Sospensione dei termini processuali dall’8 al 22 marzo: il Parere del CdS sulle misure urgenti anti-COVID-19 non risolve ma aumenta l’insicurezza
10 Marzo 2020
La Commissione speciale del Consiglio di Stato rileva il problema posto dall'art. 3, comma 1, d.l. 8 marzo 2020, n. 11 (recante «Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria»), nella parte in cui, disponendo – senza eccezioni – l'applicazione dall'8 al 22 marzo delle disposizioni sulla sospensione feriale dei termini processuali dettate dall'art. 54, co 2 e 3, cpa, non ha considerato gli effetti sui termini per i depositi di memorie e documenti ricorrenti a ritroso da udienze successive al 22 marzo, ma ricadenti nel suddetto periodo di sospensione (v. news del 9 marzo VADEMECUM DI PRIMA LETTURA SULLE MISURE URGENTI PER LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA e COMUNICATO UFFICIO STAMPA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA).
Il parere sollecita quindi un intervento normativo (“prontamente ed urgentemente alla prima occasione utile”), ma propone l'introduzione di una norma di interpretazione autentica, come tale retroattiva, che riduca la portata del richiamato rinvio alla disciplina della sospensione feriale (art. 54, commi 2 e 3, c.p.a.) alla sola notifica e deposito dell'atto introduttivo, e anzi alla sola notifica. La limitazione – non prevista dalla legge e in alcun modo prevedibile dal suo tenore letterale – deriverebbe dalla mancanza, secondo la Commissione, di un'adeguata giustificazione della sospensione per i depositi effettuabili a mezzo PEC. Va però considerato che la sospensione generale dei termini ai sensi dell'art. 54 co 2 e 3 troverebbe piena (e comunque adeguata) giustificazione nella straordinaria necessità e urgenza di ridurre in linea generale qualsiasi tipo di spostamento (e non soltanto quelli da e verso gli uffici giudiziari) tanto da sollecitare l'utilizzo di ferie e congedi e vietare le riunioni. Se così non fosse, la sospensione non avrebbe del resto logica neppure per le notifiche degli appelli e dei ricorsi, quando effettuabili senza problemi a mezzo PEC. La norma di interpretazione retroattiva rischierebbe quindi di aggravare l'incertezza, provocando prevedibili rimessioni alla Corte costituzionale e alla Corte di Giustizia UE. Non è certo di aiuto la rimessione ai singoli collegi giudicanti della decisione se concedere o meno il beneficio dell'errore scusabile a chi, già aggravato da una situazione emergenziale, ha riposto fiducia in disposizioni (magari a parere di alcuni sproporzionate, ma) assolutamente chiare e nelle comunicazioni ufficiali che non hanno in alcun modo sollevato dubbi sul punto. |