La responsabilità del curatore ha natura contrattuale
25 Novembre 2020
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. I, 2 luglio 2020, n. 13597) offre lo spunto per alcune riflessioni (che hanno anche la funzione di AVVERTENZE) sul tema della responsabilità del curatore fallimentare. Secondo l'art. 38, comma 1, primo periodo, l. fall., il curatore adempie i doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge ovvero derivanti dal programma di liquidazione, con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico. Tale norma è stata modificata, nell'attuale formulazione, dall'art. 36 D.Lgs. n. 5/2006. In precedenza, essa prevedeva che il curatore dovesse adempiere con diligenza i doveri del proprio ufficio. Il modello di riferimento del “vecchio” art. 38 l. fall. era lo schema ex art. 1176, comma 1, c.c. (diligenza del “buon padre di famiglia"). Adesso, il modello di riferimento è l'art. 1176, comma 2, c.c. (nell'adempimento delle obbligazioni inerenti l'esercizio di un'attività professionale la diligenza è valutata con riferimento alla natura dell'attività). Secondo la Suprema Corte, l'azione di responsabilità nei confronti del curatore ha dunque natura contrattuale: l'incarico giudiziale deve essere svolto secondo modalità riconducibili, lato sensu, al mandato professionale. Fra l'altro, la responsabilità di chi non esegua puntualmente la prestazione ha natura contrattuale non solo laddove l'obbligo derivi da un rapporto negoziale, ma anche nei casi in cui sussista un'obbligazione preesistente, indipendentemente dalla fonte (Cass. civ., Sez. Un., 21 maggio 2018, n. 12477). La responsabilità può dunque discendere anche dalla violazione di obblighi nascenti da "contatto sociale", ovvero in tutte quelle situazioni in cui l'ordinamento giuridico imponga ad un soggetto di tenere un determinato comportamento. Se la responsabilità extracontrattuale dipende da un dovere “primario” di non ledere la sfera degli interessi altrui (neminen ledere), nascendo essa con la stessa obbligazione risarcitoria, la responsabilità contrattuale presuppone l'inadempimento di un obbligo preesistente, assunto volontariamente nei confronti di chi si assuma danneggiato. In base al ricordato art. 1176, comma 2,c.c., al curatore è richiesto d'agire non già secondo livelli “medi” d'attenzione, bensì secondo la perizia richiesta per l'esecuzione dell'attività professionale, e ciò tramite il ricorso a qualificati parametri tecnici. È peraltro salva la facoltà per il curatore di avvalersi, in presenza di problemi tecnici di particolare difficoltà, della limitazione di responsabilità ex art. 2236 c.c., per il caso di colpa “lieve”. La lettera del vigente art. 38, comma 1, primo periodo, l. fall. ricalca fra l'altro quanto previsto dal codice civile in tema di responsabilità dell'organo di amministrazione delle società per azioni. L'art. 2392, comma 1, c.c. dispone, infatti, che gli amministratori debbano adempiere i doveri loro imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico (oltreché dalle proprie specifiche competenze). Il richiamo alle norme codicistiche in punto di “natura dell'incarico” rende quindi di fatto esplicita la natura contrattuale della responsabilità del curatore (modello negoziale del mandato). Ne consegue che la diligenza richiesta deve essere informata a standard di legalità (rispetto delle norme sul concorso), perizia (utilizzo di adeguati strumenti tecnici), prudenza (tutela delle ragioni dei creditori). L'art. 38, comma 1, primo periodo, l. fall. fa poi espresso richiamo al programma di liquidazione. Una volta che lo stesso sia stato approvato ex art. 104-ter l. fall., al generale obbligo di diligenza professionale in capo al curatore si associa dunque lo specifico dovere di dare puntuale attuazione ai singoli atti ivi inseriti. Concorre ad “avallare” la natura negoziale della responsabilità del curatore la norma di cui all'art. 37-bis, comma 1, l. fall.: in sede di formazione del passivo i creditori possono chiedere al tribunale la sostituzione del curatore, indicando un nuovo nominativo. Il tribunale, valutate le ragioni della suddetta richiesta, provvede alla nomina del soggetto designato dai creditori, sempreché siano rispettati i criteri ex art. 28 l. fall. Sotto il profilo probatorio, nella responsabilità aquiliana è onere del danneggiato provare l'esistenza di tutti gli elementi che costituiscano il fatto illecito (condotta, danno, nesso di causalità), ex art. 2697 c.c. Nei casi di responsabilità contrattuale, il danneggiato si limita ad allegare l'inadempimento della prestazione, essendo onere del debitore provare la insussistenza della propria “colpevolezza”. Si verifica, cioè, in ambito di responsabilità contrattuale, una “inversione” dell'onere della prova circa l'inadempimento della prestazione, e ciò secondo lo schema dell'art. 1218 c.c. Il debitore che non esegua esattamente la propria prestazione deve risarcire il danno, salvo che non provi che l'inadempimento ovvero il ritardo nell'adempimento sia dovuto ad impossibilità di eseguire la prestazione per cause a sé non imputabili.
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