Reati tributari
12 Agosto 2025
Inquadramento In questo testo, le diverse fattispecie di reato sono suddivise da legislatore in due categorie. Da un lato stanno i cosiddetti delitti in tema di dichiarazione la cui funzione è di garantire la veridicità della documentazione con cui il contribuente si rapporta rispetto all'Amministrazione finanziaria, consentendo alla stessa di calcolare – sulla base degli atti e documenti fornitegli dal privato – quanto quest'ultimo deve corrispondere. Dall'altro lato, invece, si collocano i reati in materia di pagamento delle imposte, che tutelano la possibilità per l'Erario di percepire effettivamente l'imposta correttamente calcolata e dovuta dal privato. I reati dichiarativi: il delitto di dichiarazione fraudolenta a mezzo di fatture relative ad operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta I due illeciti di maggior rilievo e puniti in maniera più severa da legislatore – unitamente al delitto di utilizzo in compensazione di indebita compensazione di cui al comma 2 dell'art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000 – sono quelli di dichiarazione fraudolenta, condotta che può essere assunta a mezzo dell'utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti o mediante altri artifici. La prima ipotesi – prevista dall'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 – è integrata dalla condotta di chiunque, mediante l'utilizzo di fatture o altri documenti relativi ad operazioni inesistenti, presenta dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto non veritiere. La ratio dell'incriminazione – punita severamente e senza che sia prevista alcuna soglia di punibilità – si giustifica in ragione del ruolo fondamentale che ha la fattura nei rapporti fiscali, in quanto costituisce lo strumento tipico attraverso il quale il contribuente attesta il diritto a dedurre i costi e presenta una particolare capacità di sviamento dell'attività accertativa degli uffici. La nozione di fattura è contenuta nell'art. 1 lett. a) d.lgs. n. 74 del 2000, secondo cui per “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi. Da tale definizione si ricava che l'inesistenza della prestazione documentata in fattura può essere oggettiva – circostanza che ricorre quando la prestazione documentata non è stata in alcun modo eseguita – o soggettiva – quando si riscontra una diversità tra il soggetto che ha effettuato l'operazione e quello che viene indicato in fattura. La differenza fra le due ipotesi rileva in quanto la giurisprudenza decisamente maggioritaria ritiene che l'ipotesi di inesistenza oggettiva rilevi solo con riferimento all'evasione I.V.A. (Cass. pen., n. 39541/2017) A tale delitto, la causa di non punibilità prevista nell'art. 13, d.lgs. n. 74 del 2000, rappresentata dal pagamento del debito tributario, rileva solo se l'integrale pagamento degli importi dovuti, effettuato a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, sia intervenuto prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. In assenza di tale condizione, il pagamento in parola consente il ricorso al rito alternativo dell'applicazione di pena su richiesta ed opera quale circostanza attenuante. In caso di dichiarazione proveniente da persona giuridica, responsabile dell'illecito è l'amministratore della società. Laddove l'organo gestorio sia collegiale, nel caso di delitto deliberato e direttamente realizzato da singoli componenti del consiglio di amministrazione di una società di capitali nel cui ambito non sia stata conferita alcuna specifica delega, ciascuno degli altri amministratori risponde a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento, ove sia ravvisabile una violazione dolosa dello specifico obbligo di vigilanza e di controllo sull'andamento della gestione societaria derivante dalla posizione di garanzia di cui all'art. 2392 c.c. (Cass. pen., n. 30689/2021). L'elemento soggettivo richiesto è il dolo specifico, dovendo la condotta essere finalizzata ad evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto e caratterizzata dal fine ulteriore rispetto a quello della realizzazione della condotta di fattispecie rappresentata dalla presentazione della dichiarazione. Tuttavia, il dolo specifico come elemento soggettivo richiesto ai fini dell'integrazione del delitto non rende la fattispecie incompatibile con il dolo nella forma "eventuale o indiretta", che si manifesta nell'accettazione del rischio che dalla presentazione della dichiarazione, basata anche su documenti quali fatture emesse per operazioni inesistenti, possa derivare l'evasione delle imposte (Cass. pen., n. 30492/2015). Il dolo deve assistere la condotta al momento del suo perfezionamento, non rilevando pertanto la rappresentazione e la volizione che sorreggono le operazioni prodromiche alla presentazione della dichiarazione, come quelle dell'annotazione in contabilità della fattura relativa a operazioni che poi al momento della presentazione della dichiarazione non sono ancora state eseguite – conclusione coerente con il principio secondo cui il delitto è integrato dalla presentazione della dichiarazione fiscale, in cui si trovano indicati o esposti elementi contabili fittizi, non essendo penalmente rilevanti i comportamenti prodromici posti in essere dall'agente, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi idonei ad ostacolarne l'accertamento. A fronte della previsione incriminatrice di cui al citato art. 2, si pone la previsione di cui al successivo art. 8 del medesimo decreto legislativo, che punisce chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Si ricorda che, ai sensi del successivo art. 9, l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'art. 2 e, viceversa, chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'art. 8; tuttavia, tale eccezione alla disciplina di cui all'art. 110 c.p. non si applica al soggetto che cumula in sé le qualità di emittente e di amministratore della società utilizzatrice della autofattura mendace, configurandosi in tal caso sia il delitto di cui all'art. 8 che quello di cui all'art. 2 del d.lgs. citato (Cass. pen., n. 2859/2023) né al potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti posto che l'art. 9 mira ad evitare che la sola utilizzazione, da parte del destinatario, delle fatture per operazioni inesistenti possa integrare anche il concorso nella emissione delle stesse così come, all'inverso, il solo fatto dell'emissione possa integrare il concorso nella utilizzazione, da parte del destinatario che abbia ad indicarle in dichiarazione, delle medesime, determinandosi, altrimenti, la sottoposizione per due volte a sanzione penale dello stesso soggetto per lo stesso fatto, che, invece, non può verificarsi allorquando il destinatario delle fatture non ne abbia fatto utilizzazione (Cass. pen., 41124/2019). Con riferimento al delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici – reato che opera nel caso in cui non sia possibile la contestazione del già citato delitto di cui all'art. 2 –, è un illecito a struttura bifasica, che ruota attorno a due elementi ovvero la presentazione di una dichiarazione fiscale mendace e le condotte frodatorie di supporto, senza che occorra che la condotta frodatoria venga recepita anche dalle scritture contabili. Quanto alla dichiarazione mendace, sono interessate anche quelle ragguagliate a segmenti temporali diversi dall'anno. Quanto, poi, alla tipologia di mendacio che deve inficiare la dichiarazione, lo stesso si deve risolvere nella indicazione di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi: con l'espressione elementi passivi fittizi, alla luce di quanto dispongono i nuovi commi 1-bis e 1-ter dell'attuale art. 4, d.lgs. 74/2000, è da ritenere la fittizietà in discorso vada intesa quale inesistenza in natura del costo – quale componente negativo di reddito inesistente, in quanto disancorato da un concreto dato fattuale e non quale sua non inerenza. Penalmente rilevante è poi l'indicazione nella dichiarazione fiscale di crediti e ritenute fittizi. Una volta determinata la base imponibile in seno alla dichiarazione fiscale, il contribuente provvede a calcolare su di essa l'imposta dovuta applicando le aliquote previste dalla normativa tributaria ed al risultato così ottenuto vengono detratti gli eventuali crediti d'imposta e le ritenute già subite per procedere, in ultimo, al calcolo dell'imposta da versare: anche l'imputazione dei crediti d'imposta e delle ritenute subite ha rilevanza penale con l'avvertenza che una tale forma di mendacio dovrà trovare supporto in una delle diverse condotte frodatorie. Quanto alle attività fraudolente di supporto alla dichiarazione mendace, destinate ad incidere sulla decettività della dichiarazione in modo tale da renderne più difficilmente individuabile la falsità, il legislatore tipizza tre tipologie di condotte: a) il compimento di operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente; b) l'avvalersi di documenti falsi; c) l'avvalersi di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'Amministrazione finanziaria. Quanto alla distinzione rispetto alla fattispecie di cui all'art. 2, d.lgs. 74 del 2000 in caso di utilizzo di documenti falsi, rientreranno nell'alveo dell'art. 3 tutti i documenti mendaci diversi dalle fatture e dagli altri documenti dotati di analoga rilevanza fiscale ma aventi al contempo rilievo probatorio analogo a quello delle fatture in base alle norme tributarie. Nella fattispecie in esame non rientra invece l'ipotesi di una falsificazione materiale di una fattura o documento equipollente, versandosi in tale circostanza nell'ipotesi delittuosa di cui all'art. 2 (Cass. pen., n. 48486/2011). In ultimo, occorre sottolineare come la norma preveda che il contribuente debba avvalersi del documento mendace il che si verifica quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell'Amministrazione finanziaria. Relativamente all'avvalersi di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'Amministrazione finanziaria, formula di chiusura con la quale il legislatore tenta di colorare di tipicità tutte le condotte in qualche modo artificiose attuate dal contribuente onde scongiurare che l'Amministrazione finanziaria si avveda della mendacità della dichiarazione fiscale, tale condotta deve presentare una concreta valenza ingannatoria nel senso che sono rilevanti ai fini della sussistenza dell'illecito in parola solo quei comportamenti davvero in grado di sviare l'attività di accertamento ed indurre in errore l'Amministrazione finanziaria: saranno dunque penalmente irrilevanti le piccole furberie, le irregolarità, le violazioni, le imprecisioni destinate a rendere meno agevole l'attività di verifica condotta dall'Amministrazione finanziaria ma scevre di una reale idoneità ingannatoria. Ai fini della consumazione del reato la presentazione della dichiarazione deve seguire all'adozione delle condotte di frode, essendo irrilevanti, ai fini del delitto in parola, i comportamenti ingannatori che seguano la presentazione della dichiarazione predetta. Tuttavia, si ricorda comunque che l'art. 11 d.l. n. 201 del 2011 punisce chiunque, in fase di accertamento, esibisca o trasmetta atti o documenti falsi in tutto o in parte: ciò comporta l'attribuzione di rilevanza penale all'utilizzo, in sede di accertamento, di documentazione mendace eventualmente confezionata in epoca successiva alla presentazione della dichiarazione, La fattispecie in esame contempla due soglie di punibilità e solo il loro superamento congiunto comporta la rilevanza penale del fatto. La prima di tali soglie è riferita all'importo dell'imposta evasa e prende in considerazione ognuna delle imposte evase, con la conseguente impossibilità di sommare l'evasione dell'Iva all'evasione di imposte dirette; la seconda prende in considerazione gli elementi attivi sottratti all'imposizione, richiedendo che gli elementi attivi sottratti a tassazione superino il 5% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o siano in valore assoluto superiori a €. 1.500.000 L'elemento soggettivo è il dolo specifico dovendosi perseguire il fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Dichiarazione infedele ed omessa dichiarazione Minore gravità è riconosciuta ai reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione. Il primo delitto è previsto dall'art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000, che punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti superando determinate soglie di punibilità. In particolare, con riferimento alle soglie di punibilità, l'imposta evasa deve essere pari ad € 150.000 e l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni. Le due condizioni devono ricorrere congiuntamente. Il delitto in questione punisce la presentazione di una dichiarazione relativa alle imposte sui redditi o all'imposta sul valore aggiunto che sia ideologicamente falsa e la assenza di qualsiasi ulteriore comportamento “a sostegno” del mendacio ne giustifica il ruolo di confine e lo contraddistingue dalle ipotesi fraudolente, di cui si è detto in precedenza. In questa prospettiva, ad assumere rilevanza sono le dichiarazioni funzionali alla determinazione della base imponibile da sottoporre a tassazione e, dunque, al calcolo dell'imposta dovuta. Si tratta, quindi, delle dichiarazioni annuali, e sempre che si tratti di dichiarazioni relative alle imposte dirette o I.V.A. Per quanto concerne i potenziali soggetti attivi, è indubbio che quello in esame sia un reato proprio, suscettibile di essere commesso da qualsiasi contribuente. La dichiarazione presentata dal contribuente, per rilevare penalmente, deve essere non conforme a verità, ossia deve indicare elementi attivi inferiori a quelli effettivi od elementi passivi inesistenti. In base all'art. 1 lett. b) d.lgs. n. 74 del 2000 gli elementi attivi o passivi sono le componenti espresse in cifra che concorrono in senso positivo o negativo alla determinazione del reddito o delle basi imponibili rilevanti ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto e le componenti che incidono sulla determinazione dell'imposta dovuta. Come già accennato, la l'inesistenza dell'elemento passivo iscritto in dichiarazione per abbassare la base imponibile va intesa in senso naturalistico e non con riferimento a componenti negativi di reddito non deducibili: di conseguenza, non rilevano a fini penali 1) la non corretta classificazione, 2) la valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, 3) la violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, 4) della non inerenza, 5) della non deducibilità di elementi passivi reali, ed infine 5) si esclude la punibilità delle valutazioni che complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Ha invece penale rilevanza la cd. sottofatturazione, ossia il rilascio di fatture o di altri documenti fiscali nei quali trova indicazione una parte soltanto del corrispettivo effettivamente conseguito dal contribuente. Questa condotta integra il delitto in esame e non la fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici avutosi con la riforma posto che ai sensi del comma 3 dell'art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000 non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali. La norma, quindi, ricalca fedelmente quanto previsto dall'abrogato art. 7 d.lgs. 74/2000, continuando a contemplare una soglia di punibilità del 10% applicabile a tutte le valutazioni e, in ogni caso, permane la generalizzata esclusione della punibilità per le valutazioni compiute adottando criteri valutativi resi conoscibili all'Amministrazione finanziaria; trattasi di previsione di notevole rilievo sistematico, atteso che il legislatore sembra subordinare la rilevanza penale della condotta del contribuente alla concreta difficoltà, da parte dell'Amministrazione finanziaria, di accertare la “reale” entità della posta valutata, al di là del mero risultato finale al quale perviene il procedimento valutativo. L'elemento soggettivo è il dolo specifico. Secondo la giurisprudenza, una tale intenzione deve investire anche il dato quantitativo delle soglie di punibilità (Cass. pen., n. 891/2015). Il delitto di omessa dichiarazione è disciplinato dall'art. 5 del più volte citato d.lgs. n. 74. La condotta punita è rappresentata dalla mancata presentazione della dichiarazione relativa alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto da parte del soggetto obbligato a tale adempimento e con l'intento di evasione. Soggetto attivo è non solo il contribuente ma anche il cd. sostituto d'imposta, alla luce di quanto dispone il comma 1 bis della citata disposizione. La condotta sanzionata dalla norma è puramente omissiva, venendo ad integrarsi con il mancato adempimento dell'obbligo di presentare (esclusivamente) una delle dichiarazioni annuali dei redditi o ai fini Iva o la dichiarazione annuale 770 dovuta dal sostituto d'imposta. Alla omessa dichiarazione deve considerarsi equiparata, in base al comma 5 della disposizione in esame, la dichiarazione tardiva presentata oltre il novantesimo giorno dalla scadenza del termine. Tale disposto precisa, inoltre, che non si considera omessa la dichiarazione non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto. Deve considerarsi omessa anche la cosiddetta dichiarazione incompleta ovvero una dichiarazione talmente generica da rendere impossibile o la stessa identificazione del contribuente o la ricostruzione dell'imponibile. Per entrambe le ipotesi del reato di omessa dichiarazione è prevista una soglia di rilevanza penale, poiché per la punibilità della condotta è necessario che l'imposta evasa sia superiore, per ciascuna delle imposte prese in considerazione dai commi 1 ed 1-bis della disposizione in commento (che ovviamente non possono essere cumulate), ad €. 50.000,00. Ai fini del calcolo dell'imposta dovuta si deve tener conto anche dei costi sostenuti rilevanti ai fini della determinazione del reddito a condizione che essi vengano documentati; di conseguenza, la determinazione dell'imposta evasa può essere legittimamente operata considerando solo i ricavi aziendali in assenza di elementi che facciano ritenere l'esistenza di poste passive, dovendo, in mancanza di dati aziendali comprovanti l'effettivo sostenimento del costo, il contribuente imputato dimostrare l'effettiva sussistenza della posta passiva (Cass. pen., n. 35858/2011). Sotto il profilo dell'elemento psicologico è necessario diversificare le due ipotesi di reato previste dai commi 1 ed 1-bis della disposizione in parola. In entrambi i casi è necessaria una volontà dolosa in capo soggetto attivo, il quale deve consapevolmente e volontariamente omettere di presentare la dichiarazione alla cui presentazione è obbligato. Tuttavia, con riferimento all'ipotesi di cui al comma 1 è necessario che lo stesso soggetto si renda inadempiente rispetto tale dovere alla fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto; tale ulteriore elemento soggettivo non è invece richiesto con l'ipotesi in cui la omessa dichiarazione sia realizzata dal sostituto d'imposta, essendo in tal caso sufficiente che lo stesso non presenti tale documentazione, non essendo richiamato l'ulteriore profilo della volontà di evadere le imposte. |