Le risoluzioni della CGUE alle questioni pregiudiziali di compatibilità euro-unitaria sul limite quantitativo al subappalto imposto dalla normativa italiana

Guglielmo Aldo Giuffrè
19 Febbraio 2020

La Corte di Giustizia dell'Unione europea, con le sentenze 26 settembre 2019, C-63/18 e 27 novembre 2019, C-402-18, ha chiarito l'incompatibilità euro-unitaria del limite applicabile al ribasso delle prestazioni subappaltate pari al 20% dei prezzi risultanti dall'aggiudicazione e del divieto, generalizzato e indiscriminato, di ricorrere al subappalto per una quota dell'importo complessivo delle prestazioni messe a gara superiore al 30%, tanto con riferimento alla disciplina di cui al dlgs 163/2006 quanto con riferimento a quella di cui al d.lgs. n. 50 del 2016.
Massime

Il TAR Lombardia, Milano, con ordinanza 19 gennaio 2018, n. 148 aveva sollevato alla CGUE la seguente questione pregiudiziale: «Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea(TFUE), l'articolo 71della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all'applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell'articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture».

Il Consiglio di Stato, con ordinanza 11 giugno 2018, n. 3553 aveva sollevato alla CGUE analoga questione pregiudiziale con riferimento alla previgente disciplina: «Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea(TFUE), gli articoli 25della Direttiva 2004/18 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 e 71 della Direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, che non contemplano limitazioni per quanto concerne la quota subappaltatrice ed il ribasso da applicare ai subappaltatori, nonché il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all'applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell'art. 118 commi 2 e 4 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto e l'affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall'aggiudicazione, con un ribasso non superiore al venti per cento».

I casi

La prima vicenda aveva ad oggetto una procedura ristretta indetta da Autostrade per l'Italia S.p.A. per l'affidamento dei lavori di ampliamento della quinta corsia dell'Autostrada A8 della barriera di Milano Nord all'Interconnessione di Lainate, con un importo a base di gara pari a € 85.211.216,84 IVA esclusa, di cui € 6.056.940,86 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso.

La seconda vicenda aveva invece ad oggetto una procedura aperta indetta dall'Università degli Studi di Roma “La Sapienza” per l'affidamento del servizio di pulizia da espletarsi nei locali in uso dell'Università presso la Città Universitaria e le sedi esterne, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, per la durata di cinque anni e per un valore presunto posto a base di gara € 46.300.968,40 IVA esclusa.

Le questioni

Per quanto concerne la prima vicenda, la Stazione appaltante, a seguito dell'accertamento, da parte della Commissione del superamento da parte di un concorrente del limite massimo, imposto dall'art. 105, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 s.m.i., del 30% delle prestazioni subappaltabili, aveva disposto l'esclusione della stessa dalla procedura di gara. Il TAR, adito dal concorrente escluso, pur conscio della legittimità dell'esclusione in base alla normativa interna, aveva ritenuto tuttavia necessario sollevare alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, al fine della corretta decisione della questione, la questione pregiudiziale di compatibilità con il diritto euro-unitario del suddetto limite, imposto dalla normativa nostrana in materia di contratti pubblici, rilevando come il diritto euro-unitario non preveda alcuna limitazione quantitativa in tema di subappalto.

Per quanto concerne invece la seconda vicenda, la concorrente classificatasi seconda in graduatoria contestava l'aggiudicazione del servizio in favore di un RTI eccependo, inter alia, che l'offerta di quest'ultimo prevedeva l'affidamento dei servizi oggetto dell'appalto a cooperative sociali di tipo B estranee al RTI per una quota superiore al 30% dell'importo complessivo della commessa, con un ribasso sulle prestazioni affidate superiore al 20%. A seguito dell'appello della pronuncia del TAR - che aveva escluso (in base a calcoli complicati) che fosse stato violato il limite del 30% di subappalto, ma aveva accertato che i prezzi praticati dal subappaltatore fossero inferiori al 20% di ribasso rispetto alla offerta aggiudicataria e affermato l'assenza di una disamina in concreto relativa alle caratteristiche che avrebbe avuto il massiccio ricorso, mediante subappalto, alle cooperative sociali di tipo B, il quale costituisce elemento imprescindibile dell'offerta aggiudicataria che le ha permesso di giustificare l'elevato ribasso che è riuscita ad offrire – il Consiglio di Stato, adito in via principale dal RTI aggiudicatario e in via incidentale dalla concorrente vittoriosa in primo grado per contestare l'inaffidabilità e irrealizzabilità dell'offerta aggiudicataria in quanto fondata sull'affidamento in subappalto a cooperative sociali di tipo B ben oltre la quota del 30% del valore dell'appalto, aveva ritenuto necessario sollevare, al fine della corretta decisione della questione, alla Corte di Giustizia dell'Unione europea la questione pregiudiziale di compatibilità con il diritto euro-unitario dei suddetti limiti imposti dalla normativa nostrana in materia di contratti pubblici.

Le soluzioni giuridiche

CGUE, sez. V, 26 settembre 2019, C-63/18

La Corte ha affermato che, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare i fenomeni di infiltrazione mafiosa, una limitazione astratta e incondizionata al ricorso al subappalto eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo, poiché un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell'ente aggiudicatore. Dal momento che ricorrendo a misure meno restrittive si potrebbe ugualmente raggiungere l'obiettivo perseguito dal legislatore italiano e che il diritto italiano già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l'accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel paese, la Corte ha quindi rilevato che una simile restrizione al ricorso del subappalto non può essere ritenuta compatibile con la direttiva 2014/24.

CGUE, Sez. V, 27 novembre 2019, C-402/18.

A) Sul limite quantitativo delle prestazioni subappaltabili.

La Corte ha rilevato che una normativa nazionale che impone un limite al ricorso a subappaltatori per una parte dell'appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità degli eventuali subappaltatori e il carattere essenziale degli incarichi di cui si tratterebbe, risulta incompatibile con la direttiva 2004/18 e con l'obiettivo dell'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, obiettivo perseguito dalle direttive in materia a vantaggio non soltanto degli operatori economici, ma anche delle amministrazioni aggiudicatrici.

Né la circostanza, rappresentata dal governo italiano, che il limite del 30% sarebbe giustificato in quanto finalizzato a contrastare la circostanza che il subappalto ha da sempre costituito nel nostro Paese uno degli strumenti utilizzati per consentire le infiltrazioni mafiose sarebbe idonea a consentirlo, in quanto una restrizione come quella oggetto del procedimento principale, secondo la CGUE, eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo, giacché si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall'appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall'identità dei subappaltatori, non lasciando spazio alcuno a una valutazione caso per caso da parte dell'ente aggiudicatore.

Secondo la Corte, quindi, la direttiva 2004/18 dev'essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto di cui all'art 118 del d.lgs. n. 163 del 2006, che limita al 30% la quota parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.

B) Sul ribasso non superiore al 20% dei prezzi risultanti dall'aggiudicazione praticabile alle prestazioni subappaltate.

La Corte - dopo aver ricordato che la Commissione europea ha chiarito che la posizione da essa sostenuta nelle sue osservazioni scritte dinanzi alla Corte, secondo cui il limite del 20% potrebbe essere ritenuto compatibile con la libera prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento, si fondava sull'interpretazione delle constatazioni operate dal giudice del rinvio, in base alle quali tale limite consente una valutazione caso per caso della questione relativa all'effettiva necessità di applicare detto limite per evitare il dumping sociale - ha osservato che, nel caso di specie, il limite del 20% si impone in modo imperativo, a pena di esclusione dell'offerente dalla procedura di aggiudicazione dell'appalto, e che detto limite è definito in modo generale e astratto, indipendentemente da qualsiasi verifica della sua effettiva necessità, nel caso di un dato appalto, al fine di assicurare ai lavoratori di un subappaltatore interessati una tutela salariale minima, a prescindere dal settore economico o dall'attività interessata e indipendentemente da qualsiasi presa in considerazione delle leggi, dei regolamenti o dei contratti collettivi, tanto nazionali quanto dell'Unione europea, in vigore in materia di condizioni di lavoro, che sarebbero normalmente applicabili a detti lavoratori.

Afferma la Corte che il limite del 20%, per come concepito, è idoneo a rendere meno allettante la possibilità offerta dalla direttiva 2004/18 di ricorrere al subappalto per l'esecuzione di un appalto, dal momento che tale normativa limita l'eventuale vantaggio concorrenziale in termini di costi che i lavoratori impiegati nel contesto di un subappalto presentano per le imprese che intendono avvalersi di detta possibilità, contrastando così l'obiettivo dell'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile e, in particolare, dell'accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici.

Né, secondo la CGUE, sarebbe idoneo a giustificare tale limite l'obiettivo della tutela dei lavoratori impiegati nel contesto di un subappalto, in quanto la normativa nazionale non riconosce ai lavoratori una tutela tale da giustificare un limite al ricorso al subappalto come il suddetto limite del 20%, che eccede quanto necessario al fine di assicurare ai lavoratori impiegati nel contesto di un subappalto una tutela salariale, dal momento che si applica indipendentemente da qualsiasi presa in considerazione della tutela sociale garantita dalle leggi, dai regolamenti e dai contratti collettivi applicabili ai lavoratori interessati. Con riferimento alla questione specifica di cui trattasi, la Corte, pur precisando che spetta al giudice del rinvio verificarlo, afferma che il subappalto comporta il ricorso a cooperative sociali che beneficiano, in forza della normativa italiana ad esse applicabile, di un regime preferenziale in materia di fiscalità, di contributi, di retribuzione e di previdenza sociale, e che tale normativa mira proprio a facilitare l'integrazione nel mercato del lavoro di talune persone svantaggiate, rendendo possibile il versamento ad esse di un corrispettivo meno elevato di quello che si impone nel caso di altri soggetti che effettuano prestazioni analoghe.

Neppure tale limite sarebbe giustificato dall'obiettivo di voler garantire la redditività dell'offerta e la corretta esecuzione dell'appalto, in quanto, anche supponendo che il limite del 20% sia tale da raggiungere detto obiettivo, un tale limite generale e astratto sarebbe, in ogni caso, sproporzionato rispetto all'obiettivo perseguito, dal momento che esistono altre misure meno restrittive che faciliterebbero il raggiungimento di quest'ultimo, consentendo all'amministrazione aggiudicatrice di verificare la capacità e l'affidabilità del subappaltatore prima che egli effettui le prestazioni subappaltate.

Come pure non potrebbe essere giustificato alla luce del principio della parità di trattamento degli operatori economici, dal momento che la mera circostanza che un offerente sia in grado di limitare i propri costi in ragione dei prezzi che egli negozia con i subappaltatori non è di per sé tale da violare il principio della parità di trattamento, ma contribuisce piuttosto a una concorrenza rafforzata e quindi all'obiettivo perseguito dalle direttive adottate in materia di appalti pubblici.

Secondo la Corte, quindi, la direttiva 2004/18 deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall'aggiudicazione.

Osservazioni

Le due pronunce della Corte di Giustizia in commento hanno espresso chiaramente l'indirizzo euro-unitario rispetto alle limitazioni quantitative al subappalto previste dalla normativa nazionale.

Peraltro, il 24 gennaio 2019 la Commissione UE aveva inviato una lettera di “messa in mora” all'Italia segnalando le disposizioni del dlgs 50/2016 non conformi al quadro normativo euro-unitario, avviando la prima fase della procedura di infrazione (n. 2018/2273) e invitando il governo italiano a presentare entro due mesi (i.e. entro il 25 marzo 2019) le proprie osservazioni in merito, precisando espressamente che qualora il governo non avesse replicato o le osservazioni fossero state ritenute insoddisfacenti, la Commissione avrebbe potuto, con parere motivato, dichiarare formalmente l'infrazione e chiedere all'Italia di risolverlo entro un termine da essa assegnato.

Con specifico riferimento al subappalto, la Commissione aveva rilevato diverse violazioni con specifico riferimento all'art. 105, comma 2, terza frase, comma 5, comma 6 e comma 19:

A) divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico:

  • disposizione violata: la Commissione ha riscontrato la violazione degli artt. 63, paragrafo 1, co. 2, e parr. 2, e 71 della direttiva 2014/24/UE, degli artt. 79, par. 1, co. 2 e par. 3, e 88 della direttiva 2014/25/UE e degli artt. 42 e 38, par. 2, della direttiva 2014/23/UE;
  • violazione: la Commissione ha ritenuto che l'art. 105, co. 2, terza frase, e co. 5, del Codice violi le direttive nn. 23, 24 e 25 perché queste ultime non contengono alcuna disposizione che consenta l'imposizione di un siffatto limite quantitativo alla quota di prestazione subappaltabile e anzi sono volte a favorire una maggiore partecipazione delle PMI e ad aumentare i poteri delle amministrazioni aggiudicatrici nei confronti dei subappaltatori;

B) obbligo di indicare la terna di subappaltatori:

  • disposizione violata: la Commissione ha riscontrato la violazione degli artt. 18, par. 1, e 71 della direttiva 2014/24/UE;
  • violazione: la Commissione ha ritenuto che l'art. 105, co. 6, del Codice violi la direttiva n. 24 sia perché impone agli offerenti di indicare una terna di subappaltatori anche quando, in realtà, detti offerenti non intendono fare ricorso a nessun subappaltatore, sia perché impone agli offerenti di indicare una terna di subappaltatori anche quando, in realtà, a detti offerenti occorrono meno di tre subappaltatori;

C) divieto per un subappaltatore di fare a sua volta ricorso ad un altro subappaltatore:

  • disposizione violata: la Commissione ha riscontrato la violazione degli artt. 18, par. 1, 63, par. 1, co. 2, e par. 2, e 71 della direttiva 2014/24/UE, degli artt. 36, par. 1, 79, par. 1, co. 2, e par. 3, e 88 della direttiva 2014/25/UE e degli artt. 42 e 38, par. 2, della direttiva 2014/23/UE;
  • violazione: la Commissione ha ritenuto che l'art. 105, co. 19, del Codice violi le direttive nn. 23, 24 e 25 giacché da queste ultime non risulta che gli Stati membri possano imporre ai subappaltatori un divieto generale e universale di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori.

Il governo, onde evitare una sanzione UE, aveva garantito alla Commissione che era in atto una integrale riforma del Codice dei contratti pubblici che avrebbe portato in breve alla risoluzione di tutte le problematiche rilevate.

Tuttavia, la riforma dell'art. 105 per come concepita ha dato subito adito ad alcune perplessità.

Innanzitutto, la scelta di prevedere solo a titolo temporaneo (fino al 31 dicembre 2020), e dunque in via di mera sperimentazione, la soppressione dell'indicazione obbligatoria della terna (sia per gli appalti che per le concessioni) e l'innalzamento del limite entro il quale è consentito il subappalto delle prestazioni messe a gara fino al 40% sembra non rispondere adeguatamente alle criticità evidenziate dalla Commissione nella procedura di infrazione.

La Commissione aveva infatti chiaramente affermato l'incompatibilità con il diritto euro-unitario tanto dell'obbligo di indicazione della terna (che quindi avrebbe dovuto essere definitivamente espunto del codice e non meramente sospeso) tanto di qualunque limite quantitativo al subappalto (che quindi avrebbe dovuto anch'esso essere radicalmente espunto e non solamente ampliato in via provvisoria dal 30 al 40%, peraltro in misura inferiore al 50% originariamente previsto dal d.l.).

Anche la scelta di limitarsi a sospendere le verifiche in sede di gara, di cui all'articolo 80 del medesimo Codice, riferite al subappaltatore, pur non essendo apertamente in contrasto con quanto rilevato dalla Commissione, appare comunque essere inadeguata, rappresentando un esempio evidente di “gold plating”.

Anche la prima delle pronunce in commento non fa che confermare l'inidoneità della nuova disciplina a superare le perplessità rilevate dalla Commissione.

Guida all'approfondimento

In dottrina, sul subappalto in generale, si vedano:

M.A. Sandulli, R. De Nictolis (diretto da), Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2019;

G.A. Giuffrè, P. Provenzano, S. Tranquilli (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Napoli, 2019;

A. Cianflone, G. Giovannini, V. Lopilato (a cura di), L'Appalto di opere pubbliche, Milano, 2018;

A. Di Ruzza, C. Linda, Art. 118, in S. Baccarini, G. Chine', R. Proietti (a cura di), Codice dell'appalto pubblico, Milano, 2015, 1366 ss.;

V. Di Iorio, G.A. Giuffre', Il subappalto, in F. Caringella, M. Giustiniani (a cura di), Manuale di Diritto Amministrativo. IV. I contratti pubblici, Roma, 2014, 1378 ss.;

F. Caringella, M. Protto, Codice dei contratti pubblici, Roma, 2012, 823 ss.;

A. Carullo, G. Iudica, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Padova, 2012, 915 ss.;

M. Zoppolato, Il subappalto, in M.A. Sandulli, R. De Nictolis, R. Garofoli (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2011, 4777 ss.;

R. Garofoli, G. Ferrari, Codice degli appalti pubblici, Molfetta, 2011, 1228 ss.;

S. Fantini, Il subappalto, in M.A. Sandulli, R. De Nictolis, R. Garofoli (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2008, 3401 ss..

Nonché, con specifico riferimento al nuovo Codice:

G.A. Giuffre', Le principali novità in tema di subappalto, in Contratti pubblici: cosa cambia?, Milano, 2019;

Id., Subappalto (bussola), in Lamministrativista.it, 2020;

Id., Le novità in tema di subappalto, in Il correttivo al codice dei contratti pubblici, Milano, 2017;

R. De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, Zanichelli, 2017, 1488 ss.;

S.S. Scoca, Subappalto, in G. Esposito (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Milano, 2017;

V. Sinisi, Commento all'art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016, in F. Caringella – M. Protto (a cura di), Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, Roma 2016;

ma anche G. Balocco, La riforma del subappalto e il principio di concorrenza, in Urb. e app., 2017, 5,

C. Deodato, Il subappalto: un problema o un'opportunità?, in Lamministrativista.it;

G. Tropea, La controversa disciplina del subappalto nel nuovo codice dei contratti pubblici, anche alla luce del decreto correttivo, ivi;

con precipuo riferimento all'ordinanza TAR Lombardia, Milano, 19 gennaio 2018, n. 148, cfr. G.A. Giuffre', Il subappalto dei contratti pubblici tra autonomia imprenditoriale e limiti di interesse pubblico, in Riv. it. di dir. pubb. com., Milano, 2018, 1 e Id., Alla CGUE la questione pregiudiziale di compatibilità euro-unitaria del limite italiano al subappalto, in Lamministrativista.it.

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