Il contraddittorio cartolare «coatto» del processo amministrativo emergenziale non appare compatibile con i principi del giusto processo
21 Aprile 2020
Il Consiglio di Stato, sez. VI, con ordinanza collegiale del 21 aprile 2020, adottata all'esito della prima camera di consiglio celebrata in data 16 aprile 2020, “ai sensi dell'art. 84, comma 5, del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l'utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa”, ha accolto l'istanza di rinvio proposta dalla parte appellante “al fine della discussione orale della controversia, tenuto conto dei suoi aspetti di particolare complessità e delicatezza”, alla quale si era opposta la parte appellata “sul rilievo che l'interesse alla discussione orale, invocato dalla controparte, non sarebbe stato oggetto di previsione legislativa per la fase emergenziale a partire dal 15 aprile 2020, durante la quale il regime processuale prevedrebbe il passaggio in decisione delle cause esclusivamente sulla base degli atti, con l'unica eccezione della rimessione in termini per il deposito di memorie e repliche”.
Il Collegio, partendo dal “tenore letterale” dell'art. 84, comma 5, del D. L. n. 18/2020, che “sembrerebbe autorizzare il giudice a disporre il rinvio della trattazione della causa solo per consentire il compiuto esercizio del contraddittorio scritto di cui all'art. 73 c.p.a. (impedito dalla sospensione dei termini predisposta dal 8 marzo 2020 e fino al 15 aprile 2020), senza accordare alla parte alcuna facoltà di chiedere un differimento al solo fine di potere discutere oralmente la causa”, anche in considerazione della “differente formulazione della primigenia configurazione del rito emergenziale, come tratteggiato dall'articolo 3, comma 4, del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11, poi abrogato, il quale nello stabilire che «tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione sulla base degli atti», faceva comunque salva la possibilità per ognuna delle parti di chiedere «la discussione in udienza camerale o in udienza pubblica con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione»”, seppur ritenendo che “il processo amministrativo, a differenza del processo penale, non è improntato al principio di oralità delle dichiarazioni e del contraddittorio in senso “forte” (ovvero, sia nella formazione della prova, sia come diritto dell'accusato di confrontarsi “de visu” con l'accusatore), ben potendo il confronto tra i litiganti e con il giudice avvenire in forma meramente cartolare e le parti decidere di neppure comparire in udienza”, ha, tuttavia, affermato che “il contraddittorio cartolare «coatto» ‒ cioè non frutto di una libera opzione difensiva, bensì imposto anche contro la volontà delle parti che invece preferiscano differire la causa a data successiva al termine della fase emergenziale, pur di potersi confrontare direttamente con il proprio giudice ‒ non appare una soluzione ermeneutica compatibile con i canoni della interpretazione conforme a Costituzione, che il giudice comune ha sempre l'onere di esperire con riguardo alla disposizione di cui deve fare applicazione”.
Secondo l'ordinanza in commento, “il contraddittorio cartolare «coatto» costituirebbe una deviazione irragionevole rispetto allo “statuto” di rango costituzionale che si esprime nei principi del «giusto processo»” di cui agli artt. 111, comma 2, (il quale “impone, non solo un procedimento nel quale tutti i soggetti potenzialmente incisi dalla funzione giurisdizionale devono esserne necessariamente “parti”, ma anche che queste ultime abbiamo la possibilità concreta di esporre puntualmente (e, ove lo ritengano, anche oralmente) le loro ragioni, rispondendo e contestando le quelle degli altri”) e 24 della Costituzione (che, “comprendendo oltre al diritto di accesso al giudizio, anche il diritto di ottenere dal giudice una tutela adeguata ed effettiva della situazione sostanziale azionata - non può che contenere anche la garanzia procedurale dell'interlocuzione diretta con il giudice”).
Inoltre, il contraddittorio cartolare coatto si porrebbe in contrasto anche con l'art. 6 CEDU sotto un duplice aspetto: come “ostacolo significativo per il ricorrente che voglia provocare la revisione in qualsiasi punto, in fatto come in diritto, della decisione resa dall'autorità amministrativa”, nonché rispetto al “principio della pubblicità dell'udienza”, come delineato nella giurisprudenza della Corte europea (ex plurimis, sentenza 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza contro Italia e sentenza 26 luglio 2011, Paleari contro Italia) e anche della Corte Costituzionale, secondo cui “la pubblicità del giudizio non ha valore assoluto, potendo cedere in presenza di particolari ragioni giustificative, purché, tuttavia, obiettive e razionali (sentenze n. 212 del 1986 e n. 12 del 1971)”. Alla luce di tali considerazioni e considerato che “l'imposizione dell'assenza forzata, non solo del pubblico, ma anche dei difensori, finirebbe per connotare il rito emergenziale in termini di giustizia “segreta”, refrattaria ad ogni forma di controllo pubblico”, il Collegio ha affermato che “l'art. 84, comma 5, del decreto legge n. 18 del 2020, va interpretato nel senso che: ciascuna delle parti ha facoltà di chiedere il differimento dell'udienza a data successiva al termine della fase emergenziale allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale (e ciò in particolare nella fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati, stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica “acuta”)”.
Facendo applicazione di tale principio al caso concreto, la Sezione ha ritenuto che “un rinvio della causa in un arco temporale che non superi l'anno in corso (tenuto conto della durata del rito cartolare fino a fine giugno, della sospensione feriale dei termini e del carico delle udienze già aggravato dall'emergenza pandemica da COVID-19) può costituire un giusto contemperamento delle posizioni delle parti ed evitare di ledere il diritto di difesa”.
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