L'amministratore, anche solo di facciata, non può sottarsi al dovere di vigilanza sulla società poi fallita

Alessandro Villa
09 Marzo 2021

La sentenza di non luogo a procedere emessa dal magistrato nel corso dell'udienza preliminare non può avere efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo ai sensi dell'art. 652 c.p.p..

L'amministratore, al momento della nomina, assume l'obbligo di vigilanza sulla società che deve essere esercitato e non viene meno neppure qualora l'amministrazione sia effettivamente esercitata da altri soggetti.

Il curatore possiede la legittimazione attiva nel procedere contro l'ex amministratore che ha violato il dovere di vigilanza. La prescrizione decorre dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio è resa conoscibile a terzi ovverosia con l'approvazione del bilancio di esercizio.

La fattispecie. Nel caso di specie il Giudice di gravame aveva condannato l'ex amministratore di una società, poi fallita, a risarcire i danni alla procedura concorsuale stante la violazione del divieto di intraprendere nuove operazioni dopo la perdita dell'intero capitale sociale e per omissione di vigilanza. In via preliminare il Collegio aveva rigettato l'eccezione di difetto di legittimazione attiva del curatore, nell'azione di responsabilità prevista dall'art. 2449 c.c., rilevando che la domanda dello stesso trovava fondamento negli artt. 146 l. fall. e 2393, 2394 c.c.

Era stata, altresì, rigettata l'eccezione di prescrizione in quanto il dies a quo ben può essere individuato nel momento in cui è stata resa nota l'insufficienza del patrimonio societario ovvero l'approvazione del bilancio. Infine non era stata ritenuta vincolante la sentenza di proscioglimento nel radicato giudizio penale.

Il giudicato penale e il processo civile di risarcimento del danno. La Corte ha avuto modo di osservare che l'art. 652 c.p.p., nell'attribuire alla sentenza penale irrevocabile efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, si riferisce alla sentenza di assoluzione pronunciata a seguito del dibattimento. Tale disposizione, avente natura eccezionale, non è suscettibile di interpretazione analogica e, pertanto, non può essere riconosciuto il medesimo effetto alla pronuncia di non luogo a procedere nel corso dell'udienza preliminare.

La responsabilità del prestanome. La Corte di legittimità, inoltre, ha confermato la sentenza emessa del Giudice di merito nella parte in cui ha disatteso la tesi difensiva dell'appellante il quale sosteneva di essere totalmente escluso dall'amministrazione della società nonostante la carica formale di amministratore. Difatti tale peculiare modus operandi non può, in alcun modo, giustificare la violazione dei doveri di vigilanza sull'andamento della società stessa che viene assunto dall'amministratore al momento della nomina. Ciò vale anche la società amministrata sia una società controllata di un più ampio gruppo di società: d'altronde la società controllante ha un mero compito di direzione unitaria nel rispetto della autonomia delle singole società.

La legittimazione attiva del curatore. L'inosservanza del divieto di porre in essere nuove operazioni a seguito della perdita del capitale sociale integra l'inosservanza di doveri posti a carico dell'amministratore e costituisce fonte di responsabilità dello stesso ai sensi dell'art. 2392, comma 1, c.c. Orbene l'art. 146, comma 2, l.fall. cumula in sé diverse azioni previste dagli artt. 2392 e 2394 c.c. a favore della società e dei creditori sociali. Ne consegue che il curatore ha la legittimazione attiva per proporre tali azioni.

Il decorso della prescrizione. La Corte ha osservato che il dies a quo della prescrizione non deve necessariamente decorrere dalla dichiarazione di fallimento ma deve essere preso in considerazione il momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale è stata resa conoscibile ai terzi ovverosia con l'approvazione del bilancio.

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