Prosecuzione della procedura in pendenza di procedimenti giudiziari (CCII)
Remo Tarolli
Laura Riondato
31 Marzo 2020
In tema di cessazione della procedura di liquidazione giudiziale, è prevista un'ipotesi speciale di chiusura per compiuta ripartizione dell'attivo: la chiusura in pendenza di procedimenti giudiziari. A tale previsione è dedicato l'art. 234 c.c.i., rubricato “Prosecuzione di giudizi e procedimenti esecutivi dopo la chiusura”. In sintesi, la procedura di liquidazione giudiziale si chiude con la ripartizione finale dell'attivo anche nel caso in cui siano pendenti procedimenti giudiziari; i procedimenti sono proseguiti dal curatore, nell'ambito di un'appendice di procedura concorsuale semplificata.
Inquadramento
In tema di cessazione della procedura di liquidazione giudiziale, è prevista un'ipotesi speciale di chiusura per compiuta ripartizione dell'attivo: la chiusura in pendenza di procedimenti giudiziari. A tale previsione è dedicato l'art. 234 c.c.i., rubricato “Prosecuzione di giudizi e procedimenti esecutivi dopo la chiusura”. In sintesi, la procedura di liquidazione giudiziale si chiude con la ripartizione finale dell'attivo anche nel caso in cui siano pendenti procedimenti giudiziari; i procedimenti sono proseguiti dal curatore, nell'ambito di un'appendice di procedura concorsuale semplificata.
La predetta disposizione è il risultato di un aggiustamento degli ultimi periodi dell'art. 118, comma 2, l. fall., introdotti dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2015, n. 132. Al riguardo, il legislatore con l'art. 7 della L. 19 ottobre 2017, n. 155 (“Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza”) ha delegato l'esecutivo - al fine di “accelerare la chiusura della procedura” - ad adottare misure dirette a integrare la disciplina della chiusura dell'ex fallimento in pendenza di procedimenti giudiziari, con l'introduzione di precisazioni per cui:
l'ipotesi di chiusura della procedura in questione si verifica in relazione a tutti i processi in cui è parte il curatore;
il tribunale deve dettare disposizioni con il decreto di chiusura sul rendiconto, sul riparto supplementare e sull'integrazione del compenso del curatore;
il curatore può mantenere aperta la partita IVA.
L'attuazione della delega ha restituito una disciplina della chiusura della procedura in pendenza di procedimenti giudiziari in parte ancora gravata da difficoltà pratiche di applicazione dell'istituto.
Compiuta ripartizione dell'attivo e procedimenti giudiziari
La liquidazione giudiziale si chiude “nel caso di cui all'articolo 233, comma 1, lettera c)” anche “in pendenza di giudizi o procedimenti esecutivi”, con legittimazione del curatore per tutti gli stati e i gradi del giudizio e “altresì per i procedimenti, compresi quelli cautelari e esecutivi, strumentali all'attuazione delle decisioni favorevoli alla liquidazione giudiziale, anche se instaurati dopo la chiusura della procedura” (art. 234 c.c.i.).
Il caso di chiusura della procedura di cui all'art. 233, comma 1, lett. c), c.c.i. si verifica “quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo”, quando, cioè, l'attivo realizzato è stato liquidato e distribuito tra i creditori. Per il concretizzarsi di tale ipotesi:
da un lato, la ripartizione dell'attivo o altre cause non devono aver determinato il pagamento integrale delle spese in prededuzione e dei debiti, diversamente si rientra nel caso di chiusura della procedura di cui alla lett. b) (estinzione integrale del passivo);
dall'altro, la ripartizione dell'attivo non deve necessariamente aver coperto un limite minimo di spese o debiti. Tuttavia, occorre comunque che vi sia stata o sia quantomeno possibile una qualche distribuzione di attivo, diversamente si rientra nel caso di chiusura di cui alla lett. d) (mancanza di attivo). In particolare, secondo le indicazioni operative dei tribunali, si rientra eventualmente in tale ultima ipotesi - e non nella chiusura prevista alla lett. c) - qualora il procedimento giudiziale pendente rappresenti l'unico attivo possibile (tra gli altri, Trib. Pescara 14 giugno 2018 (circ.), in www.odcec.pescara.it, 2018, 3-4; Trib. Torino 20 dicembre 2017 (circ.), in www.odcec.torino.it, 2017, 1; Trib. Pavia 15 dicembre 2017 (circ.), in www.odcec.pv.it, 2017, 9; Trib. Siracusa 27 ottobre 2017 (circ.), in www.odcecsiracusa.it, 2017, 2; Trib. Milano 13 aprile 2017 (circ.), in questo portale, 2017, 1; Trib. Trapani 17 ottobre 2016 (circ.), in www.tribunale.trapani.it, 2016, 3; Trib. Latina 3 maggio 2016 (circ.), in questo portale, 2016, 2, e Trib. Monza 19 gennaio 2016, ivi, 2016, 1).
Nel caso di compiuta ripartizione finale dell'attivo, non impediscono la chiusura della procedura i seguenti procedimenti giudiziari:
i giudizi o procedimenti esecutivi pendenti alla data del decreto di chiusura della procedura. L'ampia dicitura concerne - sulla base delle direttive di cui alla legge delega - “tutti i processi nei quali è parte il curatore, comprese le azioni per l'esercizio dei diritti derivanti dalla liquidazione giudiziale e dalle procedure esecutive” (art. 7, comma 10, lett. b), L. n. 155/2017,). Non vi è, da un punto di vista letterale, alcuna distinzione tra procedimenti in cui il curatore è parte attrice e quelli in cui è parte convenuta. Si segnala, tuttavia, che nella prassi riferita all'ex art. 118 l. fall. è invalsa la tesi secondo la quale la disposizione regolerebbe solo le cause attive e non anche le cause passive; ciò, in quanto la chiusura della procedura in pendenza di cause passive sarebbe già prevista all'art. 117, comma 2, l. fall. (ora art. 232, comma 2, c.c.i.), laddove è stabilito che gli accantonamenti che non possono ancora essere distribuiti ai creditori in attesa del verificarsi della condizione o del passaggio in giudicato del provvedimento “non impediscono la chiusura della procedura” (tra i tanti, Trib. Pescara 14 giugno 2018 (circ.), cit., 2; Trib. Torino 20 dicembre 2017 (circ.), cit., 1; Trib. Pavia 15 dicembre 2017 (circ.), cit., 9; Trib. Siracusa 27 ottobre 2017 (circ.), cit., 3; Trib. Latina 3 maggio 2016 (circ.), cit., 2, e Trib. Monza19 gennaio 2016, cit., 1-2; contra Trib. Livorno aprile 2017 (linee guida), in www.tribunale.livorno.it, 2017, 16).
Si elencano in tabella, a titolo esemplificativo, alcuni procedimenti che possono interessare il curatore, con i riferimenti giurisprudenziali e di prassi.
Procedimenti
Riferimenti
Azioni per la condanna al pagamento di somme di denaro (recupero crediti, risarcimenti, ripetizione di indebito)
Trib. Torino 20 dicembre 2017 (circ.)
Trib. Milano 13 aprile 2017 (circ.)
Trib. Ferrara 25 settembre 2015 (circ.)
Azioni revocatorie e azioni per l'inefficacia di pagamenti o relative a beni non più nella disponibilità del convenuto
Trib. Savona 22 febbraio 2017 (circ.)
Trib. Latina 3 maggio 2016 (circ.)
contra:
Trib. Pavia 15 dicembre 2017 (circ.)
Trib. Firenze 11 novembre 2016 (decr.)
Azioni revocatorie e azioni di inefficacia dirette al recupero di beni
Trib. Messina 18 novembre 2015 (circ.)
contra:
Trib. Pescara 14 giugno 2018 (circ.)
Trib. Siracusa 27 ottobre 2017 (circ.)
Trib. Milano 13 aprile 2017 (circ.)
Trib. Firenze 11 novembre 2016 (decr.)
Trib. Mantova 16 giugno 2016 (decr.)
Trib. Bergamo 26 gennaio 2016 (circ.)
Trib. Monza 19 gennaio 2016
Azioni relative a nullità, annullamenti e simulazioni
Trib. Siracusa 27 ottobre 2017 (circ.)
Trib. Milano 13 aprile 2017 (circ.)
Azioni di divisione
Trib. Latina 3 maggio 2016 (circ.)
Trib. Como 11 gennaio 2016 (circ.)
Trib. Ferrara 25 settembre 2015 (circ.)
contra:
Trib. Siracusa 27 ottobre 2017 (circ.)
Azioni di responsabilità verso gli organi della società debitrice
Trib. Siracusa 27 ottobre 2017 (circ.)
Trib. Livorno aprile 2017 (linee guida)
Trib. Ferrara 25 settembre 2015 (circ.)
Costituzione di parte civile nel giudizio penale a carico del soggetto debitore e dei relativi organi
Trib. Pescara 14 giugno 2018 (circ.)
Trib. Latina 3 maggio 2016 (circ.)
Trib. Savona 22 febbraio 2017 (circ.)
Procedure esecutive in cui il curatore è creditore procedente o intervenuto
Trib. Torino 20 dicembre 2017 (circ.)
Trib. Siracusa 27 ottobre 2017 (circ.)
Trib. Milano 13 aprile 2017 (circ.)
Procedure esecutive in cui il curatore è subentrato
Trib. Livorno aprile 2017 (linee guida)
Trib. Catania 12 gennaio 2016 (circ.)
Trib. Messina 18 novembre 2015 (circ.)
contra:
Trib. Pavia 15 dicembre 2017 (circ.)
Trib. Latina 3 maggio 2016 (circ.)
Insinuazione al passivo in un diverso fallimento
Trib. Torino 20 dicembre 2017 (circ.)
Trib. Siracusa 27 ottobre 2017 (circ.)
Trib. Milano 13 aprile 2017 (circ.)
Trib. Milano 22 marzo 2017 (decr.)
Trib. Mantova 3 marzo 2016 (decr.)
Trib. Bergamo 26 gennaio 2016 (circ.)
Credito fiscale
Trib. Livorno aprile 2017 (linee guida)
Trib. Catania 12 gennaio 2016 (circ.)
Trib. Messina 18 novembre 2015 (circ.)
i procedimenti, anche cautelari ed esecutivi, strumentali all'attuazione di decisioni favorevoli ottenute dal curatore e quindi dalla liquidazione giudiziale. Questi procedimenti possono essere instaurati dopo la chiusura della procedura per espressa previsione normativa. Non è precisato, però, se in tale fase è possibile attuare solo decisioni sopravvenute o anche decisioni precedenti la chiusura della procedura ma non ancora eseguite. Ciò detto, per procedimenti “strumentali” paiono doversi intendere tutte le azioni del curatore necessarie al fine di realizzare in concreto quanto stabilito in una o più decisioni, ossia:
le azioni per conseguire l'esecuzione delle obbligazioni cui è tenuta la parte avversaria soccombente all'esito del giudizio, quale - su tutte - la rifusione delle spese di lite;
le attività dirette alla liquidazione del bene recuperato, se - come pare - le predette obbligazioni possono riguardare la consegna di un bene (l'art. 234 c.c.i. fa cenno alle “ulteriori attività liquidatorie che si siano rese necessarie” all'esito di giudizi). Il che consentirebbe, peraltro, di ritenere inclusi tra i giudizi che proseguono post-chiusura anche le azioni revocatorie e le azioni di inefficacia aventi ad oggetto beni, superando l'orientamento contrario nel vigore della vecchia disciplina.
La chiusura della procedura
L'art. 234 c.c.i., lasciando inalterata la formulazione dell'art. 118 l. fall., stabilisce che la chiusura della procedura per compiuta ripartizione dell'attivo “non è impedita dalla pendenza di giudizi o procedimenti esecutivi”. La disposizione non definisce il ruolo degli organi della procedura al verificarsi delle condizioni per tale chiusura c.d. anticipata. Sul punto, la disciplina generale ora confluita nell'art. 235 c.c.i. prevede che la chiusura della liquidazione giudiziale sia dichiarata con decreto del tribunale su istanza del curatore e del debitore oppure d'ufficio. In assenza di deroghe, si può quindi ritenere che:
ferma la legittimazione del debitore e dello stesso tribunale, il curatore, che gode di una posizione privilegiata per reperire le informazioni necessarie, valuta la sussistenza dei presupposti sopradetti per la chiusura della procedura. In ipotesi di esito positivo, avvia il procedimento per addivenire alla cessazione della liquidazione giudiziale. A tal fine, lo stesso curatore deve presentare:
il rendiconto inerente alla gestione della procedura con i contenuti dettati dall'art. 231 c.c.i. In aggiunta, per il caso di chiusura in esame è opportuno che la relazione rechi una parte appositamente dedicata alla pendenza di procedimenti giudiziari, nella quale specificare le valutazioni che motivano la chiusura della liquidazione malgrado le cause pendenti e gli esborsi futuri a ciò afferenti (ex multis, Trib. Torino 20 dicembre 2017 (circ.), cit., 2, e Trib. Milano 13 aprile 2017 (circ.), cit., 2). Tali esborsi consistono nelle spese dei procedimenti pendenti (costi vivi, compensi di procuratori e consulenti di parte, nonché oneri conseguenti a un'eventuale soccombenza), nelle spese per gradi successivi e/o procedimenti esecutivi necessari in caso di mancato adempimento spontaneo a sentenze di condanna in favore della procedura, nel compenso ulteriore spettante al curatore e nelle uscite - anche fiscali - derivanti da un eventuale riparto supplementare. Il rendiconto deve essere sottoposto al giudice delegato e ai creditori secondo il procedimento del già citato art. 231 c.c.i., cui si fa rinvio;
l'istanza di liquidazione del compenso dello stesso curatore;
il piano di riparto. Il progetto di ripartizione dell'attivo già liquidato riporta - tra l'altro - gli esborsi futuri quantificati nel rendiconto. Al riguardo, l'art. 234, comma 3, c.c.i. stabilisce che “[i] Le somme necessarie per spese future ed eventuali oneri relativi ai giudizi pendenti, nonché [ii] le somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato, sono trattenute dal curatore secondo quanto previsto dall'art. 232, comma 2”. Il curatore, cioè, accantona tali somme depositandole nei modi stabiliti dal giudice delegato sino al riparto supplementare. Il restante attivo disponibile è invece ripartito in favore dei creditori secondo le norme del medesimo capo, cui si fa rinvio.
Eseguite le suddette operazioni, il curatore formula al tribunale istanza per l'emissione del decreto di chiusura.
In evidenza: obbligo o facoltà del curatore di chiusura della procedura
Non è chiaro se l'istanza per la chiusura della liquidazione in pendenza di procedimenti giudiziari costituisca un adempimento obbligatorio o una facoltà del curatore alla ricorrenza dei presupposti suddetti. Sotto tale profilo, la formulazione della norma (i.e. la chiusura della procedura per compiuta ripartizione dell'attivo “non è impedita dalla pendenza di giudizi o procedimenti esecutivi”) non fornisce alcuna indicazione utile. L'opinione espressa nella prassi dai tribunali - seppur con riguardo all'art. 118 l. fall. - sembrerebbe propendere per accordare al curatore una facoltà di chiusura della procedura con procedimenti pendenti (Trib. Pescara, 14 giugno 2018 (circ.), cit., 1; Trib. Savona 22 febbraio 2017 (circ.), in questo portale, 2017, 1, e Trib. Bergamo 26 gennaio 2016 (circ.), cit., 10; contra, Trib. Siracusa, 27 ottobre 2017 (circ.), cit., 5). Tuttavia, sul piano sistematico, si rinvengono diversi elementi che paiono quantomeno circoscrivere la discrezionalità del curatore. Anzitutto, gli stessi tribunali hanno in più occasioni evidenziato la responsabilità del curatore stesso per ingiustificato ritardo od omissione degli adempimenti relativi alla chiusura della procedura, qualificandoli come possibile causa di revoca dell'incarico. Ciò detto, più in generale, non sembra esservi un margine di discrezionalità del curatore rispetto alla cessazione della liquidazione giudiziale nei “Casi di chiusura” di cui all'art. 233 c.c.i., ivi inclusa la chiusura per compiuta ripartizione finale dell'attivo. La chiusura in pendenza di procedimenti giudiziari - come detto - può considerarsi una variante di tale ultimo “caso”, sicché immaginare una mera facoltà di definizione della procedura parrebbe in contrasto con il sistema riproposto con il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza. Senza contare che la ratio alla base dell'art. 234 c.c.i. è proprio quella di accelerare la chiusura della liquidazione giudiziale.
(anche) rispetto alle attività del curatore dirette alla chiusura della procedura in pendenza di procedimenti giudiziari, il giudice delegato esercita le proprie funzioni di vigilanza e di controllo. Oltre ai poteri attribuiti per l'approvazione del rendiconto, la liquidazione del compenso del curatore e la definizione del piano di riparto, i tribunali hanno nella prassi investito tale organo del compito di affiancare il curatore nella “scelta” ragionata per la chiusura o meno della procedura con giudizi pendenti. In particolare, il curatore è chiamato a riferire (anche tramite la relazione ex art. 33 l. fall., ora art. 130 c.c.i.) al giudice delegato in merito allo stato dei procedimenti pendenti e alla possibilità di procedere comunque alla chiusura anticipata della procedura. Il giudice, in caso di vaglio positivo di tale possibilità, emette il proprio nulla-osta all'avvio delle relative operazioni sopra elencate (Trib. Livorno aprile 2017 (linee guida), cit., 17; Trib. Savona 22 febbraio 2017 (circ.), cit., 3; Trib. Trapani 17 ottobre 2016 (circ.), cit., 5, e Trib. Latina 3 maggio 2016 (circ.), cit., 3).
in tale quadro, il comitato dei creditori non sembra prendere parte alle suddette decisioni. Il comitato, infatti, a norma dell'art. 140 c.c.i. autorizza gli atti ed esprime pareri sull'operato del curatore “nei casi previsti dalla legge” oppure “su richiesta del tribunale o del giudice delegato”. La disciplina della chiusura della procedura in pendenza di procedimenti giudiziari però non prevede che sia richiesta alcuna autorizzazione o alcun parere al comitato; parimenti, i tribunali hanno escluso la necessità di un intervento di tale organo in merito (Trib. Savona 22 febbraio 2017 (circ.), cit., 1, e Trib. Bergamo 26 gennaio 2016 (circ.), cit., 10).
Segue: il decreto di chiusura
Il tribunale, se accoglie l'istanza, dichiara la chiusura della liquidazione in pendenza di procedimenti giudiziari con decreto motivato. Il decreto ha un contenuto specifico dettato dal neo-introdotto comma 6 dell'art. 234 c.c.i.: deve recare le disposizioni al curatore relative agli adempimenti da eseguire in aggiunta alla prosecuzione dei procedimenti pendenti. Tali adempimenti consistono nel deposito dei seguenti atti:
rapporto riepilogativo di cui all'art. 130, comma 9, c.c.i.;
supplemento di rendiconto;
riparto supplementare. Per inciso, a norma dell'art. 234, comma 4, c.c.i. il decreto deve dettare - non solo le disposizioni per il “deposito” di tale riparto, ma anche - le modalità secondo cui deve essere eseguita la ripartizione delle somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti definitivi favorevoli e di eventuali residui degli accantonamenti;
rapporto riepilogativo finale (su cui infra).
Il tribunale - in buona sostanza - è stato delegato a disciplinare la fase post-chiusura della liquidazione giudiziale.
Il decreto non deve necessariamente contenere anche l'autorizzazione al curatore a non cancellare la società dal registro delle imprese, in quanto il medesimo comma 6 dell'art. 234 c.c.i. stabilisce espressamente che la chiusura anticipata della procedura “non comporta la cancellazione della società dal registro delle imprese sino alla conclusione dei giudizi in corso e alla effettuazione dei riparti supplementari, anche all'esito delle ulteriori attività liquidatorie che si siano rese necessarie”. Resta ferma invece l'opportunità che lo stesso decreto rechi disposizioni al curatore affinché siano mantenuti attivi la partita iva, l'indirizzo di posta elettronica certificata, nonché il conto corrente sul quale accantonare le somme già trattenute e le somme ricevute successivamente dalla procedura (Trib. Termini Imerese 21 gennaio 2019 (circ.), in www.tribunale.terminiimerese.giustizia.it, 2019, 20; Trib. Pescara 14 giugno 2018 (circ.), cit., 5-6; Trib. Torino 20 dicembre 2017 (circ.), cit., 2; Trib. Savona 22 febbraio 2017 (circ.), cit., 4; Trib. Milano 13 aprile 2017 (circ.), 2; Trib. Vicenza 24 novembre 2016 (circ.), in www.fallimentiesocieta.it, 2016, 6; Trib. Trapani 17 ottobre 2016 (circ.), cit., 6; Trib. Crotone 6 maggio 2016 (circ.), in questo portale, 2016, 3-4, eTrib. Latina 3 maggio 2016 (circ.), cit., 4-5). A ciò si aggiunge altresì l'opportunità che il tribunale indirizzi il curatore sulle modalità di esecuzione delle “ulteriori attività liquidatorie”, indicando l'eventuale applicabilità delle norme sulla liquidazione dell'attivo in corso di procedura.
L'art. 234 c.c.i., infine, non reca alcuna deroga alle norme in tema di pubblicazione e impugnazione del decreto di chiusura di cui al successivo art. 235 c.c.i. Salvo diversa disposizione, tali norme potrebbero quindi ritenersi applicabili anche al decreto di chiusura anticipata, pur con i dovuti adattamenti soprattutto in punto di efficacia.
La prosecuzione post-chiusura
Gli effetti del decreto di chiusura “speciale” della liquidazione giudiziale sono limitati dalla necessità di proseguire i procedimenti pendenti. Diversamente dagli altri casi di cessazione della procedura i cui effetti sono regolati all'art. 236 c.c.i., con la chiusura anticipata:
cessano lo spossessamento dei beni che compongono il patrimonio del debitore e le conseguenti incapacità personali. Tuttavia, il debitore non riacquista alcuna legittimazione rispetto alle azioni giudiziarie in corso né alle successive azioni strumentali. La relativa legittimazione, infatti, spetta in via esclusiva al curatore anche in virtù del richiamo all'art. 143 c.c.i. (al riguardo, si veda la relazione illustrativa al codice che in merito all'art. 234 c.c.i. si riferisce espressamente all'“esclusiva legittimazione processuale” del curatore);
i creditori hanno la possibilità - salvo il caso dell'esdebitazione - di agire contro il debitore per recuperare la parte dei loro crediti rimasta insoddisfatta all'esito della liquidazione. Tuttavia, “in nessun caso i creditori possono agire su quanto è oggetto dei giudizi [proseguiti dal curatore]” a norma del comma 5 del citato art. 236 c.c.i. A tal proposito, nella (poco probabile) ipotesi in cui i creditori riescano ad aggredire fruttuosamente diverse attività del debitore, non è chiaro - tra l'altro - come si coordini in concreto la riduzione dei loro crediti con la necessaria acquisizione di tali informazioni da parte del curatore e le regole di riparto supplementare;
decadono gli organi preposti alla procedura. Tuttavia, “il giudice delegato e il curatore restano in carica ai soli fini di quanto ivi previsto”, ossia di quanto previsto nell'art. 234 c.c.i.
In particolare, l'ultrattività dei suddetti organi della procedura è regolata solamente dal rimando al citato art. 234 c.c.i., che a sua volta reca la “delega” al tribunale per la definizione degli adempimenti della fase post-chiusura. In ogni caso:
il curatore è anzitutto onerato (i) della prosecuzione dei giudizi e/o dei procedimenti esecutivi pendenti e (ii) dell'instaurazione dei procedimenti, anche cautelari ed esecutivi, strumentali all'attuazione delle decisioni favorevoli.
In evidenza: i procedimenti giudiziari pendenti
Chiusa la procedura ex art. 234 c.c.i., il curatore “mantiene” (e non più “può mantenere”, come nell'art. 118 l. fall.) la legittimazione processuale per tutti gli stati e i gradi dei procedimenti pendenti ai sensi dell'art. 143 c.c.i.; la legittimazione, inoltre, “sussiste” per eventuali procedimenti strumentali. Tale mantenimento della legittimazione del curatore come opera nei giudizi e nelle esecuzioni in corso? L'art. 143, comma 3, c.c.i. stabilisce che l'apertura della liquidazione giudiziale determina l'interruzione del processo; allo stesso modo, si ritiene che anche la chiusura della procedura interrompa il processo, con conseguente onere di riassunzione. La neo-introdotta previsione dell'art. 143, comma 3, c.c.i. specifica che “Il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre da quando l'interruzione viene dichiarata dal giudice”. Ai fini del superamento dei problemi in punto di riassunzione dei procedimenti, nella prassi i tribunali hanno disposto che il curatore informi tempestivamente i giudici incaricati dei procedimenti predetti in merito all'avvenuta chiusura anticipata della procedura e alla proroga della legittimazione processuale del curatore, depositando il decreto di chiusura (Trib. Termini Imerese 21 gennaio 2019 (circ.), cit., 20; Trib. Pescara 14 giugno 2018 (circ.), cit., 8; Trib. Savona 22 febbraio 2017 (circ.), cit., 3; Trib. Vicenza 24 novembre 2016 (circ.), cit., 9; Trib. Trapani 17 ottobre 2016 (circ.), cit., 5, e Trib. Latina 3 maggio 2016 (circ.), cit., 4; cfr. anche Trib. Siracusa 27 ottobre 2017 (circ.), cit., 7). Fermo restando che pare in ogni caso prudenziale attenersi alle più formali regole di prosecuzione e riassunzione del processo dettate dal codice di procedura civile.
Parallelamente, il curatore è tenuto ad eseguire gli adempimenti propri della procedura secondo le disposizioni specifiche dettate dal tribunale nel decreto di chiusura. In generale, il curatore deve presentare:
in pendenza dei procedimenti giudiziari:
il rapporto riepilogativo di cui all'art. 130, comma 9, c.c.i. Prosegue quindi per il curatore l'obbligo di presentare al giudice delegato un rapporto semestrale - salva diversa disposizione specifica del tribunale - riepilogativo delle attività svolte e delle informazioni raccolte in merito alle azioni in corso, con il conto della gestione e gli estratti conto della procedura. Il rapporto non potrà essere trasmesso al comitato dei creditori, organo che decade con la chiusura della procedura. Potrebbe però permanere la comunicazione del rapporto al debitore, ai creditori e ai titolari di diritti sui beni, fermo restando comunque che sarà pur sempre il tribunale nel decreto suddetto a specificare i soggetti eventualmente aventi diritto alla trasmissione del rapporto e alla formulazione di osservazioni scritte;
alla conclusione dei procedimenti giudiziari:
il supplemento di rendiconto incentrato segnatamente sulla gestione della fase post-chiusura della procedura. In particolare, in linea con i contenuti di cui all'art. 231 c.c.i. è opportuno che tale integrazione al rendiconto riporti un quadro di sintesi delle attività inerenti alla prosecuzione dei procedimenti già pendenti all'atto della chiusura della liquidazione giudiziale e di quelli in seguito eventualmente avviati per l'attuazione delle decisioni favorevoli alla procedura, il relativo esito e gli effetti contabili degli stessi. Il curatore con ogni probabilità sarà chiamato dal tribunale nello specifico a rendicontare gli esborsi sostenuti per i predetti procedimenti e le eventuali somme incassate per effetto dei medesimi;
il riparto supplementare. Anzitutto, pare non potersi escludere a priori la possibilità di formare più di un riparto ulteriore (del pari alla previsione in corso di procedura di riparti parziali e del riparto finale), anche in quanto il comma 6 dell'art. 234 c.c.i. esclude la cancellazione della società dal registro delle imprese sino all'effettuazione “dei riparti supplementari”. Ciò precisato, tali riparti hanno ad oggetto “le somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti definitivi e gli eventuali residui degli accantonamenti”, nonché le somme realizzate per effetto di ulteriori attività liquidatorie. Tali somme - come accennato - sono ripartite tra i creditori “secondo le modalità disposte dal tribunale con il decreto di cui all'art. 235” senza riapertura della procedura a norma dell'art. 234, commi 4 e 5, c.c.i. I tribunali si sono già espressi sul punto in relazione all'art. 118 l. fall.: per lo più, l'eventuale riparto supplementare è ordinato richiamando la disciplina formale di cui agli artt. 110 ss. l. fall. (ora, artt. 220 ss. c.c.i.), ma con molte spinte verso la semplificazione della relativa procedura. In ogni caso, i criteri per la distribuzione delle predette somme ai creditori sono gli stessi applicati in sede di riparto finale, anche in ragione della prosecuzione degli effetti della domanda di ammissione al passivo “fino all'esaurimento dei giudizi e delle operazioni che proseguono dopo il decreto di chiusura a norma dell'art. 235” come stabilito dall'art. 202 c.c.i.;
l'istanza di liquidazione del compenso dello stesso curatore. Al curatore, infatti, è dovuta ai sensi dell'art. 137, comma 2, c.c.i. “anche un'integrazione del compenso per l'attività svolta fino al termine dei giudizi e delle altre operazioni di cui all'articolo 233, comma 2”, ovvero fino alla cancellazione della società dal registro delle imprese. La liquidazione di tale compenso integrativo (e di eventuali spese) segue l'approvazione del supplemento di rendiconto, previo deposito di apposita istanza da parte del curatore stesso; il tribunale provvede, su relazione del giudice delegato, con decreto non soggetto a reclamo. I parametri per la determinazione del supplemento di compenso - rimessi solo nella legge delega alle disposizioni del tribunale di cui al decreto di chiusura - nella prassi sono gli stessi impiegati per il calcolo del compenso in sede di chiusura della procedura, agganciati all'ulteriore attivo eventualmente realizzato mediante i procedimenti. In particolare, la maggioranza dei tribunali dà indicazione di ricalcolare il compenso spettante sul totale dell'attivo risultante all'esito dei procedimenti e di considerare la differenza tra tale totale e i compensi già riconosciuti (Trib. Termini Imerese 21 gennaio 2019 (circ.), cit., 4; Trib. Savona 22 febbraio 2017 (circ.), cit., 4; Trib. Trapani 17 ottobre 2016 (circ.), cit., 6, e Trib. Latina 3 maggio 2016 (circ.), cit., 4);
il rapporto riepilogativo finale, che - fermo restando l'ampio potere del tribunale di impartire le relative disposizioni - dovrebbe riguardare l'effettiva e completa esecuzione delle attività previste dal decreto di chiusura e degli incombenti conseguenti, ivi inclusa la distribuzione delle restanti somme ai creditori.
Non vi è alcun accenno normativo né per il supplemento di rendiconto, né per il riparto supplementare e nemmeno per il rapporto riepilogativo finale a eventuali osservazioni e/o contestazioni da parte del debitore, dei creditori o di altri soggetti interessati. Potrebbe ritenersi possibile un'applicazione delle relative discipline generali degli artt. 130, 220 e 231 c.c.i., ove compatibili, e altrettanto ragionevole un coordinamento da parte del tribunale tra i rimedi contro i diversi atti del curatore.
il giudice delegato, ai fini di quanto previsto all'art. 234 c.c.i. e come stabilito espressamente dal secondo comma, ha potere di autorizzare le rinunzie alle liti (anche impugnazioni) e le transazioni relative ai procedimenti pendenti e ai procedimenti strumentali. Esercita, inoltre, i poteri delineati dal tribunale nel decreto di chiusura rispetto alle attività del curatore. Il giudice può svolgere le funzioni tipiche di verifica di rapporti riepilogativi, supplemento di rendiconto e riparto supplementare. A ciò, qualche tribunale ha aggiunto altresì il compito di valutare l'autorizzazione di ulteriori attività riguardanti ad esempio la nomina di avvocati e consulenti, il prelievo di somme e la disposizione di pagamenti dal conto corrente della procedura.
Segue: il decreto di archiviazione
“Eseguito l'ultimo progetto di ripartizione o comunque definiti i giudizi e procedimenti pendenti, il curatore chiede al tribunale di archiviare la procedura di liquidazione giudiziale. Il tribunale provvede con decreto” ai sensi dell'art. 234, comma 7, c.c.i. Una volta definiti tutti i processi e, se del caso, ripartite le sopravvenienze attive, il curatore formula quindi istanza al tribunale per l'archiviazione della procedura.
Il decreto di archiviazione non ha un contenuto predefinito. Funge comunque da decreto di chiusura ex art. 235 c.c.i.: chiude a tutti gli effetti la liquidazione giudiziale rimasta in essere per la sola conclusione dei procedimenti. Di conseguenza, oltre a decadere gli organi della liquidazione:
per l'imprenditore individuale, cessano anche i residui effetti della procedura sul patrimonio del debitore e si riespande pienamente la facoltà dei creditori di agire verso il debitore stesso per la parte non soddisfatta dei loro crediti, salvo comunque il caso dell'esdebitazione;
per le società, a norma dell'art. 234, comma 8, c.c.i. “Entro dieci giorni dal deposito del decreto di archiviazione, il curatore chiede la cancellazione della società dal registro delle imprese”. Si noti che il termine assegnato al curatore per la richiesta di cancellazione della società decorre dal deposito - e non dalla comunicazione - del provvedimento.
La suddetta precisazione solleva il tema dell'efficacia e segnatamente dell'impugnabilità del decreto di archiviazione. La disposizione che introduce tale decreto non reca alcun rinvio alle norme che disciplinano l'impugnazione del decreto di chiusura, anche se sembrerebbe irragionevole escludere l'operatività dei generali strumenti di revisione dei decreti del tribunale ovvero il reclamo ex art. 124 c.c.i. e il successivo ricorso per cassazione. In tal caso, sorge peraltro un nuovo problema di coordinamento tra la cancellazione della società dal registro delle imprese che segue obbligatoriamente il deposito del decreto di archiviazione e la difesa della procedura nei procedimenti per l'impugnazione del decreto.
I risvolti fiscali
La prosecuzione post-chiusura della liquidazione giudiziale sottintende conseguenze di natura fiscale, la cui disciplina rimane ancorata alle disposizioni generali relative all'ex fallimento. Le principali questioni derivate riguardano:
il codice fiscale e la partita IVA. L' art. 234, commi 6 e 8, c.c.i. - come detto - si limita a consentire al curatore di non cancellare la società dal registro delle imprese sino al decreto di archiviazione della procedura. Non introduce invece alcuna espressa previsione sul mantenimento in questa fase del codice fiscale e anche della partita IVA, in relazione alla quale la legge delega aveva disposto di “prevedere che al curatore sia consentito di mantenere aperta la partita IVA anche dopo la chiusura della liquidazione giudiziale in pendenza di procedimenti giudiziari” (art. 7, comma 10, lett. b), L. n. 155/2017). La direttiva della legge delega rappresenta peraltro l'indicazione operativa maturata nella prassi, ove i tribunali sono pressoché unanimi nell'autorizzare il curatore a mantenere attiva la società sino all'effettiva definizione di tutti i procedimenti e, con essi, della liquidazione (su cui supra), così reinterpretando di fatto la previsione dell'art. 35 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in forza della quale la cessazione della partita IVA consegue all'ultimazione delle operazioni. Anche se non attuata, la predetta direttiva pare doversi ritenere valida, ponendosi in parallelo con la posticipazione della cancellazione dal registro delle imprese. Ciò è opportuno - tra l'altro - ai fini del recupero dei crediti IVA per le operazioni connesse ai procedimenti giudiziari e comunque per il regolare adempimento degli oneri fiscali dell'eventuale riparto supplementare. Al riguardo, si segnala in aggiunta che i creditori possono emettere le note di variazione ex art. 26, comma 2, d.P.R. n. 633/1972 anche prima della definitiva archiviazione della procedura, acquisita la ragionevole certezza che il relativo credito non sarà più soddisfatto, in base ai più recenti orientamenti (così Comm. trib. prov. di Vicenza 17 aprile 2019, in questo portale, 2019; contra Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa, interpello n. 954-789/2017, 5, per la quale le note di variazione possono essere emesse solo divenuto esecutivo l'eventuale piano supplementare di riparto);
la ritenuta a titolo di acconto. Il curatore è indicato all'art. 23, comma 1, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, tra i soggetti obbligati a operare la ritenuta d'acconto. La disposizione fa riferimento alla sola carica di curatore e non lega gli obblighi ivi previsti temporalmente alla chiusura della procedura. Ciò detto, considerata l'ultrattività del curatore nella prosecuzione post-chiusura in forza dell'art. 236, comma 5, c.c.i., pare che il medesimo organo possa continuare anche in quest'ultima fase a operare rispetto alla ritenuta come in pendenza della procedura;
la dichiarazione del reddito d'impresa di cui all'art. 183, comma 2, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, relativa al risultato finale delle operazioni compiute nel periodo d'imposta tra l'inizio e la chiusura della liquidazione giudiziale. Tale dichiarazione a norma dell'art. 5, comma 4, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, deve essere presentata dal curatore “entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a quello […] della chiusura del fallimento”. Non vi è alcuna deroga espressa per il caso di chiusura anticipata della procedura ex art. 234 c.c.i. e, quindi, anche in tal caso il curatore deve effettuare il predetto adempimento entro nove mesi dal decreto di chiusura. Il periodo post-chiusura e, in particolare, le eventuali sopravvenienze attive secondo il parere dell'Agenzia delle Entrate paiono dover formare oggetto di un'ulteriore dichiarazione con rideterminazione di imponibile o perdita relativi al cd. maxi-periodo precedente entro i nove mesi successivi alla data di definizione dei giudizi pendenti (Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa, interpello n. 954-789/2017, 4); il termine iniziale indicato, se interpretato letteralmente, si riferisce al momento del passaggio in giudicato dei provvedimenti che concludono i procedimenti e non al deposito del decreto di archiviazione.
Riferimenti dottrinali
F. Lamanna, Il nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Il Civilista, 3, 2019, 116 ss.;
L. Fantozzi, Metamorfosi della liquidazione giudiziale attraverso la nuova chiusura anticipata ex art. 234 CCII, in www.osservatorio-oci.org, 2019;
M. Attanasio, Chiusura del fallimento e liti passive ed attive alla luce dei novellati artt. 118 e 110 l. fall. e delle prospettive di riforma, ivi, 2018.
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Sommario
Compiuta ripartizione dell'attivo e procedimenti giudiziari