Il diritto di accesso deve prevalere sull’esigenza di riservatezza quando è esercitato per la difesa di interessi giuridicamente protetti
10 Marzo 2020
In considerazione dell'avviso pacifico e costante secondo cui il diritto di accesso deve prevalere sull'esigenza di riservatezza di terzi quando esso sia esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente protetti e concerna un documento amministrativo indispensabile a tali fini, la cui esigenza non possa essere altrimenti soddisfatta, l'ordinamento vigente garantisce l'accesso ai documenti considerando il sotteso interesse sostanziale in astratto; si esclude così che, con riferimento al caso specifico, possa esservi spazio per apprezzamenti in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proponibile. La legittimazione all'accesso non può dunque essere valutata facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata (ex multis, Cons. Stato, IV, 6 agosto 2014, n. 4209; V, 23 febbraio 2010, n. 1067; 10 gennaio 2007, n. 55). Indi, una volta accertato il collegamento tra l'interesse e il documento, ogni ulteriore indagine sull'utilità ed efficacia del documento stesso in prospettiva di tutela giurisdizionale ovvero sull'esistenza di altri strumenti di tutela eventualmente utilizzabili è del tutto ultronea (Cons. Stato, V, 16 maggio 2019, n. 5579; 23 settembre 2015, n. 4452; IV, 13 dicembre 2012, n. 1211).
Il giudizio in materia di accesso – anche se si atteggia come impugnatorio nella fase della proposizione del ricorso, in quanto rivolto contro l'atto di diniego o avverso il silenzio-diniego formatosi sulla relativa istanza e il relativo ricorso deve essere esperito nel termine perentorio di 30 giorni (C. Stato, A.P., 24 giugno 1999, n. 16) – è sostanzialmente rivolto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all'accesso nella specifica situazione alla luce dei parametri normativi, indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall'amministrazione per giustificarne il diniego. Tant'è vero che, anche nel caso di impugnativa del silenzio-diniego sull'accesso, l'amministrazione può dedurre in giudizio le ragioni che precludono all'interessato di avere copia o di visionare i relativi documenti, e la decisione da assumere, che deve comunque accertare la sussistenza o meno del titolo all'esibizione, si deve formare tenendo conto anche di tali deduzioni (tra altre, Cons. Stato, Sez. VI, 12 gennaio 2011 n. 117; V, 7 novembre 2008, n. 5573; 11 maggio 2004, n. 2966; IV, 2 luglio 2002, n. 3620; VI, 9 maggio 2002, n. 2542). |