Dies a quo per impugnare l'aggiudicazione in caso di mancata ostensione integrale dell'offerta
15 Giugno 2020
La questione oggetto del giudizio. La ricorrente impugnava gli atti relativi ad una procedura di gara indetta per la fornitura di dispositivi nel settore dei misuratori d'acqua lamentando l'illegittimità dell'aggiudicazione, stante la difformità dell'offerta dell'aggiudicataria rispetto alla lex specialis. L'aggiudicataria e la stazione appaltante si difendevano eccependo, inter alia, l'irricevibilità del ricorso, ritenuto tardivo per decorrenza del termine di trenta giorni di cui all'art. 120, comma 5,c.p.a.
Il ragionamento del Collegio. Nell'esaminare, in via preliminare, l'eccezione di irricevibilità del ricorso, il Collegio, preso atto della travagliata elaborazione giurisprudenziale in materia di individuazione del dies a quo per la proposizione del ricorso in materia di procedure di affidamento, ritiene di aderire all'orientamento per cui tale termine decorre dal momento di avvenuta conoscenza del provvedimento, che corrisponde, qualora sia presentata richiesta di accesso agli atti, a quello di ricezione - da parte dell'operatore richiedente - di un effettivo riscontro da parte dell'Amministrazione. Il T.A.R. ritiene infatti che, qualora l'Amministrazione destinataria della richiesta di accesso ponga in essere comportamenti dilatori, negando indebitamente l'ostensione dei documenti richiesti, si determini una sospensione nel decorso del termine di impugnazione, che può avere durata anche superiore ai quindici giorni di cui all'art. 76, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016, dovendosi in tal caso verificare la vicenda concreta relativa all'accesso e la celere messa a disposizione degli atti da parte dell'Amministrazione intimata, onde evitare la proposizione, da parte dell'operatore economico, di c.d. ricorsi “al buio”. Applicando tali principi al caso di specie, il T.A.R. osserva come il lasso di tempo – nella specie superiore a quindici giorni – intercorso tra la richiesta di accesso agli atti e il riscontro dell'Amministrazione intimata non debba essere computato nel calcolo del termine di impugnazione di cui all'art. 120 c.p.a., dovendosi sottrarre al periodo complessivamente intercorso nel caso concreto il tempo necessario al fine di acquisire gli elementi “minimi” per conoscere le ragioni a sostegno del provvedimento.
Conclusioni. Le circostanze ricorrenti nel caso di specie giustificano una dilazione del termine di impugnazione di trenta giorni previsto in materia di procedure ad evidenza pubblica, dovendosi attribuire alla “conoscenza dell'atto” cui fa riferimento l'art. 120 c.p.a. ai fini dell'individuazione del dies a quo per la proposizione del ricorso una portata effettiva e concreta, in mancanza della quale le condotte dilatorie dell'Amministrazione risulterebbero idonee a ripercuotersi su un bene - la giurisdizione -, da destinare unicamente a bisogni effettivi di tutela e non da inflazionarsi attraverso interpretazioni del dato normativo che impongano al privato di proporre un ricorso giurisdizionale senza avere l'esatta cognizione dell'illegittimità della lesione alla propria sfera giuridica.
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