Piccole imprese Banche del sistema
18 Novembre 2020
Liquidità è la parola che più si è diffusa in questi ultimi mesi e sarà il termine più ricorrente anche nei prossimi. La crisi di sistema che la situazione attuale ci presenta post lockdown, parte dallo shock del ciclo finanziario quotidiano che gli interventi legislativi hanno tamponato, parte con la moratoria di mutui, leasing, finanziamenti, e parte con il congelamento temporaneo dei versamenti erariali, per giungere alla constatazione del conseguente innalzamento dell'indebitamento complessivo di molte imprese. L'attenzione alla liquidità richiama immediatamente il concetto di insolvenza, risultando molto diretta la correlazione tra entità complessiva dei debiti e capacità di rimborsarli. Una riflessione complessiva su come il sistema delle imprese e delle banche rende fruibile la liquidità complessiva soprattutto a favore delle piccole e medie imprese, è più che attuale, soprattutto guardando a quanto potrà accadere nello scenario economico del prossimo anno. L'analisi del sistema economico imprenditoriale spesso viaggia su due metodi, uno che applica la logica della divisione matematica, mentre l'altro utilizza la moltiplicazione. Nella prima operazione, partendo dall'alto dei dati macro-economici si cerca di mettere dentro tante scatole stereotipate i fenomeni più diffusi, con l'obiettivo di dipingere un quadro di riflessioni logiche generalmente condivisibili. Nella seconda operazione, più deduttiva, partendo dai fenomeni che la realtà esprime si tenta di moltiplicare i campioni più diffusi o rappresentativi per portarsi vicini al risultato finale che la statistica propone. In questi giorni l'incertezza spinge i mezzi di informazione, e nel piccolo ogni imprenditore, a tentare di capire cosa accadrà. I tentativi ripetuti dei mezzi di informazione hanno molto spesso la stessa sorte dei papaveri, ma la memoria, in mezzo a tanta babele, cancella in poche ore ogni fatuo tentativo. Oggi il protagonista è crudelmente la realtà, che non corre avanti né si guarda indietro. La realtà che gira tutta intorno alla liquidità che si declina in solvibilità, centro della sostenibilità delle imprese. E' la realtà vista da dentro alle storie degli imprenditori che incrociamo, realtà che quando interrogata risponde con i numeri semplici di ogni singolo bilancio delle piccole e medie attività imprenditoriali, con i debiti presenti e futuri a fare da contrappeso a una confusa speranza. Il tentativo di far quadrare i conti ci obbliga a guardare l'intero sistema come un paziente un po' malato che si potrebbe aggravare. Il paziente è l'impresa piccola e media, così diffusa e isolata perché poco raggiungibile e perché poco incline ad alzare lo sguardo, ricurva da decenni a produrre il quotidiano valore della sopravvivenza. In uno dei paesi con il maggior rapporto tra imprese e abitanti è difficilissimo poter controllare ed ancor più orientare le piccole imprese. Liquidità, il sistema di carico e scarico dove in mezzo c'è la banca che funge da ammortizzatore tra i due polmoni di entrate e uscite. Entrano i soldi dei clienti ed escono per il pagamento di dipendenti, fornitori, erario e investimenti, la dinamica è apparentemente semplice, se non fosse che ci sono i ristagni della liquidità e ciò avviene molto spesso presso i clienti. Il cliente in base alla sua forza contrattuale, in base al grado di debolezza del suo fornitore, oggi in base alla sua sofferenza finanziaria o alla paura che possa colpirlo, esercita le leve che gli sono messe a disposizione o che si prende approfittando della mitezza dei suoi interlocutori. Le grandi strutture, o quelle semplicemente più aggressive, stimolano i processi di accaparramento della liquidità con incentivi ai CFO che possono esasperare la leva fino a creare asfissia per i piccoli fornitori. Non mancano esempi virtuosi, nella gdo per esempio è generalmente conosciuto il fatto che Esselunga ha sempre pagato a poco più di un mese tutti i propri fornitori, ma questa non è una prassi così diffusa purtroppo. Viene da interrogarsi su come possano funzionare i sistemi imprenditoriali di altri paesi come Svizzera, Germania e UK con tempi medi di pagamento sotto i trenta giorni mentre da noi si arriva al triplo della media con punte che arrivano a 116 giorni nell'edilizia e 121 nella sanità (dati Cribis 2019). Un ulteriore interrogativo è come ha fatto fino ad oggi a reggersi il sistema delle piccole e medie imprese obbligate a tanta esposizione con il costo del personale - voce di costo più importante - che obbliga al pagamento medio di 30 giorni o il carico delle imposte dirette da pagare con un anno di anticipo. I prestiti alle piccole e medie imprese sono diventati i prestiti necessari per alimentare i clienti più forti, quindi il sistema dei prestiti alle imprese che le banche stanno sostenendo, alla fine della catena serve a finanziare le casse delle imprese più forti o più strutturate o ancora peggio, della pubblica amministrazione, che più di tutti fa ristagnare presso di sè la liquidità. Il sistema della finanza delle imprese, se visto come un grande lago di liquidità, ristagna e polarizza la stessa, verso chi ha più potere contrattuale. Il sistema bancario, che cerca di fare da cuscinetto con l'ampia esperienza di insolvenza conosciuta nell'ultimo decennio tra NPL e UTP, tende a restringere il suo ruolo di ammortizzatore di sistema, cercando di ridurre la sua esposizione anche a causa delle difficoltà interne ad avere specializzazione dedicata alla tutela del proprio credito nel diversificato panorama delle PMI. Ciò porta ad una conseguenza che può essere una drammatica constatazione per i prossimi anni, l'asfissia finanziaria delle piccole imprese, con la conseguente riedizione dell'ondata di procedure concorsuali. Non è ovviamente immaginabile un'asfissia totale di sistema, ma certamente molte possono essere le vittime, soprattutto con le sommate conseguenze che Covid 19 ha generato relativamente allo shock di liquidità da lockdown e blocco delle attività. I pagamenti lunghi in ambito commerciale sono un fatto per lo più culturale e su questo tema l'evoluzione del modello d'impresa italiana è obbligata a trovare la via per ridurre il gap con altri sistemi economici. Se la dimensione media delle imprese italiane è più piccola che in altri paesi confinanti, la povertà media della liquidità nelle piccole imprese si suddivide in più unità e la difficoltà al cambiamento culturale è certamente giocata su un numero di imprenditori ampio. La possibilità di contare su un sistema che garantisce pagamenti più corti e più regolari, rende possibile la pianificazione aziendale, elemento di programmazione indispensabile per poter condurre qualsiasi attività imprenditoriale. Il Decreto Legislativo n. 231/2002 è un provvedimento ormai datato, i cui effetti applicativi non sono riusciti, tranne in qualche settore, a modificare realmente la situazione. Il sistema sanzionatorio del citato provvedimento è stato aggirato nelle modalità più fantasiose, dalla grande maggioranza delle imprese e purtroppo anche dalla Pubblica Amministrazione. È da quest'ultima che si deve partire per poter dare un senso di coerenza al sistema. L'irregolarità della Pubblica Amministrazione nel rispetto delle regole sui pagamenti legittima il mancato rispetto delle stesse rendendo antropologico il vezzo. Ancor più grave è il fatto che hanno funzionato molto bene le norme per la protezione delle truffe IVA, in particolare con lo split payment l'Amministrazione dal canto proprio si è tutelata in modo efficace, quasi a dire che le regole per l'incasso devono essere ferree mentre quelle sui pagamenti lasse. È quindi urgente fare un passo in avanti culturale per poter dotare la nostra economia delle piccole e medie imprese di un ecosistema affidabile sotto il profilo dei pagamenti. Il passo culturale deve generarsi nel comportamento delle imprese e soprattutto da parte dell'Amministrazione dello Stato in tutte le sue declinazioni. Quindi, ripartendo dalla cultura d'impresa, è molto radicato il fatto che il termine di pagamento risulti una parte rilevante della trattativa, anzi in molti casi la parte più importante dell'accordo, quella che assorbe più energie. L'importanza del prodotto e del servizio, la sua qualità, la sua affidabilità vengono spesso dati per scontati facendo scadere la trattativa solo sul quando si potrà pagare la fattura. Più l'oggetto della trattativa è un bene facilmente reperibile sul mercato e maggiore è l'importanza dei termini di pagamento per spuntare l'ordine con il cliente. Ecco che molte imprese diventano banche dei propri clienti e banche a costo zero, considerato il fatto che il “prestito” che il fornitore fa è praticamente sempre annegato nel prezzo. L'analisi più preoccupante evidenzia che le imprese che hanno meno marginalità applicano termini più ampi di pagamento, quelle appunto che hanno tipicamente prodotti facilmente sostituibili. Meno marginalità equivale a minor capacità di rimborso delle rate dei prestiti o dei debiti da pagare. Questo fenomeno ha fatto molte vittime già nella storia dell'ultimo decennio, intasando i tribunali di procedure fallimentari e azzerando un know how imprenditoriale di molti decenni. Il dèjà vu è vicino al potersi ripetere. La cultura italiana media nelle PMI ha lo sguardo verso il fatturato, la crescita dello stesso in particolare. La sindrome del vedere che di mese in mese, di anno in anno il fatturato aumenti, distrae dal focus sulla marginalità. Ancor meno è cresciuta e si è sviluppata la logica del “rischio fatturato” e cioè il fatto che aumentando il fatturato cercando di raggiungere nuova clientela, l'impresa si espone in modo significativo alla possibilità di non recuperare il credito soprattutto per coloro che non possono avere un presidiante controllo. Nell'imminente RI-START UP di tutte le piccole e medie imprese, sarà essenziale raccogliere dalla lezione della liquidità, un nuovo modo di guardare al fatturato e ai clienti, ma soprattutto al proprio prodotto e servizio. La concentrazione, e in molti casi la riduzione del fatturato, consentirà di ottenere una più giusta remunerazione e un più adeguato pagamento che non può avere un tempo molto più dilatato dal quando si pagano dipendenti e fornitori, un tempo che non trasformi l'impresa in banca. Rinunciare alla rincorsa al fatturato potrebbe lasciare più spazio per gestirne la qualità, qualità fatta di capacità di comunicare il valore del prodotto servizio, senza che i termini di pagamento restino i protagonisti principali delle trattative. E' necessario approfittare della straordinarietà del momento per instillare un cambio culturale nella gestione delle piccole e medie imprese, ci sarà per molti l'obbligo di dover fatturare meno, in ogni caso i cambiamenti che non si possono evitare lasciano sul terreno condizioni diverse per riseminare. |