Le norme emergenziali in tema di bilancio e continuità aziendale
25 Febbraio 2021
La diffusione del Coronavirus ha minato gli equilibri di moltissime imprese che avevano operato sino al verificarsi dell'evento pandemico in una situazione di ordinario funzionamento. Il legislatore ha adottato una serie di misure finalizzate a sostenere le imprese colpite dagli effetti della gestione emergenziale, agendo sul fronte bancario, fiscale, del sostegno al reddito, concorsuale e societario. Il tutto con la dichiarata finalità di creare le condizioni affinché siano tutelate e salvaguardate le esigenze di continuazione dell'attività economiche delle imprese. Soffermandoci in questa sede sulle misure di natura societaria, il legislatore ha previsto che per i bilanci in corso al 31 dicembre 2020 sia sospesa l'applicazione delle norme codicistiche in materia di: - riduzione del capitale per perdite superiori al terzo - riduzione del capitale al di sotto dei minimi di legge. Per le perdite superiori al terzo del capitale, il termine entro il quale le stesse devono essere ridotte di almeno un terzo è posticipato al quinto esercizio successivo: l'assemblea avrà dunque cinque anni per deliberare in ordine alla riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate. Per le perdite che riducano il capitale sotto i minimi di legge, l'assemblea potrà adottare le determinazioni in ordine alla sua eventuale ricostituzione entro la chiusura del quinto esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020. Non opera, pertanto, sino a tale momento, la causa di scioglimento del vincolo sociale prevista dall'art. 2484, comma 1, n. 4, c.c., in caso di mancata ricostituzione del capitale ovvero di mancata trasformazione della società. La nota integrativa del bilancio deve indicare distintamente le perdite “sospese” fino a quando le stesse permangano in bilancio, specificandone l'origine e le movimentazioni intervenute nell'esercizio. Resta in ogni caso fermo, per l'organo di amministrazione, il dovere di convocare senza indugio l'assemblea. Le ricordate norme sulla sterilizzazione delle perdite operano su un piano squisitamente giuridico, rinviando al futuro obblighi di legge previsti dal vigente ordinamento societario. Un caso analogo di sospensione degli obblighi di riduzione ovvero perdita del capitale sia ha in ambito di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione, per effetto dell'art. 182-sexies l.fall. In questo caso, il beneficio in oggetto presuppone che l'imprenditore abbia fatto ricorso ad una procedura concorsuale: la gestione della crisi aziendale è così sottoposta al vaglio del tribunale, a tutela degli interessi dei creditori. Allo stesso tempo, l'imprenditore ne trae rilevanti benefici in termini di protezione del patrimonio, di esenzione dalle azioni revocatorie, di mancata configurazione di condotte preferenziali, altrimenti penalmente rilevanti. Nel caso dei decreti emergenziali post pandemia, il beneficio della sospensione dei ricordati obblighi di legge a tutela della salvaguardia del capitale è, in realtà, accordato a tutte le imprese, senza vincoli, né condizioni. Ne consegue che eventuali inerzie sotto il profilo della gestione della crisi - pur nelle obiettive difficoltà di operare in un contesto emergenziale - potrebbero determinare un irreversibile aggravamento del deficit patrimoniale, con effetti “a catena” sul mercato. Con un danno, pertanto, sia per l'intero sistema economico, nella prospettiva dei ricordati effetti “domino”, sia per il singolo imprenditore, sotto il profilo della responsabilità, per non avere egli gestito la crisi secondo gli strumenti previsti dal vigente ordinamento. E ciò in assenza - deve rilevarsi - di norme “esonerative” rispetto ai vari profili di responsabilità dell'imprenditore in relazione agli effetti della pandemia. Con riferimento alla continuità aziendale, il legislatore ha previsto una deroga al presupposto del cd. going concern, quale condizione affinché l'impresa possa adottare gli ordinari criteri di valutazione delle voci contabili (art. 2423-bis, comma 1, n. 1, c.c.). I bilanci dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019 che non erano stati ancora approvati alla data del 23 febbraio 2020 potevano essere redatti senza tener conto degli effetti dell'evento pandemico, sempreché il requisito di continuità fosse stato presente con riferimento alla data di chiusura dell'esercizio. In relazione ai bilanci in corso al 31 dicembre 2020, l'organo di amministrazione può avvalersi della deroga di cui sopra qualora nell'ultimo bilancio approvato (ovvero quello relativo all'esercizio 2019) la valutazione delle voci contabili sia stata fatta nella prospettiva della continuazione dell'attività. In pratica, sia per i bilanci 2019 non ancora approvati alla data del 23 febbraio 2020, sia per i bilanci 2020, assume rilevanza la circostanza che la società si trovasse in una situazione di ordinario funzionamento alla data del 31 dicembre 2019, dunque prima del verificarsi dell'emergenza epidemiologica. Le società che si avvalgano di tale deroga devono fornire in nota integrativa informazioni sui rischi inerenti la capacità dell'impresa di operare in equilibrio per almeno dodici mesi, nonché - in presenza di significative incertezze - sui piani d'impresa volti a gestire le correlate difficoltà aziendali. Pur nel silenzio della norma si ritiene che la deroga si applichi anche ai bilanci consolidati redatti dalle società capogruppo, considerato lo stretto collegamento funzionale fra i singoli bilanci individuali ed il bilancio consolidato ai fini della rendicontazione di gruppo. Il legislatore ha poi previsto che le imprese che non adottino i principi contabili internazionali possano soprassedere dal contabilizzare nel bilancio dell'esercizio in corso al 31/12/2020 gli ammortamenti delle immobilizzazioni, tanto materiali quanto immateriali, sino al 100% del costo. Si ha, ancora una volta, una “sterilizzazione” di un obbligo di legge, ovvero - in questo caso - del precetto previsto dall'art. 2426, comma 1, n. 2, c.c. Tale norma dispone che il costo delle immobilizzazioni la cui utilizzazione sia limitata nel tempo deve essere ridotto sistematicamente in funzione della residua possibilità di utilizzazione. La quota di ammortamento “sospesa” nel bilancio del 2020 potrà essere contabilizzata nell'esercizio successivo, con un corrispondente allungamento dell'originario piano di ammortamento. La deroga in oggetto potrà essere estesa anche agli anni successivi con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, all'esito degli effetti futuri della gestione dell'evento pandemico. Sotto il profilo fiscale, gli ammortamenti sospesi nel 2020 possono essere dedotti dal reddito d'impresa dello stesso esercizio, prescindendo dalla loro rilevazione in bilancio, con benefici in termini di minori imposte, per quanto temporaneamente. Vi sarà, infatti, un esercizio nel quale a fronte della contabilizzazione dell'ultima quota di ammortamento non potrà esservi alcuna corrispondente deducibilità fiscale (essendo stata questa anticipata - come visto - di un anno rispetto al completamento del piano di ammortamento). Tutte le ricordate norme consentono alle imprese di rinviare al futuro la cogenza di obblighi e precetti di legge in tema di capitale sociale e bilancio delle imprese, rappresentando, in effetti, una sorta di fictio iuris. Resta fermo per gli amministratori - e, per quanto di propria competenza, per l'organo di controllo - il dovere di verificare se l'impresa continui a possedere la capacità di operare secondo criteri di ordinario funzionamento, in un'ottica prospettica. Resta inoltre fermo, per l'organo di amministrazione, il dovere di programmare, attuare e monitorare, nel continuum,ogni più opportuna iniziativa finalizzata alla gestione delle difficoltà aziendali secondo le varie declinazioni del concetto di “crisi”, e ciò al fine - in definitiva - di prevenire l'insolvenza. In questo quadro, si ritiene necessario che il legislatore nazionale intervenga in modo “sistemico”, approntando strumenti di regolazione della crisi sostanziali, certi ed efficienti che consentano alle imprese ancora vitali di gestire al meglio gli effetti della pandemia e, dunque, preservare - in ultima analisi -, concretamente, la continuità aziendale.
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