di cui si attesta la conformità all'originale notificato all'Agenzia delle Entrate di ...., sarà depositata presso la Corte di giustizia tributaria di primo grado di .... completa con gli allegati, tenuto conto dell'istanza ex art. 17-bis d.lgs. n. 546/1992, appresso formulata. Luogo e data .... Firma Difensore .... ISTANZA ai sensi dell'art. 17-BIS DEL D.LGS. N. 546/1992 La società ...., con sede legale in .... ( ....), alla via ...., ...., P.IVA ...., in persona del legale rappresentante pro-tempore, Sig. ...., nato a .... ( ....) il ...., C.F. ...., residente in .... ( ....), alla via ...., .... come in epigrafe rappresentata, domiciliata e difesa, sulla base dei fatti e dei motivi sopra evidenziati CHIEDE che l'Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di ...., in alternativa al deposito del ricorso che precede presso la Corte di giustizia tributaria di primo grado, accolga in via amministrativa le richieste nel medesimo ricorso formulate. Comunica in ogni caso la sua disponibilità a valutare in contraddittorio la mediazione della controversia. Per l'invito al contraddittorio, le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento, si indicano uno o più dei seguenti recapiti: – Studio ...., sito in .... ( ....), alla via ...., ....; – P.E.C.: ....; – telefono ....; – fax ....; – posta elettronica ordinaria: ..... Con osservanza. Luogo e data .... Firma Difensore .... PROCURA SPECIALE La società .... con sede legale in .... ( ....), P.IVA ...., in persona del legale rappresentante pro-tempore Sig. ...., nato a .... ( ....), residente in .... ( ....), C.F. ...., delega a rappresentarla e a difenderla – nel procedimento da attivare nei confronti dell'Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di ...., in ogni in ogni sua fase, stato e grado, l'Avv. ...., conferendogli con ogni facoltà di legge, incluse quelle di proporre reclamo e di mediare ai sensi dell'art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992, trattare, comporre, conciliare, transigere, rinunciare agli atti e accettare rinunzie, farsi sostituire, ed elegge domicilio, anche per le notificazioni relative al procedimento di reclamo e mediazione, presso il suo studio sito in .... ( ....), alla via ...., ..... Dichiara, inoltre, di aver ricevuto tutte le informazioni previste dagli artt. 7 e 13 del d.lgs. n. 196/2003, nonché dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, e presta il proprio consenso al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito. Luogo e data .... Firma Mandante .... Autentica della firma .... [1] [1]V. nota 1 sub formula “Ricorso avverso il provvedimento di diniego espresso sull'istanza di rimborso ”. CommentoIl sistema tributario italiano è vincolato, oltre che dalle fonti interne di produzione, dalle norme tributarie del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) e dalle norme comunitarie di diritto privato (contenute, ad esempio, nei regolamenti). In particolare, pur non essendo prevista una competenza generale dell'Unione Europea in ambito fiscale né un autonomo sistema di imposte europeo, esistono alcuni principi volti a garantire la libera concorrenza, quali il divieto di dazi doganali e restrizioni quantitative all'entrata o uscita dagli Stati membri. Inoltre, va sottolineato che – ai sensi dell'art. 113 TFUE – è attribuito al Consiglio il potere di adottare per le sole imposte indirette disposizioni volte ad armonizzare la normativa nazionale. Il rimborso fondato su accertata violazione del diritto unionale è disciplinato dall'art. 29 l. n. 428/1990, che prevede un termine di prescrizione triennale per la richiesta di rimborso. Tale ultima disposizione, tuttavia, va però coordinata con la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione, Cass., sez. trib., n. 14548/2019, che ribadisce il principio di diritto, già affermato nella pronuncia di Cass., S.U., n. 13676/2014, secondo cui «il termine di decadenza per il rimborso delle imposte sui redditi, previsto dall'art. 38 del d.P.R. n. 602/1973 e decorrente dalla data del versamento o da quella in cui la ritenuta è stata operata, opera anche nel caso in cui l'imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell'Unione europea da una sentenza della Corte di giustizia, atteso che l'efficacia retroattiva di detta pronuncia – come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale – incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile allorché sia maturata una causa di prescrizione o decadenza, trattandosi di istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche». Il comma 2 della citata disposizione normativa prevede che i diritti doganali all'importazione, le imposte di fabbricazione, le imposte di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie siano rimborsati a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti, circostanza che non può essere assunta dagli uffici tributari a mezzo di presunzioni. La formulazione di tale disposizione è stata più volte oggetto di censure da parte della Corte comunitaria. Nelle numerose pronunce in materia i giudici di Lussemburgo avevano condannato lo Stato italiano per aver legislativamente introdotto termini e condizioni di prova a carico del contribuente che rendevano di fatto impossibile o eccessivamente difficile il rimborso dei tributi riscossi in violazione del diritto comunitario. Tra di esse è risultata rilevante per il caso di specie la sentenza Dilexport in cui si affermava, sempre con riguardo all'interpretazione dell'art. 29, comma 2, l. n. 428/1990, che il diritto comunitario osta a che uno Stato membro assoggetti il rimborso di diritti doganali e di imposte incompatibili con il diritto comunitario a una condizione, quale la mancata ripercussione di tali diritti e imposte su altri soggetti, che spetterebbe all'amministrazione ricorrente provare. Analogamente, con la sentenza Comateb, la Corte stabiliva che, sebbene la questione della traslazione o meno, in ogni singolo caso, di un'imposta indiretta costituisca una questione di fatto rientrante nella competenza del giudice nazionale, che potrà valutare liberamente le prove fornite al riguardo, non è ammissibile che per le imposte indirette esista una presunzione secondo cui vi è stata traslazione e che spetti al contribuente fornire la prova contraria. La Corte di giustizia, analizzando il modo in cui l'art. 29, comma 2, l. n. 428/1990 è stato interpretato dai giudici italiani ed applicato dall'amministrazione finanziaria sino al 2000, ha rilevato che tale prassi non era conforme alla giurisprudenza comunitaria in quanto rendeva molto difficile, se non impossibile, il rimborso alle imprese dei tributi illegittimi. Merita di essere segnalata in questa sede, per la sua portata indubbiamente innovativa, la sentenza della Corte di giustizia CE (Commissione contro Italia) del 9 dicembre 2003 (CGUE, C- 129/00) di condanna dello Stato italiano per inadempimento agli obblighi scaturenti dal Trattato per non aver restituito alle imprese contribuenti i tributi indebitamente riscossi in violazione del diritto comunitario. La sentenza assume rilevanza per due motivi principali: da un lato, costituisce un'importante affermazione del principio comunitario di effettività e dall'altro perché la condanna è rivolta alla magistratura ed all'amministrazione pubblica italiana. Al riguardo, si osserva infatti che – diversamente dal passato in cui l'Italia era stata condannata dalla Corte di Giustizia a causa della legislazione italiana i cui termini e condizioni troppo restrittivi di fatto frustravano il diritto al rimborso delle imprese – questa volta viene puntato il dito contro la magistratura e le amministrazioni pubbliche della Repubblica per il modo in cui avrebbero interpretato ed applicato le norme sul rimborso: per un decennio quasi nessuna impresa richiedente ha ottenuto la restituzione per via amministrativa di tributi riscossi dallo Stato italiano in violazione del diritto comunitario e solo in pochissimi casi i contribuenti hanno ottenuto soddisfazione di tale diritto dai giudici italiani. Per quanto riguarda, invece, il rimborso di tributi illegittimamente percepiti ma non rilevanti per il diritto comunitario, con l'art. 19, commi 1 e 2, d.l. n. 688/1982 (Misure urgenti in materia di entrate fiscali), conv. con modif. in l. n. 873/1982, si stabiliva la presunzione legale di traslazione del tributo a terzi che il contribuente doveva vincere fornendo prova contraria. A livello nazionale, infatti, solo nel 2002 la Corte Costituzionale è arrivata a sancire l'incostituzionalità di tale norma. Sino al 2002, il legislatore e le corti giustificavano l'esistenza di tale presunzione, sostenendo la necessità di evitare un arricchimento senza causa a vantaggio di tali contribuenti e a danno della collettività. Come giustamente affermato dalla medesima Corte Costituzionale nel 2002, tale ragionamento era fondamentalmente ed originariamente viziato, dal momento che non si poteva qualificare come arricchimento senza causa la restituzione all'imprenditore di somme che lo Stato aveva illegittimamente da lui preteso (Corte cost. n. 332/2002). |