Deroga alla responsabilità solidale del cessionario d'azienda anche senza accordo sindacale
20 Marzo 2020
L'art. 368, comma 4, lett. d) C.C.I.I., con il quale le norme del Codice della crisi sono state coordinate con la disciplina del diritto del lavoro, ha aggiunto all'art. 47 Legge n. 428/1990 il comma 5-bis, secondo cui nei casi di trasferimento d'azienda di imprese assoggettate a liquidazione giudiziale, concordato preventivo liquidatorio, ovvero a liquidazione coatta amministrativa, nel caso in cui la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata, non trova applicazione l'articolo 2112, comma 2, del codice civile.
Viene così derogata per legge la responsabilità solidale del cessionario d'azienda per tutti i crediti del lavoratore alla data del trasferimento nei casi di insolvenza, liquidazione e cessazione dell'attività d'impresa. Tale novità, che troverà applicazione a partire dal 15 agosto 2020, ha una grande portata: attualmente, difatti, la deroga alla solidarietà del cessionario d'azienda è possibile solo a condizione che la fase di consultazione con le rappresentanze dei lavoratori termini in modo positivo e con la stipulazione di un apposito accordo in tal senso. La deroga alla responsabilità solidale a carico del cessionario d'azienda prevista dal nuovo comma 5-bis dell'art. 47 risulta conforme alla Direttiva n. 23/2001/CE, il cui art. 5 stabilisce per gli Stati membri la possibilità di disapplicare le tutele previste a favore dei lavoratori coinvolti nelle operazioni di trasferimento d'azienda – “nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente)” – senza la necessità di un accordo sindacale. La portata derogatoria del comma 5-bis dell'art. 47 è bilanciata dall'ulteriore previsione secondo cui “il trattamento di fine rapporto è immediatamente esigibile nei confronti del cedente dell'azienda. Il Fondo di garanzia” difatti “interviene anche a favore dei lavoratori che passano senza soluzione di continuità alle dipendenze dell'acquirente”. In tal caso la norma in questione precisa infatti che “la data del trasferimento tiene luogo di quella della cessazione del rapporto di lavoro, anche ai fini dell'individuazione dei crediti di lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto”.
Con il proprio Messaggio del 14 giugno 2019, n. 2272, l'INPS ha preso atto della novità legislativa. Tuttavia, in decisa controtendenza con il nuovo approdo normativo, la Suprema Corte di Cassazione, sez. I, con Ordinanza n. 5376 del 27 febbraio 2020, ha affermato che il TFR maturato dai dipendenti di una società dichiarata fallita non possa essere ammesso al passivo qualora tali dipendenti non abbiano ancora cessato il rapporto di lavoro, affermando l'inesigibilità del TFR nei confronti dell'azienda cedente nel caso in cui il rapporto di lavoro non si estingua per effetto della cessione.
Tale orientamento è in contrasto con le più recenti tendenze della giurisprudenza di merito: infatti la Corte d'appello di Milano, con sentenza dell'11 febbraio 2019 (cfr. Blog 23/07/2019 del sottoscritto “Trasferimento d'azienda e intervento del fondo di garanzia Inps per TFR a favore di lavoratore trasferito “in continuità”) – anticipando l'entrata in vigore del comma 5-bis dell'art. 47 – ha condannato l'Inps al pagamento delle quote di TFR maturate da due lavoratori durante la vigenza del rapporto di lavoro con la datrice di lavoro poi fallita. Intervenuta la cessione definitiva del ramo d'azienda dal fallimento alla società aggiudicataria dell'asta giudiziaria, l'accordo sindacale concluso ex art. 47, Legge n. 428/1990 aveva escluso – in deroga all'art. 2112, comma 2, c.c – la responsabilità solidale della cessionaria. Pertanto, la Corte, riformando la sentenza di primo grado, ha stabilito che le quote di TFR rimaste a carico al fallimento debbano essere pagate dal fallimento e come tali anticipate dal Fondo di garanzia Inps, secondo quanto previsto dalla legge, nonostante il rapporto di lavoro sia proseguito con la cessionaria e non sia ancora cessato. La soluzione adottata dal comma 5-bis dell'art. 47, Legge 428/1990, se da un lato chiarisce in modo definitivo la possibilità per il lavoratore di ottenere in modo immediato la quota di TFR maturata nel periodo del rapporto con il cedente, dall'altro potrebbe ostacolare le operazioni di cessione d'azienda nei casi in cui il cessionario intenda versare parte del prezzo accollandosi il debito del TFR dei lavoratori.
D'ora in poi questa opzione sarà possibile solo con l'accordo dei lavoratori interessati dal trasferimento al cessionario e sempre che questi non abbiano chiesto la liquidazione dei crediti oggetto dell'accollo al Fondo di garanzia. |