Prededucibile nel fallimento "consecutivo" il credito del professionista che assiste il debitore solo se la procedura di concordato è aperta ex art. 163 l.f.

21 Gennaio 2021

L'art. 111, comma 2 l.f., nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti in funzione di una procedura concorsuale, presuppone che una tale procedura sia stata aperta, e non la semplice presentazione di una domanda di concordato, che dà luogo unicamente ad un procedimento di verifica volto al mero accertamento dell'ammissibilità della proposta.

Il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la presentazione della domanda di concordato preventivo dichiarata inammissibile o rinunciata non è pertanto prededucibile nel fallimento, ancorché la sentenza dichiarativa si fondi sulla medesima situazione (di insolvenza) rappresentata nella domanda. Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 639/21, depositata il 15 gennaio.

Il caso. Un professionista presentava domanda di ammissione al passivo per la predisposizione del ricorso per accedere a una procedura di concordato preventivo nell'interesse della società cliente. La procedura però non veniva aperta poiché la domanda era giudicata inammissibile ex art. 162, comma 2 l.f. Nello specifico, la domanda era inidonea ad assicurare il pagamento minimo dei chirografari nella misura del 20%. Il credito veniva riconosciuto al privilegio dal Giudice Delegato e dal Tribunale in sede di opposizione. Veniva negata, invece, la prededuzione poiché il difetto di fattibilità giuridica della proposta minava l'elemento causale della proposta medesima. Da ciò conseguiva l'inidoneità allo scopo della stessa attività professionale svolta dal creditore. Questi proponeva allora ricorso in Cassazione.

La decisione della Cassazione. Nel ricorso il professionista insisteva sul fatto che non fosse necessaria l'apertura della procedura concordataria ex art. 163 l.f. per riconoscere la prededuzione alla sua attività professionale. Egli aveva infatti svolto prestazioni in funzione dell'accesso alla procedura di concordato e, come tali, simili attività dovevano essere considerate prededucibili ex art. 111 l.f. Secondo il ricorrente, l'attività svolta doveva quindi rientrare de plano nelle previsioni dell'art. 111 l.f. senza necessità di valutare ex post la concreta utilità per la massa.

La Corte respinge il ricorso optando per una interpretazione restrittiva delle condizioni per riconoscere la prededuzione. I Giudici ricordano l'ormai costante "refrain" secondo il quale il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda rientra pacificamente tra i crediti sorti in funzione della procedura. Si tratta cioè di quei crediti che - secondo il criterio teleologico previsto dall'art. 111 l.f. sono relativi ad attività funzionali, nel senso di strumentali, per accedere al concordato. Le conseguenti pretese creditorie vanno dunque soddisfatte in prededuzione, cioè con precedenza rispetto ad altri crediti, comportando un'eccezione alla par condicio creditorum. Recentemente la Cassazione ha poi fatto ulteriori "passi avanti" svincolando il requisito della "funzionalità" da quello ulteriore dell'“utilità” invocato in alcuni precedenti. Non si richiede pertanto una valutazione ex post circa il beneficio concreto per i creditori apportato da quell'attività (Cass. 16224/2019, Cass. 1182/2018).

Nella pronuncia in commento, i Giudici danno atto dell'orientamento in base al quale la prededuzione sussiste anche nel caso in cui la procedura concordataria non sia stata effettivamente aperta. In questi termini vengono richiamate le pronunce di Cass. 7974/2018; Cass. 30204/2017. Si ricorda in argomento anche Cass. 25471/2019 nell'ottica di favorire soluzioni concordate alla crisi di impresa alternative al fallimento. Tuttavia, la prima sezione nel provvedimento in commento sente di dover adottare una linea di maggior rigore in base alla quale non può invece attribuirsi la prededuzione al credito formatosi prima del fallimento ove la procedura minore (nel caso in esame il concordato preventivo) non sia stata neppure aperta per essere stata dichiarata inammissibile la domanda ai sensi dell'art. 162, comma 2 l.f.. Secondo i Giudici, con il deposito della domanda in bianco si apre un mero procedimento di "verifica" - come indica l'art. 162, comma 2, l.f. - finalizzato solo ad accertare la sussistenza dei presupposti della procedura. Solo se la verifica ha esito positivo allora il tribunale in base all'art. 163 l.f. dichiara aperta la procedura di concordato preventivo, nomina gli organi relativi e provvede alla convocazione dei creditori. Il fatto che le modifiche negli anni Duemila alla legge fallimentare abbiano anticipato al momento della pubblicazione della domanda nel registro imprese alcuni effetti dell'ammissione alla procedura concordataria una volta previsti dall'art. 163 l.f. - quali la retrodatazione del periodo sospetto, la cristallizzazione della massa passiva, non consentono di affermare che si sia già in presenza di una procedura di concordato. Invero, ad avviso della Cassazione, tali innovazioni legislative sono frutto della volontà del legislatore di evitare che l'allungamento dei tempi del procedimento di verifica e l'eventuale distacco temporale tra la pronuncia di inammissibilità e la sentenza di fallimento possano andare a detrimento dei creditori concorsuali. Peraltro l'art. 111 l.f. accorda la prededuzione solo per prestazioni professionali legate da un nesso cronologico o teleologico con la procedura di concordato aperta e non con ogni tentativo infruttuoso, incompleto o inammissibile di accesso. Una diversa soluzione finirebbe con agevolare domande di concordato prive di concrete possibilità di successo, facendo maturare ingenti costi (prededucibili appunto) nel successivo fallimento per prestazioni superflue. Secondo la Cassazione inoltre nemmeno l'art. 161, comma 7, l.f. vale a "tutelare" il professionista (a differenza di quanto riconosciuto, tra le altre, in Cassazione 25471/2019 sopra citata). La norma stabilisce la prededucibilità dei crediti di terzi per effetto di atti legalmente compiuti dal debitore nel periodo tra il deposito della domanda in bianco e il decreto di apertura ex art. 163 l.f. Sarebbe quindi una prededuzione per espressa disposizione di legge e non per attività funzionale alla procedura. Tale disposizione tuttavia è applicabile - secondo i Giudici - ai crediti derivanti dagli atti compiuti per l'ordinaria gestione dell'impresa o per la prosecuzione dell'attività tipica e sempre che tali atti non incidano negativamente sul patrimonio destinato al soddisfacimento dei creditori concorsuali.

Per completezza si aggiunge che il nuovo codice della crisi di impresa (la cui entrata in vigore è prevista per settembre 2021) risolve il contrasto giurisprudenziale in termini analoghi a quanto deciso dai Giudici della Suprema Corte nella sentenza in commento. Il primo comma dell'art. 6 CCII, stabilisce infatti che i crediti professionali che sorgono in funzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, ovvero di un concordato preventivo (cioè i crediti degli advisors, dei legali, dell'attestatore, dei periti stimatori, tutti impegnati ad assistere il debitore) godono della prededuzione – limitatamente al 75% dell'ammontare del credito - a condizione che l'accordo venga omologato (ai sensi dell'art. 48 CCII) o che la procedura di concordato preventivo venga aperta, mediante il decreto di ammissione di cui all'art. 47 CCII.

La Corte respinge quindi il ricorso del professionista e conferma la decisione impugnata.

Fonte:

www.dirittoegiustizia.it

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