La circolare AdE n. 34/E del 29 dicembre 2020
05 Gennaio 2021
L'Agenzia delle Entrate risponde tempestivamente con la circolare in oggetto - titolata “Gestione delle proposte di transazione fiscale nelle procedure di composizione della crisi di impresa” - alle novità normative di cui all'art. 3 , comma 1-bis, del D.L. 7 ottobre 2020, n. 125 convertito, con modificazioni, dalla L. 27 novembre 2020, n. 159 che ha modificato la Legge Fallimentare, anticipando alcune previsioni del Codice della crisi e dell'insolvenza, la cui generale entrata in vigore è ora prevista per il 1° settembre 2021. Le modificazioni di cui all'anticipata entrata in vigore di parte della riforma fallimentare riguardano in sostanza la possibilità di omologare procedure di concordato preventivo ed accordi di ristrutturazione da parte dei Tribunali anche in mancanza di adesione dell'Amministrazione Finanziaria o degli Enti previdenziali, quando il loro voto è decisivo per il raggiungimento delle maggioranze e quando la relazione di attestazione del professionista incaricato sancisce che il soddisfacimento proposto è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. Più in particolare, le modificazioni sono le seguenti: a) all'articolo 180, quarto comma, è stato aggiunto il seguente periodo: «Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria»; b) all'articolo 182-bis, quarto comma, è stato aggiunto il seguente periodo: «Il tribunale omologa l'accordo anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria»; c) all'art. 182-ter: 1. al primo comma, terzo periodo, dopo le parole «natura chirografaria» sono state inserite le seguenti: «anche a seguito di degradazione per incapienza»; 2. al quinto comma, il secondo periodo è stato sostituito con il seguente: «In tali casi l'attestazione del professionista, relativamente ai crediti tributari o contributivi, e relativi accessori, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale; tale punto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale» e, dopo il terzo periodo, è stato inserito il seguente: «Ai fini della proposta di accordo su crediti aventi ad oggetto contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, copia della proposta e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata all'ufficio competente sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del debitore». Dette norme sono entrate in vigore dal 3 dicembre 2020. La circolare in commento dedica le prime 29 pagine ad una sintesi della normativa concorsuale di riferimento per concordati preventivi, accordi di ristrutturazione e ruolo degli attestatori. Purtroppo manca in parallelo un'analisi di che cosa sia stato ostativo per gli uffici - nella normativa fino a ieri vigente - per esprimere con tempestività il proprio voto sulle procedure presentate, circostanza divenuta a tal punto evidente da condurre il Legislatore a rendere presuntivamente positiva la non manifestazione di volontà da parte degli Enti impositori e previdenziali e ad attribuire la valutazione di convenienza specifica al Tribunale in sostituzione del medesimo creditore inerte. Questa analisi, certamente possibile sulla base delle prassi interne elaborate dai singoli uffici, avrebbe consentito di indirizzare positivamente l'attività di debitori ed advisors al fine di consentire alle Amministrazioni di esercitare positivamente il proprio giudizio. Quando poi l'Amministrazione Finanziaria passa ad analizzare il confronto tra pagamento proposto dal debitore con la procedura e quello ricavabile dalla alternativa liquidatoria, ricade in valutazioni tecnico fallimentari, il cui contenuto appare superato dalla più attenta giurisprudenza di merito. Infatti, non considerare nuova finanza i flussi generati dalla continuità aziendale, significa non tener conto della circostanza se detti flussi si sarebbero comunque generati senza la procedura adita. Ove infatti tali flussi non si sarebbero generati, perché la continuazione dell'attività “endogena” non sarebbe stata autonomamente possibile, questi potrebbero anche ritenersi nuova finanza con tutti i conseguenti effetti di libera allocabilità al soddisfacimento dei creditori (Tribunale di Milano, 5 dicembre 2018 e Tribunale di Monza 22 dicembre 2011). Superato questo punto, che potrebbe rischiare di viziare i processi decisionali degli Uffici, la Circolare si dedica al giudizio di “manifesta inattendibilità” al quale l'Amministrazione dovrebbe sottoporre i piani di risanamento, l'attività degli attestatori e anche quella dei Commissari Giudiziali per comprendere se il requisito della maggiore convenienza economica rispetto alla alternativa liquidatoria, sia effettivo oppure no. Invero appare davvero coraggiosa la risposta dell'Amministrazione alla constatazione normativa di non essere in grado di manifestare la propria determinazione neppure nei casi in cui la proposta del debitore appaia manifestamente conveniente per il creditore.La circolare impone agli uffici di elaborare e valutare non solo una parziale formulazione dei nuovi principi a cui gli attestatori devono attenersi oltre a quelli codificati dei soggetti istituzionalmente chiamati a farlo (cfr. I nuovi principi di attestazione, CNDCEC, 16 dicembre 2020 e, al riguardo, v. A. Danovi-A. Foschi-A. Quagli-A.Panizza-R.Ranalli-A. Tron, I nuovi principi di attestazione dei piani di risanamento, in questo portale, 21 dicembre 2020), ma anche dei non precedentemente esplorati principi di comportamento dei Commissari Giudiziali. Non pare superfluo ricordare che per la propria attività e la coerenza con le norme giuridiche e tecniche di riferimento, sia attestatori che Commissari Giudiziali sono soggetti a responsabilità civili e penali particolarmente severe, la cui verifica, assai delicata, è demandata all'Autorità Giudiziaria (per gli aspetti generali si fa riferimento all'art. 236-bis L.F. e, per il commissario, all'art. 236 L.F.). Il timore è che l'Agenzia troppo pretenda dai propri uffici con questa modalità valutativa che dovrebbe addirittura prevalere, anticipandola se non addirittura superandola, sull'attività di controllo sulla legalità della procedura attribuita alla Autorità Giudiziaria, nelle forme diverse previste a seconda che si tratti di concordato preventivo o accordi di ristrutturazione. La responsabilità in capo al singolo funzionario nell'assumere come presupposto di un diniego ad una proposta di transazione la cattiva attività svolta da un attestatore o da un Commissario, ove la stessa non sia valutata allo stesso modo negativo dal magistrato chiamato al controllo sulla medesima procedura, pare ad avviso dello scrivente assumere caratteristiche di particolare delicatezza, in un contesto decisionale per gli uffici che non necessariamente garantisce gli stessi di adeguati consolidati set informativi per esercitare la propria analisi (ci si riferisce, a titolo esemplificativo, a quali fonti sufficientemente “oggettive” possa rifarsi l'Amministrazione per valutare l'andamento delle variabili previsionali o l'adeguatezza dei tassi di sconto, circostanze estranee all'attività tipica degli Enti tributari e previdenziali). Su terreno molto più solido e meno sdruccioloso si poggia invece la valutazione della condotta del contribuente, che la Circolare impone di considerare. In questo caso si tratta di fatti dei quali l'Amministrazione ha un set informativo completo ed ogni adeguata competenza per applicarlo, quali: • il compimento di atti disfattivi e decettivi; • i precedenti fiscali del contribuente; • le fattispecie di frode. La valutazione di detti comportamenti può costituire per l'Amministrazione ben più stabile ancoraggio argomentativo per eventuali dinieghi, anche se il tema del migliore soddisfacimento rispetto alla alternativa liquidatoria sembra essere comunque il faro dominante verso il quale le Amministrazioni dovrebbero indirizzare la propria rotta. Invece appaiono dettate da un apprezzabile spirito di concretezza e opportunità le considerazioni che inducono l'Agenzia a non considerare pregiudizialmente negativo il particolare – lungo - protrarsi di una dilazione di pagamento (da valutarsi ovviamente con attenzione crescente in funzione della maggior durata della stessa) od una particolarmente bassa percentuale di soddisfacimento, purché conveniente nel senso più volte sopra chiarito. Positivo anche il cenno a non ritenere ostativa all'accettazione della proposta la circostanza che essa estenda gli effetti remissori a favore di eventuali coobbligati. Infine, assume rilievo la presa di posizione dell'Erario che, partendo dalla premessa che negli accordi di ristrutturazione il pagamento del credito tributario o contributivo non può essere inferiore rispetto ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore, tuttavia giunge ad affermare la possibilità di vedere il soddisfacimento del proprio credito subordinato al soddisfacimento di creditori strategici, intesi come quelli il cui soddisfacimento è necessario per garantire la continuità aziendale. In modo non equivocabile la Circolare afferma “In tale fattispecie, un trattamento del credito tributario non rigorosamente in linea con le prescrizioni normative relative all'ordine dei privilegi, potrebbe anche ritenersi giustificabile nell'ambito delle valutazioni extra-contabili connesse alla ratio legis della salvaguardia del valore della impresa”. In conclusione, un po' di luce è stata sicuramente fatta per creare un “ambiente di principi condivisi” rispetto al quale individuare la prassi professionale di coloro che vedono nella gestione della crisi di impresa lo strumento per tutelare con il giusto bilanciamento le ragioni dei creditori e il mantenimento in vita dei complessi aziendali. Detto obiettivo certamente meglio potrà essere raggiunto non sovrapponendo impropriamente l'attività dell'Amministrazione finanziaria a quella dell'attività giudiziaria e riconoscendo la natura di nuova finanza ai flussi che senza l'attività di ristrutturazione mai si sarebbero generati, consentendo quindi la più libera allocazione degli stessi a beneficio di quei creditori che, alternativamente, nulla potrebbero sperare di ricevere dalle procedure di ristrutturazione di debito, determinandone conseguentemente l'inesorabile improponibilità.
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