Regole di impugnazioni di bandi con riferimento ai contratti “attivi”
13 Gennaio 2021
In una procedura la quale, pur diretta alla stipulazione di un contratto c.d. attivo, ponga a carico del privato acquirente, e a beneficio dell'amministrazione pubblica, prescrizioni e vincoli di valorizzazione degli immobili in vendita comportanti significativi aggravi economici in grado di pesare in maniera decisiva sulla sostenibilità dell'operazione, si applica la regola generale per la quale sono soggetti ad impugnazione immediata i bandi di gara, di concorso e le lettere di invito nel caso in cui siano previste condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e non conveniente per il privato partecipante. Tra tali ipotesi rientrano anche le clausole che prevedono un importo a base d'asta insufficiente alla copertura dei costi, inidoneo ad assicurare ad un'impresa un sia pur minimo margine di utilità o addirittura tale da imporre l'esecuzione della stessa in perdita. Deve al riguardo premettersi che per costante giurisprudenza le regole sull'impugnazione dei bandi di gara hanno carattere generale e non valgono per le sole procedure di affidamento di contratto di appalto pubblico (perché riferibili alla condizione dell'azione dell'interesse a ricorrere come chiaramente esposto da Adunanza plenaria 29 gennaio 2003, n. 1, e poi da Adunanza plenaria 26 aprile 2018, n. 4, specie al par. 16.8 e ss.; cfr. Cons. Stato, VI, 9 giugno 2020, n. 3695; VI, 25 febbraio 2019, n. 1266; ne fanno applicazione alla materia dei concorsi pubblici ad es.: Cons. Stato, VI, 21 febbraio 2020, n. 1343; V, 5 settembre 2019, n. 6103). Pertanto, nella vicenda in esame Oudendal Holding era onerata all'immediata impugnazione dell'avviso, in quanto, come da sua stessa prospettazione più volte ribadita negli atti del giudizio, le condizioni di gara, giudicate conformi alla delibera giuntale ma difformi alle indicazioni fornite dal consiglio comunale, impedivano agli operatori concorrenti di poter formulare un'offerta economicamente sostenibile. In sostanza, se è vero che, escluso il Padiglione B dal complesso immobiliare in vendita, e posto inoltre come vincolo a carico del privato acquirente la realizzazione del canale navigabile, era impossibile elaborare un'offerta sostenibile per qualsiasi impresa che volesse partecipare alla procedura dal punto di vista dell'equilibrio economico – finanziario, non v'era allora da attendere la certa esclusione dalla procedura – certa, perché la proposta si discostava dall'una e l'altra previsione – ma era necessario impugnare immediatamente l'avviso. Ricorre, infatti, nel caso in esame una delle fattispecie in cui la giurisprudenza ritiene debba derogarsi alla regola generale per la quale i bandi di gara, di concorso e le lettere di invito vanno impugnati unitamente agli atti che danno attuazione alle relative prescrizioni, vale a dire il caso in cui sono previste condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e non conveniente per il privato partecipante (sulla scia delle indicazioni fornite dall'Adunanza plenaria nella sopra citata sentenza n. 1 del 2003, cfr. Cons. Stato, III, 23 gennaio 2015, n. 293 e V, 21 novembre 2011, n. 6135); in più occasioni, del resto, la stessa giurisprudenza ha ritenuto che tra le clausole immediatamente escludenti rientrino anche quelle che prevedono importo a base d'asta insufficiente alla copertura dei costi, inidonei ad assicurare ad un'impresa un sia pur minimo margine di utilità o addirittura tale da imporre l'esecuzione della stessa in perdita e ciò per la ragione che l'amministrazione, nel perseguimento del suo interesse all'ottenimento della prestazione alle condizioni più favorevoli deve contemperare tale interesse con l'esigenza di garantire l'utilità effettiva del confronto concorrenziale, aggiungendosi che il carattere escludente di una siffatta clausola deve essere verificato e apprezzato in concreto, cioè in relazione allo specifico punto di vista dell'impresa e della sua specifica organizzazione imprenditoriale (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2020, n. 2004; V, 27 novembre 2019, n. 8087; V, 25 novembre 2019, n. 8033). Il ragionamento ben può essere esteso ad una procedura come quella in esame che, pur diretta alla stipulazione di un contratto c.d. attivo, poneva a carico del privato acquirente, e a beneficio dell'amministrazione pubblica, prescrizioni e vincoli di valorizzazione degli immobili in vendita comportanti significativi aggravi economici in grado di pesare in maniera decisiva sulla sostenibilità dell'operazione, così ponendosi come immediatamente lesive della situazione soggettiva dei concorrenti nella loro aspirazione ad ottenere utilità effettive dalla stipulazione del contratto. Né vale a diversa conclusione la possibilità, concessa agli operatori concorrenti dall'avviso di gara, di presentare alternativamente un'offerta avente ad oggetto l'intero compendio immobiliare ovvero singoli lotti nei quali lo stesso era suddiviso: per come era articolata la procedura di gara – e salvo quanto si dirà nel prosieguo – v'erano indette due procedure, l'una, relativa all'intero compendio e l'altra, ad alcuni lotti di esso, ciascuna di essa con proprie condizioni, con la conseguenza che la presenza di clausole immediatamente escludenti (o, comunque, immediatamente lesive, quali quelle che escludono la sostenibilità economico – finanziaria) deve essere accertata separatamente per l'una e l'altra sub - procedura. |